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Comunicato sulla manifestazione di solidarietà di ieri a Livorno

riceviamo e pubblichiamo

 

Ieri, lunedì 27, numerosi soggetti politici e sociali e semplici cittadini, sono scesi in piazza per un presidio di solidarietà con il movimento NO TAV, attaccato con violenza dalla polizia quella stessa mattina.

La manifestazione si è poi spontaneamente trasformata in corteo. Seguendo l’esempio di quello che stava succedendo in moltissime altre città italiane, è stata fatta una azione simbolica davanti a due sedi del Partito Democratico, come principale responsabile di anni di repressione e violenze contro la popolazione della Val di Susa e che solo poche settimane fa, aveva chiesto l’intervento dell’esercito contro il movimento NO TAV.

Leggiamo sul Tirreno on line che ci sarebbero stati “spintoni” tra manifestanti solidali con il movimento NO TAV e militanti del PD di fronte al circolo del PD di Piazza Magenta. Ma niente di tutto ciò è realmente accaduto. Lo stesso giornale riporta che un anziano militante del PD avrebbe riportato contusioni, questo è completamente falso. I fatti si sono svolti in modo totalmente diverso. Anzi, sono stati gli stessi militanti del PD presenti nella sede che hanno aggredito i manifestanti. I manifestanti, restando sul marciapiede, stavano legando davanti alla sede un nastro bianco e rosso dei lavori in corso, a quel punto i militanti del PD dalla soglia della loro sede hanno strappato il nastro e hanno rotto il cartello che un manifestante teneva in mano, cercando di strapparglielo.

Quando poi al megafono i manifestanti hanno più volte ripetuto che si trattava di una azione simbolica e pacifica e che i manifestanti presenti sul marciapiede erano stati aggrediti dai militanti del PD, questi ultimi sono rientrati nella sede. Quindi è stato di nuovo legato il nastro ed il corteo è ripartito per informare la cittadinanza sulla repressione in atto in Val di Susa.

I tentativi per far passare come violenza la libera espressione del dissenso politico non devono avere spazio. Violento è chi sgombera con ruspe, manganelli, lacrimogeni ed idranti l’intera popolazione di una valle, violento è chi invoca l’esercito contro un movimento di resistenza popolare, violento è chi non tollera, come il PD, ogni tipo di dissenso politico.

 

Manifestanti solidali con il movimento NO TAV

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STASERA CHIAMPARINO A LIVORNO!

dall’evento su facebook:

http://www.facebook.com/event.php?eid=115033165254189

 

h 21 Bottini dell’Olio (viale Caprera), Livorno

Il 28 Giugno, il sindaco di Livorno incontrerà l’ex sindaco di Torino, Chiamparino, ai Bottini dell’Olio. Chiamparino, per 10 anni sindaco di Torino, sostenitore del progetto TAV e complice della repressione subita dal movimento No Tav degli ultimi 10 anni, sarà domani a Livorno.

ORE 21.00 – BOTTINI DELL’OLIO

LIVORNO CITTA’ NO TAV.

SOLIDARIETA’ AL POPOLO VALSUSINO

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SOLIDARIETA’ AL MOVIMENTO NO TAV!

La violenta aggressione poliziesca alla popolazione della Valsusa è iniziata lunedì 27 alle 4,30. E’ quanto ha deciso il Governo per ottenere l’apertura dei cantieri per la costruzione dell’Alta Velocità ferroviaria.

 

Il governo afferma che se i cantieri non fossero stati aperti entro il 30 giugno l’Italia avrebbe perso i finanziamenti europei. I finanziamenti non sono destinati ai ceti popolari, i finanziamenti li pagano gli sfruttati di tutta Europa e vanno a vantaggio degli affaristi e degli speculatori che si arricchiscono devastando l’ambiente e la salute, sfruttando gli operai delle ditte che lavorano all’Alta Velocità.

 

Il Governo afferma che l’intervento poliziesco è stato reso necessario per difendere gli operai incaricati di aprire i cantieri. Ma dov’era la polizia quando gli operai sono morti a decine durante i lavori per l’Alta Velocità tra Firenze e Bologna?

 

Nel Mugello l’alta velocità ha saccheggiato l’Appennino tosco-emiliano, ha causato decine di omicidi bianchi, l’inquinamento e lo stravolgimento delle falde idriche. Per impedire che questo accada anche in Val di Susa, la popolazione locale lotta ormai da anni.

 

La lotta per fermare il TAV ha fermato per anni la speculazione con la solidarietà e l’azione diretta, ed è stata un esempio per tante altre lotte popolari. Oggi il Governo ci riprova.

 

Oggi noi siamo in piazza per esprimere la solidarietà concreta alla popolazione della Valsusa vittima dell’ennesima aggressione.

 

Invitiamo tutti coloro (gruppi, comitati, singoli cittadini) che hanno a cuore l’ambiente e la libertà di opporsi alle prepotenze a scendere in piazza con noi.

 

 

Federazione Anarchica Livornese – F.A.I.

Collettivo Anarchico Libertario

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Livorno si mobilita per la lotta NO Tav. Chiuse simbolicamente le sedi del PD

da: senzasoste.it

 

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Dopo che all’alba lo Stato con 2000 agenti delle forze dell’ordine ha attaccato la comunità della Val Susa sgomberando i terreni destinati all’alta velocità, in tutta Italia sono stati organizzati presidi e manifestazioni di solidarietà. E a Livorno, oggi, un centinaio di persone ha risposto alla mobilitazione in solidarietà ai NO Tav, con un corteo improvvisato che ha attraversato le strade della città. I manifestanti, partiti da piazza XX settembre, e distribuendo volantini durante il tragitto, si sono diretti alla sede del PD di Piazza Magenta. A quel punto la sede è stata simbolicamente chiusa con il nastro segnaletico. Una denuncia a chiare lettere per l’operato del partito di Bersani, che di fatto ha richiesto e ottenuto l’intervento delle forze dell’ordine in Val Susa. Un intervento contro la popolazione, in barba ai discorsi sulla democrazia, la legalità, la partecipazione. Parole gettate ancora una volta al vento per il Partito Democratico, che sceglie la linea degli affari, e non dello sviluppo come ci vorrebbero far credere, e rafforza la sua alleanza con la Lega Nord (che perde definitivamente la credibilità del suo slogan propagandistico “padroni a casa nostra”). Il ministro Maroni ha infatti accolto le richieste della galassia del PD piemontese, che con Fassino e Chiamparino su tutti, aveva richiesto al governo persino l’uso dell’esercito per iniziare finalmente i cantieri e ricevere i finanziamenti europei. E mentre 2000 agenti di polizia hanno inscenato una guerra, bombardando la valle con un’ora di lancio di lacrimogeni, e distruggendo i presidi NO TAV, il PD in giornata è riuscito solo a esprimere attestati di stima e solidarietà per quei pochi agenti feriti. Fiano, responsabile sicurezza PD, rovescia quasi la dinamica dei fatti, affermando che “non ci sono scuse per i violenti“. Bersani è sulla stessa scia. Questo è il Pd. Un comitato d’affari pronto ad appoggiare la peggiore delle repressioni quando c’è da salvaguardare il proprio tornaconto economico. E’ per questo che le sedi livornesi (come avvenuto in tutta Italia) sono state simbolicamente chiuse. Del resto anche il senatore livornese Filippi, in giornata, si è unito alla retorica condanna per chi difende energicamente le proprie terra dalla devastazione delle imprese, solidarizzando con le forze dell’ordine. Ma come hanno reagito i militanti del PD presenti alla sede del Partito Democratico per un giro di nastro isolante a chiudere la loro porta? 406 km tra Livorno e Chiomonte, ma le strategie e le risposte sono sempre le stesse. Chiamando la polizia e tentando in maniera goffa di allontanare a spinte i manifestanti. Il corteo è proseguito per via Magenta, ha attraversato Piazza Cavour, il Mercato Centrale e Piazza della Repubblica, poi ha imboccato Via Garibaldi. A metà della via, un’altra sede del PD è stata chiusa con il nastro. Poi il corteo è rientrato in Piazza XX Settembre. Una bella risposta cittadina, al tentativo di soffocare la lotta simbolo contro la devastazione dell’ambiente e la speculazione. E la giornata è stata è un chiaro segnale anche al PD livornese, complice delle scelte nazionali del partito e anch’esso impegnato nelle costruzione di grandi quanto inutili opere, come dimostra la scelta del rigassificatore off-shore. Da oggi, i nemici, son sempre meno all’ombra. (Orla. San.) 27 giugno 2011

Un video dell’iniziativa a cura di Giacomo Bazzi

Le foto:

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AGGIORNAMENTI DALLA VAL DI SUSA

riceviamo e diffondiamo

h 08:06

sfondata la barricata centrale. forte uso di lacrimogeni. i compagni sono
riusciti a chiudere la barricata successiva.

Barricata di Giaglione tutto tranquillo.

Per chi non riuscisse a venire in valle: alle 15.30 presidio davanti alla
sede torinese del PD in via San Francesco d’Assisi.

Federazione Anarchica Torinese // 338 6594361

h 07:37

La polizia si è messa in contatto con la comunità montana per comunicare
che tra dieci minuti attaccano per sgomberare tutto. Si rinnova a tutti
l’appello per venire qua a dare sostegno.

Per chi non riuscisse a venire in valle: alle 15.30 presidio davanti alla
sede torinese del PD in via San Francesco d’Assisi.

Federazione Anarchica Torinese // 338 6594361

h 06:53

Turi Vaccaro, anarchico e non violento, si è buttato
sull’autostrada per
tentare di bloccare la ruspa (che non è ancora riuscita a spezzare il
guard rail). È stato bloccato, malmenato e portato via di peso dalla
polizia.

Federazione Anarchica Torinese // 338 6594361

h 06:33

Una ruspa alla barricata dell’autostrada e diversi mezzi della polizia. I
compagni che non sono riusciti a scendere a Chiomonte in treno stanno
bloccando a singhiozzo la statale del Monginevro.

Per chi è a Torino ore 15.30 presidio davanti alla sede provinciale del PD
via San Francesco d’Assisi.

Nel frattempo si rinnova l’invito a venire qua in valle. Chi non riuscisse
è invitato a bloccare lì dove è.

Federazione Anarchica Torinese // 338 6594361

 

h 06:27

Hanno tagliato il guard rail sull’autostrada e si stanno avvicinando alla
barricata lato giaglione. stanno scendendo a piedi i carabinieri.

Bloccata anche la statale. L’autostrada continua ad essere bloccata su
ambo i sensi di marcia.

Per chi è a torino ore 15.30 presidio davanti alla sede provinciale del PD
via San Francesco d’Assisi.

Nel frattempo si rinnova l’invito a venire qua in valle.

h 06:19

Hanno tagliato il guard rail sull’autostrada e si stanno avvicinando alla
barricata del sol levante lato giaglione. stanno scendendo a piedi i
carabinieri.

Per chi è a Torino ore 15.30 presidio davanti alla sede provinciale del PD
via San Francesco d’Assisi.

Nel frattempo si rinnova l’invito a venire qua in valle.

Federazione Anarchica Torinese // 338 6594361

 

h 05:09

La polizia si sta avvicinando al presidio della Maddalena. Hanno bloccato
l’autostrada e diversi automezzi delle forze dell’ordine si stanno
avvicinando al presidio ma devono ancora raggiungere le barricate.

Federazione Anarchica Torinese // 338 6594361

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ARRIVA LA POLIZIA IN VAL DI SUSA!

DA notav.eu

 

Da Chiomonte
4.50 Le forze dell’ordine sono asserragliate dentro alla galleria, altri mezzi (idranti?) stanno salendo da Susa
5.00 Mezzi avvistati in uscita anche dalla galleria del Cels
La CUB ha annunciato lo sciopero provinciale del settore privato da oggi fino a fine occupazione della Valsusa
5.25 da twitter: primo contatto alla barricata della centrale (vicino al ponte)
Autostrada chiusa – La statale sembra aperta
Radio Maddalena si riesce a seguire anche dalle frequenze di Radio Blackout (nei momenti di maggior tensione)
5.40 Mezzi da Lavoro in discesa lungo le due corsie l’autostrada
6.00 Forze dell’ordine lavorano con il flessibile alla barricata verso Giaglione
6.10 Situazione di stallo: gli amministratori hanno chiesto di parlare con un funzionario responsabile ma la loro richiesta non è stata, almeno per il momento, ascoltata

6.15 DALLA BARRICATA DI GIAGLIONE SONO PARTITI I RAZZI CHE SEGNALANO L’ALLARME: ARRIVANO!!!
Chi può salga alla Maddalena, le statali sono aperti e la ferrovia è in funzione (badate solo a non prendere qualche tgv per sbaglio 😉 )

6.30 Alla barricata Stalingrado (Giaglione) un mezzo cingolato con pinza con a protezione, oltre a battaglioni di finanzieri, un vigile del fuoco con l’idrante in mano

6.50 Turi Vaccaro fa una verticale davanti alla “draga a pinza”  (per la serie “restiamo umani”) da infoaut
Turi Vaccaro è stato al momento fermato, il movimento ne chiede la liberazione

7.10 Al momento si riesce ancora ad arrivare a Chiomonte. Si sta formando un gruppo di persone all’inizio del paese
e chiedono che arrivino altre persone, per essere vicini al presidio e per evitare
che venga chiuso questo accesso

8.40 Sotto attacco la barricata Stalingrado, stanno usando lacrimogeni e idranti. La statale 24 è ancora aperta, servono rinforzi.

8.50 La barricata abbandonata, le forze dell’ordine stanno lanciando fumogeni sul piazzale del presidio e cercano di forzare passando anche dal parco archeologico.

9.10 Continua incessante il lancio di lacrimogeni, nonostante la richiesta di mediazione. Diversi gruppi di manifestanti si stanno radunando nei vari paesi della valle.

9.20 Sembra che alcune tende e la barricata centrale abbiano preso fuoco a causa dei lacrimogeni.

9.30 I manifestanti ripiegano per i boschi inseguiti dalle forze dell’ordine, si segnalano due feriti.

9.52 Importantissimo: PUNTO DI RITROVO A BUSSOLENO, SS 25 BLOCCATA

 

 

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SOLIDARIETÀ!

Nello stesso giorno in cui i partiti di opposizione festeggiavano il ritorno ad una “giustizia uguale per tutti” grazie all’esito del referendum, la giustizia e lo stato hanno mostrato il loro vero volto. Lunedì 13 giugno 7 persone sono state arrestate, 6 ai domiciliari e 1 in carcere a San Vittore a Milano, ad altre 9 è stato imposto l’obbligo di firma. Questo è un altro tassello che va ad aggiungersi all’operazione repressiva nei confronti del movimento fiorentino iniziata il 4 maggio scorso.

Lo scorso mese infatti con 22 perquisizioni, 17 obblighi di firma, 5 arresti domiciliari e 78 indagati, si apriva a Firenze una nuova pagina della guerra dichiarata dal governo ad ogni forma di dissenso.

Negli ultimi mesi in tutta italia si sono susseguite azioni repressive, a Bologna, a Padova, a Firenze, a Torino e proprio in questi giorni in Val di Susa contro il movimento NO TAV.

Quello di Firenze è forse l’esempio più evidente del senso complessivo di queste ultime operazioni poliziesche. Nel capoluogo toscano infatti si sono voluti colpire compagni e compagne, studenti, lavoratori, si è voluto colpire, con una montatura da 90 indagati, chi negli ultimi due anni si è attivato nel movimento contro la “riforma Gelmini”, nelle mobilitazioni antifasciste e nella lotta antirazzista.

Attorno ai reati contestati (tra cui istigazione a delinquere, oltraggio a pubblico ufficiale, deturpamento e imbrattamento, manifestazione non autorizzata, resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio), la questura, il PM ed il GIP hanno voluto costruire un’associazione a delinquere. Un vero e proprio tentativo di stroncare la Firenze che lotta, di attaccare ogni forma di dissenso, di colpire le realtà più attive per ostacolare nuove mobilitazioni e prevenire ogni forma di ribellione.

In un contesto come quello attuale, in cui la violenza dello stato e lo sfruttamento si fanno sempre più pesanti, in cui partiti ed istituzioni perdono sempre più consenso, in cui si vanno sviluppando e radicando nel paese numerose situazioni di lotta, cresce nel governo, nei partiti d’opposizione e nei padroni, la paura di una vera estensione e radicalizzazione delle lotte.

Nell’ultimo mese questa paura si è espressa nelle operazioni poliziesche in diverse città e nella richiesta di intervento dell’esercito, prima contro gli operai dei cantieri navali, poi contro il movimento popolare NO TAV in Val di Susa. Parallelamente si è tentato di catalizzare in senso elettorale il malcontento diffuso, sfruttando le elezioni amministrative ed il referendum.

E’ questo il senso dell’operazione repressiva a Firenze. E’ necessario adesso estendere la solidarietà e ripartire dalle lotte.

Come Collettivo Anarchico Libertario di Livorno siamo solidali e vicini a tutte le compagne ed i compagni arrestati.

LIBERTA’ PER TUTTE E PER TUTTI!

 

Collettivo Anarchico Libertario – Livorno

collettivoanarchico@hotmail.it

http://collettivoanarchico.noblogs.org

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NUOVI ARRESTI A FIRENZE. NON SI FERMA L’ATTACCO REPRESSIVO CONTRO L’OPPOSIZIONE POLITICA E SOCIALE

da: http://sostienifirenze4maggio.noblogs.org/
SUI FATTI DEL 13 GIUGNO

Già la retata del 4 maggio scorso aveva suscitato grande scalpore a livello cittadino e nazionale, con 5 arresti domicilari e 17 obblighi di firma: un tentativo evidente di frammentare il movimento, unito alla criminalizzazione mediatica di pratiche portate quotidianamente avanti dalle migliaia di persone scese in piazza durante le mobilitazioni di quest’anno.

A distanza di poco più di un mese la scena si ripete: stamani, 13 giugno, alle 6:30, 16 persone sono state svegliate da agenti della Digos nelle loro case. 6 di questi ragazzi sono ora agli arresti domicilari, con misure ancor più pesanti rispetto a quelle di maggio: non possono comunicare con nessuno, a meno che non viva nella loro stessa casa. A 9 è stato invece notificato l’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria, cioè l’obbligo di andare a firmare nel commissariato di turno svariate volte a settimana; come se non bastasse un compagno di Milano è stato rinchiuso in carcere, a San Vittore, dopo aver partecipato alla manifestazione in solidarietà agli arrestati di maggio. In totale gli indagati e i denunciati, tra studenti universitari, medi e compagni/e di realtà cittadine sono più di 90.

Quello di stamani si è configurato come l’ennesimo attacco alla libertà personale di ognuno a manifestare le proprie idee. Quest’anno Firenze è scesa in piazza per una scuola pubblica e accessibile a tutti, per città dove sia possibile porsi contro porvvedimenti del governo di turno senza essere manganellati, per un paese dove non esistano “lager democratici” dove persone vengono rinchiuse e umiliate, perché la memoria degli anni del fascismo non lasci spazio alle nuove destre: Firenze è scesa in piazza per un mondo migliore.

Riteniamo sia importante continuare a portare questi temi nelle piazze, manifestare contro ciò che di questo mondo ci digusta e per ciò che in questo mondo vorremmo creare. Durante quest’anno, come negli scorsi, nelle strade di Firenze non eravamo in 90. Eravamo migliaia. Facciamo appello proprio a queste migliaia di persone che con noi hanno condiviso momenti di lotta e di aggregazione, perché in questo momento tornino a manifestare le proprie idee nelle piazze e nelle strade, e perché portino la loro solidarietà ai compagni e alle compagne colpiti da questi provvedimenti.

Un abbraccio ai compagni e le compagne arrestati, amici, fratelli, che proprio in questo momento non devono mollare.

OGGI PRESIDIO h18 SOTTO LA PREFETTURA! via cavour, Firenze

Rete dei Collettivi Fiorentini

 

Nuovi arresti a Firenze. Non si ferma l’attacco repressivo contro l’opposizione politica e sociale

Non si ferma l’ondata repressiva nei confronti delle realtà politiche e sociali fiorentine. Questa mattina, esaurita la cosiddetta “operazione “400colpi”, la Digos ha proceduto all’arresto di 7 compagni/e e l’obbligo di firma per altri 9.
Di questi uno è stato rinchiuso nel carcere di San Vittore, e gli altri 6 agli arresti domiciliari.
Le motivazioni sono riconducibili ai comportamenti tenuti durante le manifestazioni in risposta agli arresti del 4 maggio.
Non vogliamo stare qui a disquisire sulla entità dei fatti per i quali sono state emesse le custodie cautelari, o se siano o meno troppo pesanti, ma ci interessa rilevare il quadro repressivo che da troppo tempo impunemente si dispiega su tutte le componenti sociali e politiche nella nostra città.
Il clima è cambiato e non ci vuole molto a capirlo, ma nemmeno può essere una facile semplificazione o una sua inconscia accettazione.
Hanno iniziato con gli avvisi orali per gli studenti, hanno proseguito con sei mesi di arresto per un semplice petardo, con gli arresti della famosa operazione 400 colpi, con gli obblighi di firma, con la presunta associazione a delinquere per giustificare le misure cautelari, per arrivare poi agli arresti di oggi. Trentacinque compagni/e tra studenti, militanti di centri sociali sono attualmente sotto misure restrittive, ovvero resi inoffensivi, privati della libertà individuale, ma allo stesso tempo privati della loro possibilità di essere in prima persona dentro le lotte di cui sono parte, e continuano ad esserlo al nostro fianco.

Firenze città aperta! Questo era lo slogan con cui veniva elogiata la Firenze del social forum. Se non pensavamo che lo fosse allora, è ben chiaro a tutti che ancor meno possa descrivere quella attuale.

Firenze città della repressione, degli spazi chiusi, delle piazze blindate, degli sgomberi dei richiedenti asilo, delle operazioni mediatiche ben funzionali alle strategie repressive verso le legittime richieste degli studenti. La città dove anche l’Ataf partecipa attivamente alla repressione con le denunce verso i manifestanti per interruzione di pubblico servizio.
Un clima in cui sarebbe un errore non sentirsi direttamente coinvolti per chiunque pensi che sia necessario non sottacere davanti alle ingiustizie, non fermarsi davanti ai divieti o alle nuove disposizioni restrittive quando le ragioni di chi lotta sono quelle della “giustizia”, quella vera. La giustizia che non nasce dai tribunali, dalle divisioni investigative, ma quella che da sempre anima le istanze di chi lotta in una fabbrica come in una scuola, nelle carceri e in quartiere.

SOLIDARIETA’ A TUTTI/E I COLPITI DALLA REPRESSIONE

Centro Popolare Autogestito Firenze Sud
Cantiere Sociale K100
Collettivo Politico Scienze Politiche
Collettivo di Lettere e Filosofia

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I referendum del 12 giugno Non al voto. Alla piazza!

Da Umanità Nova, settimanale anarchico, n.20 del 12 giugno 2011

 

Non abbiamo nessuna fiducia negli strumenti adottati dalle istituzioni. Nemmeno nei confronti dei referendum che potrebbero andare oltre la nostra critica al principio di delega ma non superano il criterio “democratico” della maggioranza che impone le sue volontà alle numerose minoranze.

Del resto anche nel meccanismo referendario le maggioranze politiche sono delle minoranze sociali.

Il sistema “democratico rappresentativo” dimostra, giorno dopo giorno, la sua incapacità di rappresentare la composita realtà sociale ed in essa misconosce, per definizione e costitutivamente, le istanze degli oppressi e degli sfruttati. Oppressione e sfruttamento che sono politici, economici, sociali, di genere, religiosi, etc.

Agire dentro i gangli del sistema si è dimostrato fallimentare – parafrasando un recente articolo della Rivista Anarchica – perché il sistema non può negarsi e quindi è alieno a qualsiasi istanza di reale libertà, giustizia sociale e solidarietà.

Fatte queste premesse metodologiche e di merito possiamo commentare il movimento di opinione che si è sviluppato attorno ai referendum; commentarne i contenuti, gli eventuali esiti ma, cosa che ci importa di più, vedere le inferenze che queste manifestazioni politico-istituzionali producono nel corpo sociale anche in quei contesti che, dal basso, contestano l’ordine presente delle cose.

Noi siamo sempre stati parte attiva nelle manifestazioni che hanno detto no al nucleare. Non da oggi.

Altrettanto dicasi per le rivendicazioni di un’acqua pubblica (ma non statale), gratuita, pulita.

Sulla questione del così detto “legittimo impedimento” non abbiamo mancato di sottolineare il carattere autocratico delle leggi ad-personam; le derive autoritarie (tendenzialmente totalitarie) apportate dalle politiche e dalla cultura del centro-destra. Ma, a parte il fatto che anche il così detto centro-sinistra non ha mancato (e non manca) di segnalarsi per un programma classista (in difesa della borghesia, of course), segregazionista (chi ha inventato i CPT?), autoritario (i sindaci sceriffi ve li ricordate?), come si fa, da libertari, a voler abrogare una norma che intralcia la giustizia?

Anche in questo caso, con la logica del male “minore”, ci si dovrebbe schierare a favore di quei magistrati che firmano fogli di via, arresti, perquisizioni, intercettazioni, che riempono le galere (amministrative e penali) di immigrati, di diseredati, di quella parte più sfruttata e oppressa della società, che perseguitano l’opposizione sociale, quella reale.

Che si viva in uno stato di polizia non c’è bisogno che lo dica il presidente del consiglio. Da che pulpito?!? Se ne fosse convinto sarebbe logico che si dimettesse o che facesse quanto in suo potere per abrogare il 90% del codice di procedura penale e altrettanto delle leggi in vigore.

Ma, è evidente, egli preserva gli interessi (anche i più inconfessabili) delle classi dirigenti e lascia in vigore o promulga le leggi che servono a mantenere in piedi questo sistema.

Segnalavamo, in tempi non sospetti (vedi http://www.umanitanova.org/n-27-anno-90/non-siamo-illusionisti), il carattere “nuovo” e “di base” del movimento che ha promosso i referendum sull’acqua. Spesso ci siamo trovati a condividere delle iniziative e delle lotte con i soggetti che hanno costituito questi comitati. Sempre abbiamo chiarito la nostra posizione di “scetticismo” circa la possibilità di raggiungere un qualche scopo con la via referendaria. Anche se è giusto, come obiettivo “intermedio” sottrarre la gestione dell’acqua, l’oro blu, agli aguzzi denti dei pescecani di turno, non si risolve il problema lasciando la gestione dell’acqua pubblica in mano ai carrozzoni lottizzati e clientelari. Pur immaginando che l’esito positivo dell’abrogazione degli articoli “Servizi pubblici di rilevanza economica” e “Tariffa del servizio idrico integrato” (vi risparmio i commi successivi, roba da mal di testa) possa fermare la speculazione delle aziende private sull’acqua (ma i produttori di acque minerali che sfruttano le concessioni demaniali dove li mettiamo?) questo no risolverebbe gli alti costi “di servizio” e gli sprechi “colabrodo” della gestione statale (nelle sue articolazioni) dell’acqua.

D’altra parte se parliamo di “ Servizi pubblici di rilevanza economica” cosa diciamo della gestione della scuola (le private, le confessionali), della sanità (il processo di esternalizzazione ha coperto il 70% delle risorse della sanità, per non parlare di tutto il giro delle cliniche private “convenzionate”), dell’assistenza e della previdenza sociale?

Così come per la gestione dell’energia e dei rifiuti è evidente come questo modello sociale sia indirizzato al collasso. Non basta quindi, evidentemente, fermare la costruzione delle centrali

nucleari (obiettivo necessario ma non sufficiente) ma immaginare una società completamente diversa che non vuole affatto dire una società più povera o più parca ma una società che utilizzi in modalità eco-sociali le risorse e sviluppi le attività in questo contesto con l’unica finalità di garantire un benessere diffuso senza altri vincoli come quelli oggi presenti, tutti tesi a garantire la piramide sociale. Uno dei settori nei quali maggiori sono gli sprechi di energia è quello dei trasporti. Giusto per fare un esempio, se anziché moltiplicare i viaggi delle merci ai fini delle logiche della produzione flessibile si utilizzassero pianificazioni intelligenti di stock “a chilometro zero” si risparmierebbero miliardi di barili di petrolio equivalenti; o se anziché avere lavoratori che devono fare 50-60 km per raggiungere il posto di lavoro (quando altrettanti lavoratori fanno il percorso contrario) si avessero delle regole di collocamento “rigide” anche in questo caso il risparmio energetico sarebbe enorme. Infine anche quand’anche fosse messa al bando la produzione di energia tramite la fissione nucleare se non cambia il modello di produzione basandosi su “piccole” fonti che producono tanto perché in rete fra loro, la concentrazione della produzione di energia riprodurrebbe i costi di gestione, sicurezza, trasporto, etc, non risolvendo ancora una volta il problema.

Abbiamo cercato di dialogare con i problemi che i quesiti referendari pongono. Giusto per non essere tacciati di voler il “tanto peggio”. Ma, com’è evidente, non abbiamo trovato ragioni sufficienti per appassionarci alla partecipazione “democratica” indicando, ancora una volta come non ci siano alternative, reali, a questo sistema se non in una prospettiva rivoluzionaria.

E, rifacendoci a quanto di più vivo e vivace si sta manifestando nel contemporaneo, prendendo spunto dal nord-Africa ma anche dalla Spagna, dalla Grecia e, perché no, dalla “libera repubblica della Maddalena”, diciamo: non al voto. Andiamo in piazza.

WS

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No Tav. La lunga attesa

Da: “Umanità Nova”, settimanale anarchico, n.19 del 5 giugno 2011

Una lunga attesa. Tante notti ad aspettare l’attacco della polizia alla
Libera Repubblica della Maddalena, tante notti con un occhio aperto e uno
chiuso. Con la paura che prende ed accelera il cuore, qualcuno con il
timore per i propri figli adolescenti spensierati e giocosi tra una
barricata e una partita a carte. Altri pensano all’età non più verde e
agli acciacchi, altri ancora con negli occhi il gusto della sfida con i
potenti che vogliono rubare e devastare. Tutti decisi a resistere. A piè
fermo. Bugianen. Tutti consapevoli dell’importanza di non cedere un
centimetro agli invasori, ben sapendo che la lotta sarà lunga e si
misurerà alla distanza: tenere la Maddalena non è facile per nessuno.
Giorno dopo giorno, la comunità resistente, memore di Venaus, si è
raccolta nei boschi e lungo la strada: brevi assemblee e lunghe giornate
di lavoro, perché tutto fosse a posto, la barricata come la cucina da
campo, il cartello informativo come il comunicato stampa.

Barricate mobili e fandonie della stampa
Dal 24 al 30 maggio. La Libera Repubblica della Maddalena è nei boschi
della Val Clarea. Il punto di incontro è la casetta in muratura costruita
nell’area destinata al cantiere TAV. La casetta, tirata su da muratori No
Tav tra l’autunno e l’inverno, sorge su uno dei terreni comperati dai No
Tav con la campagna “acquista un posto in prima fila”. La Libera
Repubblica della Maddalena sta affondando radici solide nella terra che
gli uomini dello Stato vogliono devastare. Intorno al presidio Clarea di
ora in ora si moltiplicano le tende, il via vai è continuo. C’è chi porta
da mangiare, chi da bere, chi lavora per rinforzare le difese. Tanta
gente. Giovani, meno giovani ed anziani. Gente diversa per storia,
percorsi politici e sociali, modo di vestire e di parlare. Al Clarea si
mescolano le tante differenze che sono la ricchezza di un movimento, che
al momento giusto non ha né padri né padrini, un movimento che cammina
sulle proprie gambe. I ragazzi saltano qua e là, gustando il sapore di
avventura, tra la casa sull’albero e il pilone votivo – abusivo come tutto
qui – tirato su lungo il sentiero. Turi, anarchico e non violento, ha
deciso di digiunare per sette giorni. Niente cibo e niente parola, se non
in assemblea.
Dopo il fallito attacco delle forze del (dis)ordine statale della notte
tra domenica 22 e lunedì 23 maggio la stampa si è scatenata. Ogni pretesto
era buono.
I sassi lanciati in un’autostrada deserta, perché chiusa da ore dalle
forze del disordine, si sono moltiplicati di ora in ora. Prima erano 200
poi sono diventati 700.
I giornali hanno descritto la notte di resistenza alla Maddalena come
“attacco ad operai, automobilisti e polizia”. Nessuno ha notato
l’incongruenza di sassi che non hanno colpito nessuno, che non hanno fatto
male a nessuno.
Il Segretario della CISL Bonanni, ha annunciato una manifestazione in
difesa degli operai contro i facinorosi. Gli altri sindacati di stato, pur
tutti schierati con la lobby del Tav, si sono mostrati più prudenti: sanno
bene che le gite in Val Susa non portano troppa fortuna. Ne sanno qualcosa
i tanti politici piemontesi che negli anni hanno provato a fare comparsate
e all’ultimo hanno preferito dare forfait.
Bonanni e i suoi non si sono mai preoccupati degli operai che hanno
costruito le gallerie Tav nel Mugello: un morto per ciascuno degli 83
chilometri di tunnel della Bologna Firenze. Da che parte stanno lo sanno
tutti. La mossa di mandare avanti i mezzi delle ditte Martina e Italcoge
si fa più chiara: la speranza è dividere il movimento, opponendo gli
interessi di una zona schiacciata dalla crisi a quelli di chi difende il
territorio.
Un gioco sporco. Sporchissimo. Negli ultimi vent’anni i tagli nelle
ferrovie hanno tranciato via 95.000 posti di lavoro. Gli incidenti, le
carrozze spaccate e sporche, le linee soppresse sono lo specchio di scelte
che privilegiano il trasporto di lusso a quello per chi lavora e studia.
La tutela dell’ambiente, la sanità, la scuola potrebbero impiegare molta
più gente del Tav.
Poco importa: le menzogne, passando di bocca in bocca, di giornale in
giornale possono diventare verità di fede. Fortuna che sempre più gente
decide di aprire occhi e orecchie.

Dopo la notte di resistenza di lunedì 23 le le barricate erette lungo la
strada che porta al piazzale della Maddalena sono state smontate per
consentire ai vignaioli, ai turisti, ai ragazzi in gita di accedere ai
campi e all’area archeologica. I No Tav hanno piazzato un gazebo accanto
al ponte dopo la centrale Enel. Un piccolo presidio per accogliere ed
informare chi arrivava e per spiegare con gentile fermezza che poliziotti,
carabinieri e gente del Tav non erano graditi.
Naturalmente i carabinieri del capitano Mazzanti hanno preteso di passare:
i No Tav hanno detto no, mettendo un camper di traverso. Nel comunicato
scritto all’assemblea del 25 maggio si chiariva che “La Val Clarea è
un’area posta sotto tutela dal movimento No Tav che non accetta la
presenza di forze dell’ordine con il chiaro intento di guadagnare terreno
per poi installare il cantiere del tunnel geognostico.”
La digos ha fotografato e filmato tutto. Il giorno dopo il quotidiano La
Stampa scriveva di 15 anarcoinsurrezionalisti denunciati al “posto di
blocco”.

Giovedì 26 l’assemblea popolare al Polivalente di Bussoleno è di quelle
che restano nella memoria. Il teatro è stracolmo: tanti restano in piedi,
si accovacciano a terra, si affollano sul palco, ascoltano da fuori
tendendo l’orecchio.
Arriva per un breve intervento anche Plano, il presidente della Comunità
Montana, che pubblicamente si rimangia le parole del giorno prima alla
stampa, negando di aver mai chiesto compensazioni. I giravolta della
politica sono spesso veloci, velocissimi. Senza l’appoggio delle liste
civiche Plano può dire addio alla sua poltrona.
Tante anime ma idee chiare: la partita si gioca sui monti. Noi con la
forza delle nostre ragioni, gli uomini dello Stato armati di tutto punto.

Il giorno dopo, ormai è venerdì 27, si riuniscono politici ed
imprenditori, destra e sinistra e parlano chiaro. Faremo il cantiere costi
quel che costi. In una conferenza stampa indetta all’Unione Industriali
l’assessore regionale Bonino dice a chiare lettere “”Non c’è nessun limite
di ingaggio, quando si tratta di azioni che tutelano l’incolumità dei
cittadini. Noi siamo a fianco delle forze dell’ordine, sappiamo che il
lavoro che dovranno affrontare sarà complicato e che avranno anche fare
con agitatori di professione o persone addestrate alle tecniche di
guerriglia, che hanno scagliato sassi da 120 chili”. È il via libera per
la mattanza.

Sabato 28 nei boschi di Chiomonte e su al piazzale della Maddalena i
bambini giocano nel bosco, in cucina fervono i preparativi per la cena,
Heidi Giuliani ci racconta del luglio del 2001, quando un uomo dello Stato
sparò in faccia a suo figlio. C’è anche un operaio della Fincantieri che
porta la solidarietà dei lavoratori genovesi in lotta.

La notte tra il 29 e il 30 maggio pareva quella buona. Il prefetto avverte
la Comunità Montana, che istituisce un’unità di crisi a Bussoleno, con
distaccamento di amministratori No Tav alla Maddalena.
La risposta popolare è chiara e forte. Centinaia e centinaia di No Tav
accorrono all’appello: qualcuno, con i bambini, passa al pomeriggio,
tanti, i più, arrivano con il buio.
La cucina da campo va avanti tutta la notte, sfornando pasta, insalate,
frittate, dolci, caffé, the per tutta la notte.
Si fanno assemblee, si discute, si lavora, a gruppi la gente parla di
quello che ci aspetta.
La carta della paura, giocata da politici e imprenditori, non ha
funzionato. I più prudenti si sono comperati i caschi da lavoro con il
simbolo del treno crociato, altri ancora si sono portati quelli da
arrampicata, altri suggeriscono ad altri di coprirsi la testa con le mani.
Alcuni ricordano la notte di Venaus, quando le truppe dello Stato
sollevarono la barricata buttando giù quelli che ci stavano sopra.
Le barricate della Maddalena, perfezionate dai liberi tecnici No Tav, sono
sempre più belle.
Le ore passano, i lampeggianti blu non spezzano la magia della notte.
Una lunga nottata. All’alba tanti vanno filati dalla barricata al lavoro.

All’assemblea del giorno prima c’era anche un partigiano valsusino: un
uomo gracile dalla voce chiara: il filo rosso della gente che resiste si
allaccia, si stringe, diventa vincolo di lotta.
Oggi come allora in montagna non ci sono professionisti della politica, né
agitatori di professione, né persone addestrate alla guerriglia. Oggi come
allora ci sono gli anarchici e i comunisti, i cattolici e gli atei, ma
soprattutto c’è tanta gente che non vuole piegare la testa. La libertà non
ha prezzo.

Maria Matteo

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