Dall’opuscolo: LA GUERRA DEL GOVERNO CONTRO GLI SFRUTTATI
4. L’esercito nelle strade protegge le politiche antipopolari del governo
Dal marzo scorso anche a Livorno sono stati schierati i soldati nelle strade della città.
A inizio anno infatti è stata ulteriormente prorogata l’Operazione Strade Sicure, inaugurata nel 2008 dall’allora Ministro della Difesa Ignazio La Russa e definita dalla legge 25 del 24 luglio 2008, il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” che prevedeva, insieme ad altre misure repressive, l’utilizzo delle Forze armate per attività di pubblica sicurezza nelle città. In questi anni sono state impiegate soprattutto unità dell’Esercito, ma anche dell’Aeronautica, della Marina e dell’Arma dei Carabinieri. Con la proroga di inizio 2015 si è avuto un rafforzamento dell’operazione con un incremento da 3000 a 4500 nel numero dei militari schierati e con il coinvolgimento di altre città nell’operazione. È così che in alcune città toscane e pure a Livorno sono arrivati i militari nelle strade.
Ad inizio anno il Ministero degli Interni ha chiesto a tutte le prefetture se sui rispettivi territori vi fosse bisogno dell’impiego di un contingente militare per controlli antiterrorismo e per la vigilanza dei cosiddetti siti sensibili. La decisione in questi casi spetta quindi al Ministero e alle prefetture, che possono decidere anche in che modo schierare il contingente, se attraverso presidi fissi o perlustrazioni lungo le strade cittadine.
La Prefettura di Livorno, come in Toscana quella di Lucca, Firenze e Prato, ha deciso di schierare i soldati nelle strade in funzione antiterrorismo, ed il compito è stato assegnato alla Brigata Paracadutisti Folgore. Per questo dalla seconda metà di marzo si vedono per le strade della città paracadutisti in assetto da guerra, a piedi o su mezzi dell’esercito, che imbracciano mitragliatori. Trattandosi di un’operazione antiterrorismo l’ingaggio è militare, dicono dalle prefetture per giustificare le armi da guerra in dotazione alle truppe che girano per le città. Ma la “minaccia islamica” è una menzogna, un pretesto utilizzato anche dalla stampa locale.
In realtà siamo di fronte a politiche di sicurezza fortemente autoritarie condotte in modo trasversale dai governi che si sono susseguiti negli ultimi sette anni. Non si tratta né di una misura d’urgenza adottata dopo gli attentati di Parigi e di Tunisi di inizio 2015, né di “eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità” come recitava la legge del 2008 che isitituiva il concorso delle Forze armate nel controllo del territorio. Non stiamo quindi parlando di casi eccezionali, della gestione militare di un’emergenza, che sarebbe comunque una grave forma di militarizzazione, ma di una linea generale in materia di sicurezza, centrata sull’impiego dei militari a scopo di sicurezza interna, adottata dai differenti governi che si sono succeduti.
Con i militari nelle strade si esaspera la percezione della “minaccia” del terrorismo e della criminalità, si tenta di giustificare e normalizzare l’impiego delle Forze armate nel controllo del territorio, ma anche nella repressione di proteste popolari.
Ad aprire la strada all’Operazione Strade Sicure è stata la gestione militare dell’emergenza rifiuti in Campania del 2008. Il governo allora decise, dopo una grande campagna mediatica, di gestire l’emergenza manu militari, per fronteggiare la determinata opposizione della popolazione. Venne proclamato lo stato di emergenza, venne nominato Sottosegretario per l’emergenza rifiuti Guido Bertolaso allora Capo del Dipartimento della Protezione Civile, infine le discariche vennero dichiarate siti di interesse strategico, da tutelare quindi anche attraverso l’impiego delle Forze armate. Questi provvedimenti, previsti in un decreto del maggio 2008, divennero legge nel luglio dello stesso anno, una decina di giorni prima dell’approvazione del pacchetto sicurezza che dette il via all’Operazione Strade Sicure.
Ma l’esempio più eclatante dell’utilizzo delle Forze armate a scopo di repressione interna si ha in Val di Susa. Dal primo gennaio 2012 è stata dichiarata area di interesse strategico nazionale La Maddalena di Chiomonte, dove sorge il cantiere per il tunnel geognostico della linea Torino-Lione della TAV, a cui si oppone il vasto movimento NO TAV, radicato a livello locale nella popolazione e diffuso a livello nazionale. Già da anni la Val di Susa era di fatto militarizzata da polizia e carabinieri, impiegati dal governo per fronteggiare la determinazione del movimento di opposizione alla linea TAV. Lo schieramento delle Forze armate ha aumentato enormemente la militarizzazione, trasformando la Valle in terra d’occupazione, in fronte di guerra. A Chiomonte c’è un soldato ogni due abitanti, sono stati schierati contro i manifestanti gli alpini reduci dell’Afghanistan, ci sono posti di blocco, pattugliamenti, elicotteri, uomini e mezzi schierati nelle strade e nei boschi.
La gestione militare dell’emergenza rifiuti in Campania e la militarizzazione della Val di Susa ben rappresentano la linea politica volta all’impiego delle Forze armate a scopo di repressione interna portata avanti dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni. L’Operazione Strade Sicure, con il coinvolgimento dei soldati nel controllo delle città serve quindi a normalizzare l’uso repressivo delle Forze armate. Una militarizzazione della sicurezza interna e una sovrapposizione dei ruoli degli apparati dello Stato, che avviene in parallelo ai cambiamenti che da circa un decennio sono in atto nelle Forze armate e nei Corpi dello Stato, orientati principalmente ad una riorganizzazione in senso di coesione, specializzazione e operatività. Questo avviene nelle Forze armate, ad esempio con la creazione di unità di intervento rapido, e avviene nella Polizia e negli altri Corpi come una forma di rimilitarizzazione.
Il vero problema non sta nel tipo di divisa che indossa chi esercita nelle strade la repressione dello Stato, ma nel fatto che ci troviamo di fronte ad una guerra del governo contro i lavoratori e le lavoratrici, contro gran parte della popolazione. È una guerra che c’è sempre stata, ma che recentemente si è fatta più aspra e diretta. Per questo si schierano anche i soldati nelle strade e le truppe occupano quei territori in cui la protesta popolare si fa più determinata.
Negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno infatti condotto una vera e propria guerra sociale contro la classe lavoratrice. Nel 2012, quando ancora era alla guida del governo, Monti disse che per l’Italia si prospettava un “percorso di guerra”, riferendosi alle cosiddette politiche di austerità. L’imposizione senza appello di politiche di attacco alla classe lavoratrice, di difesa degli interssi padronali e dei grandi privilegi infatti non può essere gestita che in modo militare.
Quindi opporsi alla repressione ed in particolare alla militarizzazione e all’impiego delle Forze armate nella sicurezza interna è una parte indispensabile della lotta contro le politiche del governo.
È necessario rilanciare e diffondere l’antimilitarismo, smascherando la sempre più stretta continuità tra la guerra condotta dentro i confini nazionalie quella condotta al di fuori di essi. In entrambi i casi si bombarda, si pratica la repressione, l’occupazione militare e il saccheggio per assicurare gli interessi dei potenti e del grande capitale.