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Presentazione “La Rivoluzione Sconosciuta” di Volin

La Rivoluzione Sconosciuta

Venerdì 06/06

ore 18:00 presso la FAL
Via degli Asili 33, Livorno

Presentazione del libro di Volin
La rivoluzione sconosciuta
Il movimento anarchico nelle lotte per l’emancipazione sociale in Russia 1917-1921

nuova edizione pubblicata da Zero in Condotta nel 2024
Sarà presente il traduttore e curatore Enzo Papa

a seguire aperitivo

Federazione Anarchica Livornese


SCHEDA DEL LIBRO:

Volin

LA RIVOLUZIONE SCONOSCIUTA
Il movimento anarchico nelle lotte per l’emancipazione sociale in Russia 1917-1921
EDIZIONE INTEGRALE nella nuova traduzione di Vincenzo Papa
pp.560 EUR 25,00
ISBN 978-88-95950-83-9

Il teorico anarchico, Vsevolod Michajlovič Eichenbaum, detto Volin, racconta la storia della Rivoluzione russa dal 1825 al 1939, con i suoi due sommovimenti del 1905 e del 1917, che egli ha vissuto come militante attivamente impegnato negli eventi. Potendo disporre di documenti e testimonianze di prima mano, Volin descrive, dal punto di vista anarchico – con lucidità e con rara finezza d’analisi -, tutto il processo del movimento rivoluzionario russo, dalla nascita dei Soviet all’annientamento del movimento anarchico da parte dello stalinismo passando per l’ascesa al potere dei bolscevichi, la rivolta dei marinai di Kronstadt o ancora l’epopea insurrezionale di Nestor Machno. In queste pagine, si alternano i momenti dei grandi entusiasmi delle vittorie popolari, gli episodi drammatici, i conflitti e le repressioni, la solidarietà e la generosità fra le classi più umili, il senso della comunità, le sperimentazioni di nuovi rapporti sociali, le vicende di coraggio e di ferocia, le strategie militari e l’attivismo politico. Questo documento storico eccezionale, che si legge come un romanzo, viene pubblicato nel 1947 a cura dei suoi compagni e amici, “Les Amis de Voline”, sulla base del manoscritto redatto da Volin nel 1939-1940 durante il suo esilio in Francia. La Rivoluzione sconosciuta offre ancora oggi un prezioso punto di riferimento a chiunque sia interessato a un approccio storico non convenzionale.

Vsevolod Michajlovič Eichenbaum, detto Volin [Voline, con la grafia francese] (Tchvin, 1882 – Parigi 1945) è stato un anarchico, scrittore, poeta e sindacalista russo, attivo anche a livello internazionale, soprattutto in Francia.Conosciuto per aver elaborato la teoria del sintetismo anarchico, durante la rivoluzione russa del 1905 fu tra i fondatori del primo Soviet di San Pietroburgo. Combatté in Ucraina a fianco dei seguaci di Nestor Machno, rompendo violentemente con i bolscevichi, e fu incaricato di scrivere il manifesto della Confederazione anarchica ucraina “Nabat”, con l’intento di unificare le diverse correnti anarchiche entro un’unica organizzazione, dando peraltro un contributo notevole all’anarco-sindacalismo.

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Oltre 2000 in piazza a La Spezia contro la guerra e chi la arma

Oltre 2000 persone ieri in piazza a La Spezia per la manifestazione contro la guerra e chi la arma, contro il genocidio a Gaza, contro l’industria bellica, contro la militarizzazione della società e le leggi liberticide. Una manifestazione importante in una città fortemente militarizzata, tra industria bellica e Marina Militare, una boccata d’aria in una città chiusa tra fili spinati di zone militari invalicabili. Significativa la partecipazione alla manifestazione della componente antimilitarista e libertaria, che ha collaborato fin dall’inizio alla costruzione di questa giornata di lotta.

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Orti urbani: solidarietà. autogestione, azione diretta

Orti Urbani: solidarietà, autogestione, azione diretta


La Federazione Anarchica Livornese solidarizza con il Collettivo Orti Urbani di Livorno. Un terreno di 6 ettari, che rappresenta un polmone verde al centro della città, è occupato e autogestito da 13 anni da un collettivo che dopo aver bonificato l’area, divenuta una discarica in anni di abbandono, l’ha resa disponibile per la coltivazione ad orti e ne ha fatto uno spazio sociale fruibile per tutti. I terreni dove sorgono gli orti urbani sono ora in vendita, si è tenuta la prima asta on-line lo scorso 28 ottobre, mentre fuori dal tribunale si è tenuto un presidio molto partecipato.
L’esperienza degli orti urbani coinvolge attivistə e semplici cittadinə, ed è l’ultima ancora in vita delle iniziative autogestionarie nate dal ciclo di lotte della prima metà degli anni ’10 (le altre erano la mensa Polpetta e l’ostello, ormai chiuse), in un momento in cui un movimento unitario era riuscito a aprire ampi spazi di agibilità pur in un alto livello di conflittualità che si confrontò con l’autoritarismo delle istituzioni, basti pensare ai fatti del dicembre 2012.
Molte realtà continuano a sostenere la lotta del collettivo orti urbani e continuano a dire no alla cementificazione dell’area, che deve rimanere interamente verde e aperta a tutti. Significativa in questo senso la numerosa partecipazione studentesca al presidio del 28 maggio.
L’asta on-line è andata deserta, ma sappiamo che questo può essere un gioco tra le parti perché si abbassi il prezzo di partenza.
Sicuramente il collettivo non si farà cogliere di sorpresa dalle prossime mosse e mentre le istituzioni, le forze politiche in consiglio comunale vorrebbero “regolarizzare, legalizzare”, come anche “eliminare il degrado”, ma vogliono soprattutto costruire nell’area degli orti. Per chi ancora non avesse chiaro il ruolo delle istituzioni basti pensare a quanto successo già il giorno dopo l’asta, il 29 maggio, quando ci sono stati interventi di rimozione degli striscioni di sostegno agli orti urbani presenti in città, nel quartiere e pure all’ingresso degli orti stessi.
La FAL ribadisce la solidarietà con chi continua la lotta e l’autogestione attraverso l’azione diretta.

Federazione Anarchica Livornese

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Manifestazione 31 maggio a La Spezia

LA SPEZIA 31 MAGGIO

MANIFESTAZIONE

“Restiamo umanə”

Ore 15:30 Piazza Brin

partecipiamo con uno spezzone anarchico e libertario

alla manifestazione contro l’industria bellica e contro il genocidio a Gaza

DISERTIAMO LA GUERRA

Federazione Anarchica Italiana

Gruppi e individualità della Toscana

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Voci possenti e corsare – reading / proiezioni / musica

Voci possenti e corsare

Venerdì 23 maggio
Alla FAL in Via degli Asili 33

ore 19: Reading da “Voci possenti e corsare, la Livorno ribelle dagli anni ottanta ad oggi” con l’autore Luca Falorni con accompagnamento di Luca Faggella

ore 20: Aperitivo

ore 21: Proiezione di una selezione di videoclip musicali di Falco Ranuli per: Lupe Velez; Endless Nostalgia (band underground legend di Verona); Luca Faggella & Giorgio Baldi; Hyena (elettronica dal collettivo RXSTenz di Milano). Prima Visione ASSOLUTA tre clip dei Delta Tau Chi, leggendaria post-wave band di Livorno, per festeggiare di 40 anni dal loro tape – album “Oedipus Rex”

Per finire con: Luca Faggella live

—–
Circolo Culturale “Errico Malatesta” – biblioteca.circoloemalatesta@gmail.com

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Franco Serantini vive nelle lotte

Come ogni anno il 7 maggio a Pisa in Piazza San Silvestro che è per tuttx Piazza Franco Serantini. Per ricordare Franco, per continuare a lottare.

Di seguito l’articolo uscito sull’ultimo numero di Umanità Nova:

Franco Serantini: Una storia antifascista

Chi legge queste pagine probabilmente conosce la storia di Franco Serantini e soprattutto la sua tragica morte avvenuta il 7 maggio del 1972 a Pisa. Un avvenimento che con il trascorrere del tempo può essere considerato emblematico di una stagione il cui racconto riemerge periodicamente nel dibattito politico italiano.

In quel periodo tra i partiti presenti in Parlamento ne esisteva uno, il “Movimento Sociale Italiano” (MSI), che nascondeva senza molto successo sotto la maschera di una destra “perbene” la sua ideologia di fondo che derivava da quella del fascismo storico. La politica di questo partito si sviluppava su due livelli: nelle aule parlamentari a favore di tutti i Governi conservatori e di tutte le leggi più reazionarie e repressive e fuori dal Palazzo con il sostegno, più o meno aperto, di azioni violente che avevano come obiettivo le forze della sinistra, sia quella moderata che quella cosiddetta rivoluzionaria. Una serie continua di provocazioni, pestaggi e attentati contro chiunque contestasse i partiti che allora detenevano il potere e le politiche dei Governi e dei padroni.

In quegli anni l’antifascismo storico, quello che aveva sostenuto la Resistenza, si era cristallizzato nel cosiddetto “arco costituzionale” e iniziava a trasformarsi in qualcosa di meramente celebrativo, buono giusto per le manifestazioni istituzionali del 25 aprile.

Nel mondo reale le cose invece erano alquanto diverse. A partire dagli anni ’60, per difendersi dalle violenze che arrivavano dagli iscritti al MSI e da altre formazioni fasciste più piccole, si era sviluppato un movimento largamente diffuso in tutta la penisola del quale facevano parte migliaia di persone. Un movimento che non aveva paura di rispondere in modo adeguato a quello che allora veniva chiamato “neofascismo”.

La città di Pisa non faceva eccezione e per questo non bisogna meravigliarsi se il giovane anarchico Franco Serantini, studente e lavoratore, il 5 maggio del 1972 era sceso in piazza, insieme ad altre centinaia di persone, per contestare il comizio elettorale di un noto esponente locale del MSI. Come spesso accadeva in occasioni del genere la manifestazione di protesta fu attaccata dalle forze dell’ordine, arrivata in forze anche da altre città, e il centro di Pisa si riempì per ore del fumo dei lacrimogeni. Le cariche degli agenti furono molto pesanti, vista la resistenza opposta da chi protestava e Franco Serantini venne picchiato e arrestato durante una di quelle tante cariche. Restò in cella, praticamente senza ricevere cure, per due giorni e solo nel corso dell’autopsia si scoprì che era stato letteralmente massacrato dalle percosse ricevute dai poliziotti.

Nonostante lo scalpore suscitato dal fatto, che arrivò anche in Parlamento, e nonostante gli assassini avessero firmato il delitto non vennero mai individuati i colpevoli. Il nome di Franco Serantini si aggiunse al triste elenco delle vittime delle stragi fasciste che contiene anche i nomi degli altri compagni e delle altre compagne uccise dalle forze dell’ordine. Ma la sua è diventata Storia, sicuramente a Pisa dove viene ricordato ogni anno, con le più diverse iniziative, ma anche altrove grazie alla memoria degli anarchici e delle anarchiche, una memoria destinata a durare per sempre.

Con il passare del tempo sono aumentati i tentativi di riscrivere l’antifascismo di quegli anni presentandolo come una sorta di “guerra fra bande”, tra militanti di destra e di sinistra. L’antifascismo militante è stato circoscritto a singoli episodi nel tentativo di farlo apparire come una insensata esplosione di violenza gratuita. Nella realtà l’opposizione decisa alle attività dei fascisti era stato un generoso tentativo, messo in campo da un forte movimento di opposizione sociale, di contrastare una precisa politica che si sarebbe concretizzata nel corso degli anni attraverso la lunga sequenza di attentati e di stragi nelle quali, in un modo o nell’altro, furono coinvolti militanti di destra. Il partito maggioritario dell’alleanza oggi al Governo mantiene – non certo a caso – nel suo simbolo quello del vecchio MSI e quindi si richiama direttamente ed esplicitamente a esso ereditandone, di conseguenza, le pesanti responsabilità accumulate. Nonostante i continui e patetici tentativi di nascondere, soprattutto attraverso la disinformazione, la propria ideologia di fondo.

Collocare la storia della vita e dell’omicidio di Franco Serantini nel contesto della lotta antifascista che ha caratterizzato quegli anni lontani è un modo non solo per ricordarlo degnamente e senza troppa retorica ma anche un’occasione per riflettere e per far riflettere su quegli avvenimenti, qualcosa che continua a essere utile anche dopo tanto tempo.

Pepsy

Umanità Nova, n. 13 del 4 maggio 2025

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7 maggio in piazza per Franco Serantini

Franco Serantini

Anarchico ventenne colpito a morte dalla polizia mentre si opponeva ad un comizio fascista

Saremo come sempre in Piazza Serantini (S. Silvestro) a Pisa, mercoledì 7 maggio dalle 18

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Presentazione de “Il metodo anarchico” con Davide Turcato

IL METODO ANARCHICO
9 maggio 2025 ore 18:00

presso la FAL in Via degli Asili 33
Presentazione del libro “Il metodo anarchico, gli esperimenti di Errico Malatesta con la rivoluzione 1889-1900” di Davide Turcato, Edizioni Odradek, 2023

interverrà l’autore in videoconferenza
a seguire aperitivo


Davide Turcato è curatore dell’edizione delle Opere di Errico Malatesta pubblicata da Zero in Condotta e La Fiaccola, è autore di diversi saggi su questa importante figura del movimento anarchico italiano, pubblicati in lingua inglese ed italiana. Questo studio è stato originariamente pubblicato da Palgrave Macmillan nel 2012 con il titolo “Making sense of Anarchism”.

“Il metodo anarchico” di Davide Turcato (Odradek 2023), dedicato al ritorno di Errico Malatesta in Europa alla fine degli anni ‘80 dell’Ottocento, è una lettura sicuramente interessante per chiunque voglia approfondire la conoscenza dell’ideale anarchico e in particolare del pensiero malatestiano.
Il periodo è particolarmente significativo perché negli ultimi dieci anni del secolo il suo pensiero e la sua azione subiscono un’evoluzione da cui poi non si discosterà sostanzialmente fino alla sua morte. I primi segni di questa evoluzione si manifestano già nel primo periodico a cui Malatesta dà vita una volta tornato dall’America del Sud, “L’Associazione”, di cui escono sette numeri, i primi tre a Nizza, gli altri quattro a Londra. Turcato sottolinea l’importanza de “L’Associazione” perché è sulle sue pagine che Malatesta torna a scrivere, dopo quattro anni in cui aveva pubblicato ben poco. “L’Associazione”, sostiene Turcato, rappresenta il momento in cui Malatesta introduce, a volte in modo poco appariscente, i capisaldi teorici di tutta l’evoluzione successiva.
da Umanità Nova n. 3 del 16 feb 2025

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24 e 25 aprile in piazza contro la guerra e il fascismo

In piazza contro la guerra e il fascismo

Il 24 e il 25 aprile come Coordinamento Antimilitarista Livornese abbiamo organizzato insieme ad altre realtà delle iniziative contro la corsa al riarmo, contro tutte le guerre, per la solidarietà internazionalista. L’insurrezione popolare del 25 aprile 1945 non solo pose fine al fascismo ma anche alla guerra voluta dal regime. Per questo siamo scesi in piazza il 24 aprile con un presidio alla lapide del Partigiano in Via Ernesto Rossi, a cui hanno partecipato decine di persone con numerosi interventi al microfono. Nel corso del presidio abbiamo esposto lo striscione “No alla guerra no al fascismo no al militarismo” che abbiamo portato in piazza anche il giorno successivo. La mattina del 25 aprile eravamo presenti di nuovo di fronte alla lapide, contestando, al passaggio della manifestazione istituzionale quelle politiche di guerra, riarmo e militarismo di cui il governo e le istituzioni sono responsabili, complici del genocidio in Palestina, della guerra in Europa orientale e della generale escalation bellica globale.

Di seguito il testo del volantino che abbiamo distribuito nel corso delle iniziative:

NO ALLA GUERRA NO AL FASCISMO NO AL MILITARISMO

Il 25 aprile, culmine della lotta di liberazione fu un’insurrezione vittoriosa contro la guerra e contro il governo fascista che la volle.

Quest’anno l’80° anniversario cade nel momento in cui i governi dell’Unione Europea e dell’Italia accelerano la marcia verso la guerra. Il piano di riarmo Readiness 2030 indica la data in cui essere pronti per la guerra e le spese da sostenere: 800 miliardi, che dovranno essere presi a prestito.

Ciò vuol dire che la spesa per gli interessi schiaccerà ogni altra voce dei bilanci statali.

La preparazione alla guerra sarà un’altra scusa per tagliare la sanità, la scuola, le pensioni e aumentare le tasse.

I governi europei non si armano né contro la Russia né contro la Cina. Si armano contro i propri cittadini che subiranno i tagli dei servizi sociali, si armano per reprimere le proteste. È per questo che il governo italiano vara l’ennesimo decreto sicurezza in tre anni, che limita ancora la libertà di protestare. Anche la guerra tariffaria iniziata dall’amministrazione USA è un altro passo verso la guerra mondiale. Le politiche di riarmo non sono un deterrente contro le guerre, ma solo un incentivo a intensificare i conflitti. I conflitti provocati dall’imperialismo crescono di numero e di intensità, facendo decine di migliaia di morti fra le popolazioni civili, dalla Palestina alla Birmania, dal Congo all’Ucraina, dal Sudan allo Yemen e così via.

* Contro le guerre e chi le arma

* contro le produzioni e i traffici di armi

* contro la militarizzazione della scuola e della società

* contro le menzogne di chi cerca di fare del 25 aprile una scadenza patriottica nazionalista e militarista, di cui tentano di appropriarsi quelle forze reazionarie che ci trascinarono in guerra a fianco dei nazisti

* per un 25 aprile realmente antifascista, popolare, antimilitarista

ORA E SEMPRE RESISTENZA

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Strage del Moby Prince, Lottare fino all’ultimo miglio

Sono passati 34 anni dalla strage del traghetto Moby Prince in cui morirono 140 persone, tutti i passeggeri e l’equipaggio della nave, tranne un unico superstite. In questi lunghi anni i familiari delle vittime hanno condotto una determinata e dolorosa lotta per la verità e la giustizia, mai riconosciute dalle istituzioni che finora non hanno fatto altro che coprire le responsabilità di armatori e autorità. Una strage che spesso viene annoverata tra i cosiddetti misteri d’Italia ma la cui dinamica è, almeno in alcuni elementi fondamentali, terribilmente chiara. Alle 22:03 del 10 aprile 1991 partiva dal porto di Livorno il traghetto Moby Prince diretto ad Olbia in Sardegna. Non appena uscito dal porto, alle 22:25, il traghetto entrava in collisione con la petroliera Agip Abruzzo (proprietà SNAM, oggi ENI), che si trovava ancorata in posizione vietata, nel cono di uscita del porto, carica di prodotto incendiatosi in seguito allo scontro. Il rogo si propagava anche all’interno del traghetto, diffondendosi rapidamente. Le pessime condizioni di sicurezza in cui viaggiava il Moby Prince, che era di proprietà della Nav.Ar.Ma dell’armatore Onorato, e la non gestione dei soccorsi da parte della Capitaneria di Porto di Livorno – di fatto solo il mattino seguente i soccorritori salirono a bordo del traghetto, mentre l’equipaggio della petroliera fu portato in salvo tempestivamente – ebbero certo un ruolo determinante nel provocare quella che è ricordata come una delle più gravi stragi in mare e sul lavoro.

Come ogni anno, lo scorso 10 aprile si sono tenute a Livorno le principali iniziative per l’anniversario della strage. Molti i familiari presenti sia alla commemorazione nella sala consiliare del Comune di Livorno, sia alla manifestazione che ha attraversato il centro della città fino alla lapide in memoria delle vittime al porto. Il presidente della terza commissione parlamentare di inchiesta incaricata di individuare le cause del disastro, intervenuto nella sala consiliare ha annunciato – commuovendosi – che i lavori della commissione sarebbero prossimi a concludersi, che l’indagine sarebbe ormai “all’ultimo miglio”. Espressione ripresa da vari politici presenti, alcuni anche di rilievo nazionale, che sono stati presenti in modo particolarmente visibile quest’anno. Forse una presenza istituzionale che voleva bilanciare l’indignazione dei familiari di fronte alle parole del procuratore di Livorno Agnello, che poco più di un mese fa, ascoltato dalla commissione parlamentare ha – tra le altre cose – tirato in ballo la nebbia tra le cause del disastro. Una versione spesso usata in passato per coprire le varie responsabilità e far passare tutta la vicenda come una “tragica fatalità”. Certo se la commissione fosse davvero prossima alla conclusione dei lavori, e dovesse riconoscere ufficialmente anche solo alcune delle responsabilità eccellenti che da anni i familiari denunciano, sarebbe il risultato di anni di tenace lotta da parte dei familiari stessi assieme alle realtà che sempre sono state solidali con loro.

Questo è quanto ha sostenuto nel proprio intervento anche Giacomo Sini, figlio di una delle vittime e compagno della Federazione Anarchica Livornese. Riportiamo di seguito alcune parti del suo discorso tenuto il 10 aprile scorso nella sala consiliare:

«Si parla di ultimo miglio, siamo alla fine, ci sono state tre commissioni parlamentari d’inchiesta. Non una o due, addirittura tre, e la terza ancora sta lavorando. È vero che tutte hanno lavorato in maniera assidua ed anche bene, con spunti interessanti. Ma quegli spunti sono arrivati grazie solo al lavoro estenuante e doloroso che è stato fatto da noi parenti delle vittime. C’è l’esigenza di consegnare una verità storica. Ma cosa è la verità storica senza la giustizia? Niente. La verità storica l’abbiamo già fatta noi parenti delle vittime, con le nostre lotte e battaglie portate avanti negli ultimi 34 anni. La verità storica è venuta fuori dalle piazze, dai movimenti, dalla solidarietà che ci è arrivata anche da parenti di vittime di altre stragi, come Viareggio. La verità storica viene dall’aver puntato il dito – facendone i nomi – contro i reali colpevoli della vicenda. Però la verità storica è anche fatta da battaglie che sono state condotte in questa città. Una verità storica completa è quella che tiene di conto di queste battaglie. Battaglie portate avanti anche da persone che oggi purtroppo non possono più parlare perché sono passati 34 anni.
La verità storica consiste anche nel considerare la battaglia contro la compagnia armatrice, ed oggi qua in comune mi sorprende che ancora non sia stato fatto il suo nome, quello di un colpevole, quello della compagnia armatrice Nav.Ar.Ma. e dei suoi padroni. Noi in 34 anni lo abbiamo sempre ricordato ed abbiamo sempre puntato il dito contro essa.
Perché se noi abbiamo lanciato delle accuse negli anni non lo abbiamo fatto – come invece ha fatto la magistratura – verso chi su quel traghetto ci lavorava, che fosse l’equipaggio o chi conduceva la nave. Perché non è chi sale sopra ad un traghetto che commette errori. Quella notte non ci fu alcun errore da parte dell’equipaggio. Quando noi lanciamo accuse su alcune problematiche che c’erano a bordo del traghetto, lo facciamo contro chi quelle navi le mette in mare, quindi il padrone, l’armatore, e questo deve essere chiaro una volta per tutte. Quando parliamo di errori lo facciamo quindi in riferimento al “prima” ed alle condizioni di sicurezza dei traghetti Nav.Ar.Ma. Se quindi vogliamo una verità storica completa e reale dobbiamo parlare anche delle responsabilità dell’armatore e dei problemi che quel traghetto aveva. Ed allora esigo che questa terza commissione vada a rivedere ciò che si diceva anche nella prima commissione, le audizioni, ciò che i nostri avvocati di parte civile esponevano e che sono stati considerati nei lavori della prima commissione»

Si fa qui riferimento innanzitutto all’impianto antincendio sprinkler, che era spento, come segnalato anche dall’ingegnere La Malfa. Se fosse stato acceso, gli ambienti si sarebbero probabilmente raffreddati e qualcuno sarebbe probabilmente sopravvissuto, se fossero arrivati i soccorsi. 
C’è poi la questione dei cali di tensione alla radio VHF del Moby Prince che quindi non funzionava adeguatamente. Anche Tomasin, che fu marconista del Moby Prince prima della strage dice che il VHF avrebbe “avuto dei problemi: c’erano falsi contatti tra due fili e la saldatura, a causa delle vibrazioni o degli scossoni, non era ben fatta e non reggeva”. Immaginiamoci quindi per uno scontro tra il traghetto e la petroliera cosa può accadere all’impianto. Infine c’è la questione del non funzionamento di un radar dei due in dotazione alla nave. Bachechi, dipendente “Telemar” che era stato chiamato sul Moby Prince per una riparazione dice: “arrivai ad un certo punto del lavoro per cui occorrevano parti di ricambio, dei pezzi che non erano disponibili per cui non potevamo ultimare questa riparazione, poi non c’è stato un seguito perché al tempo l’obbligo prevedeva che solo un radar dovesse funzionare. Quel radar portava l’immagine dalla parte opposta, è come se l’osservatore lo guardasse dal di dietro. Come rappresentazione è come se si spostasse tutta l’immagine di 180°”.

«Vedere il presidente della commissione che si emoziona – ha inoltre detto Giacomo Sini – fa solo piacere, perché significa che la nostra vicenda vi è arrivata al cuore ed allora, se così è, tutto ciò deve arrivare anche al cuore del procuratore perché noi ci chiediamo spesso ora “che fare?” ed è già stato ricordato da altri parenti prima di me, c’è ancora aperta l’inchiesta per strage alla Procura di Livorno, ed il dolo è dimostrato dalla volontà ad esempio della Capitaneria di porto di non salvare le 141 persone a bordo del traghetto.
È vero, il procuratore ha ricordato delle cose ormai passate, è ritornato su dei punti che ormai sono stati chiariti ed appurati come falsi, ma bisogna anche leggere tra le righe della sua audizione. La sua disamina era una lettura dei fatti a lui pervenuti tramite documenti e lavori dei suoi predecessori. Agnello non è un nostro avvocato di parte civile, è un Procuratore della Repubblica e quando dalla sua bocca escono delle considerazioni di un certo tipo, vanno considerate perché significa che qualcosa dalle indagini in corso della magistratura livornese esce fuori. Sono fondamentali ad esempio le considerazioni in merito ad esempio alla sicurezza che la AGIP Abruzzo non fosse in una posizione corretta, ma in zona di divieto d’ancoraggio, cosa che dalle aule della procura non era mai venuta fuori in maniera ufficiale. Il procuratore si chiede come sia possibile che la Capitaneria permettesse una pratica del genere.
Oltre a ciò, seppur fosse già stato menzionato in passato, si è spinto a ricordare la totale mancanza di coordinamento dei soccorsi e non meno importante il depistaggio fatto sulla materia di definizione dei tempi di sopravvivenza a bordo, che sono stati di svariate ore e non di 30 minuti. È stato infatti ricordato il caso di Rodi, il cui corpo è stato filmato la mattina integro, steso sul Ponte Sole 2 di poppa, segno che era riuscito a salirvi solo poco tempo prima. Quando il traghetto viene rimorchiato in porto, in un filmato di poco successivo, la sua salma finisce combusta come le altre intorno a lui. Agnello ha anche ricordato, chiamandolo “ambiguo”, l’ accordo assicurativo tra Nav.Ar.Ma. ed ENI nel quale le due compagnie non si accusavano a vicenda, ma anzi, trovavano un punto d’incontro sul coprire da una parte i risarcimenti alle vittime e dall’altra i danni ambientali provocati dalla strage. Il procuratore parla di nuove intercettazioni fatte ed ascoltate dalla stessa magistratura, novità questa che è stata resa pubblica in audizione, impegnandosi a tentare di iscrivere nel registro degli indagati dei soggetti che se non indiziati in passato potrebbero essere accusati oggi. Tutte queste cose le abbiamo sempre dette. Agnello ci ha ascoltato? Forse. Ha ascoltato e letto le considerazioni delle commissioni d’inchiesta? Sicuramente. È importante quindi oggi cercare di capire dove vuole arrivare la Procura di Livorno perché è ancora aperta l’inchiesta per strage e su quello noi dobbiamo puntare e non ci dobbiamo fermare».

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