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SOLIDARIETÀ A KOBANÊ, IL RUOLO DEGLI ANARCHICI

DAF in Kobane

SOLIDARIETÀ A KOBANÊ

IL RUOLO DEGLI ANARCHICI

Nelle ultime settimane si sono moltiplicate in Italia, come in molti altri paesi europei, le iniziative di solidarietà con la resistenza di Kobanê. Gli anarchici stanno svolgendo un ruolo importante, non solo partecipando a manifestazioni di solidarietà e organizzando proprie iniziative di piazza, ma anche diffondendo notizie, creando momenti di dibattito e discussione, apportando al movimento di solidarietà il proprio specifico contributo. La Fedrazione Anarchica Italiana, con la mozione uscita dal convegno di Roma del 12 ottobre scorso, ha definito il proprio impegno a sostenere la lotta delle popolazioni della Rojava e le componenti libertarie che agiscono in quel contesto. Gli anarchici saranno in piazza sabato 1 novembre per partecipare alla giornata di mobilitazione globale in solidarietà a Kobanê che vedrà manifestazioni a Roma, Firenze, Torino, Milano e probabilmente anche in altre città. Gli anarchici saranno in piazza per sostenere le popolazioni della Rojava, contro ogni intervento imperialista, per una prospettiva rivoluzionaria e libertaria.

È ormai più di un mese che la città di Kobanê è assediata dalle truppe dello Stato Islamico (ISIS), una forza reazionaria che mira ad instaurare un regime autoritario e oscurantista, appoggiata e protetta dal governo turco, finanziata da Qatar e Arabia Saudita, che grazie agli USA negli ultimi anni di guerra in Siria ha assunto un ruolo sempre più importante nello scenario mediorientale. La resistenza di Kobanê è stata condotta principalmente dalle milizie del PYD (Partito di Unità Democratica, curdo, vicino al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) dotate quasi esclusivamente di armi leggere. Dal 2012 nella Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, è in atto la sperimentazione di forme di autogoverno ispirate al cosiddetto “confederalismo democratico”, che costituisce da quasi 10 anni la nuova base ideologica dei partiti curdi che fanno riferimento ad Abdullah Ocalan, il leader incarcerato del PKK. È per distruggere questo esperimento di democrazia radicale e per eliminare ogni possibilità di autonomia politica per le popolazioni curde che il governo turco sostiene lo Stato Islamico e durante l’assedio di Kobanê ha completamente isolato la città della Rojava, posta a ridosso del confine con la Turchia, schierando un ingente numero di uomini e mezzi dell’esercito lungo la linea di confine. In questo modo non solo il governo turco ha impedito il passaggio delle persone in fuga verso la Turchia dalla città assediata, non solo ha impedito che potessero giungere aiuti di qualsiasi tipo alla città di Kobanê, alla sua popolazione e ai combattenti, ma ha anche favorito il passaggio di aiuti e rinforzi per le truppe dello Stato Islamico. La strategia del governo turco faceva conto su una rapida vittoria dello Stato Islamico, quindi su una disfatta curda che avrebbe dato modo al Presidente turco Erdoğan di giocare la parte del liberatore con un intervento militare a Kobanê. Confidando nella caduta della città, il governo turco non ha mantenuto la promessa di aprire un corridoio di aiuti per Kobanê fatta al leader del PYD Salih Muslim in un incontro riservato. La determinata resistenza incontrata dallo Stato Islamico ha fatto saltare i piani di Erdoğan: la strategia fallimentare adottata per Kobanê ha condotto il governo turco in un vicolo cieco, portandolo di fatto a rompere le trattative per il processo di pace con il PKK. Per questo dal carcere Ocalan aveva lanciato il 5 ottobre al governo turco una sorta di ultimatum, annunciando che se non ci fossero stati passi avanti nelle trattative il processo di pace era da considerarsi interrotto.

Se da una parte la resistenza di Kobanê ha fatto naufragare la strategia del governo turco, dall’altra l’insurrezione che è scoppiata in Turchia tra il 6 ed il 9 ottobre, poi placata per l’intervento degli stessi partiti curdi, ha messo in evidenza le responsabilità del governo turco nel sostenere lo Stato Islamico.

Quella rivolta che è costata 46 morti e oltre 600 feriti tra i dimostranti e che ha posto sotto scacco il governo per quattro giorni, non ha avuto lo sbocco rivoluzionario che alcuni si aspettavano. In ogni caso ha dimostrato come la mobilitazione di massa possa avere la forza di ostacolare le strategie imperialiste. Se la rivolta fosse andata avanti la situazione in Turchia sarebbe sicuramente precipitata, anche per questo probabilmente gli USA hanno deciso l’8 ottobre di iniziare a fare effettivi bombardamenti contro le forze dello Stato Islamico e ad inviare modesti aiuti alle milizie che difendono Kobanê. Questo ha dato modo alla resistenza di contrattaccare e di riprendere possesso di alcune zone di Kobanê, allentando la pressione sul governo turco e permettendo che non si interrompesse definitivamente il processo di pace con il PKK.

Ma qual’è il nostro ruolo come anarchici in questo contesto?

Sappiamo che molti movimenti curdi affermano di aver adottato, con l’evoluzione del pensiero di Ocalan, nuove linee ideologiche basate sull’ecologismo, il femminismo, la democrazia radicale, ispirate anche ad alcuni pensatori libertari come Murray Bookchin. Questo rinnovamento ideologico assieme al superamento del marxismo leninismo, all’abbandono della prospettiva di indipendenza attraverso la creazione di uno stato-nazione, e all’approdo ad una forma di municipalismo, ha suscitato negli ultimi anni grande interesse tra intellettuali e attivisti libertari. Molti a ragione si interrogano sull’autenticità di questo rinnovamento politico, sul ruolo della figura di Ocalan, sull’organizzazione gerarchica che permane nei partiti curdi e su come tali partiti traspongano nei programmi e nell’effettiva azione politica queste nuove linee ideologiche. Queste domande non possono certo essere liquidate. Andiamo però adesso a concentrarci su un altro aspetto.

Sappiamo che nella Rojava sono effettivamente realizzate delle sperimentazioni di autogoverno, di autogestione e di autorganizzazione, e questo avviene non tanto e non solo per i pur positivi concetti libertari adottati dal PYD, ma per l’azione della popolazione stessa. Il nostro riferimento è l’azione collettiva degli sfruttati e degli oppressi nei processi rivoluzionari e l’intervento degli anarchici in questi contesti. Gli anarchici e i rivoluzionari non possono aspettarsi niente dal rinnovamento delle linee ideologiche di qualsivoglia partito. Per questo è importante rivolgere la nostra attenzione verso la componente anarchica di questa lotta. In questi anni in ambito curdo sono nati gruppi e giornali anarchici, come Qıjıka Reş, o forum di discussione come il Kurdistan Anarchist Forum, che cercano di portare un contributo anarchico nei movimenti curdi e tra la popolazione. Negli ultimi anni inoltre l’anarchismo in Turchia ha conosciuto un grande sviluppo, grazie anche all’irrompere sulla scena politica di tematiche come il femminismo e l’ecologismo, che il giovane movimento anarchico turco ha contribuito a sviluppare. Tra i gruppi anarchici in Turchia, il gruppo DAF (Devrimci Anarşist Faaliyet – Azione Anarchica Rivoluzionaria) di Istanbul è probabilmente il più influente. Il gruppo DAF è impegnato in questi mesi vicino a Kobanê, a Suruç e negli altri villaggi di confine in Turchia, partecipando alle assemblee nei villaggi, praticando l’azione diretta aprendo varchi nelle recinzioni poste sul confine per far passare i profughi verso la Turchia e gli aiuti verso Kobanê. Sono migliaia le persone che in queste settimane sono accorse lungo il confine per praticare la solidarietà e sostenere Kobanê scontrandosi con la polizia e la Gendarmeria. In questo contesto, oltre ai partiti curdi, svolgono un ruolo importante i gruppi della sinistra rivoluzionaria turca e gli anarchici. Senza questo intervento la città di Kobanê sarebbe rimasta davvero isolata e difficilmente avrebbe potuto resistere tanto a lungo.

Oltre a svolgere un importante ruolo negli aiuti, nella solidarietà e nella partecipazione alle catene umane di solidali che permettono la creazione di corridoi temporanei illegali per far passare i profughi e gli aiuti, gli anarchici del gruppo DAF diffondono le idee e le pratiche anarchiche tra la popolazione, e partecipano attivamente all’autogestione dei villaggi. L’intervento degli anarchici in quelle zone è orientato verso una prospettiva rivoluzionaria e si oppone ad ogni soluzione di tipo statale, consapevoli che la ricostituzione di un governo bloccherebbe ogni processo rivoluzionario.

Come anarchici possiamo dunque svolgere un ruolo significativo in questo contesto, praticando la solidarietà in senso internazionalista, sostenendo la prospettiva rivoluzionaria che come ancora una volta si presenta come unica alternativa alla guerra, alla reazione, alla devastazione portata dal capitale e dallo stato.

Dario Antonelli

Per supportare la popolazione in Kurdistan ed i profughi, l’Internazionale delle Federazioni Anarchiche si unisce all’iniziativa della DAF, gruppo anarchico in Turchia, e sta lanciando una nuova sottoscrizione. Invia le tue donazioni a Société d’Entraide libertaire (SEL) IBAN : FR76 1027 8085 9000 0205 7210 175 (indicando “DAF” nella causale).

 

Questo articolo è stato pubblicato sull’ultimo numero di Umanità Nova.

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