da Umanità Nova, n.34, 27 novembre 2011
Milano
la Bocconi non si tocca
Grande e vivace manifestazione studentesca quella che giovedì ha attraversato le strade del centro di Milano.
Diverse migliaia di studenti (10.000 ?), prevalentemente della secondaria superiore, si sono dati appuntamento in Largo Cairoli, insieme ai lavoratori della Confederazione Unitaria di Base (CUB) della Confederazione Cobas e del Comitato Migranti che avevano indetto una giornata di sciopero inizialmente contro le misure del governo Berlusconi e poi, in considerazione degli sviluppi della situazione politica, anche contro il neogoverno Monti e dei suoi banchieri di dio.
Non sono mancati subito i motivi di attrito tra le diverse anime che popolano ed orientano il movimento degli studenti, attrito che è sfociato in un duro scontro fisico per la testa del corteo: purtroppo certe logiche e certe pratiche sono dure a morire e si ripresentano periodicamente nonostante i cambi generazionali.
Il corteo con il gruppo dei ‘Corsari’ alla testa, si è poi snodato nelle vie del centro tra slogan, lanci di uova e scritte su mura e vetrine di varie banche all’insegna del ‘salvate le scuole non le banche’ e ‘noi la crisi non la paghiamo’. Giunti all’altezza di via Molino delle Armi, all’incrocio tra la cerchia dei Navigli e Corso Italia il corteo è stato bloccato dai soliti tutori del disordine statale che hanno impedito, manganelli alla mano, che esso potesse dirigersi in direzione della Università Bocconi, come ampiamente preannunciato. Ne sono seguiti ovviamente degli scontri con un bilancio di un paio di studenti feriti ai quali si aggiunge un cronista de ‘Il fatto quotidiano’ che stava riprendendo gli incidenti con una videocamera.
In seguito, ricomposta la situazione, il corteo si è scisso in due, con i ‘corsari’ che hanno puntato a sinistra della cerchia dei Navigli per tentare un’altra incursione in direzione della Bocconi, ma anche qui all’altezza di Santa Sofia, celerini e carabinieri hanno bloccato il passo, mentre gli studenti del Coordinamento dei collettivi studenteschi e del Cantiere giravano a destra in direzione di Cadorna dove la manifestazione sarebbe finita tra assemblee e riunioni di piazza. Con loro anche lo spezzone degli studenti anarchici con striscione e bandiera. CUB e Cobas hanno seguito questo secondo pezzo del corteo. Riguardo a questi ultimi occorre segnalare lo striscione sostenuto dai Cobas scuola di Milano e Varese che sollecitava la libertà per gli arrestati di Roma del 15 ottobre ed i numerosi striscioni dei vari settori della CUB – dalla Sanità alla ‘veneranda fabbrica del Duomo’ –
, a conclusione della giornata,
ha valutato come buona la partecipazione allo sciopero nei settori dell’industria, del commercio, dei servizi, della sanità, del pubblico impiego e nei trasporti, malgrado le metropolitane milanesi, per permettere la partecipazione e il deflusso al corteo, abbiano saltato il primo turno di sciopero dalle 8.45 alle 15,00.
m.v.
Torino
una giornata deludente
“Non pagheremo il loro debito”: ecco lo slogan che più sintetizza le convinzioni che hanno portato gli studenti torinesi in piazza il 17 ottobre.
Il corteo ha visto la partecipazione di collettivi studenteschi e universitari, e dei lavoratori aderenti allo sciopero indetto da CUB e COBAS. Nel complesso in piazza c’erano circa 4 000 persone. Una giornata che conferma i numeri di tutte le precedenti mobilitazioni locali, già bassi e stentati.
Sin dall’inizio il corteo si divide: gran parte degli universitari e degli studenti medi si dirige verso la periferia, per poi rientrare in centro e proseguire il corteo fino alla sede di Confindustria; l’altra parte di manifestanti -composta da studenti e sindacati di base- si dirige subito verso Confindustria per poi tentare di “occupare” la sede torinese della Banca d’Italia.
Proprio questo secondo corteo è stato quello che è rimbalzato sulle pagine dei giornali: le cariche della polizia hanno respinto più volte i manifestanti nel tentativo di avvicinarsi alla Banca.
Modalità di piazza assurde, atte più a rappresentare lo scontro, che non a viverlo realmente si sono dimostrate totalmente compatibili con il sistema vigente. Ancora una volta il conflitto mediatico si è imposto sullo quello reale, ancora una volta il ruolo dello Stato come “paciere” delle situazioni calde si è rivelato marginale rispetto a quello svolto egregiamente dagli organizzatori del corteo.
Ma all’interno del corteo “movimentato” alcuni spezzoni hanno sviluppato anche temi importanti, come quello del diritto alla casa per tutti. Un gruppo di manifestanti ha infatti portato simbolicamente le sue istanze sotto il palazzo dell’Assessorato alle politiche per l’ambiente e per la casa ridicolizzando, di fatto, questa istituzione.
La giornata si è poi conclusa con l’occupazione simbolica della Mole Antonelliana per alcune ore.
E lì le bandiere Europea e Italiana sono state ammainate: al loro posto è stata issata la bandiera NO TAV.
Il bilancio della giornata: 4 denunciati e pochi fatti concreti.
Ma c’è anche una nota positiva: molti studenti medi, alla fine del corteo sono tornati a scuola anziché a casa. Infatti i licei Gobetti, Gioberti ed Einstein di Torino si sono dichiarati in occupazione.
Una giornata che segna la difficoltà di costruire un movimento di opposizione sociale radicale, seppure tra timidi ma importanti tentativi.
CAST (Collettivo Anarchico Studentesco Torinese)
Firenze
sciopero e corteo
Il 17 novembre, in occasione dello sciopero generale proclamato daalcuni sindacati alternativi (Cub e Cobas a livello nazionale e USI Toscana a livello regionale) e della giornata di mobilitazione studentesca, un corteo unitario di oltre mille studenti e lavoratori ha attraversato il centro di Firenze.
Un corteo combattivo e comunicativo che si è caratterizzato oltre che per i consueti slogan, striscioni, bandiere e sound system anche per alcune azioni simboliche contro il Potere economico e finanziario che sfrutta e affama le classi subalterne.
In particolare è stata incatenato il portone della Banca d’ Italia ed è stato affisso sulla sede della locale Confindustria uno striscione certamente “privo di sfumature”: <<basta morti sul lavoro: ora tocca a voi>>.
La componente studentesca che ha sfilato in testa era certamente superiore alla metà del corteo, mentre la presenza dei lavoratori è stata leggermente al di sotto degli standard fiorentini ma comunque numericamente e qualitativamente decorosa
Lo spezzone dei Cobas è stato sicuramente il più numeroso.
Significativa la presenza dell’USI e dell’area libertaria, dietro al grosso striscione dell’Unione con il gatto selvaggio.
L’USI Toscana che è stata coorganizzatrice del corteo aveva proclamato lo sciopero regionale con una piattaforma che conteneva oltre ai punti rivendicativi nazionali (per la libertà di sciopero, no ai licenziamenti facili, no ai tagli alla spesa sociale, abolizione del precariato e delle spese militari, ecc.) anche un punto rivendicativo locale contro gli sgomberi selvaggi di decine di famiglie, praticata dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, ed in difesa degli spazi occupati autogestiti di via dei Conciatori, attualmente sotto minaccia incombente di sgombero e presidiati giorno e notte dai compagni.
Dietro lo spezzone dell’USI ha sfilato uno spezzone del movimento Occupy Firenze che da oltre una settimana si è accampato con le tende nella storica Piazza Santissima Annunziata, trasformando la piazza stessa in un luogo pubblico di discussione collettiva permanente e di protesta.
Tra l’altro in questa settimana la piazza ha portato una concreta solidarietà alla realtà occupata del Progetto Conciatori instaurando una positiva dinamica di mutuo sostegno tra le due realtà.
Dietro Occupy Firenze ha chiuso il corteo lo spezzone della CUB con la presenza dei lavoratori delle Civette (una RSA per anziani con malattie psichiatriche ed anziani) in lotta contro la dismissione della propria struttura attualmente in corso da parte della ASL fiorentina.
Il corteo si è concluso con i classici interventi finali.
Claudio Strambi
Trieste
occupy the streets!
Oltre duecento persone, in prevalenza studenti medi, hanno sfilato in città contro le politiche di privatizzazione dei servizi pubblici, quelle in materia di istruzione e formazione e contro il nuovo governo Monti. La settimana prima centinaia di studenti avevano tentato di occupare un’ex banca, senza riuscirci, e la polizia aveva reagito caricando coloro che si trovavano nelle prime file: un ragazzo era stato ricoverato in ospedale. La partecipazione è stata inferiore alle previsioni, probabilmente anche a causa del fatto che la manifestazione, diversamente da altre volte, si è svolta nel pomeriggio. Nonostante questo il corteo è stato colorato e vivace. Numerosi studenti hanno preso la parola durante il percorso, mentre il corteo passava dai luoghi-simbolo della recente mobilitazione: Piazza Unità, dove alcune settimane fa si è svolta un’”acampada” e dove si trova il palazzo comunale e la sede dell’Acegas, che gestisce la fornitura di acqua, gas ed energia elettrica ed alla quale – insieme al Comune- è stata richiesta già da tempo da parte degli studenti una moratoria per evitare gli stacchi agli utenti insolventi. A Trieste, come in tutte le città medie e grandi, sono migliaia le persone che hanno debiti con le società di servizi e rischiano ogni giorno il taglio del gas o della luce. Ciò significa, specialmente nel periodo invernale, rimanere al freddo e non poter cucinare. Per questo la richiesta di moratoria è stata accolta con favore da gran parte della cittadinanza e il Sindaco e l’Acegas hanno dovuto fare “buon viso a cattivo gioco”. Successivamente il corteo si è fermato di fronte alla Regione (dove i poliziotti schierati davanti all’ingresso hanno impedito che fosse consegnato un “pacco dono” ai consiglieri) e davanti alla Provincia, per poi concludersi con una cena sociale. Massiccio lo schieramento di poliziotti e carabinieri al seguito. Anche a Gorizia e a Udine si sono svolte manifestazioni studentesche, contro le leggi sull’istruzione e per la creazione di spazi sociali autogestiti.
red_ts
Palermo e Trapani
cariche e occupazioni
Il 17 novembre, giornata internazionale studentesca e di sciopero del sindacalismo di base in Italia, il Collettivo Studentesco Antiautoritario di Palermo è sceso in piazza con le sue bandiere e un massiccio volantinaggio nel corteo indetto da Cobas e Cub che partiva da piazza Croci. Nello stesso giorno, si sono svolti altri due cortei organizzati dalle diverse realtà studentesche palermitane. Durante uno di questi si sono verificati degli scontri tra studenti e forze dell’ordine che presidiavano istituti bancari presi di mira dai manifestanti con lanci di vernice o tentativi di occupazione. Durante le cariche, un uomo di 47 anni è stato ferito alla testa da una manganellata mentre cercava di difendere i manifestanti dalle aggressioni dei celerini. Alla fine della giornata diversi studenti hanno occupato piazza Verdi, davanti il Teatro Massimo, con tende e sacchi a pelo. L’occupazione continua tra assemblee e autogestione. Purtroppo, la mobilitazione palermitana – divisa in tre cortei che hanno comunicato poco o niente tra loro – non ha raccolto una partecipazione all’altezza della scadenza di lotta. A Trapani, il Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo” ha partecipato alla manifestazione convocata dalla locale Unione degli Studenti con una fitta distribuzione di materiale informativo. Un centinaio i manifestanti che hanno partecipato al corteo e al presidio con interventi finali al microfono.
FAI Palermo e Trapani
Roma
gli studenti si riprendono le strade
Il corteo di studenti medi e universitari, che doveva fare i conti con lo sciopero dei mezzi pubblici e il corteo “non autorizzato”, partito verso le ore 11 da piazzale Aldo Moro, davanti alla Sapienza, per cercare di arrivare al Senato della Repubblica, è finito solidarizzando con l’occupazione della sala Vittorio Arrigoni (ex Cinema Palazzo di San Lorenzo, quartiere popolare antifascista di Roma), sottratto sette mesi fa da un comitato di cittadini, artisti, e compagni (e ora sotto sgombero), a una speculazione della Camene Spa che vuole farne un casinò per introdurre gioco d’azzardo e tutti i suoi derivati: riciclaggio, impoverimento sociale ed economico del territorio.
I protagonisti assoluti per partecipazione, fin dalla mattina prestissimo, sono stati gli studenti delle scuole superiori, che hanno dato vita a diversi cortei spontanei per raggiungere la Sapienza, e che poi si sono rimessi in marcia con striscioni colorati (e anche una A cerchiata). Un’intera giornata per le strade di Roma, quasi a recuperare il tempo e i chilometri di cortei perduti a causa dell’ordinanza anti-manifestazione del comune di Roma. In un videomessaggio, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha voluto spiegare il perché di nuova ordinanza anti-cortei: “Il corteo di giovedì è una sorta di prova del nove: se ci sarà una paralisi della città sarà la dimostrazione che l’ordinanza che scatta il 18 è assolutamente necessaria”. Peccato che la tanto paralisi della città, coronata dallo spettro della “devastazione” proclamata dai media, non c’è stata, eppure la nuova ordinanza sui cortei, scelti arbitrariamente in base ad un ipotetico impatto su commercio e traffico, e che non riguarderà manifestazioni sportive e religiose, è entrata in vigore lo stesso. Questo metodo repubblicano di applicare leggi anche quando i fatti le smentiscono hanno portato gli studenti a non chiedere l’autorizzazione di manifestare e non dare neanche il preavviso alla questura. “Ci siamo ripresi pienamente la libertà di manifestare: è sempre più evidente a tutta la città, e anche alle istituzioni, come la testardaggine di Alemanno a emettere una nuova ordinanza sia frutto solo della volontà politica di limitare l’agibilità in città, magari recuperando qualche voto presentandosi come ‘l’uomo dell’ordine’” si urla dal megafono su un camioncino nel corteo. Con la dimostrazione di Roma, e con quelle in molte altre città, gli studenti hanno sancito la nascita di un’opposizione di piazza e sociale al programma del professor Monti, che si è trovato, mentre parlava in pompa magna in Senato, migliaia di studenti ad assediarlo simbolicamente, anche se non si è riusciti nell’intento di raggiungere il Senato, con decine di camionette a sbarrare ogni accesso da piazza Sant’Andrea della Valle. Proprio li, all’imbocco del corso Rinascimento, il momento catartico, mentre “book block” studenteschi e “blue block” polizieschi si trinceravano dietro i rispettivi scudi, un compagno anarchico in carrozzina si posizionava eroicamente tra i due schieramenti e impavido denunciava lo Stato di polizia: “giustizia, uguaglianza, solidarietà!”.
Gli studenti, però, proprio per un’età media molto bassa, hanno scelto di non forzare il blocco e tornano indietro, evitando rischi o cariche feroci. Hanno comunque fatto sentire la loro voce, denunciato di subire i luoghi che invece dovrebbero vivere, in quanto luoghi di cultura. Loro che subiscono i ritmi imposti che non permettono di metabolizzare quello che studiano, ne la formazione di una coscienza critica, vengono plasmati semplicemente in una forma più adatta per essere sfruttati nel ciclo produttivo. L’università immaginata come luogo di formazione della classe dirigente o come ascensore sociale, espressione di una società fortemente classista, in quanto ingranaggio del sistema capitalistico, non può che rispecchiare le sue contraddizioni e gli studenti ne subiscono quotidianamente le conseguenze: tasse sempre più alte, corsi universitari specialistici che vengono tagliati, personale in pensione che non viene sostituito. Peggiora il servizio ma costa di più! Il lavoro precario e la disoccupazione sono linfa vitale del mercato del lavoro e del profitto, la possibilità economica di distaccarsi dalla famiglia è pressoché inesistente: il futuro che si prospetta è incerto, ed è normale che una protesta possa nascere su rivendicazioni rispetto al miglioramento delle condizioni che li unisce, ma è importante anche riuscire ad allargare l’analisi, affrontare con senso critico ciò che viene imposto ogni giorno e capire effettivamente quali possano essere le pratiche che possono interrompere le cause che lo determinano, capire, cioè, quale sia la risposta da dare ad un sistema che vuole automi costretti a vivere secondo modelli di vita preimpostati.
‘Gnazio
Bologna
occupazioni e cortei
Sgombero
All’alba di martedì 15 novembre il Community Center, ovvero l’occupazione del centralissimo ex cinema Arcobaleno [vedi UN n. 33] ha avuto fine. La polizia è intervenuta portando fuori di peso e identificando oltre una cinquantina di compagne e compagni che hanno opposto resistenza passiva. Il cinema, chiuso da cinque anni, voleva essere una piazza coperta sul modello dei presidi permanenti in Spagna e negli Stati Uniti: un luogo dove elaborare e costruire risposte concrete alle problematiche quotidiane imposte dall’attacco violento ai diritti di tutti.
L’intervento della polizia non ha però scoraggiato gli occupanti: da quel giorno ci sono stati diversi cortei, partecipati da centinaia di persone, che hanno ribadito il diritto all’insolvenza in giro per il centro città. Inoltre sono continuate le assemblee pubbliche e i laboratori serali nell’altrettanto centrale Sala Borsa.
Studenti
Migliaia, almeno tremila, gli studenti in grandissima parte delle medie superiori, che hanno dato vita a cortei selvaggi il 17 novembre, data anch’essa lanciata dal movimento Occupy Wall Street, come era stata l’11 novembre. Durante la mattinata sono stati bloccati i viali di circonvallazione in diversi punti. I ragazzi hanno ancora una volta dimostrato un entusiasmo e una volontà di lotta superiore agli studenti delle superiori e ai lavoratori in genere. Le loro proteste hanno paralizzato il traffico per ore e sono state colpite simbolicamente le banche, simbolo del continuo attacco al diritto ai saperi. Le agitazioni in queste settimane stanno prendendo la forma di occupazione di diverse scuole. Sempre occupata rimane anche la facoltà di lettere di via Zamboni 38.
Carcere
Venerdì 18 un detenuto di 48 anni è stato trovato morto, con una corda al collo. È la cinquantanovesima vittima dall’inizio dell’anno al carcere della Dozza. Si calcola che solo in Emilia-Romagna ci siano duemila detenuti in più rispetto ai posti previsti, e alla Dozza i detenuti sono 1091, più del doppio della capienza, 63% dei quali stranieri in attesa di giudizio o condannati per reati minori.
CIE
Sabato 19 alcuni reclusi hanno scardinato una porta cercando con questa di forzare le sbarre, ma sono stati fermati da militari e secondini. Nella notte altri hanno tentato l’evasione con una corda fatta di lenzuola. Sorpresi dagli agenti, dopo una colluttazione, sono stati ricondotti in cella. Intanto nella sezione femminile le prigioniere hanno acceso fuochi in diversi punti della struttura.
Fascisti
Alla fine di un’intensa settimana provano a fare capolino i fascisti. Era da qualche mese che se ne stavano rintanati. Ora, mimetizzata dietro la solita associazione pseudo-culturale, rispunta Casa Pound che nel pomeriggio di sabato 19 intendeva fare un’assemblea pubblica in una sala del quartiere Barca. Gli antifascisti, chiamati a raccolta dal circolo di quartiere Ikbal Masih, hanno denunciato pubblicamente la cosa e dato vita a un presidio all’esterno della sala comunale e all’occupazione “preventiva” dei locali. Il sindaco si è trovato costretto a revocare in extremis la sala ai fascisti, che se ne sono tornati quatti quatti nelle loro fogne. Per uscirne solo di notte e strappare striscione e rosse bandiere del circolo dei compagni.
RedB
Livorno
in piazza
A Livorno sin da inizio novembre si è avviato, attraverso una pratica assembleare pubblica ed aperta anche ai singoli interessati, un percorso unitario per creare una continuità tra le scadenze autunnali di mobilitazione.
Questo percorso ha dato vita inizialmente ad #occupylivorno, con una partecipata assemblea cittadina nella Piazza del Municipio nella giornata di mobilitazione globale dell’11 novembre. Altre assemblee in piazze del centro cittadino si erano tenute lunedì 13 e martedì 15.
Anche se con un progressivo calo di partecipazione, queste iniziative sono state importanti momenti di confronto e di mobilitazione.
In questo contesto si è svolto il corteo organizzato dal Coordinamento Studentesco Livornese il 17 novembre, nella giornata internazionale di mobilitazione studentesca e dello sciopero generale indetto da CUB e Cobas.
Al concentramento in Piazza Cavour presenti quasi esclusivamente studenti medi, il breve corteo di un centinaio di manifestanti, aperto dallo striscione “save school, not banks” ha attraversato le vie del centro per poi dar vita ad una assemblea in Piazza Grande. Decisa opposizione al neonato governo Monti, necessità di continuare a scendere in piazza e di uscire da un’ottica studentista, no alle spese militari, queste sono solo alcune delle posizioni affermate negli interventi che si sono susseguiti al microfono.
Alcuni compagni del Collettivo Anarchico Libertario presenti al corteo hanno diffuso un volantino dal titolo “ Autorganizzazione delle lotte per l’autogestione della società”.
Nel volantino distribuito si afferma la necessità di ribellarsi alla propaganda della crisi, alla retorica della “coesione nazionale” come giustificazione di quei “sacrifici” che si traducono nel quotidiano attacco alla libertà, ai salari, alle pensioni e alle condizioni di vita della maggior parte della popolazione , mentre governanti, capitalisti e banchieri cercano di difendere e aumentare i propri profitti ed i propri privilegi.
“Di fronte alla necessità di respingere questi attacchi – così conclude il volantino – diventa importante organizzarsi, dal basso, con un metodo orizzontale e rilanciare dei percorsi di lotta che vadano al di là delle singole scadenze acquisendo una prospettiva più ampia.
Sono i lavoratori, gli studenti, i precari, i disoccupati, i pensionati e i migranti che possono farlo, riprendendo nelle proprie mani la lotta, preparandosi a prendere nelle proprie mani l’organizzazione di una società libera dallo sfruttamento e dall’oppressione.”
Pisa
contro la crisi
Dopo la manifestazione studentesca dell’11 novembre e l’assemblea d’ateneo del 14, il 17 novembre si è svolta anche a Pisa una giornata di mobilitazione contro la crisi e il pagamento del debito.
Il corteo composto da diverse centinaia di studenti medi ed universitari, dopo aver attraversato le vie del centro compiendo azioni simboliche di fronte alle banche ed aver appeso uno striscione all’INPS, è poi andato ad unirsi al presidio dei lavoratori in sciopero organizzato dai Cobas.
Il corteo si è poi diviso. Una parte del corteo si è fermata in assemblea in Piazza Garibaldi mentre l’altra ha proseguito andando ad occupare una ex-banca in via la pergola, in piena zona universitaria, dando inizio all’esperienza di #OccupyPisa.
Pur essendo stata una importante giornata di mobilitazione, il 17 a Pisa ha fatto emergere, soprattutto con la scarsa partecipazione al corteo, i problemi che sta attraversando il movimento studentesco.
Per rilanciare la mobilitazione è necessario innanzitutto partire da metodi assembleari orizzontali, esigenza emersa nella partecipata assemblea d’ateneo del 14 novembre, ma ignorata dalla maggior parte delle “strutture” e dei collettivi universitari.