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La “Comune” di Oakland e le altre

da: Umanità Nova, n.31 del 13 novembre 2011

Indignati d’America

La libertà di espressione, anche quella di chi protesta in modo pacifico, è apprezzata, incoraggiata e consentita solo se viene esercitata altrove, magari in un paese lontano, dove al potere c’è un governo poco simpatico. Così, tutti quelli che si sono fatti in quattro per mostrarsi solidali con chi protestava in Egitto, Tunisia o Siria, hanno tutto un altro comportamento quando gli “accampamenti” sono piazzati proprio sotto le loro finestre. Lo stanno imparando a loro spese i cittadini statunitensi che da metà settembre hanno iniziato ad occupare spazi pubblici in numerose città del Nord America.
Il cartellone con la scritta “Comune di Oakland” ha fatto per due settimane bella mostra di sé, accanto al più classico “Combatti il Potere”, all’entrata dell’accampamento situato proprio nel parco davanti al palazzo municipale della città californiana. Una delle tante iniziative nate sull’onda di “occupy Wall-Street”. Questo presidio alle 4 del mattino del 25 ottobre è stato circondato dalla polizia e sgomberato dopo una breve resistenza durata fino alle 6; nel corso dell’operazione dettata, tanto per cambiare, da problemi “igienici e di ordine pubblico” sono state arrestate 75 persone. La stessa sera, un corteo di un migliaio di persone riunitesi per protestare contro lo sgombero è stato disperso dalla polizia a colpi di lacrimogeni e granate anti-sommossa, i manifestanti hanno risposto prevalentemente con la resistenza passiva. Alla fine si sono contati altri 30 arresti ed almeno un ferito grave. Il Sindaco, che si è dichiarato “simpatetico” con le proteste degli “indignati”, ha promesso che la piazza prima occupata resterà a disposizione come spazio per esprimere liberamente le proprie opinioni, ma solo durante l’orario di apertura del parco, dalle 6 alle 22. La replica dell’assemblea di “occupy Oakland” è stata la proposta di uno “sciopero generale” cittadino per il 2 novembre. Come risposta alla violenta repressione di Oakland, alcune centinaia di persone di “occupy Wall-Street” hanno marciato il 26 ottobre in un caotico “corteo” notturno nel centro di New York, concluso con il solito intervento poliziesco a base di spintoni e arresti.
Anche “occupy Atlanta”, che si era installata in un parco pubblico della omonima città, è stata attaccata all’una di notte del 26 ottobre, dopo che il giorno prima la polizia aveva fatto recintare la zona con delle transenne metalliche, rinchiudendo il presidio in un vero e proprio recinto. La resistenza passiva non è servita ad evitare la repressione e decine persone sono state arrestate durante l’operazione di polizia. Con un corteo, organizzato nel pomeriggio del giorno seguente ed una conferenza stampa gli occupanti hanno fatto sapere che non intendono mollare così facilmente ed hanno già iniziato ad organizzarsi per una nuova occupazione.
A Baltimora, dove l’accampamento di Piazza McKeldin dura dal 4 ottobre, l’assessorato ai parchi cittadini ha fatto sapere che sarà consentito un presidio solo nelle ore diurne, che di notte potranno restare in quell’area al massimo 2 persone e che potrà essere occupata solo una piccola parte dell’intera area. Gli attivisti hanno ricevuto anche un vero e proprio ultimatum che, almeno per il momento, non è stato rispettato e continuano a pubblicare sul loro sito web i menu (rigidamente veg-veg) della cena serale.
Tra sabato e domenica della scorsa settimana ci sono stati altre decine di arresti a Portland, Denver e Nashville e cortei contro la repressione a Oakland e San Francisco.
Ma ogni tanto c’è anche qualche buona notizia: i 75 partecipanti ad “occupy Sacramento”, arrestati all’inizio di ottobre, non saranno accusati di alcun reato, almeno secondo la dichiarazione rilasciata dal procuratore distrettuale. A Cleveland, alla terza settimana di occupazione, sono riusciti a vincere una causa in tribunale contro l’amministrazione municipale per avere l’autorizzazione a restare in una piazza pubblica anche dopo le dieci di sera.
Davanti alla repressione statale, la differenza fra la resistenza attiva e la non-violenza, si riduce spesso ad una mera questione tattica: gli arresti ed i maltrattamenti dei manifestanti non sono sempre influenzati da come tengono la piazza, almeno non così tanto quanto si potrebbe credere. Scegliere di accamparsi è un metodo di protesta sicuramente valido anche se piuttosto pesante e selettivo e questo per ovvie ragioni. Solo chi ha molto tempo da dedicare al movimento, può permettersi di stabilirsi giorno e notte in un accampamento e, alla lunga, una situazione di “assedio” del genere ha bisogno di una solidarietà e di una partecipazione superiore a quella che serve a marciare in un corteo. Inoltre, le previsioni meteorologiche rischiano di essere più determinanti degli agenti di polizia, visto le condizioni del tempo a New York in questi giorni.
Come già scritto in un precedente articolo, l’unica possibilità che questo movimento ha per resistere è quello di crescere e di estendersi, cosa che – almeno in parte – sta accadendo. Sgomberi ed arresti vanno messi nel conto e non sono particolarmente indicativi, specialmente se per un accampamento che viene chiuso in una città ne nascono altri due in quelle vicine.

Pepsy

Fonti
http://www.occupyoakland.org/
http://occupyatlanta.org/
http://www.occupybmore.org/
http://www.news10.net/news/local/article/160106/2/DA-Will-not-charge-arr…
http://occupycleveland.com/

Posted in Generale, Internazionale, Lavoro, Repressione.

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