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Sanità: gli “sprechi” erano le nostre vite

Sanità: gli “sprechi” erano le nostre vite

“Tornare alla normalità” una frase e un desiderio espresso da tutti.
Una normalità che non ci piace, una normalità che non vogliamo. Una normalità che in tempo di emergenza sanitaria non ha avuto bisogno di grandi discorsi per dimostrare le carenze del sistema sanitario, disossato da 20 anni di tagli alla sanità e su tutti i bisogni primari in nome della lotta agli “sprechi”.

Solo tra 2010 e 2019 sono stati sottratti 37 miliardi di euro al Servizio Sanitario Nazionale. Nello stesso periodo sono andati persi 42800 posti di lavoro a tempo indeterminato, sono stati eliminati 70000 posti letto, e sono stati chiusi 359 reparti. Inoltre dal 2007 sono stati chiusi 200 istituti di cura.

Le cifre parlano chiaro, ma più di tutto parlano le esperienze che ognuno di noi ha sperimentato :
liste di attesa lunghissime sia per interventi chirurgici, sia per screening di prevenzione.
“Normale” quindi andare dal primario o dai medici del reparto usando il sistema “intramoenia” a pagamento per accorciare i tempi, “normale” accedere a strutture private convenzionate per fare esami diagnostici in tempi ridotti, ma sempre pagando. “Normale” avere assicurazioni o fondi assicurativi proposti dalle aziende che spesso negano coperture anche per cure basilari e costose, come le cure dentarie. Sono state così privatizzate prestazioni anche essenziali.

Invece di censire il fabbisogno della popolazione e programmare i numeri di letti, terapie intensive, medici e personale sanitario sono stati fatti tagli enormi che non garantiscono mai il diritto alla salute e in tempi di coronavirus hanno contribuito al grande numero di morti che vengono riportati nei vari bollettini.

Questa pandemia non era stata solo annunciata dagli studiosi, era prevista al punto che molti stati, tra cui l’Italia, si erano dotati di piani per la gestione del rischio pandemico seguendo le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. I protocolli però non sono stati seguiti e nonostante già il 31 gennaio il governo avesse dichiarato lo stato d’emergenza per motivi sanitari, le autorità non hanno avviato, se non parzialmente e in ritardo, una corretta informazione sui rischi sanitari per la popolazione.

Quando dalla Cina arrivavano gli allarmi, in Italia già a fine dicembre in molti ospedali veniva rilevato un incremento anomalo di polmoniti virali. Gli ospedali e il personale sanitario non sono stati dotati di strumenti di protezione adeguata e così, i luoghi che dovevano essere quelli più sicuri sono diventati una delle maggiori fonti di contagio. Chi lavora nel settore sanitario non è né un angelo, né un soldato, né un eroe, sono lavoratrici e lavoratori che già in tempi “normali” sono costretti a turni massacranti e a dure condizioni di sfruttamento.

È importante sostenere le lotte e le rivendicazioni di chi lavora nella sanità, è necessario attivarsi fin da ora per una estensione del diritto alla salute e per adeguare il servizio sanitario alle reali esigenze della popolazione.

Federazione Anarchica Livornese
federazioneanarchica.org

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Nocività-Salute.

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