Il ministro delle finanze della Germania, Schauble, ha affermato che bisogna tenere sotto pressione l’Italia altrimenti non farà le riforme; non a caso, aggiungiamo noi, la speculazione è stata innescata dalle vendite di BTP in Germania.
In poche parole viene svelato tutto l’arcano dell’emergenza, della crisi economica, del baratro che attenderebbe tutta l’Europa.
Sono i governi che mantengono alta la tensione sui mercati finanziari per imporre quelle “riforme”, per imporre quel peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e dei ceti popolari che da anni cercano di far passare.
La crisi finanziaria è una scusa per farci piegare la testa. I governi sono il problema, non la soluzione. Il debito pubblico negli ultimi anni è esploso in tutti gli Stati più avanzati per le spese straordinarie dovute alle guerre di aggressione condotte in ogni parte del mondo con la scusa della lotta al terrorismo: chi paga le “missioni umanitarie”, chi paga i bombardamenti sulla Libia?
II debito è cresciuto non per finanziare le spese sociali o le pensioni, come vorrebbero farci credere, ma per garantire proventi alla corruzione dilagante e non solo nelle regioni che sono in mano alle mafie spalleggiate dal ceto politico, il debito è cresciuto anche perché l’evasione fiscale non è l’eccezione ma la regola codificata da decenni di condoni, il debito è cresciuto perché lo Stato finanzia in modo incredibile il sistema delle imprese.
Il governo Monti, nella sua frenesia contabile, si è ben guardato dal toccare le spese militari come i privilegi della Chiesa (vedi ICI), come non si toccano neppure gli interessi del grande capitale e delle mafie, che oggi sono pieni di liquidità che non sanno dove mettere.
I lavoratori sanno sulla propria pelle che il peggioramento continua da anni; dal 2000 al 2009 i redditi proletari sono diminuiti di più di 5.000 euro l’anno, grazie alla concertazione salariale e al mancato recupero del fiscal drag. La concertazione non è frutto della crisi, ma dell’accordo interconfederale del 1992, siglato da CGIL, CISL e UIL e a cui questi sindacati si sono attenuti nelle piattaforme contrattuali. Per le pensioni abbiamo già dato; dal 1998 l’INPS ha risparmiato 141 miliardi di euro sulle nostre pensioni.
E’ importante che proseguano e si estendano le mobilitazioni di questi giorni: le manifestazioni, gli scioperi sono fondamentali, ad essi vanno aggiunte iniziative concrete che facciano capire al Governo che non crediamo più alle bugie, che non siamo disposti a fare un passo indietro.
Ma non basta manifestare: il movimento si deve dare obiettivi di immediata comprensione e che può gestire in prima persona: la difesa del redditto, attraverso forti aumenti salariali e delle pensioni, la lotta contro il carovita, a cominciare dall’aumento dell’IVA, sono prioritari.
Occorre una svolta, occorre cambiare l’economia. Sono in molti a dirlo, ma spesso solo per proporre un nuovo cartello elettorale. I lavoratori, anche in questo caso, devono essere protagonisti, devono acquisire la coscienza di produttori: attraverso i loro organismi di base, attraverso il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, attraverso l’autogestione delle lotte, dovranno prepararsi a fare quello che nessun governo, nessun parlamento potrà fare per loro: preparare l’autogestione della produzione e l’esproprio dei capitalisti.
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