O LA BORSA, O LA VITA!
Marchionne, decisa la chiusura di Termini Imerese, ora
minaccia di chiudere anche Pomigliano, se non verrà accettata la sua
dittatura sul lavoro, quella del “piano Fiat”, con cui intende
imporre condizioni lavorative da schiavi, le stesse che subiscono i
lavoratori cinesi e che subivano i nostri bisnonni.
E, ricattando i lavoratori (“O così,
o porto la fabbrica in Polonia!”), pretende un referendum in cui i
lavoratori dicano SÌ al suo ricatto, comportandosi come chi deve
scegliere tra le alternative che gli urla un bandito, mentre gli punta
la pistola alla testa: “O la borsa, o la vita”!
Una “pistola” puntata sulle condizioni
di salute e d’esistenza dei lavoratori, il “piano Fiat”
sottoposto al referendum, oltre che una porcheria, basata sul sistema
produttivo giapponese WCM.
Porcheria di un “piano”,
che consiste in:
* taglio
dei tempi e riduzione del 25% delle pause (con una rapina di 10 minuti
su 40 e con un aumento medio di produzione di 50 minuti a settimana,
retribuiti con 15 centesimi!!!);
* per gli addetti alla
produzione, spostamento della pausa-mensa nell’ultima mezz’ora di turno
(con digiuno obbligatorio di 8 ore!!!);
* aumento a
80 ore dello straordinario obbligatorio (senza neppure una finzione di
contrattazione con la RSU!),
da utilizzare in turni interi di 8 ore;
* per gli addetti alla
produzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì al sabato, per
complessivi 18 turni settimanali, con riposo a scorrimento, che comporta
la presenza in fabbrica per 6 giorni una settimana e per 4 giorni
quella successiva;
* per gli
addetti alla manutenzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì alla
domenica, per complessivi 21 turni settimanali, con riposo a
scorrimento;
* non versamento
dell’indennità aziendale di malattia a chi raggiunge un tasso di assenze
“superiore alla media” (senza nessun’altra precisazione);
*
cancellazione della norma che prevede un riposo personale di almeno 11
ore tra lo stacco da un turno e il ritorno a lavorare in un turno
successivo;
* in caso di proteste e scioperi contro
la barbarie del “piano”, provvedimenti disciplinari fino al
licenziamento, cancellazione dei permessi sindacali, blocco delle
ritenute sindacali.
Adesso, nell’occhio del ciclone ci sono gli operai di
Pomigliano, ma quest’occhio si sta allargando a dismisura e già contiene
tutti gli operai del gruppo Fiat e del suo indotto, mentre il ciclone
non tarderà a coinvolgere tutti i comparti dell’auto e tutta l’industria
metalmeccanica e, in generale, manifatturiera.
Infatti, Emma Marcegaglia e la sua
ciurmaglia confindustriale, con ministri e sottosegretari al seguito,
non smettono di spellarsi le mani per applaudire Marchionne.
Del resto, la direzione di Magna,
approfittando della cassa integrazione, ha già preso a imperversare da
tempo. Da ultimo con l’accordo del 3 maggio, che, pur
non indicando cifre, apre alla flessibilità, con la riorganizzazione dei
turni e la riduzione delle pause.
In Magna, ora, abbiamo da fare i
conti con l’attacco diretto della direzione, quando vorrà mettere
all’incasso quell’accordo, che non a tutte e tutti era chiaro nelle sue
implicazioni al momento del voto.
Ma per farci i conti in
modo adeguato, dobbiamo non lasciare soli gli operai di Pomigliano, la
cui vicenda, illuminando di luce spettrale la nostra, deve vederci
impegnati perché il ciclone Fiat non si sviluppi, abbattendosi su loro e
su tutti quanti, noi compresi.
Questo
vuol dire partecipare allo sciopero generale di 8 ore dei
metalmeccanici, che la Fiom/Cgil
nazionale e i sindacati di base (tra cui il Cobas) hanno proclamato per
il 25 giugno.
(Con l’auspicio che la
Fiom locale si ravveda sull’accordo del 3 maggio,
smetta la sua politica filo-aziendale e si stacchi da Fim/Cisl e Uilm,
complici di ogni malefatta padronale e governativa).
COBAS METALMECCANICI
da: senasoste.it