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11 aprile. Primavera di resistenza

da: http://anarresinfo.noblogs.org/

L’11 aprile è il giorno degli espropri. L’ultimo atto prima dell’avvio dei lavori per il tunnel geognostico della Maddalena. 11 mesi dopo il primo attacco, le truppe di occupazione hanno concluso la recinzione dei terreni. Sono stati mesi di resistenza pressoché quotidiana, mesi nei quali abbiamo cercato di mettere i bastoni tra le ruote ad una macchina militare costruita con cura e intelligenza per disciplinarci, dividerci, spaventarci. Non ci sono riusciti e ogni volta ne provano una nuova per spezzare un movimento di irriducibili rompiscatole, gente che non si fa dividere, gente che non molla né si spaventa, gente che da il “cattivo” esempio un po’ a tutti. Domani in tutta Italia vi saranno iniziative di lotta a sostegno dei No Tav ma, soprattutto, a sostegno di un’idea di relazioni politiche e sociali diversa da quella in cui siamo forzati a vivere, dove libertà, uguaglianza, solidarietà siano impegni e obiettivi comuni non parole con cui celebrare la retorica di una democrazia fatta di guerra, sfruttamento, oppressione. La lotta No Tav è divenuta punto di riferimento per le tante resistenze del nostro paese. Una lotta popolare, dove i processi decisionali provano a costruirsi dal basso, tramite il metodo del consenso, nel confronto diretto nelle assemblee e nei comitati locali. Non sempre ci si riesce, perché l’abitudine alla delega, la forza delle gerarchie che segnano una società autoritaria, sono difficili da sconfiggere. Ma, con pazienza e con fatica, ci proviamo, perché sappiamo che la posta in gioco è molto alta. La possibilità di immaginare costruendolo e di costruire immaginandolo un futuro che dia senso al nostro presente. Ieri al merendin di pasquetta in Clarea, assediati da imponenti recinzioni, uomini in armi e mezzi militari dappertutto, alcuni di noi si domandavano quanta strada avessimo fatto in tanti anni, quanti chilometri avessimo macinato, quante iniziative costruito, quante parole spese per tessere la tela robusta della quale è fatto questo nostro movimento. Una tela che è forte anche della capacità costante di re-inventarci spazi e prospettive, di sorprendere i nostri avversari, di allargare nel contempo il consenso popolare intorno alle nostre iniziative. Ieri c’era chi mangiava, chi arrostiva il cibo sulla brace, chi cantava e chi discuteva. C’era anche chi saliva alle vasche e di lì alla Maddalena occupata. La scena è desolante: un deserto circondato da muri e reti, coronate di filo spinato. Una enorme ferita. Il 27 giugno, il 16 e il 24 agosto e infine il 27 febbraio si sono presi tutto. Dall’alto si vedono bene le recinzioni concentriche che segnano i progressi degli occupanti. Ormai da mesi, sin da metà settembre, il movimento si interroga sulle prospettive di lotta, che certo non sono più quelle del 2005. Oggi il governo ha affinato i mezzi, sapendo calibrare propaganda e violenza. Nel 2005 i check point di polizia che impedivano l’accesso al paese di Mompantero rendevano visibile l’occupazione militare in tutto il suo portato materiale e simbolico, oggi il check point sulla strada dell’Avanà chiude una strada di vigne, senza case, persone, affetti divisi. Il catino della Clarea è perfetto per una guerra tra eserciti, molto meno per una lotta popolare, che ha i suoi ritmi, fatti di partecipazione diretta di tutti, anziani, ragazzini e malati compresi. L’8 dicembre con 14 ore di occupazione popolare dell’autostrada, poi in modo più netto con i blocchi prolungati di fine febbraio il movimento ha ri-trovato il suo ritmo, una lotta capace di mettere nuovamente in difficoltà l’avversario. Un avversario che non guarda in faccia nessuno, che pesta, gasa e rompe ossa in ogni dove ma indubbiamente preferisce farlo in una zona appartata e remota come la Clarea piuttosto che nel cuore della valle, a due passi dalle case. Quando i lacrimogeni centrano i cortili delle abitazioni, quando la guerra attraversa il tuo paese, quando la democrazia reale si mostra senza infingimenti né belletti, la resistenza si rinforza, la gente esce dal lavoro e va alla barricata, il tempo della libertà prende il sopravvento su una quotidianità scandita dal ritmo della merce. C’è chi si affeziona ai luoghi. Fa bene, perché i luoghi vivono grazie a chi li ama. Vedere la Clarea ridotta a polvere e filo spinato fa male a tutti. Ma non è lì che si gioca la partita. Il governo lo ha capito tanto bene che ha deciso di far partire l’iter di approvazione di nuove leggi che sanzionino pesantemente i blocchi stradali e ferroviari. Se non gli dessimo fastidio, se volessero tenerci lontani da quelle dannate reti, perché fare una legge per tenerci invece lontani dall’autostrada? Con la grande manifestazione del 25 febbraio e con i blocchi della settimana successiva abbiamo rotto l’accerchiamento mediatico con il quale hanno giustificato repressione ed arresti. La scommessa per i prossimi giorni e mesi – l’11 è solo una tappa – è di creare le condizioni perché le truppe siano costrette al ritiro. Occorre inceppare la macchina dell’occupazione, intralciarla con pazienza giorno dopo giorno, rendendo visibile la gestione militare del territorio. In quest’angolo di nord ovest la situazione può divenire ingovernabile, specie se riusciremo ad unire le resistenze non in un cartello politico ma nella pratica del mutuo appoggio e della solidarietà concreta. Scegliamo noi i luoghi della resistenza. Se ci riusciremo, se ogni paese, ogni strada diventerà per loro un problema, saranno costretti ad andarsene da Clarea come se ne andarono da Venaus.

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Mercoledì 11 aprile: manifestazione No Tav a Livorno

da: senzasoste.it

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Il prossimo 11 aprile in Val di Susa si attende il verdetto sulla legittimità, da parte dello Stato italiano, ad espropriare i terreni di proprietà di libere cittadine e liberi cittadini per i/le quali rappresentano fonte di reddito e sostentamento per cominciare la costruzione di un’opera dannosa, inutile e costosa.

Come laggiù non sembra più contare la volontà popolare così anche nella nostra città ci è stato impedito di dire no al Rigassificatore Offshore e non si ascoltano le voci che chiedono lo stop alla costruzione della discarica del Limoncino.

Noi accogliamo quindi l’appello del popolo No Tav e portiamo avanti la lotta di tutte e tutti coloro che si battono contro lo sperpero di denaro pubblico a fini privatissimi, contro la devastazione del territorio, contro la definitiva trasformazione in merce delle nostre vite e delle nostre relazioni sociali.

Difendere la propria terra e la propria vita è difendere il futuro nostro e di tutt*: dei giovani condannati alla precarietà a vita, degli anziani cui è negata una vecchiaia dignitosa, di tutt* quell* che pensano che il bene comune non è il profitto di pochi ma una migliore qualità della vita per ciascun uomo, donna, bambino e bambina. Qui e ovunque.

In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni fabbrica dove Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta, ci sono le nostre ragioni.

MANIFESTAZIONE CITTADINA

CONTRO IL TAV, LE OPERE INUTILI E LA RIFORMA DEL LAVORO, PER I BENI COMUNI, PER UNA SCUOLA PUBBLICA E GRATUITA E PERCHÈ LE NOSTRE VITE VALGONO PIÙ DEI LORO PROFITTI!

MERCOLEDI 11 APRILE ORE 17.30

VIALE CARDUCCI

ANGOLO BAR “IL TRAMEZZINO”

ASSEMBLEA NO TAV LIVORNO

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Venerdì il prof. Ichino a Livorno. L’appello per il presidio per la difesa dell’art.18

da: senzasoste.it
ichino
Pietro Ichino sarà a Livorno venerdì 6 per tenere una lezione sul nuovo diritto del lavoro, presso la Camera di Commercio alle ore 17.
Ichino è docente ordinario di Diritto del Lavoro all’Università Statale di Milano (Clicca qui per vedere chi è Ichino)
Nel 2008 è stato eletto senatore per il Partito Democratico, attualmente è membro della Commissione Lavoro del Senato.
Ichino sostiene che:
  • si deve rendere inconsistente la tutela dell’art.18 per le vittime di licenziamenti discriminatori;
  • si deve annullare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo;
  • si deve spostare la contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale.
Chissà che cosa potrà insegnare ai lavoratori della Giolfo e Calcagno, della Delphi, delle migliaia di precari, cassaintegrati, disoccupati vittime della politica del governo sostenuto dal partito di Ichino, dei furti dei fondi europei e dei vari contributi ottenuti con la scusa dell’occupazione, dei corsi fantasma.
Noi non abbiamo niente da imparare, noi che non crediamo più alle favole, noi che abbiamo capito che la sola arma è la lotta, a partire dalla difesa dell’articolo 18.
Presidio alla Camera di Commercio di Livorno, in Via del Porticciolo
Venerdì 6 aprile – h 16:30
Bisogna costruire un ampio movimento per la difesa dell’articolo 18, contro l’attacco portato al mondo del lavoro, ai giovani e alle donne.
Le mobilitazioni per il Primo Maggio stanno crescendo: dagli USA con occupy mayday , alla Spagna, alla Grecia. Il Primo Maggio sarà un’importante giornata di lotta per far pagare la crisi a chi l’ha prodotta.
Unire le lotte dal territorio, alla scuola e all’università, alle lotte per il lavoro, alle lotte dei migranti.
Chiediamo ai giovani e alle donne, alle lavoratrici e ai lavoratori, ai precari, ai pensionati e ai migranti, ai movimenti civili sociali e ambientali, alle forze organizzate, di lavorare partendo dalla difesa dell’articolo 18 perché anche a Livorno il Primo Maggio torni ad essere una data di lotta e di mobilitazione.
Giovedi 12 aprile ore 17,30 sala Circoscrizione 2 scali finocchietti Assemblea in difesa dell’articolo18

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12 maggio a Pisa manifestazione nazionale anarchica per Franco Serantini

A quarant’anni dalla morte di Franco Serantini l’assemblea degli Anarchici Toscani ha deciso di organizzare a Pisa, per il 12 maggio, una manifestazione nazionale anarchica.
Oggi più che mai è doveroso riprendersi le piazze e le strade della città con un corteo, forti anche delle ragioni e delle idee per cui Franco lottava.

 SABATO 12 MAGGIO

PISA – PIAZZA SANT’ANTONIO – ORE 15

Franco Serantini faceva parte del gruppo anarchico Pinelli di Pisa, che aveva sede in via San Martino. La volontà di lottare per una società di liberi e di eguali lo univa ai compagni ed a tanti altri giovani proletari, in una fase di grande fermento sociale; era sicuramente una pagina nuova della sua giovane e difficilissima vita, che aveva conosciuto l’abbandono, l’orfanotrofio e la durezza delle istituzioni.

L’impegno di Franco si dispiegava nelle iniziative sociali di quegli anni, come l’esperienza del “mercato rosso” nel quartiere popolare del CEP, ma anche, in senso specificamente politico, nella campagna contro la strage di Stato, per la difesa della memoria di Pinelli, per la scarcerazione di Valpreda e di altri compagni. Dopo le grandi lotte del ’68 e del ’69, padroni e fascisti cercavano di rialzare la testa rispondendo con la strategia della tensione e sferrando una feroce campagna antianarchica.

Il 5 maggio del 1972 Franco partecipa ad una presidio contro il comizio del fascista Niccolai. Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia. Franco viene circondato sul Lungarno Gambacorti da un gruppo di poliziotti del I Raggruppamento celere di Roma, e pestato a sangue. Portato nel carcere Don Bosco, Franco sta male, ma le sue condizioni vengono ignorate, nonostante si aggravino rapidamente. Dopo due giorni di agonia e coma, Franco muore. E’ il 7 maggio 1972. I suoi funerali vedono una grande partecipazione popolare.

Anno dopo anno, si susseguono le manifestazioni di piazza in sua memoria. Inoltre, a Torino gli viene dedicata una scuola, a Pisa una lapide viene collocata all’ingresso di palazzo Thouar, dove Franco visse nell’ultimo periodo della sua vita. Negli anni nascerà in città la biblioteca a lui intitolata, e nella piazza S. Silvestro, nota a tutti come piazza Serantini, verrà posto un monumento dedicato a Franco, dono dei cavatori di Carrara.

In una situazione sociale e politica come quella che stiamo attraversando, in cui aumenta la stretta della repressione, in cui si giunge persino a parlare di leggi speciali contro gli anarchici, sentiamo la necessità di unirci in un momento di lotta comune. Per questo gli Anarchici Toscani invitano tutti i compagni a partecipare a livello nazionale alla manifestazione del 12 maggio. Una manifestazione che porterà in piazza non solo una parte della storia del Movimento Anarchico, ma anche un aspetto importante della memoria della città di Pisa.

A 40 anni di distanza da quei fatti siamo nuovamente di fronte ad un attacco feroce da parte dello Stato e dei suoi apparati repressivi contro ogni manifestazione di dissenso. Dai recenti arresti ai danni dei compagni e delle compagne del movimento NO TAV che da venti anni si oppone alla costruzione dell’alta velocità in val di Susa, passando per gli innumerevoli episodi di repressione e costante minaccia che gli apparati repressivi operano, ormai quotidianamente, nei diversi contesti di lotta. E accanto alla repressione attuata con manganelli e lacrimogeni, quella pervasiva e diffusa del controllo sociale contro tutti coloro che muovono una critica radicale al paradigma dominante e desiderano sperimentare la praticabilità di un metodo e di un agire basati sulla libertà, sulla giustizia sociale, sull’eguaglianza reale e soprattutto sulla solidarietà. Perché tutto questo è pratica rivoluzionaria.

La repressione ed il controllo sociale si realizzano massimamente nelle istituzioni totali e nelle strutture detentive. Ecco dunque le politiche razziste e la reclusione e deportazione dei migranti in istituzioni repressive come i CIE; ecco la recrudescenza neofascista, alimentata dalle istituzioni, dalla chiesa, dai padroni. Una violenza che si scatena, come nei casi di Torino e di Firenze, ora contro i rom, ora contro lavoratori senegalesi, ora contro qualsiasi settore sociale marginale.

Si cerca di dividere il fronte degli sfruttati, sempre più esteso a causa degli attacchi alle generali condizioni di vita, alimentando l’odio dello straniero e la rottura di meccanismi di solidarietà. In questo contesto, per i governi risulta fondamentale rafforzare il razzismo e il fascismo. Si rende quindi necessario oggi come 40 anni fa combattere con la solidarietà ogni forma di fascismo, razzismo ed esclusione. Per una società che spezzi le catene dei confini fisici e mentali che attualmente ci vengono imposti ed entro i quali ci vogliono costringere.

Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza per ricordare Franco Serantini, anarchico, rivoluzionario.

Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza contro la repressione, contro il razzismo, contro ogni fascismo.

Per una società di liberi e di eguali.

Anarchici Toscani

per contatti e adesioni: anarchicitoscani@autistiche.org

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PRESIDIO UNITARIO – L’art.18 non si tocca!

Il governo Monti è riuscito là dove il governo Berlusconi aveva fallito, mettere le mani sull’articolo 18 della legge 300 del 1970 che garantisce di non essere licenziati in base al totale arbitrio padronale. Nello stesso tempo vengono ridimensionati gli ammortizzatori sociali.

In questi anni altre conquiste di fondo sono state stracciate dal padronato e dai governi che si sono susseguiti: un contratto nazionale di lavoro adeguato per tutti, andare in pensione in tempi ragionevoli, un mercato del lavoro basato sul contratto a tempo indeterminato e non la precarietà dilagante che coinvolge i giovani, ma anche i meno giovani.

Il governo Monti Napolitano Fornero rappresenta fino in fondo gli interessi delle banche e del padronato: la cancellazione dell’articolo 18 lascia liberi i padroni di ricattare i dipendenti ogni giorno, di cacciarli, di impedire l’organizzazione di un reale sindacato dei lavoratori.

Dicono: “La libertà di licenziamento porta sviluppo economico”; è la più grande balla mai sentita; serve solo a sfruttare di più gli operai; tutte le misure prese da Berlusconi e poi da Monti precipitano il paese nella recessione economica.

I sindacati hanno la gravissima responsabilità di aver avallato una finta trattativa con il Governo deciso solo a fregare la classe lavoratrice. La CGIL dichiara la sua contrarietà alla manomissione dell’articolo 18 ma la più grande organizzazione di massa del paese non avrebbe mai dovuto sedersi a quel tavolo chiamando da subito alla mobilitazione e alla lotta come aveva chiesto la FIOM e come proponevano i sindacati di base.

In questi ultimi giorni ci sono stati importanti scioperi e manifestazioni in molte fabbriche e città. E’ questa la strada da seguire per battere un governo che vuole lo scalpo della classe operaia.

Rispondiamo con la lotta al violento attacco del governo Monti.

Rialziamo la testa per difende i nostri diritti e il nostro futuro

e quello dei nostri figli.

  • Difendiamo l’articolo 18,

  • Difendiamo i salari e l’occupazione,

  • Serve un salario sociale e un salario minimo garantito,

  • Rivogliamo il diritto alle pensioni di anzianità.

In Portogallo (22/3) ed in Spagna (29/3) stanno già scioperando contro le riforme del lavoro, costruiamo anche da noi lo

SCIOPERO e la MOBILITAZIONE GENERALE

Per preparare la mobilitazione nel nostro territorio

GIOVEDI’ 29 MARZO h. 17.30

Presidio in Piazza Grande a Livorno

 

Organizzano:

CIB-Unicobas

Unione Sindacale di Base

Aderiscono:

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

Partito Comunista dei Lavoratori

Sinistra Critica

 

FIP Via Pieroni 27 – Livorno. 29/3/2012

 

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Martedì 13 Assemblea cittadina NO TAV

da: senzasoste.it
Martedì 13 marzo h 21 all’Ex-Caserma Occupata
Assemblea cittadina NO TAV.
Dopo i presidi di solidarietà ed il corteo con blocco dei binari degli scorsi giorni, è necessario confrontarsi su come continuare a sostenere la lotta del movimento NO TAV.
Molte proposte sono già emerse: sensibilizzazione sulle ragioni dell’opposizione al TAV, informazione sulla lotta in Valle e sulle violenze della polizia, sostegno agli arrestati, opposizione alla repressione ed alla criminalizzazione dei movimenti. L’intenzione è quella di creare un momento di discussione aperto a ulteriori proposte, che possa organizzare nuove iniziative.

Tutti i soggetti politici e sindacali, i comitati, le realtà ed i singoli sono invitati a partecipare all’assemblea cittadina di martedì.

PER ESSERE NO TAV NON OCCORRE ESSERE VALSUSINI,

BASTA ESSERE INFORMATI

  1. No_Tav_stazione_2Questa opera è totalmente INUTILE: La regione Piemonte 20 anni fa stimava che i passeggeri tra Italia e Francia sarebbero cresciuti da 1 milione e mezzo fino a 7 milioni e 700 mila in dieci anni; ora invece sono 700 mila, un decimo del previstoeinfatti ilvecchio treno Torino – Lione è stato soppresso. Quindi si è cambiato il progetto per fare il TAV per le merci anziché per i passeggeri. Si potrà così risparmiare 30 minuti (!!!) nel trasporto delle merci. Il commercio annuo tra Italia e Francia è salito fino al 2000 e poi è crollato, passando da 8 a 2,5milioni di tonnellate di merci. La linea esistente ha una capacità di 20 milioni di tonnellate. La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, tra l’altro, non sarebbe nemmeno ad Alta Velocità per passeggeri perché, essendo quasi interamente in galleria, la velocità massima di esercizio sarà di 220 km/h, con tratti a 160 e 120 km/h, come risulta dalla VIA presentata dalle Ferrovie Italiane. Per effetto del transito di treni passeggeri e merci, l’effettiva capacità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe praticamente identica a quella della linea storica (attualmente sottoutilizzata nonostante il suo ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati investiti da Italia e Francia circa 400 milioni di euro) che tra l’altro è già una linea Tgv che collega da anni Torino con Parigi.
  1. Questa opera è DANNOSA: vi è un forte rischio inquinamento a causa dei lavori (migliaia di camion e gas di scarico prodotti oltre ai materiali da rimuovere), aumenterebbe fortemente il dissesto idrogeologico sia in superficie che nelle falde sotterranee (già causati dalla costruzione e ammodernamento della attuale ferrovia, delle due strade statali e dell’autostrada con viadotti e trafori. Si vedano inoltre gli irrimediabili danni prodotti dal TAV qui in Toscana, nel Mugello), per non parlare della presenza accertata di amianto e uranio nelle montagne valsusine (L’ AGIP il 15 Aprile 1977 nel pieno fermento nucleare italiano si dichiarò interessata ad effettuare estrazione di materiali radioattivi proprio in quei luoghi. Lo stesso fece la ditta francese Minatome nel 1981. Si veda a lato il rilevamento in Bequerel di una roccia estratta in quelle valli, che è risultato superiore a quelli di Chernobyl). Qui si possono trovare maggiori e precisi riferimenti:

http://www.notav.info/documenti/nella-miniera-duranio-a-giaglione/

  1. Questa opera è un FINANZIAMENTO ALLE MAFIE E AI PARTITI: tutti questi soldi mossi nell’appalto pubblico agevolano l’infiltrazione della mafia nei cantieri. Nei sistemi di appalti e sub-appalti si crea un mix esplosivo di concessioni lavorative e voti pilotati verso i partiti.

Le ditte interessate dai lavori sono la CMC (cooperativa rossa di cui Pier Luigi Bersani fu amministratore), la ROCKSOIL (fondata e guidata da Giuseppe Lunardi – Ministro dei trasporti del governo Berlusconi) e IMPREGILO (33% del Gruppo Gavio, latitante in passato e indagato per corruzione con reato prescritto – 33% Gruppo Benetton noto per lo sfruttamento nel tessile asiatico e per la sottrazione di quasi un milione di ettari ai Mapuche in sud america – 33% Gruppo Ligresti patteggiò 4 anni nell’inchiesta Tangentopoli e ora di nuovo in attività).

Questa una dichiarazione di Ferdinando Imposimato, Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione e Membro della Commissione Antimafia dal 1987 al 1994: “Ci attivammo come Commissione Antimafia perchè l’avvio del progetto e del conseguente cantiere fu accompagnato da bombe e attentati contro le imprese che si trovavano lungo la tratta. Per questo, decidemmo di aprire un’inchiesta, perché mi resi conto che nell’opera confluiva anche la malavita organizzata, al fine di lucrare somme ingenti attraverso la moltiplicazione dei costi. E’ venuto fuori che nella Tav partecipavano politici corrotti e imprese della mafia”.

Il 25 Febbraio 2012 scritto in piccolo su diversi quotidiani esce questa notizia: «Il rapporto del nucleo investigativo dei carabinieri di fine dicembre è stato depositato dalla Procura a disposizione dei legali dei 191 indagati di “Minotauro”: ridefinisce questi legami e estende ombre nuove su appalti pubblici, compresa “la commessa aggiudicata da Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) per realizzare la recinzione nel cantiere di Chiomonte”». Bruno Iaria nipote di Giovanni Iaria (esponente del PSI e attualmente in carcere per legami con la ‘ndrangheta) già arrestato per estorsione e detenzione d’armi, definito dai carabinieri come il capo della “locale” della ‘ndrangheta a Cuorgné (Torino), è stato dipendente della Italcoge tra 2006 e 2007.  La stessa Italcoge che ha eseguito i lavori preparatori per il Tav a Chiomonte, in Val di Susa. Anche Roberto Saviano scrive: “Tutti parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent’anni l’Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business […]Questa è una certezza giudiziaria e storica.” E ancora: “Le mafie si presentano con imprese che vincono perché fanno prezzi vantaggiosi che sbaragliano il mercato, hanno sedi al nord e curricula puliti, e il flusso di denaro destinato alla Tav rischia di diventare linfa per il loro potenziamento, aumentandone la capacità di investimento, di controllo del territorio, accrescendone il potere economico e, di conseguenza, politico. Non vincono puntando il fucile. Vincono perché grazie ai soldi illeciti il loro agire lecito è più economico, migliore e veloce. Lo schema finanziario utilizzato sino ad ora negli appalti Tav è il meccanismo noto per la ricostruzione post-terremoto del 1980: il meccanismo della concessione, che sostituisce la normale gara d’appalto in virtù della presunta urgenza dell’opera, e fa sì che la spesa finale sia determinata sulla base della fatturazione complessiva prodotta in corso d’opera, permettendo di fatto di gonfiare i costi e creare fondi neri per migliaia di miliardi. La storia dell’alta velocità in Italia è storia di accumulazione di capitali da parte dei cartelli mafiosi dell’edilizia e del cemento. Il tracciato della Lione-Torino si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento. Sono tutte pronte e già si sono organizzate in questi anni.”

Aggiungiamo inoltre che Paolo Comastri, direttore generale di Ltf, è stato condannato in primo grado per turbativa d’asta nell’ambito della gara di appalto per il tunnel di Venaus. Comastri era difeso da Paola Severino, attuale Ministro della Giustizia. Il Ministro della giustizia è l’avvocato difensore di chi voleva imbrogliare lo Stato in un’asta sui lavori del TAV.

Questa opera è un enorme SPRECO DI DENARO PUBBLICO: Le cifre parlano da sole. E’ comunque assurdo pensare che l’Italia pagherà il 57% di un’opera che passa solo per il 30% sul nostro territorio. La stima del costo è di 18-20 MILIARDI di euro e questi sono solo i preventivi, ma come sappiamo i costi in Italia lievitano in corso d’opera. Il costo medio  al km per linee ferroviarie ad Alta Velocità è di 9,3 milioni di euro in Giappone, 10,2 in Francia, 9,8 in Spagna e 62,5 in Italia!!!!!!!!!!!!

NON E’ VERO CHE IL TAV E’ SOLO INUTILE

IL TAV E’ ANCHE DANNOSO!

 

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Associazione a delinquere per gli anarchici

da: Umanità Nova, n.9 dell’11 marzo 2012 – www.umanitànova.org

I ferri vecchi della reazione

Incapace di venire a capo della resistenza popolare in Val Susa, e della solidarietà crescente che riceve in ogni parte del paese, il governo Monti penserebbe a nuove misure repressive nei confronti dei ribelli.

Lo annuncia Liana Milella in un articolo pubblicato su “La Repubblica”
(http://www.repubblica.it/politica/2012/03/04/news/e_il_viminale_studia_le_contromosse_associazione_a_delinquere_per_i_ribelli-30907058/?ref=HREC1-2): gli alti papaveri del Governo e della polizia sono preoccupati per l’opposizione popolare al progetto del TAV, e per le conseguenze che l’azione repressiva potrebbe avere nel rinfocolare la resistenza e la solidarietà.
In realtà, per applicare la tradizionale politica del bastone e della carota, manca al Governo qualsiasi carota da offrire al movimento, carota che non si trasformi in una sconfitta per la lobby delle costruzioni ferroviarie legata alla direzione del PD, e in particolare nei legami politici molto stretto tra il presidente del comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti (Copasir) Massimo D’Alema e Maria Rita Lorenzetti, ex presidente della regione Umbria e attuale presidente dell’Italferr.

La paura che fa Baffo di Ferro per Monti e il suo governo è maggiore di quella che fa il movimento popolare; per questo i dossier che sono sul tavolo del ministro degli Interni l’unica via d’uscita che viene prefigurata è quella
dell’accentuazione della repressione: associazione a delinquere per gli anarchici, l’arresto differito, il reato di blocco ferroviario.

Nell’articolo si afferma che “gli anarchici torinesi, in una scala di pericolosità, si collocano al livello più alto.”, e conclude: “le richieste delle forze di polizia sono ben precise. Innanzitutto un’interpretazione più ampia del 416, l’associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, applicabile anche agli anarchici che pure rifiutano l’etichetta di gruppo associativo. Poi l’arresto differito per chi commette reati in piazza. Infine un ritorno al reato di blocco stradale e ferroviario”.

Se si da un’occhiata alla storia, possiamo vedere che le ondate repressive contro il movimento anarchico hanno prima o poi coinvolto tutte le componenti del movimento operaio e popolare, con morti, arresti, confino e chiusura di organizzazioni.

E’ accaduto nel 1894 con le leggi antianarchiche del governo Crispi, è successo durante il fascismo con il codice Rocco, è successo nel 1969 con la strage di piazza Fontana e l’assassinio di Giuseppe Pinelli. E non si può dire che la
repressione abbia raggiunto il suo scopo: la malapianta dei malfattori è risorta più forte di prima dalle sue ceneri.

Chi sperava di garantirsi un’immunità dissociandosi dagli anarchici ha pagato a caro prezzo la sua illusione: al tempo delle leggi antianarchiche, Filippo Turati,
parlamentare socialista, cercava di stornare la repressione nei confronti del suo partito ricordando i meriti nella lotta contro l’anarchismo. Pochi mesi dopo, il governo scioglieva anche il neonato partito socialista, chiudeva le sedi e proclamava lo stato d’assedio in mezza Italia. Quasi vent’anni dopo, gli stessi dirigenti socialisti tentarono la pacificazione con il partito fascista, riuscendo solo a disorientare i militanti proletari e a dare un nuovo esempio di tradimento.

Stiano attenti, i leader democratici e sindacali, ad avallare la politica antianarchica del Governo: i “normalizzatori” troveranno sicuramente argomenti per colpire altri non allineati.

Da parte nostra, non cesseremo il nostro lavoro di propaganda e di organizzazione: il governo, con la sua politica autoritaria e classista, dimostra ogni giorno la validità delle nostre argomentazioni.

Tiziano Antonelli

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NO TAV: resistenza e solidarietà

Sono state giornate di resistenza e solidarietà.
In Val di Susa sono iniziati da lunedì 27 febbraio gli espropri dei terreni per ampliare il cantiere dell’alta velocità ferroviaria. Per questo la Valle è stata invasa per l’ennesima volta da mezzi e uomini delle forze dell’ordine.
Quella che il Governo propaganda come una azione necessaria per garantire la prosecuzione dei lavori per il TAV, è in realtà un’occupazione militare dallo scopo puramente repressivo, organizzata per difendere gli interessi dei padroni del cemento e del tondino che vedono moltiplicare i propri profitti grazie al TAV.
Il cosiddetto “cantiere”, aperto a colpi di manganelli e gas lacrimogeni questa estate, non è altro che un fortino chiuso da mura, reti, recinzioni e filo spinato. Centinaia di uomini armati a guardia di un cantiere fantasma, in cui nessun lavoro è mai cominciato. Lo stesso avvocato D’Amelio che fa parte del pool di avvocati della LTF (Lyon Turin Ferroviaire), la società incaricata di promuovere la realizzazione de TAV Torino-Lione, afferma: “Il cantiere non esiste, o meglio, esiste un cantiere nel senso della delimitazione territoriale. Non esiste un cantiere attrezzato e operativo.”
Le operazioni di polizia di questi giorni quindi non serviranno a far procedere i lavori, perché i lavori neanche sono cominciati. Perché il cantiere non è neanche attrezzato per lavorare!
E’ chiaro allora che quella che si sta svolgendo in Val di Susa è un’operazione repressiva e nient’altro.
Il movimento popolare NO TAV è infatti un esempio per tutte le lotte popolari contro gli ecomostri, per la salute e la difesa dei territori, ma anche contro la crisi e lo sfruttamento, contro la repressione.
E’ un esempio che fa paura ai potenti.
Per questo, lo scorso 26 gennaio, con un’operazione che ha portato all’arresto di 26 compagne e compagni NO TAV lungo tutta la penisola, si è cercato per l’ennesima volta di criminalizzare il movimento e di dividere la protesta. Ma è stato inutile. La risposta è stata decisa e popolare.
Infatti in Val di Susa sabato 25 febbraio oltre 80000 persone hanno attraversato gli 8 km che separano Bussoleno da Susa, una grande dimostrazione di forza del movimento NO TAV che da anni si oppone al devastante ed inutile progetto di costruzione della linea dell’Alta Velocità ferroviaria.
Una dimostrazione di forza che il Governo e le mafie del TAV non hanno accettato. Per questo già dalla sera di sabato 25, al termine della manifestazione, hanno caricato con violenza ed a freddo i manifestanti all’interno della stazione ferroviaria di Torino Porta Susa, con lanci di lacrimogeni fin dentro i vagoni dei treni.
Gli espropri che sarebbero dovuti cominciare martedì 28, sono partiti già dal lunedì, con un ordine prefettizio che vieta la circolazione e lo stazionamento su quei terreni, in barba alla legalità.
E’ in una delle prime operazioni di occupazione di questi terreni da parte delle forze dell’ordine, che avevano scatenato una vera e propria caccia all’uomo, che Luca Abbà, attivista NO TAV resta gravemente ferito. Luca era salito su un traliccio dell’elettricità per protesta, inseguito dalla polizia fin sul traliccio, è rimasto folgorato ed è caduto. E’ ancora ricoverato in gravi condizioni.
Nonostante questo terribile fatto, quella mattina sono continuate le cariche, i lanci di lacrimogeni, gli espropri. Mentre i NO TAV hanno iniziato i blocchi delle principali vie di comunicazione della zona.
Già il giorno stesso, lunedì 27, in tutte le città d’Italia si sono svolte iniziative di solidarietà e di sostegno a Luca e al movimento NO TAV. Con una forza ed una solidarietà che in questi anni non si era mai espressa.
Questi giorni si sono susseguiti tra resistenza e solidarietà. In Valle la resistenza dei presidi permanenti, delle barricate, delle assemblee popolari gremite, degli scioperi, dei blocchi stradali, autostradali e ferroviari, dei canti e dei fuochi. Nel resto d’Italia la solidarietà. Con le occupazioni delle stazioni, con i cortei spontanei, i presidi, le assemblee, i blocchi, le manifestazioni.
Il Governo, i padroni e le mafie del TAV stanno giocando tutte le proprie carte:
Dall’uso spregiudicato della violenza e della forza militare, alla continua propaganda dei giornali e della televisione, impegnati al massimo nel dar voce a criminalizzazioni, falsità, teoremi repressivi e deliri dei potenti di turno, come quelli di Manganelli e D’Alema.

Napolitano e Monti hanno deciso l’innalzamento del livello di scontro in Val Susa, con lo scopo di mettere a tacere anche le critiche che si sono levate all’interno della stessa maggioranza, e per superare le spaccature nel PD, con un gruppo dirigente legato strettamente agli interessi della lobby delle costruzioni ferroviarie.

 

E’ necessario organizzare la solidarietà, perché la lotta del movimento NO TAV non è la lotta della Val di Susa ma è la lotta di tutti.

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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Livorno: una settimana di solidarietà

 La settimana appena passata è stata caratterizzata a Livorno, come in molte altre città, da numerose iniziative unitarie di solidarietà con il movimento NO TAV.
Lunedì 27 febbraio, appena giunte dalla Val di Susa le notizie dell’occupazione militare e violenta dei terreni in Val Clarea e del grave ferimento dell’attivista NO TAV Luca Abbà, è stato convocato un presidio sotto la prefettura per le 18. Circa 50 persone hanno partecipato al presidio di solidarietà. Dopo aver appeso uno striscione ai cancelli della prefettura, è partito un corteo che ha attraversato le vie del centro per fermarsi in Piazza Grande. Prima di concludere la manifestazione sono stati fatti interventi al megafono ed è stato distribuito un volantino unitario che riportava i gravi fatti della mattina.
Giovedì 1 marzo, dopo le violenze della polizia che la notte precedente aveva sgomberato il presidio NO TAV che a Chianocco bloccava l’autostrada A32, è stato organizzato in pochissime ore un presidio di solidarietà in Piazza Grande. Il presidio ha visto la partecipazione di alcune decine di persone. In piazza si sono susseguiti interventi a sostegno del movimento NO TAV.
Sabato 3 marzo un altro presidio unitario convocato per le 16 all’incrocio tra Viale Carducci e l’Aurelia, ha visto la presenza di un centinaio di persone. Vista l’alta partecipazione è partito un corteo spontaneo che ha raggiunto la Stazione Centrale di Livorno. Alla stazione sono stati occupati i binari 3 e 4 per circa mezz’ora, bloccando l’arrivo del treno Frecciabianca Milano-Roma, che ha ritardato di 25 minuti. Intanto con interventi al megafono e volantinaggi sono stati informati i viaggiatori presenti sulle banchine, in molti interessati e solidali con la protesta.
Il corteo è poi ripartito bloccando l’Aurelia e raggiungendo la sede del quotidiano locale “Il Tirreno” del gruppo “L’Espresso”. Dopo aver appeso uno striscione sulla porta dell’edificio, un membro della redazione del giornale è sceso al presidio per un confronto. I manifestanti hanno espresso solidarietà alla lotta del movimento NO TAV, che non può essere considerata una lotta locale o periferica. E’ stato anche chiarito che la scelta di portare la protesta sotto alla sede del giornale è stata presa per contestare la linea editoriale de “Il Tirreno” che, come “La Repubblica” e gli altri giornali del gruppo “L’Espresso”, ha un ruolo decisivo nella criminalizzazione del movimento NO TAV e nella disinformazione in atto su quanto sta succedendo in Val di Susa.
Conclusa la settimana l’attenzione resta alta in città, le iniziative di questi giorni sono servite certamente a portare l’attenzione sulla questione a livello locale e a costruire un percorso unitario di solidarietà al movimento NO TAV che sicuramente porterà avanti nuove iniziative.

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Il livello dello scontro lo alza lo Stato

Chiacchiere e Manganelli

Mercoledì 21 febbraio la palude parlamentare è stata inaspettatamente animata da due eventi di routine.

Il primo è stato l’audizione del presidente del consiglio Monti davanti al Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, di cui è presidente Massimo D’Alema; il secondo la relazione presentata dal capo della polizia Antonio Manganelli davanti alla Commissione Affari costituzionali della Camera.

Al termine dell’audizione di Monti, D’Alema ha affermato che “l’anarcoinsurrezionalismo è un fenomeno colpevolmente trascurato in questi anni, mediaticamente capito poco anche perché solo per caso non ha portato a dei morti, non sempre compreso nella sua effettiva dimensione anche da una legislatura come la nostra che in alcuni settori come questo denuncia dei ‘buchi'”. I poliziotti, si sa, odiano gli anarchici e appena possono ne parlano male; D’Alema invece dovrebbe sapere che il movimento anarchico è il primo ad essere attaccato quando le classi dominanti decidono di affidarsi ad uno Stato forte, ad una qualche forma di fascismo. E’ un fenomeno che si ripete storicamente, perché il movimento anarchico è, fra le tendenze politiche che si ispirano al socialismo, quella che più decisamente si batte, con coraggio e coerenza, a fianco delle rivendicazioni popolari e proletarie. Una volta liquidato il movimento anarchico, le classi dominanti, i circoli militaristi e clericali si liberano anche di quelle tendenze democratiche e liberali che in un primo tempo avevano appoggiato la reazione. D’Alema conosce bene la storia, ma evidentemente oggi l’interesse delle coop rosse legate al cemento e alla speculazione in Val di Susa è più forte di tutto.

I poliziotti, dicevo, odiano gli anarchici, e i superpoliziotti come Manganelli nutrono un superodio nei confronti degli anarchici. La cosa è facilmente comprensibile: una persona che guadagna 621 mila euro l’anno senza fare nulla vede come il fumo negli occhi una trasformazione sociale che gli offre la prospettiva di guadagnarsi la vita magari raccogliendo pomodori nell’agro nocerino-sarnese. Chi si è messo una divisa perché non aveva voglia di lavorare e vive di prepotenze combatte con tutti i mezzi chi nel popolo alza la testa e diffonde idee e pratiche di libertà, di uguaglianza e di solidarietà.

Il capo del blocco nero-blu dice che gli anarchici vogliono il morto. Sono stati gli anarchici ad uccidere Carlo Giuliani? Sono stati gli anarchici ad uccidere Sole e Baleno? Sono stati gli anarchici ad uccidere Marcello Lonzi, Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi e gli altri più o meno noti? Chi è che sparge il terrore con queste morti, con le aggressioni alle donne, agli extracomunitari? Chi spende miliardi in aggressioni a popoli pacifici dall’altra parte del mondo che non ci hanno fatto niente; solo per garantire la carriera di qualche macellaio gallonato?

E’ una tattica ben nota della guerra psicologica attribuire all’avversario le proprie intenzioni, giustificando in anticipo le più lampanti violazioni della legalità. La cosa più grave, nelle dichiarazioni congiunte di Manganelli e D’Alema è che entrambi auspicano una legislazione speciale contro gli anarchici, che ci riporta addirittura a Crispi.

Così si afferma che sono gli anarchici a cercare il morto mentre quotidianamente le forze dell’”ordine” si addestrano ad uccidere, così si afferma che le vittime sono i colpevoli della crisi, e si colpiscono i pensionati, i cassaintegrati, i lavoratori e le loro organizzazioni.

Le dichiarazioni congiunte di D’Alema e Manganelli testimoniano che lo Stato è pronto ad innalzare il livello dello scontro: all’odio della classe dominante nei confronti dei ceti popolari si accompagna sempre più la paura che non siamo disposti a tollerare ancora, si accompagna la paura che nei settori più bassi della burocrazia statale, perfino fra poliziotti e carabinieri covi il seme della rivolta sparso a piene mani dalla politica economica del Governo.

I poliziotti permanenti ed occasionali vorrebbero che gli anarchici assomigliassero all’immagine deformata che ne danno i mezzi di comunicazione asserviti: noi siamo orgogliosi di essere anarchici, siamo orgogliosi di batterci per una società di liberi e di uguali, siamo sicuri che le menzogne e l’odio che i nemici del popolo ci vomitano addosso non riusciranno a far impallidire l’ideale per cui ci battiamo, ideale che diviene realtà ogni giorno di più.

 

Tiziano Antonelli

 

da: Umanità Nova, n.8 del 4 marzo 2012

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