L’Unione Sacra del terrore
Sulla strage del 7 gennaio a Parigi presso la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, e sui fatti relativi alle sparatorie e ai sequestri dei giorni successivi abbiamo in questi giorni sentito di tutto di più, hanno parlato giornalisti, opinionisti, politici e poliziotti. Adesso parliamo un po’ noi.
Nel corso dell’attacco armato alla sede del giornale francese sono state uccise 12 persone. Il Gruppo Kropotikine di Merlieux della Federazione Anarchica francofona (FAf) nella stessa giornata del 7 gennaio ha redatto un comunicato dal tono molto commosso, nel quale si ricorda come “molti giornalisti del Charlie oggi assassinati, tra cui Charb, Cabu, Tignous, e Wolinski avessero contribuito a diverse edizioni del Salone del Libro Anarchico a Merlieux, o alla sua Festa del libro partecipando a dei dibattiti o disegnandone con grande talento e gentilezza molti manifesti.”
Negli anni le illustrazioni su molti manifesti politici della FAf, così come su quelli di altri raggruppamenti libertari e di sinistra, sono stati firmati anche da loro. In particolare si ricordano le vignette di Cabu che hanno illustrato molti manifesti antimilitaristi negli anni ’80.
Calpestando i loro corpi, il presidente francese Hollande fa appello all’unione del popolo francese contro i nemici della “libertà”, così come i molti politici che vogliono sfruttare la strage per alimentare il razzismo, per promulgare nuove leggi repressive e aumentare il controllo sociale e, chissà, magari per lanciare una nuova avventura militare all’estero.
Certo i disegnatori uccisi non sarebbero mai stati, da vivi, gli “eroi” di questa nuova crociata dello Stato francese. Una crociata che per ora si è concretizzata nella caccia all’arabo e nel dispiegamento di forze repressive, nel nome della lotta al terrorismo islamico e dell’ipocrita difesa della libertà di stampa borghese.
Alcuni, in Francia come in Italia, hanno subito voluto sottolineare che da tempo Charlie Hebdo “non faceva più ridere”, perché avrebbe contribuito “allo sviluppo di un’islamofobia di sinistra”.
In un contesto culturale come quello europeo, in cui negli ultimi anni l’ideologia dello scontro tra occidente cristiano e oriente islamico ha conquistato sempre più spazio, sicuramente il lavoro editoriale di Charlie Hebdo presenta molte contraddizioni, soprattutto in Francia in cui troviamo la tradizione del laicismo repubblicano sempre più vicina allo schieramento islamofobo. Su questo giocano i politici che, da destra a sinistra, vogliono alimentare il razzismo, irrigidire la militarizzazione della società, aumentare la segregazione e lo sfruttamento degli immigrati.
Nel comunicato emesso a livello nazionale dalla Federazione Anarchica francofona emerge, anche se con un tono completamente diverso, questo aspetto: “Alcuni tra le vittime hanno contribuito in passato a le Monde Libertaire, e se le nostre posizioni si sono distanziate in seguito, essi restano nel ricordo di numerosi compagni.”
È chiaro che quindi questo aspetto non può essere trascurato. Ma non si può allo stesso tempo attribuire ad un settimanale satirico, o a singoli disegnatori, la responsabilità dell’incapacità di gran parte della sinistra in Francia di elaborare posizioni radicali sulla questione dell’oppressione religiosa che siano autonome dal laicismo autoritario della tradizione repubblicana francese.
La liberazione da ogni genere di oppressione religiosa, passa sia attaverso la lotta contro ogni istituzione più o meno gerarchica che propagandi la menzogna di una salvezza ultraterrena, sia attraverso l’unità di classe, attraverso l’organizzazione e la lotta che portano i proletari a riconoscersi reciprocamente nelle medesime condizioni di sfruttamento e negli stessi interessi. Non attraverso le imposizioni di un qualche governo. Questo gli anarchici, gli antiautoritari, i rivoluzionari, lo sanno bene.
Chi si appiattisce sul dibattito riguardo all’opportunità o meno delle vignette di Charlie Hebdo, non fa che seguire il filone lanciato dai media ufficiali. Questo è invece il momento di rispondere con determinazione contro l’inasprimento delle misure repressive e di controllo sociale, contro ogni deriva razzista, contro la militarizzazione e la guerra.
Domenica 11 gennaio grandi manifestazioni hanno riempito le piazze delle città francesi. I giornali parlano di due milioni di persone in piazza a Parigi per la “marcia repubblicana”. Indipendentemente da quali siano i numeri reali dei partecipanti, queste parate hanno celebrato una nuova “unità nazionale”, in difesa della Repubblica contro la “barbarie”. Dal Partito Comunista Francese al Fronte Nazionale di Marine Le Pen, tutte le forze politiche hanno manifestato, “fieri di essere francesi”.
A Parigi la manifestazione era aperta dai potenti del mondo, 50 capi di stato e di governo, primi fra tutti il Presidente della Repubblica Hollande ed il Primo Ministro Valls. Una paradossale parata per la “libertà di espressione” per la quale è stato predisposto un apparato di sicurezza da stato d’emergenza, con oltre 5000 poliziotti e 1300 militari. In testa al corteo i professionisti del terrore di Stato, i campioni della repressione, della censura, della guerra, del razzismo, dello sfruttamento.
Le immagini di questi personaggi, “incordonati” alla testa del corteo, per celebrare non solo l’unione del popolo francese contro il nemico comune, ma anche per affermare la volontà comune di procedere ad una sempre più forte militarizzazione della società per attuare politiche autoritarie di attacco alle condizioni di vita e di lavoro di milioni e milioni di proletari, le abbiamo già viste troppe volte.
Il 31 Luglio del 1914, il socialista Jean Jaurès viene assassinato a Parigi da un nazionalista.
Jaurès nel 1904 aveva creato il giornale L’Humanité ed aveva partecipato, nel 1905, alla fondazione della Sezione Francese dell’Internazionale Operaia (SFIO), che riuniva le principali tendenze socialiste francesi. Dal 1905 si schiera contro la politica coloniale e la guerra, e nel 1914, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, si impegna per evitare la guerra. Jaurès era un riformista, da sempre ostile ai sindacalisti rivoluzionari e agli anarchici – nel 1896 al Congresso dell’Internazionale socialista a Londra, prese posizione in modo forte per l’espulsione definitiva degli anarchici dall’Internazionale – la storia di Jaurès è la storia del fallimento dell’Internazionale socialista di fronte alla guerra, che ha rivelato la tendenza della socialdemocrazia a perseguire la via parlamentare e di governo a qualsiasi costo, anche del massacro di milioni di proletari. Subito dopo la sua morte infatti la sinistra francese, ed in particolare la SFIO e la CGT (sindacato, Confederazione Generale del Lavoro), si schierarono a sostegno della guerra per difendere la Francia, mentre già alla fine di agosto alcuni socialisti entrarono nel governo di unità nazionale. I funerali di Jaurès, il 4 agosto 1914, all’indomani della dichiarazione di guerra della Germania, che vedono la partecipazione del Presidente del Consiglio, alte cariche dello Stato, e esponenti del governo a fianco dei principali leader sindacali e della sinistra, diventano la prima manifestazione dell’“Union Sacrée”, la sacra unione del popolo francese di fronte alla guerra.
Si tratta di eventi estremamente distanti tra loro, separati da cento anni, che vedono protagonisti personaggi completamente differenti. Ma i metodi impiegati dal potere per serrare le fila sono sempre gli stessi.
Il lavoro editoriale di Charlie Hebdo, come abbiamo già detto, presenta non poche contraddizioni. Tuttavia le vignette fortemente dissacranti nei confronti della religione islamica e dei suoi simboli non bastano a rendere la testata assimilabile né dalla destra razzista di Le Pen né dal socialismo guerrafondaio di Hollande. Il vecchio Jean-Marie Le Pen infatti ha dichiarato di non essere disposto a dare la propria solidarietà ad un giornale dallo “spirito anarco-trotzkista che rimuove la morale”. Charlie Hebdo non era allineabile negli schieramenti imposti dall’ideologia dello scontro tra l’occidente cristiano e l’oriente islamico, anche perché finché si ride di sé stessi e del nemico, lo scontro di civiltà non è credibile, diventa ridicolo. La guerra invece è una cosa seria.
Per questo Charlie Hebdo rappresentava un ostacolo, quanomeno sul piano culturale, per tutti coloro che, in entrambe gli schieramenti, hanno da guadagnare da un ulteriore consolidamento dell’ideologia dello scontro di civiltà. La strage del 7 gennaio non solo ha abbattuto tale ostacolo, ma ha reso possibile la celebrazione di una nuova “Union Sacrée”, nel nome della Repubblica, contro la “barbarie” islamista.
Chi ci guadagna da questi eventi quindi sono non tanto e non solo le formazioni politiche apertamente nostalgiche e xenofobe dell’estrema destra. Sono quei governi che in Europa attraverso politiche fortemente autoritarie e la coesione sociale attorno agli interessi della classe dominante, vogliono imprimere un’accelerazione ai profitti dei capitalisti e vogliono avere mano libera per intraprendere nuove avventure militari. Così come, sull’altra sponda del Mediterraneo, a guadagnarci sono quelle forze, sia di stampo oscurantista religioso sia laiche, che a capo di governi autoritari assicurano la salvaguardia degli interessi delle potenze nei rispettivi paesi; sono quelle forze che in nome della legge di dio o dell’ordine statale combattono ogni potenziale rivoluzionario emerso dalle insurrezioni degli ultimi anni in quei paesi, forze che i compagni laggiù proprio per il loro ruolo controrivoluzionario spesso chiamano “fascisti”.
Per ora però questa nuova unione sacra sembra alquanto scalcinata rispetto a quella del 1914, neanche l’informazione pervasiva e totale dei nostri giorni riesce a mascherare le polemiche tra i partiti sorte a margine della parata di Parigi, e si vedrà cosa resterà di concreto dopo le grandi celebrazioni.
Certo è che da domani il controllo sociale e la militarizzazione saranno rafforzati e questo significherà maggiore repressione per tutti gli sfruttati e per chi lotta al loro fianco. Un aumento della violenza del potere nella società, che corre in parallelo alla banalizzazione della guerra operata dai media ufficiali.
Qualunque siano gli sviluppi della situazione, la foto di gruppo della testa della “marcia repubblicana” di Parigi ci mostra l’urgenza dell’unità di classe, della solidarietà tra gli sfruttati, perché solo in questo modo è possibile sbarrare la strada ad ulteriori attacchi alla classe lavoratrice, a nuove misure repressive, ad una nuova guerra.
Dario Antonelli
questo articolo sarà pubblicao sul prossimo numero del settimanale anarchico Umanità Nova