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Ballottaggio? Non ci stiamo.

Ballottaggio? Non ci stiamo.

 
La recente tornata elettorale ha dimostrato una volta di più quanto il meccanismo delle elezioni sia di per sé inutile e dannoso. Attraverso il meccanismo elettorale non solo si consegna a qualcuno il potere di decidere al nostro posto, ma si consente ai padroni, alla chiesa, ai militari, alla mafia di attivare i loro canali di consenso e orientare voti. In occasione delle elezioni i capitali si muovono, ma non certo a vantaggio dei lavoratori e della gran parte della popolazione, che vive di sfruttamento e oppressione. È attraverso le elezioni che la miseria dei fascisti trova una rappresentazione numerica, anche se modesta, e può essere spacciata per consenso, narrata come avanzata delle destre.
 
In uno scenario post elettorale in cui tutti si dichiarano vincitori è bene uscire dalla follia creata dai media ufficiali. Considerando l’elevato dato di astensione, la Lega alle europee in Italia non ha raggiunto che il 17% dei consensi degli elettori. A livello locale, a Livorno, con le amministrative comunali, la destra non ha raggiunto risultati eccezionali: pur recuperando i voti persi nelle elezioni del 2014, si è mantenuta sul bacino di consensi che ha avuto negli ultimi 20 anni (20000/25000 voti), senza sfondare nelle periferie in cui aveva pur visto una crescita nelle politiche dello scorso anno.
 
Se le elezioni sono un gioco inutile e dannoso, il ballottaggio lo è ancora di più. La polarizzazione dello schieramento pretende di annullare qualsiasi analisi politica, qualsiasi valutazione critica, qualsiasi esperienza e pratica alternativa per collocarsi a difesa di una fortezza. Cinque anni fa lo scontro era tra un PD che aveva fatto scempio della città e un M5S che si presentava come il cambiamento, ma che era sostenuto da tutta la destra. Ora è la destra a giocare il ballottaggio con il PD, che per l’occasione si scopre antifascista e cerca di usare un richiamo irresistibile nella nostra città.
 
È curioso che lo spettro del pericolo fascista sia agitato in vista delle elezioni da una sinistra istituzionale che ha sdoganato il revisionismo storico, che ha invocato il manganello contro i partigiani no tav, che ha voluto nel 2017 l’invio di truppe di occupazione in Libia e Niger e ha votato assieme ad altre spedizioni di guerra, anche leggi razziste e repressive su sicurezza e immigrazione che hanno aperto la strada alle destre. Una sinistra istituzionale che è responsabile della riduzione dei diritti dei lavoratori, che ha modellato l’accordo sulla rappresentanza sindacale sul patto fascista di Palazzo Vidoni del 1925, e che ha messo sotto repressione giudiziaria decine di giovani livornesi colpevoli di essersi opposti al degrado politico imposto alla città.
 
L’inganno delle elezioni è evidente poi se si guarda alla vicenda della destra cittadina. Dopo oltre un anno di attività, la Lega locale, considerando i mezzi di cui può disporre essendo un partito di governo, non aveva raccolto che pochissimi attivisti e seguaci, in buona parte volti noti della destra cittadina, fondamentalisti cattolici, transfughi da vari partiti, ex MSI, poliziotti e militari. L’incapacità di creare un gruppo dirigente e il compimento del processo che ha portato la Lega da partito delle autonomie a polo della destra nazionale ha determinato a Livorno come in molte altre zone prive di una “tradizionale” presenza leghista, la scelta, imposta a livello nazionale, di puntare su candidati di Fratelli d’Italia o comunque espressione di una destra locale già in vari modi parte integrante dei poteri locali, utilizzando come volano di consensi il brand della Lega, che assicura fortune elettorali. Così anche chi ha sostenuto la riforma Fornero, anche chi ha contribuito con la Legge Biagi a portare le condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone indietro di mezzo secolo, anche chi si presenta con l’odiato simbolo della fiamma tricolore, chi deve andare al mercato scortato da centinaia di guardie, anche chi non raccoglie neanche il 4% dei consensi tra i votanti può partecipare al più grande ballottaggio di tutti i tempi sperando di vincere.
 
La legittimazione della destra e l’avanzata autoritaria ci sono, sono processi reali in corso da decenni a cui dobbiamo opporci quotidianamente, non sono spettri che compaiono solo con le votazioni. Lottiamo contro i fascisti da quasi un secolo, e la storia ha insegnato che non sono state le urne a debellarli ma la pratica della lotta antifascista.
I partiti della sinistra istituzionale usano toni forti per attaccare la destra, ma sono subito pronti a condannare chi fa opposizione reale, che, immediatamente accusato di essere violento, viene isolato e denunciato. Basta uno striscione esposto su un muro della Venezia a far saltare i nervi a tanti sedicenti antifascisti.
 
Le elezioni vorrebbero imporre una scelta: destra erede dei fascisti del MSI, accozzaglia di soggetti riciclati e impresentabili; PD e sinistra istituzionale che nonostante il tentativo di riverniciarsi con l’antifascismo, resta quella che ha in mano il potere della città, che ha portato avanti per decenni politiche di sfruttamento e repressione, anche a livello locale. Una scelta che assomiglia molto a un ricatto.
 
Non ci stiamo.
 
E siamo sicuri che come noi non ci stanno coloro che sanno che la politica è altra cosa dalle elezioni. Qualunque scenario ci doni il ballottaggio, ci troveremo di fronte il panorama desolato che già oggi domina la città. Sarà necessario riorganizzare un’opposizione sociale, di fronte alle prepotenze e alle violenze di nuovi padroni o all’arroganza dei padroni di un tempo, tornati alla ribalta con la faccia pulita. In ogni caso ci sarà da lottare per ogni centimetro di libertà contro manganelli e licenziamenti, cemento e veleni, ricatti e razzismo.
 
Se vogliamo cambiare davvero, la società e non il Sindaco, dobbiamo mettere da parte la prospettiva elettorale. Per questo non votiamo. Non dobbiamo convincere nessuno, noi non contiamo i punti alla fine della partita, perché non abbiamo squadre da tifare. Non facciamoci illudere da chi vuole ridurre la politica ad una gara in cui ci si confronta sportivamente con l’avversario. Dobbiamo avere il coraggio di immaginare un orizzonte politico più largo del conto dei seggi. Gli anarchici e le anarchiche, come tanti, lottano giorno per giorno, in qualsiasi contesto di aggregazione sociale e lavorativa, per contrastare l’autoritarismo, la repressione, la negazione degli spazi di libertà, per affermare i legami di solidarietà e spezzare la rassegnazione. Questa è l’opposizione sociale che può veramente incidere.
Federazione Anarchica Livornese – F.A.I.
Collettivo Anarchico Libertario

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