Sabato 18 febbraio oltre 200 persone sono scese in piazza a Livorno per dire che il mare non può essere una discarica per rifiuti tossici, né un sito industriale.
Lo scorso 17 dicembre, durante una violenta libecciata, due semirimorchi contenenti 198 fusti tossici vengono “persi”, al largo dell’Isola di Gorgona, dal cargo “Venezia” della compagnia armatrice Grimaldi. Questa vicenda è stata caratterizzata da due mesi di silenzi, omissioni e notizie contrastanti da parte delle istituzioni e della compagnia armatrice. Queste hanno avviato le operazioni di recupero dei fusti tossici ormai con un grave e colpevole ritardo, sotto la pressione della protesta popolare che si stava organizzando.
È una notizia della scorsa settimana, che siano stati individuati i semirimorchi ad una profondità di circa 500 metri, a nord-ovest della Gorgona. Nei giorni immediatamente precedenti alla manifestazione, l’ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) emette un comunicato sul proprio sito in cui afferma che i fusti tossici si sarebbero aperti a causa della pressione, e che quindi le acque marine già sarebbero contaminate. Subito scatta la reazione da parte di Vertenza Livorno (rete per la difesa della salute e dell’ambiente) che, la mattina di sabato 18, denuncia in una nota i ritardi delle autorità competenti e della Grimaldi ed invita a partecipare alla manifestazione organizzata per il pomeriggio. A quel punto l’ARPAT ritratta, aggiungendo un “forse” alle dichiarazioni fatte poche ore prima.
La manifestazione di sabato è stata importante e significativa. Si è rotto il silenzio e la disinformazione, portando nelle strade della città la ferma protesta contro l’ennesimo disastro ecologico. Sono stati affissi striscioni in luoghi simbolici, sulle scale monumentali del Municipio e di fronte alla sede in città della compagnia Grimaldi. Tra gli altri, nella manifestazione, presente anche uno striscione di solidarietà per il movimento NO TAV: “Libertà per i/le NO TAV – le lotte ambientali non si arrestano!”. Nutrita la presenza anarchica al corteo, anche se poco visibile, vista l’indicazione di manifestare senza bandiere data dagli organizzatori.
Dopo aver attraversato il centro cittadino, la manifestazione si è conclusa al porto, di fronte alla lapide che ricorda le vittime della tragedia del Moby Prince. Tra gli interventi anche quello di Loris Rispoli, presidente dell’Associazione 140 dei familiari delle vittime del Moby Prince.
Con gli interventi si è chiuso il corteo, ma non si è certo conclusa la lotta. Una lotta che, se per ora ha ottenuto il risultato di rompere il muro di silenzio che si era creato attorno alla vicenda, dovrà essere capace di mettere di fronte alle proprie responsabilità le autorità e la compagnia armatrice.
Chi si assume a parole la responsabilità di tutelare la sicurezza e la salute pubblica (Capitaneria di Porto, Prefettura, Enti locali) privilegia sempre la tutela degli interessi capitalistici, sia degli armatori che dei produttori dei rifiuti.