Nella mattinata di lunedì 11 febbraio è scattata la rappresaglia delle istituzioni per i tre giorni a cavallo fra novembre e dicembre che hanno visto prima la violenza ingiustificata della polizia contro manifestanti pacifici e poi la risposta massiccia dei cittadini che non intendevano e non intendono piegare la testa.
Il pubblico Ministero, su indicazioni della Digos, ha indagato 36 persone, con una decina di perquisizioni domiciliari e 8 misure cautelari (obbligo di firma), per ipotesi fantasiose e tutte volte a nascondere le provocazioni poliziesche e il ruolo dei dirigenti cittadini del Partito Democratico in questi fatti. Di questi, tre compagni del Collettivo Anarchico Libertario e della Federazione Anarchica Livornese, uno dei quali ha subito anche una perquisizione domiciliare.
Le indagini sono ancora in corso, quindi non si sa se il numero degli indagati o i reati contestati possano variare. Per ora, l’ipotesi fantasiosa del pubblico Ministero, sostenuta anche dal procuratore capo De Leo, che l’ha definita “una risposta doverosa alla città”, è che gli accusati, in concorso materiale e morale tra loro, sulla base di unico disegno criminoso che coprirebbe i tre giorni, abbiano usato violenza e minaccia nei confronti di pubblici ufficiali, il tutto accompagnato anche da danneggiamento ed adunata sediziosa.
Di ogni episodio pubblico ministero e Digos danno resoconti volti a colpevolizzare i manifestanti e ad assolvere la polizia.
Per questo riteniamo importante ribadire la nostra valutazione su quanto è successo venerdì 30 novembre, sabato 1° e domenica 2 dicembre, per smentire la ricostruzione inquisitoria e dimostrare la funzionalità dell’operazione al blocco di potere livornese.
Si è capito chi ha orchestrato il tam-tam mediatico attorno al cosiddetto “assalto” alla prefettura: a più di due mesi di distanza dagli atti di protesta (due lamperogeni, una transenna), questi sono diventati “atti di un medesimo disegno criminoso”.
Nel consiglio comunale svoltosi pochi giorni dopo tutte le forze politiche hanno condannato la violenza della polizia, che è stata difesa solo dal consigliere di estrema destra e in parte dal sindaco del Partito Democratico.
Trentasei indagati, in una città piccola come Livorno, sono tanti: è una vendetta nei confronti di chi non si piega, di chi non accetta la rovina della città di cui il PD è uno degli artefici, di chi non accetta la disoccupazione, gli sfratti, la politica di guerra.
La criminalizzazione dei movimenti di lotta nasconde l’illegalità e la violenza dei governanti, che cercano di togliere diritti su diritti ai lavoratori, a tutti i cittadini, violando la loro stessa costituzione.
La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico e Libertario hanno subito sottolineato la gravità dei fatti di sabato 1° dicembre, così come la positiva risposta data dalla città domenica 2 dicembre con una manifestazione di massa come non se ne vedevano da tempo per le strade di Livorno; oggi con la criminalizzazione si cerca di cancellare quei giorni impressi nella memoria di tutti i livornesi; così come si cerca di mettere a tacere quella presenza anarchica e sovversiva che ha garantito spazi di agibilità per tutti, momenti e pratiche di solidarietà e di lotta.
L’operazione poliziesca cerca di colpire le aree più combattive della città: gli anarchici sostengono tutte le vittime della repressione, si batteranno con ogni mezzo per far crollare la montatura e invitano tutti quanti hanno a cuore le sorti della libertà, le organizzazioni antifasciste, i sindacati di base e quanti si battono per la trasformazione sociale a protestare contro questa ennesima manovra repressiva.
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