da: senzasoste.it
Circa 300 persone hanno partecipato stamani al Porto Mediceo di Livorno al presidio organizzato per chiedere che venga fatta luce sull’inabissamento dalla nave Venezia della Grimaldi Lines di un numero imprecisato di fusti (si parla di oltre 200) contenenti sostanze pericolose avvenuto – sembra – il 17 dicembre scorso a nord dell’isola di Gorgona. Alla protesta hanno aderito comitati, associazioni e partiti, preoccupati per un mare diventato una discarica e indignati per il modo con cui il grave episodio è stato prima nascosto e poi gestito dalle autorità.
“Sul sito internazionale che riporta tutte le rotte e dunque anche quella del cargo Venezia – dice Maurizio Zicanu del coordinamento di Vertenza Livorno uno dei comitati promotore dell’iniziativa – la nave della Grimaldi stranamente non segue la rotta annunciata e passa molto più vicino alla costa. Vorremmo sapere il motivo di questa decisione del comandante a nostro avviso molto pericolosa”.
Secondo la ricostruzione fornita dalla Grimaldi, la nave cargo Veneziasarebbe partita da Catania per Genova con mare forza 10 e onde alte più di otto metri. Ma invece di ripararsi in un porto avrebbe sfidato la tempesta nel luogo più delicato per l’ecosistema, quel Santuario dei cetacei tra l’isola di Gorgona e l’Elba che si trova a 22 miglia al largo dalle coste toscane già minacciato dall’ormai prossima costruzione del pericolosissimo e inutile rigassificatore offshore. Insomma, avrebbe rischiato di affondare perdendo incredibilmente due carichi con almeno due centinaia di fusti contenenti 40 tonnellate di cobalto e molibdeno, due metalli tossici altamente inquinanti. Che magicamente si sarebbero inabissati in uno dei punti più profondi dell’alto Tirreno, a 500 metri di profondità, dove guarda caso il fondale è fangoso e sabbioso (in poche parole in un punto dove è quasi impossibile recuperarli.
Tra gli intervenuti anche la consigliera comunale livornese del PD, Arianna Terreni, contestatissima dai manifestanti presenti. “Comandano Livorno e la Regione – questa l’accusa rivoltale – e si indigna promettendo di portare la protesta all’interno delle istituzioni? E cosa ha fatto finora il suo partito se non contribuire a trasformare il mare livornese in una discarica? Ci vuole veramente faccia tosta. Gli organismi istituzionali dovrebbero tutelare l’ambiente e in un’area che dovrebbe essere protetta come il Santuario dei cetacei, un accordo internazionale che è stato ratificato dall’Italia più di 10 anni fa, cos’hanno fatto i suoi compagni di partito? Hanno pianificato l’installazione di un rigassificatore e permesso la contaminazione dell’intera area marina.
Sul banco degli imputati anche la Capitaneria di porto, che incredibilmente non ha bloccato la navigazione del cargo. “Abbiamo la sensazione che neppure le autorità marittime sappiano bene che cosa sia successo – ha detto Alessandro Gianni, direttore campagne di Greenpeace Italia -. E questa è una cosa gravissima, che ci preoccupa molto. Devono dirci ancora come intendono recuperare questi fusti. Che cosa contengono esattamente e che pericoli ci sono per il mare e la catena alimentare”.
I fusti inabissatisi sarebbero di proprietà di una società con sede nel paradiso fiscale del Lussemburgo e conterrebero materiale altamente tossico proveniente dalla raffineria di Priolo Gargallo, vicino Siracusa. La magistratura ha aperto un’inchiesta indagando il comandante del cargo. L’ipotesi di reato, per ora, riguarda violazioni dei sistemi di sicurezza del carico, ma se la situazione dovesse precipitare si potrebbero ipotizzare reati ambientali anche gravissimi. (red.)
08 gennaio 2012