da Umanità Nova del 10 febbraio 2013
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SABATO 9 PRESIDIO ASTENSIONISTA IN PIAZZA GRANDE (ANGOLO BAR SOLE) DALLE ORE 16:30
La lotta per la vita
Promesse elettorali sulle spalle dei proletari
Seguo distrattamente la campagna elettorale e mi sembra che i temi al centro del confronto fra le varie liste elettorali siano soprattutto la gara a chi ha rubato di più, la diminuzione delle tasse, la crescita economica.
Ammesso e non concesso che i conti dello Stato siano in equilibrio, la diminuzione delle tasse e la crescita economica implicano un aumento della pressione sui ceti popolari. Se il bilancio dello Stato, e ripeto se, è in equilibrio, la diminuzione delle tasse implica una riduzione delle entrate che va compensata o con un aumento delle entrate da altre fonti, oppure con una diminuzione delle uscite. In particolare, la diminuzione delle aliquote più alte dell’Irpef implica un aumento della pressione su quelle più basse, o un aumento dell’IVA, così per l’annunciata proposta dell’abolizione-rimborso dell’IMU; per dare un’idea del contenuto di classe di queste misure è significativo che non si parli di restituzione del fiscal drag, cioè del rimborso dell’aumento della pressione fiscale sui redditi più bassi, conseguenza dell’adeguamento delle retribuzioni all’inflazione.
Lo stesso discorso vale per le misure per la crescita economica: le idee in campo sono legate alle grandi opere, agli investimenti pubblici che, appunto, vanno trovati o con un aumento delle entrate (più tasse) o con una diminuzione delle uscite (più tagli). Anche in questo caso, la crescita è soprattutto dei profitti delle aziende beneficiate degli aiuti di Stato, banche o industrie: mentre a pagare è sempre il popolo lavoratore.
In sostanza, dietro la promessa di diminuzione delle tasse o di crescita economica, c’è sempre un conto che il governo farà pagare ai ceti popolari, perché un governo, qualsiasi governo, ha bisogno di una classe privilegiata, di una classe economicamente potente che lo appoggi in cambio della protezione contro le rivendicazioni degli sfruttati. Ci sono delle liste, che sicuramente non peseranno nella formazione del nuovo governo, che sostengono questa o quella proposta a favore dei proletari ma queste proposte o saranno ininfluenti sulla politica futura del governo, o saranno presto dimenticate perché ogni governo, se non può volere che la società si disfaccia, poiché allora verrebbe meno a sé ed alla classe sfruttatrice il materiale da sfruttare, non può nemmeno lasciare che la società si regga da sé senza intromissioni ufficiali, poiché allora il popolo si accorgerebbe ben presto che il governo non serve se non a difendere i proprietari che l’affamano, e si affretterebbe a sbarazzarsi del governo e dei proprietari. Per quanto belle siano le promesse elettorali, ogni partito che entri nell’area di governo sacrifica i bisogni, i diritti del popolo alla salvezza del Governo.
Alla domanda spontanea perché quelli che promettono non hanno attuato le misure nel periodo precedente, visto che hanno votato l’IMU, gli aumenti delle tasse e soprattutto i tagli, dalle pensioni, alla sanità, dalla scuola all’assistenza sociale, mentre hanno aumentato le spese militari e le dotazioni per le aggressioni all’estero, i complici delle ultime rapine, che ora si contendono i voti dei cittadini, rispondono che i tempi non erano maturi, e che dovevamo riconquistare la fiducia dei mercati e dell’Europa. Ma chi ci dice che dopo le elezioni i mercati e l’Europa, che evidentemente contano più della democrazia, della costituzione e del popolo, sovrano per il giorno delle lezioni, non chiedano nuovi sacrifici?
Mancano 7 miliardi?
L’ultimo bollettino della Banca d’Italia, pubblicato lo scorso gennaio, lanciava previsioni allarmanti sulla situazione economica italiana. Se la caduta del PIL di un punto percentuale nel 2013 può essere di difficile interpretazione, il fatto che nel 2012 manchino 3 miliardi al raggiungimento del pareggio è, appunto, un fatto. Ma fra le pieghe del Bollettino si capisce che nel 2013 il conto per i cittadino sarà ancora più salato: la riduzione del Prodotto Interno Lordo di un punto percentuale porta con sé la riduzione di 0,4-0,5% delle entrate fiscali, mentre aumentano le richieste per gli ammortizzatori sociali, per l’assistenza ecc.. C’è chi parla appunto di una manovra di 6-7 miliardi da compiere non appena il nuovo governo entrerà in carica; se il governo dovesse tentennare, il conto diventerebbe più salato.
Una manovra di queste dimensioni significa cento euro a testa, compreso neonati e pensionati, che si aggiungono ai salassi di fine 2012 e ai rincari scattati con il nuovo anno, e che renderebbe inevitabile l’aumento di quell’IVA, che stringe alla gola i consumatori italiani, che rovescia quella progressività dell’imposizione fiscale scritta sulla costituzione ma che i governi, anno dopo anno, svuotano di contenuto.
Nessuno dei partecipanti alla competizione elettorale affronta il problema della situazione reale dell’economia, dei conti pubblici; nessuno affronta le cause di questa situazione: i privilegi della Chiesa, delle banche, della casta militare, i soldi spesi inutilmente per le grandi opere, i costi più assurdi addebitati al pubblico erario, le spese folli per le missioni all’estero. In complesso un conto sempre più salato imposto a cittadini sempre più stremati.
I licenziamenti, i tagli ai salari e alle pensioni intaccano il tenore di vita, la possibilità di godere del tempo libero e degli svaghi, di avere un’abitazione confortevole, si arriva anche ad intaccare la spesa alimentare; i tagli alla sanità e la protezione data alle industrie inquinanti mettono in pericolo la nostra salute, mentre le continue guerre rischiano di scatenare una guerra generale.
Io credo che gli anarchici non aspetteranno che il prossimo governo ci faccia morire sempre di più di fame e di malattie senza reagire.
Non limiteremo la nostra protesta alla denuncia e alla controinformazione, così come non ci daremo all’autolesionismo, non ci rinchiuderemo in una miniera o in cima ad una torre.
Chi ci sta di fronte, chi ci governa e i docili strumenti a sua disposizione stanno lottando per la vita, per continuare a sfruttarci senza lavorare. Ma anche noi, noi anarchici, noi lavoratori, noi disoccupati, noi gente del popolo lottiamo per la vita, per una vita che sia degna di essere vissuta, per noi e per i nostri figli, per tutti, una vita che significa solidarietà, una società più giusta e più libera per tutti.
Tiziano Antonelli