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A 55 anni dalla Strage di Piazza Fontana e dall’assassinio di Giuseppe Pinelli

Molte persone hanno partecipato ieri all’incontro “A 55 anni dalla Strage di Piazza Fontana e dall’assassinio di Giuseppe Pinelli”. È stato ricostruito il ruolo dello stato nella strage, parte di una strategia di terrore, di criminalizzazione del movimento anarchico e repressione generale delle organizzazioni rivoluzionarie del movimento operaio e studentesco. Questa strategia era parte di un piano di svolta autoritaria sostenuta da gruppi di potere internazionali. La risposta di massa fu in grado di rovesciare questo disegno. La campagna contro la Strage di Stato e l’assassinio di Giuseppe Pinelli, la lotta per riconquistare l’agibilità nelle piazze, e soprattutto la campagna per la liberazione di Valpreda furono lotte unitarie e, alla fine, vittoriose.

La mostra di manifesti storici, alcuni tra i più rappresentativi delle lotte di qiegli anni, resterà esposta anche oggi nella sala della biblioteca “E. Malatesta” presso la sede della FAL in Via deglii Asili 33

 

 

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A 55 anni dalla strage di Piazza Fontana e dall’assassinio di Giuseppe Pinelli

A 55 anni dalla strage di Piazza Fontana e dall’assassinio di Giuseppe Pinelli
Domenica 15 dicembre
Federazione Anarchica Livornese – via degli Asili 33
dalle ore 17 – Mostra di manifesti storici – Artisti contro la strage di stato
alle ore 18 – Incontro dibattito – La Strage di Stato che provò a reprimere le lotte studentesche e operaie
a seguire aperitivo buffet
la mostra è aperta dalle 17 alle 20 di domenica 15 dicembre e di lunedì 16 dicembre
nella sala della biblioteca E. Malatesta
Federazione Anarchica Livornese
—-
Le lotte studentesche e operaie del 1968 e 1969 ebbero una portata decisiva. Lo Stato decise di provare a fermarle con la strategia della tensione, fatta di bombe, stragi, montature repressive, arresti massicci e criminalizzazione del movimento anarchico.
Il 12 dicembre 1969 a Milano, alla Banca dell’agricoltura, una bomba provoca 17 morti e 88 feriti, migliaia di fermi e perquisizioni si svolgono in tutta Italia, alcuni giovani anarchici vengono arrestati. La notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, dopo giorni di interrogatorio ininterotto, muore Giuseppe Pinelli, militante anarchico. Verrà gettato dal quarto piano della Questura di Milano per simulare un suicidio. Con l’assassinio del compagno Pinelli le istituzioni statali, mandanti della strage, intendevano mettere a tacere il movimento anarchico e attribuirgli la responsabilità dell’attentato.
La grande campagna di controinformazione e le lotte degli anni successivi smaschereranno la montatura, otterranno la liberazione dei compagni, riusciranno, contro le menzogne degli organi di informazione ufficiali e dei partiti, ad affermare e diffondere nella società la consapevolezza della diretta responsabilità dello Stato e dei fascisti nella strage di Piazza Fontana e in altri attentati.
Un contributo importante alla controinformazione fu dato anche da molti artisti che, all’inizio degli anni Settanta, misero a disposizione produzioni grafiche e realizzarono manifesti di grande potenza comunicativa nell’ambito della campagna di controinformazione di cui diamo alcuni esempi nella mostra. Un momento di questo impegno fu la mostra “Artisti contro la strage di stato” organizzata per raccogliere fondi dai Gruppi Anarchioci Toscani.
Aldilà di qualsiasi depistaggio e di qualsiasi insabbiamento la verità fu subito evidente, l’abbiamo sempre saputa e sempre affermata:
12 dicembre: la strage è di stato- le bombe sono dei fascisti e dei padroni- Pinelli è stato assassinato
Federazione Anarchica Livornese

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Nave Trieste a Livorno: Arrivano i mostri!

ARRIVANO I MOSTRI
Sabato 7 dicembre Sergio Mattarella, presidente della repubblica, è a Livorno per un’importante cerimonia istituzionale.
Viene ad inaugurare un ospedale, una scuola o uno dei tanti servizi di cui la popolazione ha bisogno? No. Viene per la cerimonia di immissione in servizio di Nave Trieste della Marina Militare e di giuramento dei cadetti dell’Accademia navale.
Nave Trieste è un mostro di guerra. È la più grande nave da guerra costruita in Italia dalla seconda guerra mondiale ed una delle più grandi in assoluto: ha un dislocamento di 38 mila tonnellate, mentre la corazzata “Roma”, entrata in servizio durante il conflitto, ne aveva poche di più, 44 mila.
La nave è una portaaeromobili, cioè una portaerei su cui saranno imbarcati gli F-35, ed è stata progettata per operazioni di assalto anfibio e supporto aereo, a supporto della politica di aggressione imperialistica voluta dal governo fascista di Giorgia Meloni.
La nave imbarcherà fino a mille uomini, fra equipaggio, personale di volo, supporto logistico e forze da sbarco. Un mostro di guerra di cui non si sa il costo: si sa solo che era preventivata una spesa di un miliardo e 126 milioni nel 2015, e che il solo adattamento per gli F-35 determinerà una spesa aggiuntiva di 172 milioni di euro. Il tutto naturalmente a spese della collettività.
Mentre questo mostro di guerra faceva le prove in mare, i salari reali diminuivano del 13% e altre centinaia di migliaia di famiglie in Italia sprofondavano nella povertà assoluta. Tutto questo per far splendere sopra il mare le due stelle polari della politica estera italiana, la deterrenza e la competitività. La deterrenza ci ha lanciato in una corsa al riarmo che prevede nei prossimi anni 500 miliardi per l guerra da parte dell’Unione Europea, mentre la competitività ha prodotto, tra le altre cose, le sanzioni alla Russia, che hanno causato un aumento dei prezzi stratosferico e la crisi economica che attanaglia tutta l’Europa. Alla deterrenza e alla competitività fra i governi noi preferiamo la collaborazione e la solidarietà con tutti i popoli.
Dobbiamo muoverci per costruire un mondo nuovo, un mondo dove non ci sia posto né per portaerei né per presidenti della repubblica.

FEDRAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

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Nuove dalla Syria

Nuove dalla Syria

Durante le giornate del 26 e del 27 Novembre, una delle fazioni esistenti nella galassia nel mondo dei cosiddetti “ribelli contro il regime di Assad”, ha iniziato una campagna di avanzamento militare atta a conquistare la città di Aleppo. La campagna è partita dai territori del governatorato di Idlib, nel nord-ovest della Syria, ed è portata avanti da Hayat Tahrir al-Sham (HTS). Tale fazione è un gruppo politico e militare islamista, nato nel 2017 con una leadership composta storicamente da islamisti sia siriani che stranieri e con legami passati con lo Stato islamico (ISIS) ed al-Qaeda.

Negli ultimi due anni, tuttavia, il gruppo ha ridimensionato la sua struttura ed ideologia, divenendo in gran parte composto esclusivamente da islamisti siriani. Dal 2014, gran parte del governatorato di Idlib, inclusa la sua capitale, è stata sotto il controllo militare del noto gruppo islamista legato ad Al Qaeda, Fronte al-Nusra che, a seguito di varie divisioni interne e lotte di potere si è smembrato andando a formare nel 2016 Jabhat Fath al-Sham (JFS) ed altri gruppi minori. JFS si è poi fusa con Jaysh al-Ahrar, altro gruppo salafita islamista operante nel Nord-Ovest dell Syria per formare quello che oggi conosciamo difatti come Hayat Tahrir al-Sham (HTS). HTS non riconoscendo l’autorità della leadership ufficiale dell’opposizione siriana al regime di Assad, la Coalizione Nazionale Siriana ed il Governo Provvisorio Siriano, ha creato nei primi mesi del 2017 una forma di potere parallelo autonomo, il Governo di Salvezza Siriano d’ispirazione teocratica ed autoritaria. Ma andiamo con ordine: È bene sottolineare infatti come Il gruppo HTS non sia da confondersi con il resto dei gruppi ribelli presenti nell’area stessa di Idlib, la SNA ( Ex FSA – Free Syrian Army), sostenuta direttamente da Ankara, tanto da essere chiamata anche TFSA – Turkish backed Free Syrian Army nella quale trova la sua presenza anche la coalizione di gruppi islamisti Ahrar al-Sham d’ispirazione salafita. Le forze islamiste nel quadro della SNA sono quelle che quotidianamente attaccano i territori amministrati dalla DAANES (Amministrazione Democratica Autonoma Del Nord e Dell’Est Della Syria) e che cercano insieme ad Ankara di occuparne i territori ormai da anni. Nel corso del 2017, infatti, HTS è stata coinvolta in scontri armati, anche intensi, con gruppi ribelli rivali, in particolar modo quelli menzionati precedentemente. D’altro canto la Turchia ha sempre svolto un ruolo fondamentale nel sostenere diverse fazioni che si oppongono al regime di Assad sia direttamente che mediante alleanze temporanee, proprio come ha fatto in passato con HTS. Proprio nel 2022, le forze HTS avviarono con successo una campagna militare su Afrin, città occupata da Ankara e dalle milizie ad essa affiliate dopo l’operazione militare “Ramoscello d’ulivo”. La campagna militare portò ad aspri scontri tra HTS e gruppi islamisti delle SNA a guida turca, tuttavia, HTS interruppe la sua espansione dopo che Ankara stessa decise di intervenire per bloccare il conflitto armato tra le fazioni, ordinando loro di ripristinare la situazione ed intervenendo direttamente nella disputa.

Così i gruppi armati in campo hanno d’improvviso terminato i combattimenti, senza però tornare alle posizioni che esistevano prima dell’inizio delle schermaglie. Difatti, HTS non ha rimosso completamente le sue forze dalla regione di Afrin. Al contrario, ha mantenuto una presenza estesa sotto la copertura di alcune delle sue fazioni affiliate, con il beneplacito della Turchia. In parallelo, i suoi militanti e membri si sono infiltrati pesantemente nei ranghi dei servizi di polizia civile e militare. Nonostante gli scontri passati, sotto l’occhio vigile di Ankara, HTS ed alcune fazioni islamiste della SNA legate alla Turchia unite nella pre-esistente coalizione Military Operations Commands hanno conquistato dopo pochi giorni di battaglia una parte di Aleppo. Una parte consistente della città è invece tenuta sotto il controllo delle SDF (Syrian Democratic Forces), ala militare della DAANES. Nella città siriana le YPG/YPJ, parti integranti delle SDF controllano dal 2012 uno dei quartieri settentrionali chiamato Şêxmeqsûd – Sheikh Maqsood, storicamente a maggioranza curda. Negli ultimi giorni le SDF hanno rafforzato la loro presenza nel quartiere, spingendosi però oltre ad esso per andare a posizionarsi in parti settentrionali e orientali della città. Oltre ciò le SDF sono avanzate anche in due città prossime ad Aleppo a maggioranza sciita, dopo che forze filo-iraniane sono fuggite dall’area.

Nel momento in cui scriviamo la situazione è in continua evoluzione, molte notizie sono contraddittorie e non è possibile dare una lettura complessiva di quanto sta accadendo. Certo è che la città di Aleppo, stabilmente nelle mani dell’esercito di Damasco e dei suoi alleati dal 2016, in breve tempo è caduta, sabato 30 novembre, di fronte all’offensiva delle forze riunite nel Military Operations Command. Questo è stato possibile perché a causa dell’invasione del Libano e dell’attacco contro Hezbollah condotto da Israele nei mesi precedenti anche in Siria, la presenza delle milizie filo-iraniane ad Aleppo si era fortemente ridotta. Per questo l’esercito di Assad non ha tenuto ritirandosi dalla città, e pure le milizie filo-iraniane hanno lasciato le proprie posizioni.

La ritirata da Aleppo, la rapida avanzata delle forze riunite nel Military Operations Command verso Hama, insieme alla notizia di scontri a fuoco nella serata di sabato a Damasco tra la Guardia Repubblicana Siriana e la Quarta Divisione dell’Esercito, avevano contribuito a rendere credibile la voce di un tentativo di colpo di stato contro Assad da parte di forze interne al regime.

Ciò sembrava avvalorato anche dal fatto che Assad si trovasse in quei giorni in visita a Mosca. Non vi sono però notizie chiare in merito ad un colpo di stato in questo momento, il rischio è di farsi ingannare dalla propaganda delle forze in campo. Ad ogni modo non vi è stato fino alla giornata di domenica un collasso del regime, e sembra confermato che, grazie anche a bombardamenti dell’aviazione russa, nella notte tra sabato e domenica il regime abbia schierato una efficace linea di difesa a nord di Hama, fermando per il momento l’offensiva delle forze riunite nel Military Operations Command.

La situazione ad Aleppo pone infine altri problemi. La città, come si è detto, è al momento divisa tra le forze riunite nel Military Operations Command e SDF. Ad ora le diverse fonti, tra cui Mediya News, confermano che non ci sarebbero stati significativi scontri a fuoco tra le due parti che attualmente controllano la città, lasciando l’impressione che questa situazione sia il risultato del vuoto lasciato dalla debolezza delle forze fedeli al regime di Assad. Non sembra però una situazione destinata a durare. Se in passato SDF ha avuto dialogo con HTS – l’ultimo accordo è del 2023 – oggi HTS avanza insieme a gruppi SNA filo-turchi che hanno issato la bandiera turca sulle posizioni conquistate nei dintorni di Aleppo.

Giacomo Sini e Dario Antonelli

[articolo del 1/12/24, pubblicato sul numero 38 del settimanale anarchico Umanità Nova]

Aggiornamento: ad oggi le SDF hanno evacuato tutte le posizioni nella città di Aleppo e dintorni, tranne il quartiere a maggioranza curda di Şêxmeqsûd – Sheikh Maqsood. Assad è comparso in foto e video relativi ad un incontro con il ministro degli esteri iraniano che si sarebbe tenuto domenica 1 dicembre a Damasco, quindi anche se le voci relative al tentato colpo di stato fossero vere, questo sarebbe comunque fallito.

L’Iran ha proposto un incontro a Doha che coinvolga Qatar, Iran, Turchia e Russia per discutere della situazione in Siria. Ulteriore esempio di come la Siria sia diventata la scacchiera internazionale di una guerra tra potenze imperialiste

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All’arrembaggio del futuro! Incontro-discussionesu trasformazione sociale e fase di transizione

All’arrembaggio del futuro

Mercoledì 13 novembre ore 18
Incontro-discussione alla FAL
Via degli Asili 33, Livorno

La crisi economica e la crisi climatica, sempre più devastanti a livello globale, possono essere risolte solo con il superamento del regime capitalista e della proprietà privata. Riteniamo importante individuare prospettive e problematiche collegate ad un modo di produzione superiore basato sulla libertà e la solidarietà.

In vista del prossimo congresso della Federazione Anarchica Italiana, organizziamo un incontro sui temi della trasformazione sociale e della fase di transizione. La discussione partirà da alcuni testi che abbiamo ritenuto possano servire da spunto.

Federazione Anarchica Livornese

 

Di seguito alcuni brevi testi per stimolare la discussione, commentati nell’ultimo numero di Umanità Nova (n. 34 del 10/11/24) “Necessità e problemi del superamento del capitalismo, All’arrembaggio del futuro”

– David Bidussa, “il futuro se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato”, gli statigenerali –

La scomparsa del futuro come scansione temporale, la dimensione dominante di “presente eterno”, include infatti non solo la abolizione della capacità di percepire la mutazione, ma anche l’incapacità o il congelamento di una qualsiasi aspirazione di cambiamento. (…)
Abbiamo ancora un’attesa? Verrebbe da chiedersi O l’attesa si è eclissata o è stata allontanata per non cadere vittima di delusione?
Ma senza attesa è possibile pensare a un investimento di miglioramento?

– Ernest Mandel, “Trattato marxista di economia”

La terza rivoluzione industriale può dunque portare all’abbondanza o alla distruzione della libertà, della civiltà e dell’umanità. Per evitare il peggio, bisogna subordinare il suo impiego alla direzione cosciente degli uomini. Il contrasto tra il trionfo delle scienze naturali e l’abbandono delle faccende umane all’automatismo del mercato o all’egoismo dei possidenti, devi essere superato. Per non trasformarsi in forze di distruzione universale, le forze produttive liberate dalla terza rivoluzione industriale devono essere addomesticate, rese mansuete, Civilizzate tramite un piano mondiale di sviluppo economico. Devono arrivare ad una gestione cosciente delle faccende umane, cioè a una società socialista. Questo risultato e d’altronde facilitato da certi aspetti della tecnica nuova, dato che le macchine calcolatrici elettroniche facilitano enormemente i lavori di pianificazione.

– Programma anarchico

L’insurrezione vittoriosa è il fatto più efficace per l’emancipazione popolare, poiché il popolo, scosso il giogo, diventi libero di darsi a quelle istituzioni che egli crede migliori, e la distanza che passa tra la legge, sempre in ritardo, ed il grado di civiltà a cui è arrivata la massa della popolazione, è varcata d’un salto. L’insurrezione determina la rivoluzione, cioè il rapido attuarsi delle forze latenti accumulate durante la precedente evoluzione.
Tutto sta in ciò che il popolo è capace di volere. Nelle insurrezioni passate il popolo, inconscio delle ragioni vere dei suoi mali, ha voluto sempre molto poco, e molto poco ha conseguito.
Che cosa vorrà nella prossima insurrezione? Ciò dipende in parte dalla nostra propaganda e dall’energia che sapremo spiegare.
Noi dovremmo spingere il popolo ad espropriare i proprietari e mettere in comune la roba, ed organizzare la vita sociale da sé stesso, mediante associazioni liberamente costituite, senza aspettare gli ordini di nessuno e rifiutando di nominare o riconoscere qualsiasi governo, qualsiasi corpo costituito, che sotto un nome qualunque (costituente, dittatura ecc.) si attribuisca, sia pure a titolo provvisorio, il diritto di far la legge ed imporre agli altri con la forza la propria volontà.
E se la massa dei popolo non risponderà all’appello nostro, noi dovremo – in nome del diritto che abbiamo di esser liberi anche se gli altri vogliono restare schiavi e per l’efficacia dell’esempio – attuare da noi quanto più potremo delle nostre idee, e non riconoscere il nuovo governo, e mantenere viva la resistenza, e far si che le località dove le nostre idee saranno simpaticamente accolte si costituiscano in comunanze anarchiche, respingano ogni ingerenza governativa, stabiliscano libere relazioni con le altre località e pretendano di vivere a modo loro.
Noi dovremo, soprattutto, opporci con tutti i mezzi alla ricostituzione della polizia e dell’esercito, e profittare dell’occasione propizia per eccitare i lavoratori delle località non anarchiche a profittare della mancanza di forza repressiva per imporre quelle maggiori pretese che a noi riesca indurli ad avere

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Oltre 200 in piazza a Livorno per il 4 novembre antimilitarista

Lunedì 4 novembre eravamo insieme a oltre 200 persone in piazza a Livorno contro il militarismo, le spese militari e la guerra.
Manifestazione organizzata dal Coordinamento Antimilitarista Livornese di cui siamo parte da sempre.
Con i disertori di tutte le guerre!
di seguito il resoconto del Coordinamento
Livorno: Corteo e cartelli antimilitaristi sul monumento ai caduti per un 4 novembre a sostegno dei disertori, contro tutte le guerre, contro le spese militari.
Circa 200 persone sono scese in piazza ieri a Livorno per una manifestazione antimilitarista in occasione del 4 novembre, per rovesciare la propaganda guerrafondaia della “Giornata delle Forze Armate” e dire chiaramente “Disertiamo tutte le guerre, basta spese militari”, come riportava lo striscione che ha aperto la manifestazione organizzata dal Coordinamento Antimilitarista Livornese.
Oltre alle diverse realtà politiche, sindacali e di movimento che costituiscono il Coordinamento Antimilitarista hanno partecipato, tra le altre, il Coordinamento Salute di Livorno, il Movimento Nonviolento, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, la Rete Livorno Contro le Guerre, Collettivo pedagogico Michel-Ferrer, il Gruppo Autonomo Portuali che ha pure apposto uno striscione “Niente da Festeggiare” sulla cancellata del Liceo classico, di fronte al monumento al partigiano, dove si concludono le celebrazioni ufficiali del 4 novembre.
“Rifiutiamo la celebrazione militarista del 4 Novembre della Giornata delle Forze Armate che celebra la “Vittoria” della Prima Guerra Mondiale che costò 650 mila morti e 1 milione di feriti solo dalla parte italiana. Da tempo il movimento antimilitarista ha reso questa giornata una importante occasione di lotta contro tutte le guerre e contro tutti gli eserciti, scendiamo in piazza anche quest’anno per fare del 4 Novembre la Giornata dei disertori! Rifiutare la celebrazione della guerra è ancora più importante adesso mentre si intensifica la guerra in Palestina, in Libano, in Ucraina.”
Con questa convocazione la manifestazione si è radunata a partire dalle 17:30 intorno al monumento ai caduti di Piazza Magenta dove, con una azione simbolica, sono stati apposti sul monumento dei cartelli che rappresentavano fucili d’assalto spezzati. Dopo alcuni interventi i manifestanti sono partiti in corteo attraversando Corso Amedeo fino in Piazza Attias, da cui si sono mossi, dopo una breve sosta, da Via Ricasoli fino in in Piazza Cavour, dove la manifestazione si è conclusa con interventi che hanno coinvolto i passanti.
La manifestazione ha portato in piazza insieme ai classici temi dell’antimilitarismo anche la lotta per la difesa del sistema sanitario, sempre più devastato da privatizzazioni e tagli, l’opposizione di lavoratori e lavoratrici al traffico delle armi nei porti e sulle ferrovie, la lotta contro la propaganda di guerra e la militarizzazione delle scuole e delle università, che viene condotta da chi studia e lavora in questi istituti. Una pluralità di temi e di percorsi collettivi che rispecchia il radicamento nei diversi ambiti della società dell’opposizione alla guerra. Il 4 novembre è stata un’ importante giornata di lotta, tappa di un più generale rilancio dell’antimilitarismo che oggi è più che mai necessario.
Coordinamento Antimilitarista Livornese

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4 NOVEMBRE MANIFESTAZIONE ANTIMILITARISTA

 

PER L’INTERNAZIONALISMO
CON I DISERTORI DI TUTTE LE GUERRE
4 NOVEMBRE
MANIFESTAZIONE ANTIMILITARISTA
Piazza della Vittoria angolo Via Magenta
di fronte al monumento ai caduti
ore 17:30
Rifiutiamo la celebrazione militarista del 4 Novembre della Giornata delle Forze Armate che celebra la “Vittoria” della Prima Guerra Mondiale che costò 650 mila morti e 1 milione di feriti solo dalla parte italiana. Da tempo il movimento antimilitarista ha reso questa giornata una importante occasione di lotta contro tutte le guerre e contro tutti gli eserciti, scendiamo in piazza anche quest’anno per fare del 4 Novembre la Giornata dei disertori! Rifiutare la celebrazione della guerra è ancora più importante adesso mentre si intensifica la guerra in Palestina, in Libano, in Ucraina.
Il governo per il 4 novembre ha deciso di affidare ai Comitati Militari dell’Esercito presenti in ogni regione il ruolo di intervenire nelle scuole. È l’ulteriore passo di un tentativo di arruolamento ideologico delle giovani generazioni in atto ormai da anni, che per fortuna finora ha avuto scarso successo e ha incontrato non poche resistenze.
Ma non è solo propaganda. Mentre si intensificano le guerre a livello globale, i militari italiani sono schierati in forze sui fronti più caldi, in Europa orientale, in Libano, nel Mar Rosso. Anche l’Italia è di fatto in guerra, con le missioni militari, con il sostegno finanziario, con i rifornimenti di armi e munizioni.
Il governo si sta preparando ad un ulteriore impegno bellico. Lo vediamo dalla propaganda di guerra che punta a distruggere il sentimento contrario alla guerra presente nella società e a inserire le giovani generazioni nel sistema militare. In questa direzione va anche il ddl “sicurezza” che se approvato anche al Senato istituirebbe pene durissime per normali pratiche di lotta. Una misura che punta a scoraggiare le proteste in generale e in particolare a disinnescare l’opposizione sociale alle politiche di guerra. Per sostenere queste politiche aumentano le spese militari e il supporto all’industria bellica con conseguenti tagli a sanità spesa sociale e istruzione. Tutto questo avviene anche grazie alla coesione dei media ufficiali e dei principali partiti a sostegno della politica del governo soprattutto sui temi considerati di “interesse nazionale” come la politica di difesa.
Diamo voce alle tante forme di opposizione alla guerra. Nelle diverse regioni del mondo c’è chi si rifiuta di combattere, chi sciopera, chi si rifiuta di caricare le armi nei porti, chi diserta o sfugge alla chiamata alle armi. In uno dei più cruenti conflitti in corso, quello tra Russia e Ucraina, la diserzione è diventato un serio problema per i comandi di entrambi gli schieramenti.
Scendiamo quindi in piazza il 4 novembre in sostegno con i disertori di tutte le guerre per la solidarietà tra le classi sfruttate e oppresse di tutti i paesi, contro ogni imperialismo e militarismo.
Coordinamento Antimilitarista Livornese

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EL ALAMEIN: DOV’È LA LIBERTÀ?

EL ALAMEIN: DOV’È LA LIBERTÀ?
il comunicato del ministero svela la natura del governo
(Pubblicato sul numero 33 di Umanità Nova del 3 novembre 2024)

Lo scorso 23 ottobre in occasione dell’ottantaduesimo anniversario della battaglia di El Alamein, il Ministero della Difesa ha pubblicato una nota sul social network X che ha fatto molto discutere e ha sollevato diverse voci di protesta. In quelle poche righe infatti oltre a mancare qualsiasi giudizio negativo o presa di distanza da quella guerra di aggressione che l’Italia fascista di allora combatteva al fianco della Germania nazista, si rileva invece un eccezionale riconoscimento delle ragioni degli italiani in quella guerra. Si afferma addirittura che sarebbero morti “per la nostra libertà”. È chiaro che questa dichiarazione, più di molte altre, riassume in poche righe la radice fascista, militarista e imperialista dell’attuale governo. Ma ci dice anche molto altro sulla prospettiva che ha questo governo. Questa è la breve nota di cui stiamo parlando: “El Alamein 23 ottobre 1942, un luogo e una data che raccontano di valore e sacrificio, un capitolo tanto eroico quanto tragico della nostra storia. Rendiamo onore ai coraggiosi militari italiani che combatterono tra le sabbie del Nord Africa. Con loro ricordiamo con deferenza tutti i Caduti che hanno sacrificato la loro vita per la nostra libertà.”

Per che cosa i soldati italiani nel 1942 combatterono e morirono tra le rocce del deserto? Per l’oppressione delle classi popolari di Libia ed Egitto schiacciate dall’espansione dell’impero coloniale italiano, per l’oppressione dei proletari in Europa, dal momento che il controllo sull’intero Nord Africa e su parte del Medio Oriente, avrebbe consolidato i regimi di Roma e Berlino. La sonora sconfitta subita ad El Alamein da italiani e tedeschi per mano degli inglesi pose fine all’avanzata di Rommel attraverso il Nord Africa e pose le basi per il crollo dell’impero coloniale italiano. I soldati italiani combatterono e morirono per la vigliaccheria dei propri comandanti, che li abbandonarono in mezzo al deserto pur di mettersi in salvo. Chi combatté fino all’ultimo, nelle buche del terreno, non merita alcun ricordo, perché combatteva per seppellire il mondo sotto i terrificanti monumenti del fascismo e del colonialismo italiano.

Attenzione però che la nota del Ministero è solo la punta dell’iceberg. Da decenni la Brigata Paracadutisti “Folgore” dell’Esercito, il cui Comando ha sede a Livorno e che a Pisa ha il proprio Centro addestramento, organizza la Festa di Specialità del Paracadutismo e la commemorazione ufficiale della battaglia di El Alamein. Un evento pubblico, che fino a poco più di dieci anni fa si teneva a Livorno fuori dalle caserme, sul lungomare, allo stadio, nelle piazze, con esposizione di mezzi da guerra, mitragliatrici, armi di ogni tipo, sia storiche che moderne. Una specie di grande sagra della guerra, con tanto di foto ai bambini sui blindati e dietro alle mitragliatrici. Vista anche la forte identità politica della “Folgore”, in occasione di questi eventi si assisteva alla calata di nostalgici con simboli fascisti, che talvolta hanno anche inscenato provocazioni in città. A portare le celebrazioni all’interno delle caserme fu la risposta, prima di contestazione e poi di mobilitazione, che negli anni ha portato in piazza migliaia di persone a Livorno contro queste parate nostalgiche e guerrafondaie, così come la manifestazione antifascista e contro la guerra che si tenne in centro a Pisa nel 70esimo anniversario della battaglia, nel 2012. Certo in quella fase anche il governo e i comandi militari erano probabilmente interessati a ripulire l’immagine delle forze armate, e disinnescare alcuni eccessi identitari, nel quadro della riorganizzazione dell’Esercito che ha in qualche modo spacchettato la “Folgore”. Ma la lotta portata avanti in quegli anni ha ottenuto comunque il proprio risultato.

Da anni quindi ormai queste celebrazioni si tengono a Pisa presso la caserma Gamerra, all’interno delle caserme quindi, e non nelle piazze delle città, ma comunque con il coinvolgimento delle scuole. Quest’anno era presente a Pisa il sottosegretario alla Difesa Isabella Rauti. Che il ministero definisca “libertà” il regime fascista, le sue guerre, l’impero coloniale, non può in effetti stupirci molto. Al governo ci sono proprio coloro che vengono da quella storia, e che quella storia si rivendicano. È evidente che per chi siede oggi al governo la parola “libertà” ha un significato ben diverso da quello che possiamo intendere noi. Ma non si tratta solo di storia, non si tratta solo del giudizio che, attraverso uffici stampa, il governo dà a eventi storici ormai remoti. Dalle parole della Rauti a Pisa si capisce meglio cosa sia questa libertà.

Il sottosegretario è infatti intervenuto ricordando prima che ad El Alamein la “resistenza di quei soldati – fedeli al Giuramento prestato – fu eroica come riconobbero anche i loro nemici che gli tributarono l’onore delle armi”. Ed ha proseguito facendo poi riferimento all’importanza della “Folgore” nell’impegno nelle missioni militari all’estero: “Gli uomini e le donne della “Folgore” assicurano alla Difesa ed alla Nazione la capacità di risposta e di intervento in prontezza anche in situazioni di crisi o di emergenza che richiedono di aviotrasportare o aviolanciare unità, grazie ad un’elevatissima flessibilità di impiego. La capacità di manovra nella terza dimensione e di essere altamente proiettabile sono caratteristiche della Brigata Folgore, in grado di condurre operazioni a livello strategico e tattico”. Queste missioni come abbiamo avuto più volte occasione di dire su queste pagine sono ormai presentate, anche nei documenti ufficiali, come missioni neocoloniali, in difesa di quello che viene chiamato interesse nazionale – cioè l’interesse delle classi dominanti – come ad esempio la tutela degli asset estrattivi dell’ENI.

La “nostra libertà” di cui parla il ministero è quindi quella della proiezione militare all’estero e della politica neocoloniale italiana. È la libertà dello stato italiano di considerare il Mediterraneo il proprio mare, e il Nord Africa il giardino di casa, la cosiddetta quarta sponda della penisola. La libertà di questi figuri fa rima con sovranità, ed è la libertà di una politica imperialista autonoma, anche se pure questa è una grande menzogna, considerato lo strettissimo rapporto che prima MSI, poi AN e ora FdI hanno sempre avuto con gli USA.

Certo è che, indipendentemente da questo governo, la storia del colonialismo italiano è in effetti stata base di partenza per i rapporti con alcuni paesi, si pensi alla Libia e alla Somalia, costituendo una base di legittimità per gli interventi militari che l’Italia ha condotto in queste regioni negli ultimi decenni. Certo in una storia di orrori, in cui spicca l’uso dei gas sparsi in gran quantità dagli aerei anche sulle popolazioni civili, la sconfitta di El Alamein con tanto di “onore delle armi”, diventa il perfetto mito coloniale valido a “destra” e a “sinistra”. Per questo la celebrazione della battaglia di El Alamein era nel calendario istituzionale già da decenni, anche quando al governo fascisti non c’erano, o erano comunque più timidi.

Al di là di note stampa e comunicati, la libertà nostra pensiamo che sia saldamente intrecciata con la libertà di tutti i popoli del mondo, delle sfruttate e delle oppresse di tutta la terra. Per questo continuiamo a lottare contro il militarismo, contro il colonialismo, contro tutte le guerre.

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Manifestazione e occupazione contro il DDL 1660 a Livorno

Sabato mattina abbiamo partecipato alla manifestazione contro il DDL 1660 con cui il governo intende imporre una ulteriore stretta repressiva su tutta la società.
Al termine della manifestazione il collettivo Ex Caserma e ASIA USB hanno promosso un’occupazione simbolica del cinema Grande, da anni abbandonato, per contestare il DDL 1660.
Di seguito il resoconto pubblicato da Umanità Nova
“Alcune centinaia di persone hanno sfidato la pioggia per
manifestare contro il ddl 1660 sabato 19 a Livorno. La manifestazione è
stata indetta da Azione Livorno Antifascista, un cartello che riunisce
una serie di sigle cittadine, fra cui il Collettivo Anarchico Libertario, la Federazione Anarchica Livornese e l’Unicobas. Alla fine della
manifestazione è stato occupato simbolicamente un cinema
abbandonato nel centro della città.
L’edificio è di proprietà di tal Gonnelli, imprenditore in quota
all’estrema destra, che proprio in questi giorni è finito all’onore delle
cronache locali per le denunce dei dipendenti per le condizioni di lavoro e di retribuzione che impone.
Il Gonnelli ha intenzione di realizzare una disoteca nell’area dell’ex
cinema, suscitando le proteste degli abitanti del quartiere.”

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SABATO 19 IN PIAZZA CAVOUR ALLE 9 MANIFESTAZIONE CONTRO IL DDL SICUREZZA

SABATO 19 IN PIAZZA CAVOUR ALLE 9 MANIFESTAZIONE CONTRO IL DDL SICUREZZA

Il Disegno di legge (Ddl) Piantedosi-Nordio-Crosetto, conosciuto come “Pacchetto Sicurezza”, è stato presentato a dicembre 2023 e attualmente sta arrivando in Parlamento, per essere discusso e quindi approvato. In un contesto politico di attacco generalizzato ai bisogni primari di sanità, istruzione, casa e reddito, di pesanti ristrutturazioni che investono settori lavorativi, scuola e università, di economia di guerra e di militarizzazione della società, il governo adotta misure repressive sempre più pesanti per imporre le sue politiche e contrastare il dilagare del malcontento sociale, le proteste e le lotte. Il manganello è lo strumento di governo, e come cittadin3 dobbiamo organizzarci per contrastare una tale repressione inflitta sui nostri corpi.

– Fino a due anni per blocco stradale, reso reato con questo DDL
– Fino a 20 anni per proteste in carcere, nei CPR o nei “Centri di Accoglenza”
– Fino a 20 anni per chi protesta contro le grandi opere (TAV, Ponte sullo Stretto, ecc)
– Fino a 15 anni per resistenza attiva
– Fino a 7 anni per chi occupa un immobile sfitto o per chi solidarizza con gli occupanti
– Fino a 6 anni per terrorismo della parola, reato che punirà la propaganda delle lotte
– Fino a 4 anni per resistenza passiva
– Fino a 1 anno per imbrattamento, sarà sufficiente una scritta sui muri
– Fino a 10 anni di tempo per poter revocare la cittadinanza per condanne di “terrorismo”
– Estensione del DASPO per chi proverà a bloccare ferrovie e porti
– Aumento dei poteri e delle protezioni delle forze di polizia nello sgombero delle case occupate e attraverso il diritto di portare fuori servizio, anche senza licenza, armi non di ordinanza
– Carcere anche per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno
– Divieto dell’uso del cellulare per gli immigrati senza permesso di soggiorno

19 OTTOBRE
MANIFESTAZIONE
CONTRO IL DDL SICUREZZA
PIAZZA CAVOUR ORE 9

Azione Livorno Antifascista

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