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All’arrembaggio del futuro! Incontro-discussionesu trasformazione sociale e fase di transizione

All’arrembaggio del futuro

Mercoledì 13 novembre ore 18
Incontro-discussione alla FAL
Via degli Asili 33, Livorno

La crisi economica e la crisi climatica, sempre più devastanti a livello globale, possono essere risolte solo con il superamento del regime capitalista e della proprietà privata. Riteniamo importante individuare prospettive e problematiche collegate ad un modo di produzione superiore basato sulla libertà e la solidarietà.

In vista del prossimo congresso della Federazione Anarchica Italiana, organizziamo un incontro sui temi della trasformazione sociale e della fase di transizione. La discussione partirà da alcuni testi che abbiamo ritenuto possano servire da spunto.

Federazione Anarchica Livornese

 

Di seguito alcuni brevi testi per stimolare la discussione, commentati nell’ultimo numero di Umanità Nova (n. 34 del 10/11/24) “Necessità e problemi del superamento del capitalismo, All’arrembaggio del futuro”

– David Bidussa, “il futuro se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato”, gli statigenerali –

La scomparsa del futuro come scansione temporale, la dimensione dominante di “presente eterno”, include infatti non solo la abolizione della capacità di percepire la mutazione, ma anche l’incapacità o il congelamento di una qualsiasi aspirazione di cambiamento. (…)
Abbiamo ancora un’attesa? Verrebbe da chiedersi O l’attesa si è eclissata o è stata allontanata per non cadere vittima di delusione?
Ma senza attesa è possibile pensare a un investimento di miglioramento?

– Ernest Mandel, “Trattato marxista di economia”

La terza rivoluzione industriale può dunque portare all’abbondanza o alla distruzione della libertà, della civiltà e dell’umanità. Per evitare il peggio, bisogna subordinare il suo impiego alla direzione cosciente degli uomini. Il contrasto tra il trionfo delle scienze naturali e l’abbandono delle faccende umane all’automatismo del mercato o all’egoismo dei possidenti, devi essere superato. Per non trasformarsi in forze di distruzione universale, le forze produttive liberate dalla terza rivoluzione industriale devono essere addomesticate, rese mansuete, Civilizzate tramite un piano mondiale di sviluppo economico. Devono arrivare ad una gestione cosciente delle faccende umane, cioè a una società socialista. Questo risultato e d’altronde facilitato da certi aspetti della tecnica nuova, dato che le macchine calcolatrici elettroniche facilitano enormemente i lavori di pianificazione.

– Programma anarchico

L’insurrezione vittoriosa è il fatto più efficace per l’emancipazione popolare, poiché il popolo, scosso il giogo, diventi libero di darsi a quelle istituzioni che egli crede migliori, e la distanza che passa tra la legge, sempre in ritardo, ed il grado di civiltà a cui è arrivata la massa della popolazione, è varcata d’un salto. L’insurrezione determina la rivoluzione, cioè il rapido attuarsi delle forze latenti accumulate durante la precedente evoluzione.
Tutto sta in ciò che il popolo è capace di volere. Nelle insurrezioni passate il popolo, inconscio delle ragioni vere dei suoi mali, ha voluto sempre molto poco, e molto poco ha conseguito.
Che cosa vorrà nella prossima insurrezione? Ciò dipende in parte dalla nostra propaganda e dall’energia che sapremo spiegare.
Noi dovremmo spingere il popolo ad espropriare i proprietari e mettere in comune la roba, ed organizzare la vita sociale da sé stesso, mediante associazioni liberamente costituite, senza aspettare gli ordini di nessuno e rifiutando di nominare o riconoscere qualsiasi governo, qualsiasi corpo costituito, che sotto un nome qualunque (costituente, dittatura ecc.) si attribuisca, sia pure a titolo provvisorio, il diritto di far la legge ed imporre agli altri con la forza la propria volontà.
E se la massa dei popolo non risponderà all’appello nostro, noi dovremo – in nome del diritto che abbiamo di esser liberi anche se gli altri vogliono restare schiavi e per l’efficacia dell’esempio – attuare da noi quanto più potremo delle nostre idee, e non riconoscere il nuovo governo, e mantenere viva la resistenza, e far si che le località dove le nostre idee saranno simpaticamente accolte si costituiscano in comunanze anarchiche, respingano ogni ingerenza governativa, stabiliscano libere relazioni con le altre località e pretendano di vivere a modo loro.
Noi dovremo, soprattutto, opporci con tutti i mezzi alla ricostituzione della polizia e dell’esercito, e profittare dell’occasione propizia per eccitare i lavoratori delle località non anarchiche a profittare della mancanza di forza repressiva per imporre quelle maggiori pretese che a noi riesca indurli ad avere

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Oltre 200 in piazza a Livorno per il 4 novembre antimilitarista

Lunedì 4 novembre eravamo insieme a oltre 200 persone in piazza a Livorno contro il militarismo, le spese militari e la guerra.
Manifestazione organizzata dal Coordinamento Antimilitarista Livornese di cui siamo parte da sempre.
Con i disertori di tutte le guerre!
di seguito il resoconto del Coordinamento
Livorno: Corteo e cartelli antimilitaristi sul monumento ai caduti per un 4 novembre a sostegno dei disertori, contro tutte le guerre, contro le spese militari.
Circa 200 persone sono scese in piazza ieri a Livorno per una manifestazione antimilitarista in occasione del 4 novembre, per rovesciare la propaganda guerrafondaia della “Giornata delle Forze Armate” e dire chiaramente “Disertiamo tutte le guerre, basta spese militari”, come riportava lo striscione che ha aperto la manifestazione organizzata dal Coordinamento Antimilitarista Livornese.
Oltre alle diverse realtà politiche, sindacali e di movimento che costituiscono il Coordinamento Antimilitarista hanno partecipato, tra le altre, il Coordinamento Salute di Livorno, il Movimento Nonviolento, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, la Rete Livorno Contro le Guerre, Collettivo pedagogico Michel-Ferrer, il Gruppo Autonomo Portuali che ha pure apposto uno striscione “Niente da Festeggiare” sulla cancellata del Liceo classico, di fronte al monumento al partigiano, dove si concludono le celebrazioni ufficiali del 4 novembre.
“Rifiutiamo la celebrazione militarista del 4 Novembre della Giornata delle Forze Armate che celebra la “Vittoria” della Prima Guerra Mondiale che costò 650 mila morti e 1 milione di feriti solo dalla parte italiana. Da tempo il movimento antimilitarista ha reso questa giornata una importante occasione di lotta contro tutte le guerre e contro tutti gli eserciti, scendiamo in piazza anche quest’anno per fare del 4 Novembre la Giornata dei disertori! Rifiutare la celebrazione della guerra è ancora più importante adesso mentre si intensifica la guerra in Palestina, in Libano, in Ucraina.”
Con questa convocazione la manifestazione si è radunata a partire dalle 17:30 intorno al monumento ai caduti di Piazza Magenta dove, con una azione simbolica, sono stati apposti sul monumento dei cartelli che rappresentavano fucili d’assalto spezzati. Dopo alcuni interventi i manifestanti sono partiti in corteo attraversando Corso Amedeo fino in Piazza Attias, da cui si sono mossi, dopo una breve sosta, da Via Ricasoli fino in in Piazza Cavour, dove la manifestazione si è conclusa con interventi che hanno coinvolto i passanti.
La manifestazione ha portato in piazza insieme ai classici temi dell’antimilitarismo anche la lotta per la difesa del sistema sanitario, sempre più devastato da privatizzazioni e tagli, l’opposizione di lavoratori e lavoratrici al traffico delle armi nei porti e sulle ferrovie, la lotta contro la propaganda di guerra e la militarizzazione delle scuole e delle università, che viene condotta da chi studia e lavora in questi istituti. Una pluralità di temi e di percorsi collettivi che rispecchia il radicamento nei diversi ambiti della società dell’opposizione alla guerra. Il 4 novembre è stata un’ importante giornata di lotta, tappa di un più generale rilancio dell’antimilitarismo che oggi è più che mai necessario.
Coordinamento Antimilitarista Livornese

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4 NOVEMBRE MANIFESTAZIONE ANTIMILITARISTA

 

PER L’INTERNAZIONALISMO
CON I DISERTORI DI TUTTE LE GUERRE
4 NOVEMBRE
MANIFESTAZIONE ANTIMILITARISTA
Piazza della Vittoria angolo Via Magenta
di fronte al monumento ai caduti
ore 17:30
Rifiutiamo la celebrazione militarista del 4 Novembre della Giornata delle Forze Armate che celebra la “Vittoria” della Prima Guerra Mondiale che costò 650 mila morti e 1 milione di feriti solo dalla parte italiana. Da tempo il movimento antimilitarista ha reso questa giornata una importante occasione di lotta contro tutte le guerre e contro tutti gli eserciti, scendiamo in piazza anche quest’anno per fare del 4 Novembre la Giornata dei disertori! Rifiutare la celebrazione della guerra è ancora più importante adesso mentre si intensifica la guerra in Palestina, in Libano, in Ucraina.
Il governo per il 4 novembre ha deciso di affidare ai Comitati Militari dell’Esercito presenti in ogni regione il ruolo di intervenire nelle scuole. È l’ulteriore passo di un tentativo di arruolamento ideologico delle giovani generazioni in atto ormai da anni, che per fortuna finora ha avuto scarso successo e ha incontrato non poche resistenze.
Ma non è solo propaganda. Mentre si intensificano le guerre a livello globale, i militari italiani sono schierati in forze sui fronti più caldi, in Europa orientale, in Libano, nel Mar Rosso. Anche l’Italia è di fatto in guerra, con le missioni militari, con il sostegno finanziario, con i rifornimenti di armi e munizioni.
Il governo si sta preparando ad un ulteriore impegno bellico. Lo vediamo dalla propaganda di guerra che punta a distruggere il sentimento contrario alla guerra presente nella società e a inserire le giovani generazioni nel sistema militare. In questa direzione va anche il ddl “sicurezza” che se approvato anche al Senato istituirebbe pene durissime per normali pratiche di lotta. Una misura che punta a scoraggiare le proteste in generale e in particolare a disinnescare l’opposizione sociale alle politiche di guerra. Per sostenere queste politiche aumentano le spese militari e il supporto all’industria bellica con conseguenti tagli a sanità spesa sociale e istruzione. Tutto questo avviene anche grazie alla coesione dei media ufficiali e dei principali partiti a sostegno della politica del governo soprattutto sui temi considerati di “interesse nazionale” come la politica di difesa.
Diamo voce alle tante forme di opposizione alla guerra. Nelle diverse regioni del mondo c’è chi si rifiuta di combattere, chi sciopera, chi si rifiuta di caricare le armi nei porti, chi diserta o sfugge alla chiamata alle armi. In uno dei più cruenti conflitti in corso, quello tra Russia e Ucraina, la diserzione è diventato un serio problema per i comandi di entrambi gli schieramenti.
Scendiamo quindi in piazza il 4 novembre in sostegno con i disertori di tutte le guerre per la solidarietà tra le classi sfruttate e oppresse di tutti i paesi, contro ogni imperialismo e militarismo.
Coordinamento Antimilitarista Livornese

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EL ALAMEIN: DOV’È LA LIBERTÀ?

EL ALAMEIN: DOV’È LA LIBERTÀ?
il comunicato del ministero svela la natura del governo
(Pubblicato sul numero 33 di Umanità Nova del 3 novembre 2024)

Lo scorso 23 ottobre in occasione dell’ottantaduesimo anniversario della battaglia di El Alamein, il Ministero della Difesa ha pubblicato una nota sul social network X che ha fatto molto discutere e ha sollevato diverse voci di protesta. In quelle poche righe infatti oltre a mancare qualsiasi giudizio negativo o presa di distanza da quella guerra di aggressione che l’Italia fascista di allora combatteva al fianco della Germania nazista, si rileva invece un eccezionale riconoscimento delle ragioni degli italiani in quella guerra. Si afferma addirittura che sarebbero morti “per la nostra libertà”. È chiaro che questa dichiarazione, più di molte altre, riassume in poche righe la radice fascista, militarista e imperialista dell’attuale governo. Ma ci dice anche molto altro sulla prospettiva che ha questo governo. Questa è la breve nota di cui stiamo parlando: “El Alamein 23 ottobre 1942, un luogo e una data che raccontano di valore e sacrificio, un capitolo tanto eroico quanto tragico della nostra storia. Rendiamo onore ai coraggiosi militari italiani che combatterono tra le sabbie del Nord Africa. Con loro ricordiamo con deferenza tutti i Caduti che hanno sacrificato la loro vita per la nostra libertà.”

Per che cosa i soldati italiani nel 1942 combatterono e morirono tra le rocce del deserto? Per l’oppressione delle classi popolari di Libia ed Egitto schiacciate dall’espansione dell’impero coloniale italiano, per l’oppressione dei proletari in Europa, dal momento che il controllo sull’intero Nord Africa e su parte del Medio Oriente, avrebbe consolidato i regimi di Roma e Berlino. La sonora sconfitta subita ad El Alamein da italiani e tedeschi per mano degli inglesi pose fine all’avanzata di Rommel attraverso il Nord Africa e pose le basi per il crollo dell’impero coloniale italiano. I soldati italiani combatterono e morirono per la vigliaccheria dei propri comandanti, che li abbandonarono in mezzo al deserto pur di mettersi in salvo. Chi combatté fino all’ultimo, nelle buche del terreno, non merita alcun ricordo, perché combatteva per seppellire il mondo sotto i terrificanti monumenti del fascismo e del colonialismo italiano.

Attenzione però che la nota del Ministero è solo la punta dell’iceberg. Da decenni la Brigata Paracadutisti “Folgore” dell’Esercito, il cui Comando ha sede a Livorno e che a Pisa ha il proprio Centro addestramento, organizza la Festa di Specialità del Paracadutismo e la commemorazione ufficiale della battaglia di El Alamein. Un evento pubblico, che fino a poco più di dieci anni fa si teneva a Livorno fuori dalle caserme, sul lungomare, allo stadio, nelle piazze, con esposizione di mezzi da guerra, mitragliatrici, armi di ogni tipo, sia storiche che moderne. Una specie di grande sagra della guerra, con tanto di foto ai bambini sui blindati e dietro alle mitragliatrici. Vista anche la forte identità politica della “Folgore”, in occasione di questi eventi si assisteva alla calata di nostalgici con simboli fascisti, che talvolta hanno anche inscenato provocazioni in città. A portare le celebrazioni all’interno delle caserme fu la risposta, prima di contestazione e poi di mobilitazione, che negli anni ha portato in piazza migliaia di persone a Livorno contro queste parate nostalgiche e guerrafondaie, così come la manifestazione antifascista e contro la guerra che si tenne in centro a Pisa nel 70esimo anniversario della battaglia, nel 2012. Certo in quella fase anche il governo e i comandi militari erano probabilmente interessati a ripulire l’immagine delle forze armate, e disinnescare alcuni eccessi identitari, nel quadro della riorganizzazione dell’Esercito che ha in qualche modo spacchettato la “Folgore”. Ma la lotta portata avanti in quegli anni ha ottenuto comunque il proprio risultato.

Da anni quindi ormai queste celebrazioni si tengono a Pisa presso la caserma Gamerra, all’interno delle caserme quindi, e non nelle piazze delle città, ma comunque con il coinvolgimento delle scuole. Quest’anno era presente a Pisa il sottosegretario alla Difesa Isabella Rauti. Che il ministero definisca “libertà” il regime fascista, le sue guerre, l’impero coloniale, non può in effetti stupirci molto. Al governo ci sono proprio coloro che vengono da quella storia, e che quella storia si rivendicano. È evidente che per chi siede oggi al governo la parola “libertà” ha un significato ben diverso da quello che possiamo intendere noi. Ma non si tratta solo di storia, non si tratta solo del giudizio che, attraverso uffici stampa, il governo dà a eventi storici ormai remoti. Dalle parole della Rauti a Pisa si capisce meglio cosa sia questa libertà.

Il sottosegretario è infatti intervenuto ricordando prima che ad El Alamein la “resistenza di quei soldati – fedeli al Giuramento prestato – fu eroica come riconobbero anche i loro nemici che gli tributarono l’onore delle armi”. Ed ha proseguito facendo poi riferimento all’importanza della “Folgore” nell’impegno nelle missioni militari all’estero: “Gli uomini e le donne della “Folgore” assicurano alla Difesa ed alla Nazione la capacità di risposta e di intervento in prontezza anche in situazioni di crisi o di emergenza che richiedono di aviotrasportare o aviolanciare unità, grazie ad un’elevatissima flessibilità di impiego. La capacità di manovra nella terza dimensione e di essere altamente proiettabile sono caratteristiche della Brigata Folgore, in grado di condurre operazioni a livello strategico e tattico”. Queste missioni come abbiamo avuto più volte occasione di dire su queste pagine sono ormai presentate, anche nei documenti ufficiali, come missioni neocoloniali, in difesa di quello che viene chiamato interesse nazionale – cioè l’interesse delle classi dominanti – come ad esempio la tutela degli asset estrattivi dell’ENI.

La “nostra libertà” di cui parla il ministero è quindi quella della proiezione militare all’estero e della politica neocoloniale italiana. È la libertà dello stato italiano di considerare il Mediterraneo il proprio mare, e il Nord Africa il giardino di casa, la cosiddetta quarta sponda della penisola. La libertà di questi figuri fa rima con sovranità, ed è la libertà di una politica imperialista autonoma, anche se pure questa è una grande menzogna, considerato lo strettissimo rapporto che prima MSI, poi AN e ora FdI hanno sempre avuto con gli USA.

Certo è che, indipendentemente da questo governo, la storia del colonialismo italiano è in effetti stata base di partenza per i rapporti con alcuni paesi, si pensi alla Libia e alla Somalia, costituendo una base di legittimità per gli interventi militari che l’Italia ha condotto in queste regioni negli ultimi decenni. Certo in una storia di orrori, in cui spicca l’uso dei gas sparsi in gran quantità dagli aerei anche sulle popolazioni civili, la sconfitta di El Alamein con tanto di “onore delle armi”, diventa il perfetto mito coloniale valido a “destra” e a “sinistra”. Per questo la celebrazione della battaglia di El Alamein era nel calendario istituzionale già da decenni, anche quando al governo fascisti non c’erano, o erano comunque più timidi.

Al di là di note stampa e comunicati, la libertà nostra pensiamo che sia saldamente intrecciata con la libertà di tutti i popoli del mondo, delle sfruttate e delle oppresse di tutta la terra. Per questo continuiamo a lottare contro il militarismo, contro il colonialismo, contro tutte le guerre.

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Manifestazione e occupazione contro il DDL 1660 a Livorno

Sabato mattina abbiamo partecipato alla manifestazione contro il DDL 1660 con cui il governo intende imporre una ulteriore stretta repressiva su tutta la società.
Al termine della manifestazione il collettivo Ex Caserma e ASIA USB hanno promosso un’occupazione simbolica del cinema Grande, da anni abbandonato, per contestare il DDL 1660.
Di seguito il resoconto pubblicato da Umanità Nova
“Alcune centinaia di persone hanno sfidato la pioggia per
manifestare contro il ddl 1660 sabato 19 a Livorno. La manifestazione è
stata indetta da Azione Livorno Antifascista, un cartello che riunisce
una serie di sigle cittadine, fra cui il Collettivo Anarchico Libertario, la Federazione Anarchica Livornese e l’Unicobas. Alla fine della
manifestazione è stato occupato simbolicamente un cinema
abbandonato nel centro della città.
L’edificio è di proprietà di tal Gonnelli, imprenditore in quota
all’estrema destra, che proprio in questi giorni è finito all’onore delle
cronache locali per le denunce dei dipendenti per le condizioni di lavoro e di retribuzione che impone.
Il Gonnelli ha intenzione di realizzare una disoteca nell’area dell’ex
cinema, suscitando le proteste degli abitanti del quartiere.”

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SABATO 19 IN PIAZZA CAVOUR ALLE 9 MANIFESTAZIONE CONTRO IL DDL SICUREZZA

SABATO 19 IN PIAZZA CAVOUR ALLE 9 MANIFESTAZIONE CONTRO IL DDL SICUREZZA

Il Disegno di legge (Ddl) Piantedosi-Nordio-Crosetto, conosciuto come “Pacchetto Sicurezza”, è stato presentato a dicembre 2023 e attualmente sta arrivando in Parlamento, per essere discusso e quindi approvato. In un contesto politico di attacco generalizzato ai bisogni primari di sanità, istruzione, casa e reddito, di pesanti ristrutturazioni che investono settori lavorativi, scuola e università, di economia di guerra e di militarizzazione della società, il governo adotta misure repressive sempre più pesanti per imporre le sue politiche e contrastare il dilagare del malcontento sociale, le proteste e le lotte. Il manganello è lo strumento di governo, e come cittadin3 dobbiamo organizzarci per contrastare una tale repressione inflitta sui nostri corpi.

– Fino a due anni per blocco stradale, reso reato con questo DDL
– Fino a 20 anni per proteste in carcere, nei CPR o nei “Centri di Accoglenza”
– Fino a 20 anni per chi protesta contro le grandi opere (TAV, Ponte sullo Stretto, ecc)
– Fino a 15 anni per resistenza attiva
– Fino a 7 anni per chi occupa un immobile sfitto o per chi solidarizza con gli occupanti
– Fino a 6 anni per terrorismo della parola, reato che punirà la propaganda delle lotte
– Fino a 4 anni per resistenza passiva
– Fino a 1 anno per imbrattamento, sarà sufficiente una scritta sui muri
– Fino a 10 anni di tempo per poter revocare la cittadinanza per condanne di “terrorismo”
– Estensione del DASPO per chi proverà a bloccare ferrovie e porti
– Aumento dei poteri e delle protezioni delle forze di polizia nello sgombero delle case occupate e attraverso il diritto di portare fuori servizio, anche senza licenza, armi non di ordinanza
– Carcere anche per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno
– Divieto dell’uso del cellulare per gli immigrati senza permesso di soggiorno

19 OTTOBRE
MANIFESTAZIONE
CONTRO IL DDL SICUREZZA
PIAZZA CAVOUR ORE 9

Azione Livorno Antifascista

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Per un 4 novembre antimilitarista: ASSEMBLEA CITTADINA

OPPONIAMOCI A TUTTE LE GUERRE
4 NOVEMBRE GIORNATA DELLA DISERZIONE

22 OTTOBRE ASSEMBLEA
Sala del Dopolavoro Ferrovieri
Via Ippolito Nievo, 32
(1° piano, sopra Ex Aurora)

4 NOVEMBRE
MANIFESTAZIONE ANTIMILITARISTA
Piazza della Vittoria angolo Via Magenta
di fronte al monumento ai caduti
ore 17:30

PER L’INTERNAZIONALISMO
CON I DISERTORI DI TUTTE LE GUERRE

Rifiutiamo la celebrazione militarista del 4 Novembre, Giornata delle Forze Armate che celebra la “Vittoria” della Prima Guerra Mondiale che costò 650 mila morti e 1 milione di feriti solo dalla parte italiana. Da tempo il movimento antimilitarista ha reso questa giornata una importante occasione di lotta contro tutte le guerre e contro tutti gli eserciti, scendiamo in piazza anche quest’anno per fare del 4 Novembre la Giornata dei disertori! Rifiutare la celebrazione della guerra è ancora più importante adesso mentre si intensifica la guerra in Palestina, in Libano, in Ucraina.
Il governo per il 4 novembre ha deciso di affidare ai Comitati Militari dell’Esercito presenti in ogni regione il ruolo di intervenire nelle scuole. È l’ulteriore passo di un tentativo di arruolamento ideologico delle giovani generazioni in atto ormai da anni, che per fortuna finora ha avuto scarso successo e ha incontrato non poche resistenze.

Ma non è solo propaganda. Mentre si intensificano le guerre a livello globale, i militari italiani sono schierati in forze sui fronti più caldi, in Europa orientale, in Libano, nel Mar Rosso. Anche l’Italia è di fatto in guerra, con le missioni militari, con il sostegno finanziario, con i rifornimenti di armi e munizioni.

Il governo si sta preparando ad un ulteriore impegno bellico. Lo vediamo dalla propaganda di guerra che punta a distruggere il sentimento contrario alla guerra presente nella società e a inserire le giovani generazioni nel sistema militare. In questa direzione va anche il ddl “sicurezza” che se approvato anche al Senato istituirebbe pene durissime per normali pratiche di lotta. Una misura che punta a scoraggiare le proteste in generale e in particolare a disinnescare l’opposizione sociale alle politiche di guerra. Per sostenere queste politiche aumentano le spese militari e il supporto all’industria bellica con conseguenti tagli a sanità spesa sociale e istruzione. Tutto questo avviene anche grazie alla coesione dei media ufficiali e dei principali partiti a sostegno della politica del governo soprattutto sui temi considerati di “interesse nazionale” come la politica di difesa.

Diamo voce alle tante forme di opposizione alla guerra. Nelle diverse regioni del mondo c’è chi si rifiuta di combattere, chi sciopera, chi si rifiuta di caricare le armi nei porti, chi diserta o sfugge alla chiamata alle armi. In uno dei più cruenti conflitti in corso, quello tra Russia e Ucraina, la diserzione è diventato un serio problema per i comandi di entrambi gli schieramenti.
Per questi motivi è stata indetta per martedì 22 ottobre alle ore 16.30 l’ASSEMBLEA CITTADINA alla Sala del Dopolavoro Ferrovieri, Via Ippolito Nievo, 32 (1° piano, sopra Ex Aurora). L’assemblea sarà il luogo deputato al confronto e al dibattito in previsione della manifestazione per il 4 novembre, ed è quindi importante che la cittadinanza sia presente al fine di accrescere la sensibilità e la coscienza sui temi della guerra.

Scendiamo quindi in piazza il 4 novembre in sostegno con i disertori di tutte le guerre per la solidarietà tra le classi sfruttate e oppresse di tutti i paesi, contro ogni imperialismo e militarismo.

Coordinamento Antimilitarista Livornese

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Campagna NO DDL 1660 – ASSEMBLEA IN P GARIBALDI

Il Disegno di legge (Ddl) Piantedosi-Nordio-Crosetto, conosciuto come “Pacchetto Sicurezza”, è stato presentato a dicembre 2023 e attualmente sta arrivando in Parlamento, per essere discusso e quindi approvato. In un contesto politico di attacco generalizzato ai bisogni primari di sanità, istruzione, casa e reddito, di pesanti ristrutturazioni che investono settori lavorativi, scuola e università, di economia di guerra e di militarizzazione della società, il governo adotta misure repressive sempre più pesanti per imporre le sue politiche e contrastare il dilagare del malcontento sociale, le proteste e le lotte. Il manganello è lo strumento di governo, e come cittadin3 dobbiamo organizzarci per contrastare una tale repressione inflitta sui nostri corpi.

– Fino a due anni per blocco stradale, reso reato con questo DDL
– Fino a 20 anni per proteste in carcere, nei CPR o nei “Centri di Accoglenza”
– Fino a 20 anni per chi protesta contro le grandi opere (TAV, Ponte sullo Stretto, ecc)
– Fino a 15 anni per resistenza attiva
– Fino a 7 anni per chi occupa un immobile sfitto o per chi solidarizza con gli occupanti
– Fino a 6 anni per terrorismo della parola, reato che punirà la propaganda delle lotte
– Fino a 4 anni per resistenza passiva
– Fino a 1 anno per imbrattamento, sarà sufficiente una scritta sui muri
– Fino a 10 anni di tempo per poter revocare la cittadinanza per condanne di “terrorismo”
– Estensione del DASPO per chi proverà a bloccare ferrovie e porti
– Aumento dei poteri e delle protezioni delle forze di polizia nello sgombero delle case occupate e attraverso il diritto di portare fuori servizio, anche senza licenza, armi non di ordinanza
– Carcere anche per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno
– Divieto dell’uso del cellulare per gli immigrati senza permesso di soggiorno

12 OTTOBRE
ASSEMBLEA CITTADINA
PIAZZA GARIBALDI ORE 17
Interverrà l’avvocato Sauro Poli

19 OTTOBRE
MANIFESTAZIONE
CONTRO IL DDL SICUREZZA
PIAZZA CAVOUR ORE 9

Azione Livorno Antifascista


 

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Biblioteca “E. Malatesta” – This is your place in life: il cinema inglese e la rappresentazione della working class

This is your place in life: il cinema inglese e la rappresentazione della working class

Un approfondimento di Emiliano Dominici

Domenica 20 OTTOBRE ore 18
Biblioteca del Circolo Culturale Errico Malatesta
FAI- Via degli Asili 33
a seguire aperitivo musicale working class

Dai documentari degli anni ‘30 alle nuove tendenze che caratterizzano l’inizio degli anni ‘60 fino all’aperta critica politico sociale degli anni ‘80 e dell’era Thatcher, il cinema inglese del Novecento si distingue per produzioni che danno una rappresentazione della classe operaia e degli strati sociali trascurati dalla filmografia ufficiale. Lotte, desideri, delusioni, sogni di chi è sempre stato tenuto ai margini, ma che ha segnato la storia, di quella classe di cui tante volte è stata decretata la scomparsa ma che ha una inesauribile vitalità, di quei “fiori non appassiti dal lezzo dei tuguri” che oltre alla ribellione, alla resistenza, alla lotta solidale, sono anche capaci di fornire suggestioni narrative al cinema come alla letteratura e alla musica. Emiliano Dominici ci accompagnerà alla scoperta di questa filmografia inglese che getta uno sguardo disincantato su una classe e sulla sua lotta per l’esistenza tra contraddizioni sociali, politiche di sfruttamento e orizzonti di libertà.

La biblioteca è aperta per consultazione e prestito il lunedì e il giovedì dalle 16 alle 20

Circolo Culturale “Errico Malatesta”

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Guerra. Giusta per chi? Le operazioni ucraine in territorio russo e il mito della guerra difensiva

Guerra. Giusta per chi?
Le operazioni ucraine in territorio russo e il mito della guerra difensiva

[articolo pubblicato sul numero 27 del settimanale anarchico Umanità Nova del 22 aettembre 2024]

Se qualcuno avesse ancora avuto dei dubbi sulla rovina che la guerra rappresenta per le classi oppresse e sfruttate di tutto il mondo, avrà sicuramente avuto negli ultimi mesi occasione di vedere il vero volto della guerra.

Vediamo le vittime delle stragi compiute dagli eserciti di occupazione, i bombardamenti sulle città, i missili sui mercati, sugli ospedali, sulle scuole, che in diverse aree geografiche si ripetono come se i piani dei governi fossero ovunque gli stessi, come se la brutalità dello stato avesse sempre gli stessi obiettivi, come se la guerra fosse sempre innanzitutto contro i civili. Ma non è solo questo, e non solo perché sul piano dello scontro militare avvengono cose meno visibili, che spesso non appaiono sui media. C’è anche un’altra questione che spesso dimentichiamo perché viviamo immersi nella propaganda. Ogni esercito ogni stato definisce santa o giusta la guerra che conduce. In questo a volte la propaganda dei governi oltre a convincere una parte dei propri cittadini, convince anche tanti che non vivono nel paese in guerra. Così che molte persone, in ambiti anche molto diversi, ritengono giusto combattere una guerra, anche se vivono a migliaia di km di distanza.

Ma anche una guerra di difesa, come può essere giusta? L’aggredito può vincere solo se si trasforma in aggressore, da invaso in invasore. Qualcuno può dire “À la guerre comme à la guerre”, così gira il mondo. Certo il problema è proprio questo, la guerra non può portare in altre direzioni. Forse se il mondo gira così bisognerebbe pensare a cambiarlo. Questo è chiaro anche nella guerra tra Russia e Ucraina, di cui ultimamente si è tornati a parlare molto.

Lo scorso 10 settembre le forze armate russe hanno avviato una controffensiva nell’oblast di Kursk volta a riconquistare i territori finiti sotto il controllo delle truppe ucraine dal 6 agosto, quando queste erano penetrate nel territorio della Federazione russa con una massiccia operazione.

Per diversi commentatori, il “saliente di Kursk”, ossia l’area di proiezione creata dall’offensiva delle forze armate ucraine in territorio russo si potrebbe trasformare presto in una sacca in cui la parte più avanzata delle posizioni ucraine si troverebbe isolata e costretta a ritirarsi. Qualunque siano gli esiti sembra che gli scontri su questa parte del fronte abbiano assunto un particolare significato.

Da quando l’operazione è iniziata si sono succeduti commenti e analisi di ogni tipo, spesso anche contraddittorie. Come spesso accade in questi casi si può leggere tutto e il contrario di tutto: da chi, soprattutto all’inizio, salutava l’offensiva ucraina come un primo segnale di rovesciamento delle sorti del conflitto, a chi la giudicava più dannosa che altro per l’Ucraina. Convinzione, quest’ultima, che si è affermata in particolare nelle ultime settimane. Per molti rimane difficile da spiegare questa iniziativa delle forze armate ucraine che avrebbe esteso la linea del fronte costringendo a sottrarre forze da altri settori, in un momento in cui peraltro pare conclamato che dal lato ucraino le truppe scarseggino. Per comprendere qualcosa forse può aiutare uscire dalla ristretta dimensione da “risiko” in cui si rischia di cadere osservando solo fatti militari. Inserire questi eventi nel contesto politico generale, può dare ulteriori strumenti di comprensione. Le notizie sui colloqui di pace a inizio estate, la discussione – che si è riaccesa da agosto – sulla consegna delle armi a lungo raggio all’Ucraina da parte di paesi NATO e UE e sul loro uso in territorio russo, le elezioni presidenziali negli USA e la situazione politica in Francia e Germania. Sono solo alcune delle questioni che compongono il quadro.

Tuttavia, anche per gli strumenti ridotti che abbiamo, non è sicuramente su queste pagine che possiamo tentare una ricostruzione degli eventi, né ci interessa concentrare su questo la nostra lettura.

Ci sono invece delle questioni di carattere più politico che dal nostro punto di vista specifico è importante evidenziare. Indubbiamente dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa nel febbraio 2022, l’offensiva ucraina nell’oblast di Kursk ha per la prima volta portato la guerra in territorio russo. Qua si pone dunque la questione della sorte delle persone che abitano le zone che l’Ucraina controlla fuori dai propri confini. Abbiamo letto che ci sono state evacuazioni di centri abitati sia organizzate dai russi di fronte alll’avanzata ucraina sia dagli ucraini quando è iniziata la controffensiva russa. Ma la cosa più significativa è che quella ristretta parte dell’oblast di Krusk invasa dalle forze armate ucraine è soggetta da ormai più di un mese ad occupazione militare. Non sappiamo in quale modo le forze armate ucraine mantengano il controllo sulla zona e sulla popolazione rimasta, ma si tratta comunque di una occupazione militare.

Certo, non è niente rispetto all’occupazione che le forze armate russe impongono in varie regioni dell’Ucraina da anni, e per il momento non ci sono notizie di particolari efferatezze compiute dalle forze armate ucraine dell’oblast di Kursk. Ma il punto è un altro. Se si sceglie la via della guerra non ci sono vie d’uscita, o si perde, o ci si trasforma in invasori, occupanti ed oppressori. Noi seguiamo la strada della liberazione sociale, e questa strada non passa dagli eserciti, perché le guerre sono sempre vinte solo dagli stati e mai dai popoli, dalle sfruttate dalle oppresse. Per questo ci opponiamo alla guerra, alle basi militari, alla produzione e al commercio di armi, cerchiamo di sostenere i disertori di tutti i fronti, di tenere vive le forme di solidarietà che sono dilaniate dalle guerre degli stati, di costruire reti di mutuo appoggio che possano dare nuovo spazio ai movimenti di base e nuovo slancio ad una prospettiva rivoluzionaria.

Dario Antonelli

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