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Contro Rossi e i CIE a Livorno il 10 luglio

intervento pubblicato su Umanità Nova, n.24 del 4 luglio 2010

Sabato 10 luglio, nell’ambito della XVI
^ edizione del Meeting Internazionale Antirazzista che si svolge a
Cecina Mare, si terrà un’assemblea regionale dei migranti.

L’iniziativa si svolgerà presso la
Fortezza Vecchia di Livorno, e sono stati invitati, come riporta il
programma del Meeting Antirazzista,
Diop
Mbaye (Presidente Coordinamento Stranieri di Livorno), Alessandro
Cosimi (Sindaco di Livorno), Giorgio Kutufà (Presidente della
Provincia di Livorno), Enrico Rossi (Presidente Regione Toscana),
Vincenzo Striano (Presidente Arci Toscana).

Il
luogo dove si svolgerà l’assemblea è carico di simboli.

Nei
secoli passati, al riparo della Fortezza Vecchia, nella Darsena
sottostante, le galere del Granduca di Toscana trovavano riparo dopo
le scorrerie sulle coste dell’Africa, per spartirsi il bottino e
vendere gli schiavi catturati; a poche centinaia di metri c’è il
bagno dei forzati, ora trasformato in albergo di lusso, antenato dei
moderni centri di identificazione e di espulsione, dove venivano
tenuti prigionieri gli schiavi arabi e i condannati ai lavori forzati
sulle navi a remi.

Oggi,
dalla parte opposta della Fortezza arrivano le navi da crociera e
sbarcano un diverso tipo di stranieri, che non vengono rinchiusi nei
C.I.E., ma portati a spasso ad ammirare le bellezze della Toscana e
ad acquistare i prodotti dell’alta moda o della gastronomia.

Il
messaggio che viene inviato ai migranti riuniti in assemblea è
chiaro, al di là della volontà degli organizzatori: voi siete qui
per remare nelle galere, per produrre quei beni e servizi che i
ricchi sono disposti a comprare, siete qui per essere comprati come
schiavi salariati; se osate ribellarvi c’è il bagno, il Centro di
Identificazione e di Espulsione che vi aspetta.

Ora,
fra i migranti che incontreranno le autorità locali ci saranno anche
i pronipoti di quegli africani che subivano le razzie delle gloriose
navi dell’Ordine di Santo Stefano.

Ma,
al di là dei simboli, qual è il significato politico di questa
iniziativa?

La
giunta regionale toscana, dopo che i centri di identificazione e di
espulsione erano diventati uno dei punti del programma della
maggioranza, si prepara a chinare il capo ai voleri del ministro
Maroni. Nonostante il moltiplicarsi di iniziative di protesta, in cui
gli anarchici toscani sono stati in prima fila, il presidente della
giunta regionale e le forze politiche che lo sostengono sembrano
decisi ad imporre alla Toscana il Centro di Identificazione e di
Espulsione.

Il
10 luglio il ceto politico dei migranti è convocato in assemblea per
sancire questa decisione della giunta. Anche fra i migranti, i
politicanti, i preti, i lacchè sono pronti a baciare la mano che
stringe la catena al collo dei loro e dei nostri fratelli.

Troviamo
in tanti, il 10 a Livorno, e roviniamoli la festa.

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Riunione percorso locale No CIE – martedì 29

Martedì 29 giugno alle ore 21:30 presso la Federazione Anarchica
Livornese in V.degli Asili 33, si riunisce l’assemblea promossa da
quelle realtà e quei singoli che stanno portando avanti un percorso
locale di opposizione ai C.I.E..
Nelle scorse riunioni erano state individuate delle possibili iniziative
ed interventi sul territorio da organizzare per le prossime settimane.
Si invitano tutti gli interessati ad essere presenti e a diffondere
l’appuntamento.

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Presidio a Firenze contro i C.I.E.

Anarchici Toscani: presidio a Firenze contro i C.I.E.

Sabato 3 Luglio 2010, dalle ore 17 fino a sera inoltrata, nel quartiere
Le Piagge

nel piccolo anfiteatro in via Lazio (fra Via della Nave di Brozzi e Via
Liguria) si terrà
un presidio contro i CIE, aperto a tutti, con musica, video, ristoro
popolare,
per parlare, informarsi, confrontare ipotesi e allargare la
mobilitazione.

___

Ormai da tempo in Toscana differenti forze si stanno muovendo contro la
costruzione di un Centro di Identificazione ed Espulsione nella regione.

In particolare come Anarchici Toscani abbiamo promosso presidi ed
iniziative locali per costruire un percorso di lotta a livello regionale
coinvolgendo anche altre realtà.

Riteniamo necessario mobilitarsi fin da subito contro la costruzione del
nuovo lager toscano.

E’ importante per noi muoversi ora, quando governo, regione ed enti
locali non hanno ancora trovato un accordo, quando in consiglio
regionale, sia nella destra che nella sinistra non esistono ancora delle
chiare posizioni comuni.

Per questo promuoviamo per sabato 3 luglio a Firenze una mobilitazione
contro i C.I.E.

Per allargare l’interesse e l’opposizione contro questi strumenti
istituzionali di discriminazione sociale che negano libertà
fondamentali, rafforzano il razzismo e spianano la strada a nuove forme
di fascismo, invitiamo persone e associazioni interessate, a
partecipare a questo incontro che vorremmo il più aperto possibile.

Anarchici Toscani

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Da Livorno per il corteo antifascista a Firenze

Appuntamento ore 14:45 alla stazione Livorno centrale

per prendere il treno delle 15:10

 

CORTEO ANTIFASCISTA A FIRENZE ORE 17 PIAZZA S.MARCO

CHIUDERE I COVI FASCISTI – CHIUDERE CASAPOUND

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Il ricatto padronale, da Pomigliano alla Magna di Guaticce: l’intervento dei Cobas

O LA BORSA, O LA VITA!

Marchionne, decisa la chiusura di Termini Imerese, ora
minaccia di chiudere anche Pomigliano, se non verrà accettata la sua
dittatura sul lavoro, quella del “piano Fiat”, con cui intende
imporre condizioni lavorative da schiavi, le stesse che subiscono i
lavoratori cinesi e che subivano i nostri bisnonni.

E, ricattando i lavoratori (“O così,
o porto la fabbrica in Polonia!
”), pretende un referendum in cui i
lavoratori dicano SÌ al suo ricatto, comportandosi come chi deve
scegliere tra le alternative che gli urla un bandito, mentre gli punta
la pistola alla testa: “O la borsa, o la vita”!

Una “pistola” puntata sulle condizioni
di salute e d’esistenza dei lavoratori, il “piano Fiat
sottoposto al referendum, oltre che una porcheria, basata sul sistema
produttivo giapponese WCM.

Porcheria di un “piano”,
che consiste in
:

* taglio
dei tempi e riduzione del 25% delle pause (con una rapina di 10 minuti
su 40 e con un aumento medio di produzione di 50 minuti a settimana,
retribuiti con 15 centesimi!!!);

* per gli addetti alla
produzione, spostamento della pausa-mensa nell’ultima mezz’ora di turno
(con digiuno obbligatorio di 8 ore!!!);

* aumento a
80 ore dello straordinario obbligatorio (senza neppure una finzione di
contrattazione con la RSU!),
da utilizzare in turni interi di 8 ore;

* per gli addetti alla
produzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì al sabato, per
complessivi 18 turni settimanali, con riposo a scorrimento, che comporta
la presenza in fabbrica per 6 giorni una settimana e per 4 giorni
quella successiva;

* per gli
addetti alla manutenzione, 3 turni giornalieri di 8 ore dal lunedì alla
domenica, per complessivi 21 turni settimanali, con riposo a
scorrimento;

* non versamento
dell’indennità aziendale di malattia a chi raggiunge un tasso di assenze
“superiore alla media” (senza nessun’altra precisazione);

*
cancellazione della norma che prevede un riposo personale di almeno 11
ore tra lo stacco da un turno e il ritorno a lavorare in un turno
successivo;

* in caso di proteste e scioperi contro
la barbarie del “piano”, provvedimenti disciplinari fino al
licenziamento, cancellazione dei permessi sindacali, blocco delle
ritenute sindacali.

Adesso, nell’occhio del ciclone ci sono gli operai di
Pomigliano, ma quest’occhio si sta allargando a dismisura e già contiene
tutti gli operai del gruppo Fiat e del suo indotto, mentre il ciclone
non tarderà a coinvolgere tutti i comparti dell’auto e tutta l’industria
metalmeccanica e, in generale, manifatturiera
.

Infatti, Emma Marcegaglia e la sua
ciurmaglia confindustriale, con ministri e sottosegretari al seguito,
non smettono di spellarsi le mani per applaudire Marchionne.

Del resto, la direzione di Magna,
approfittando della cassa integrazione, ha già preso a imperversare da
tempo. Da ultimo con l’accordo del 3 maggio, che, pur
non indicando cifre, apre alla flessibilità, con la riorganizzazione dei
turni e la riduzione delle pause.

In Magna, ora, abbiamo da fare i
conti con l’attacco diretto della direzione, quando vorrà mettere
all’incasso quell’accordo, che non a tutte e tutti era chiaro nelle sue
implicazioni al momento del voto.

Ma per farci i conti in
modo adeguato, dobbiamo non lasciare soli gli operai di Pomigliano, la
cui vicenda, illuminando di luce spettrale la nostra, deve vederci
impegnati perché il ciclone Fiat non si sviluppi, abbattendosi su loro e
su tutti quanti, noi compresi.

Questo
vuol dire partecipare allo sciopero generale di 8 ore dei
metalmeccanici, che la Fiom/Cgil
nazionale e i sindacati di base (tra cui il Cobas) hanno proclamato per
il 25 giugno.

(Con l’auspicio che la
Fiom locale si ravveda sull’accordo del 3 maggio,
smetta la sua politica filo-aziendale e si stacchi da Fim/Cisl e Uilm,
complici di ogni malefatta padronale e governativa
).

COBAS METALMECCANICI

da: senasoste.it

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Lettera dei lavoratori Fiat di Tychy a quelli di Pomigliano

La lettera di un gruppo di lavoratori della fabbrica di Tychy, in
Polonia, ai colleghi di Pomigliano d’Arco che stanno per votare (il 22
giugno) se accettare o meno le condizioni della Fiat per riportare la
produzione della Panda in Italia.

(Questa lettera è stata scritta il 13 giugno, alla vigilia del
referendum a Pomigliano d’Arco in cui i lavoratori sono chiamati a
esprimersi sulle loro condizioni di lavoro. La Fiat ha accettato di
investire su questa fabbrica per la produzione della Panda che al
momento viene prodotta a Tychy in Polonia. I padroni chiedono ai
lavoratori di lavorare di sabato, di fare tre turni al giorno invece di
due e di tagliare le ferie. Tre sindacati su quattro hanno accettato
queste condizioni, la Fiom resiste)

La Fiat gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la
produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e
superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il nostro posto
di lavoro e ne avrebbero creati degli alti. E a Tychy lo abbiamo fatto.
La fabbrica oggi è la più grande e produttiva d’Europa e non sono
ammesse rimostranze all’amministrazione (fatta eccezione per quando i
sindacati chiedono qualche bonus per i lavoratori più produttivi, o
contrattano i turni del weekend)

A un certo punto verso la fine dell’anno scorso è iniziata a girare
la voce che la Fiat aveva intenzione di spostare la produzione di nuovo
in Italia. Da quel momento su Tychy è calato il terrore. Fiat Polonia
pensa di poter fare di noi quello che vuole. L’anno scorso per esempio
ha pagato solo il 40% dei bonus, benché noi avessimo superato ogni
record di produzione.

Loro pensano che la gente non lotterà per la paura di perdere il
lavoro. Ma noi siamo davvero arrabbiati. Il terzo “Giorno di Protesta”
dei lavoratori di Tychy in programma per il 17 giugno non sarà educato
come l’anno scorso. Che cosa abbiamo ormai da perdere?

Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare
condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno
capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è
disposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate
dei nostri colleghi italiani, proprio come facevano con le nostre.

In qusesti giorni noi abbiamo sperato che i sindacati in Italia
lottassero. Non per mantenere noi il nostro lavoro a Tychy, ma per
mostrare alla Fiat che ci sono lavoratori disposti a resistere alle loro
condizioni. I nostri sindacati, i nostri lavoratori, sono stati deboli.
Avevamo la sensazione di non essere in condizione di lottare, di essere
troppo poveri. Abbiamo implorato per ogni posto di lavoro. Abbiamo
lasciato soli i lavoratori italiani prendendoci i loro posti di lavoro, e
adesso ci troviamo nella loro stessa situazione.

E’ chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo
continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e
lottare per i nostri interessi internazionalmente.

Per noi non c’è altro da fare a Tychy che smettere di inginocchiarci e
iniziare a combattere. Noi chiediamo ai nostri colleghi di resistere e
sabotare l’azienda che ci ha dissanguati per anni e ora ci sputa
addosso.

Lavoratori, è ora di cambiare.

Il testo della lettera in inglese:

Letter to FIAT

The following is a letter sent from an underground group of workers
in Fiat Poland in Tychy.

It was written on June 13, on the eve of a referendum in Pomigliano
d’Arco near Naples. The workers there are being asked to decide about
their work conditions. Fiat agreed to invest money in this plant for
production of the Panda, which is currently produced in Tychy, Poland.
But the bosses would like people to agree to work on Saturday, to
increase the number of daily shifts from 2 to 3 and cut down on breaks.
Three of the four trade unions in Fiat’s Pomigliano d’Arco plant have
agreed to these conditions. Those three unions have agreed to let their
members vote in a referendum which will ask whether the veto of the
fourth trade union should be rejected or not.

LETTER FROM FIAT WORKERS

Fiat is playing games with the workers. First, it moves production to
Poland and tells its employees that they must work hard, be flexible
and exceed all production norms to keep their jobs. All is done very
well in Tychy – there can be no complaint of the management (… except
when unions ask for raises or bonuses for their very productive workers
or question work on the weekend.) Tychy plant is Fiat’s biggest and most
efficient in Europe.

At the end of last year, we began to hear rumors that now Fiat wants
to move jobs to Italy again and since that time there is some fear in
Tychy plant. Fiat Polska thinks now it can do as it likes with us. They
gave bonuses only 40% of last year, despite the fact that we broke all
records in production.

They think people won’t fight because they are afraid they will be
the ones to lose jobs. But we are angry. Third “Day of Protest’ of
workers in Tychy scheduled for June 17 will not be as polite as the
last. What do we have to lose now?

Workers in Italy are being asked to accept worse conditions. All the
time, Fiat shows workers that if they don’t agree, they will lose jobs.
If they don’t work like slaves, somebody else will. We know that the
hard work of our Italian colleagues is taken for granted by Fiat, just
like our work was.

We hoped that Fiat unions in Italy would fight. Not so we may keep
our jobs in Tychy, but to show resistance to such work conditions. Our
unions, our workers, have been weak. We felt we were not in a position
to fight, that we were poor, begging Fiat for any job. We let down
Italian workers, whose jobs we got. Now the same is happening to us.

It is clear that this is a no-win situation for any worker. We cannot
go on like this any longer, competing against each other for jobs. We
need to unite and fight for our interests internationally.

For us, there is nothing left to do in Tychy but go down fighting
instead of on our knees. We will encourage our colleagues to acts of
resistance and sabotage against the company which sucked us dry for
years and now spits us out.

Workers, it is time for change!

Tychy, June 13, 2010

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Terni: BOMBA FASCISTA ALLA SEDE COBAS

*_BOMBA FASCISTA ALLA SEDE COBAS_*

Questa mattina, [giovedì 17 giugno n.d.r.] alle ore 1,26,
a Terni, in Via del Lanificio, è stata
fatta scoppiare una bomba
carta davanti al Centro Sociale Germinal
Cimarelli, in cui ha la sede
provinciale anche la Confederazione Cobas.

E’ un atto gravissimo
di chiara matrice fascista, sia per le modalità
che per la
tempistica, un atto che non ha precedenti nella nostra
regione e che
apre scenari inquietanti.

E’ un gesto inaudito che peggiora il
già pesante clima di intimidazione
che da qualche tempo grava sulla
nostra città, che si aggiunge agli
“avvisi orali” del Questore di
Terni contro 12 persone (tra cui il
coordinatore provinciale della
nostra organizzazione sindacale)
diffidate per aver organizzato
pubbliche manifestazioni antifasciste e
per aver contrastato le
iniziative xenofobe della Lega Nord o alle
dichiarazioni di esponenti
del centro destra locale che legittimano di
fatto gli squadristi di
casapound.

Questo atto gravissimo è una sfida alla democrazia,
alla libertà di
pensiero, di parola, di attività politica e
sindacale; ha l’obiettivo di
spaventare i cittadini, di indurli a
stare zitti, proprio nel momento in
cui il Governo attua con i suoi
provvedimenti economici una vera e
propria macelleria sociale, che
sta, finalmente, suscitando le proteste
delle più diverse categorie
sociali, di cui il recente blocco degli
scrutini è stata la
dimostrazione più evidente.

In questa situazione, i neofascisti
dimostrano semplicemente di aver
appreso la lezione dei loro
antenati: essere i cani da guardia della
borghesia capitalistica,
soprattutto quando questa attraversa crisi
economiche devastanti come
è quella odierna. Non ci lasciamo intimidire
e ribadiamo che il
fascismo è la soppressione di ogni libertà
individuale e civile, il
bavaglio ad ogni forma di democrazia e
l’oppressione da parte del più
forte,che si nasconde nell’ombra.

La Confederazione Cobas non
solo denuncia questo atto, non solo ne mette
in risalto la viltà, ma
chiama anche le/i cittadine/i alla
mobilitazione, alla vigilanza
democratica e, soprattutto, ad
intensificare le lotte sociali, poiché
questo è il modo migliore, per
sbarrare la strada agli sgherri
fascisti ed ai loro mandanti che
vogliono essere anche i padroni
delle nostre vite.

CONFEDERAZIONE COBAS DI TERNI

*_COMUNICATO
STAMPA- BOMBA FASCISTA DAVANTI AL CENTRO SOCIALE CIMARELLI_*

Stanotte
giovedi 17 giugno alle ore 01.26 è esplosa una bomba carta
davanti
al cancello del Centro Sociale Autogestito Germinal Cimarelli,
sede
anche dell’Organizzazione Sindacale “COBAS”. Due compagni che si
trovavano
nel centro di documentazione, posto al primo piano, hanno
sentito
dei rumori all’esterno. Quando si sono affacciati hanno visto
una
macchina che si allontanava velocemente, poi il bagliore
dell’esplosione
ed infine hanno sentito il boato. Tanta la paura nel
quartiere,
alcuni cittadini svegliati dall’esplosione hanno dato
prontamente
l’allarme e in breve è intervenuta una macchina dei
Carabinieri che
hanno solo potuto accertare l’accaduto. Risultava
sottratto anche uno
striscione politico in solidarietà con la Palestina
affisso lungo
via del Lanificio

”/Ci riteniamo fortunati – /dichiarano i
ragazzi presenti nello stabile/
– perché ci trovavamo all’interno
della struttura e non nel giardino
perché altrimenti l’ordigno ci
sarebbe esploso addosso/”.

L’attentato è di chiara matrice
fascista, sia per la dinamica che per la
tempistica. Nella notte,
intorno alle ore 24.00, erano stati visti
appartenenti
all’organizzazione neofascista Casapound attaccare uno
striscione a
Ponte le Cave. Altre volte era accaduto che i neofascisti
attaccassero
manifesti e striscioni a Terni, ma mai ci saremmo aspettati
un
attacco contro la nostra sede.

Riteniamo che questo “/salto di
qualità/” sia figlio della
legittimazione che questi individui hanno
ricevuto grazie all’azione
intimidatoria che il Questore ha messo in
atto con gli “avvisi orali”
contro coloro che avevano contestato i
neofascisti all’aviosuperficie.
Ricordiamo che il Questore nelle
notifiche degli avvisi orali agli
antifascisti definisce i
neofascisti“/un gruppo di sportivi
paracadutisti/”.

L’attentato
avviene dopo che da parte di esponenti del PDL e della
destra locale
sono state espresse dichiarazioni di legittimazione degli
stessi
“paracadutisti”. Vorremmo sapere cosa hanno da dire i signori
Raffaele
Nevi e Alfredo De Sio che proprio ieri hanno parlato nei nostri
confronti
(che denunciavamo la grave intimidazione della Questura
attraverso
gli “avvisi orali” alle pubbliche proteste antifasciste) di
“/linguaggio
di altri tempi che evoca scenari inesistenti alimentando
tensioni
strumentali e pericolose/”. Ricordiamo a lorsignori che i
linguaggi
delle destre e dei servizi in Italia sempre si sono espressi
con le
bombe, gli esplosivi e le intimidazioni, da piazza Fontana alla
strage
alla stazione di Bologna.

Ci troviamo ora nella situazione
paradossale in cui, chi ha manifestato
pubblicamente contro l’entrata
dei fascisti di casapound in città, si
trova attaccato da più
fronti:

· da quello istituzionale con gli “avvisi orali” del
Questore che sono
atti intimidatori che violano la libertà personale

·
da quello amministrativo attraverso multe di oltre 5.000 € fatte dai
vigili
urbani,

· da quello politico-militare con la bomba carta
neofascista fatta
esplodere ieri notte.

Abbiamo impedito
l’entrata dei fascisti di casapound a Terni perchè *_il
fascismo è un
pratica razzista e violenta, è squadrismo e l’episodio di
questa
notte ne è l’ulteriore conferma._* Questi soggetti diffondono
odio
tramite la paura ed il razzismo. Terni non si spaventerà di fronte
a
chi è stato vinto dalla storia, davanti allo squadrismo neofascista.

Il
Centro Sociale e tutte le realtà della RAT (Rete Antifascista
Ternana)
continueranno a lottare contro questi individui a difesa di una
città
civile, democratica, antifascista e multiculturale, che fonda le
sue
radici nel lavoro, nella solidarietà, nella Resistenza e
nell’integrazione
sociale.

E’ per questo che lanciamo un appello per la
solidarietà e la vigilanza
democratica a tutte le persone, le
associazione e le istituzioni
democratiche della nostra città.

Terni
resiste.


CSA Germinal Cimarelli

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Comunicato F.A.L. – UN ALTRO OMICIDIO BIANCO A LIVORNO

Livorno 17/06/2010
Federazione Anarchica Livornese – FAI
Commissione di Corrispondenza
Via degli Asili, 33
57126 Livorno

UN ALTRO OMICIDIO BIANCO A LIVORNO.

Dopo Dashnor Qalliaj, un altro lavoratore muore nell’area del porto di
Livorno.
Francesco Ratti, camionista spezzino di 46 anni, è stato travolto da uno
dei tubi che trasportava,
caduto durante le operazioni di scarico.
La Federazione Anarchica Livornese esprime la propria solidarietà ai
familiari, agli amici e ai
compagni di lavoro delle due vittime.
Mentre le condizioni di vita e di lavoro degli operai peggiorano
continuamente, fino ad essere uccisi
per gli infortuni e le malattie professionali, il Governo attenua le
norme per la sicurezza, smantella
la medicina del lavoro, chiude, con la scusa della mancanza di fondi,
l’Ispesl, l’Istituto superiore per
la prevenzione e la sicurezza sul lavoro.
Chi agita la paura della crisi spinge i lavoratori ad accettare
qualsiasi condizione: i nuovi traffici, i
nuovi lavori sono pagati dagli operai con il proprio reddito, la propria
salute, la propria vita.
La Federazione Anarchica Livornese ritiene indispensabile ricostruire la
solidarietà di classe: non si
lavora dove non c’è sicurezza, non si lavora al di sotto della tariffa
sindacale, non si lavora dove non sono garantiti i diritti dei lavoratori.
L’unione di tutti i proletari, al di là delle differenze di lingua o di
colore della pelle, è l’unica arma
per conquistare una vita degna di essere vissuta, un salario decente,
per attenuare la schiavitù del
lavoro.

Per la Commissione di Corrispondenza

della Federazione Anarchica Livornese – FAI
Tiziano Antonelli

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Un altro omicidio sul lavoro: muore a Varco Galvani un camionista della Lorenzini

da:senzasoste.it

 

morti_cantiere

Un
altro omicidio sul lavoro, solo a due giorni di distanza dalla morte
dell’operaio albanese nel cantiere Azimut all’altezza dei bacini di
riparazione. Sui quotidiani di questa mattina appare chiara la gravità
delle responsabilità di chi martedì scorso doveva vigilare sul cantiere e
sulla sicurezza: quell’operaio non doveva essere lì e la magistratura
aveva dissequestrato il bacino proprio a condizione che lì non si
lavorasse. Un fatto chiaro che dovrebbe far parlare di omicidio e non di
disgrazia.

Non era ancora sbollita la rabbia nel
leggere quegli articoli che in mattinata è morto un altro operaio nel
porto di Livorno, precisamente al Varco Galvani. Un camionista di 46
anni dipendente della Lorenzini è stato travolto da un tubo di 16 metri
mentre stavano scaricandolo dal suo camion.
 

Un’altra vittima del lavoro, un’altra
famiglia distrutta, un’altra serie di responsabilità che non verranno
punite abbastanza. Speriamo di non dover registrare anche un’altra
giornata di reazione blanda, se non d’indifferenza, da parte della città
e dei lavoratori a questo ennesimo omicidio.

Intanto il porto si è fermato per sciopero fino alle 19.30.

red. 17 giugno 2010

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Morto un operaio al cantiere navale, comunicato del Collettivo

Ieri è morto un operaio a Livorno.
Dashnor Qalliaj era al primo giorno di lavoro per una ditta
appaltatrice all’interno del cantiere navale Benetti.

Dietro le dichiarazioni dei politici,
delle istituzioni, della Azimut-Benetti, dietro lo scaricabarile
delle responsabilità, c’è la realtà dei fatti: Dashnor è stato
ucciso.

E’ stato ucciso da chi negli appalti
gioca al ribasso sulle vite degli operai, è stato ucciso da chi
sfrutta quotidianamente i lavoratori, è stato ucciso dalle
istituzioni che sostengono le politiche padronali, è stato ucciso da
chi ricatta i lavoratori migranti con la minaccia del carcere,
dell’emarginazione, dei nuovi lager e dell’espulsione, da chi cerca
ogni giorno di rompere i legami di solidarietà tra i lavoratori.

E’ neccessario lottare per la sicurezza
sul lavoro e per respingere i sempre più forti attacchi del
padronato. L’unico lavoro sicuro è quello gestito liberamente dai
lavoratori senza lo sfruttamento, la rapina e l’oppressione dei
padroni e dello stato.

Siamo vicini ai familiari, agli amici
ed ai compagni di lavoro di Dashnor Qalliaj.

 

16/06/2010

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it – http://collettivoanarchico.noblogs.org/

 

 

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