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Sabato 23 a Torino arrestati due antirazzisti

Torino. Arrestati due antirazzisti

Solidarietà degli anarchici della FAI torinese a Marco e Fabio, arrestati
sabato mattina a Porta Palazzo, in seguito ad una contestazione al Gazebo
de la Destra.

C’è stato un tempo che i fascisti, in certi quartieri, non si facevano
vedere. Sapevano bene che in periferia la gente ha la memoria lunga e loro
non erano graditi.
Poi il tempo passa, la memoria sbiadisce, la guerra di classe cede il
passo alla guerra tra poveri, i militari girano per le strade. I fascisti
rimettono fuori il naso.
Ma c’è chi, come gli antirazzisti, alla guerra tra poveri, ai militari
nelle strade, alle retate di immigrati, alle leggi razziste, al fascismo
che avanza non è disposto a rassegnarsi.
Sabato mattina, è il 23 maggio ma a Torino fa caldo come ad agosto,
all’angolo tra piazza della Repubblica e via Milano, c’è un gazebo de la
Destra. A metà mattina il gazebo rovina a terra. In giro ci sono gli
alpini. Due antirazzisti, Marco e Fabio, sono fermati e poi arrestati e
portati al carcere delle Vallette.
Potrebbero essere processati per direttissima già lunedì.
Nel pomeriggio alcuni antirazzisti, accorsi alla notizia degli arresti,
hanno fatto un giro informativo per il mercato di Porta Palazzo e per il
Balon.

Oggi – domenica 24 maggio – alle 13 presidio solidale a Porta Palazzo.

Marco e Fabio liberi!

Chi volesse inviare telegrammi scriva a:
Marco Da Ros / Fabio Milan
Casa Circondariale Lo Russo e Cotugno
via Pianezza 300 – 10151 Torino

Federazione Anarchica Torinese – FAI
c.so Palermo 46 – la sede è aperta ogni giovedì dopo le 21
fai_to@inrete.it
338 6594361

Posted in Repressione.


Ulteriori tasselli allo stato di polizia

Da:Umanità Nova, n.20
del 24 maggio 2009,
anno 89

 

 

Il 14 maggio ’09 la camera ha approvato il disegno di legge (DDL) C.
2180 titolato "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", meglio
noto come "disegno di legge sicurezza". Al senato la normativa era
stata approvata il 5 febbraio come DDL S. 733: alla camera ha subito
modifiche ed integrazioni e quindi torna al senato per l’approvazione
definitiva come DDL 733bis. La canea mediatica di questi ultimi giorni
intorno a questo disegno di legge ha fatto pensare che l’approvazione
della camera il 14 maggio fosse l’atto definitivo della vicenda, ma non
è così: perché le aberranti norme del DDL
sicurezza diventino legge dello stato bisognerà aspettare almeno
un mesetto, anche se certo l’approvazione in senato pare scontata.
Ricordiamo anche che il DDL in questione contiene quelle norme che
erano state stralciate dal cosiddetto pacchetto sicurezza approvato
prima dell’estate con decreto legge (d.l. 23.5.08 n. 92, convertito in
l. 24.7.08 n. 125).
Il testo che torna al senato è frutto dei lavori parlamentari di
questi mesi, ma in realtà il governo, all’inizio di maggio, ha
deciso di scrivere tre maxi emendamenti in cui far confluire tutte le
norme su cui la maggioranza aveva trovato un’intesa, e di porre quindi
la questione di fiducia per evitare sorprese, sorprese che non potevano
che arrivare dall’interno della maggioranza stessa e cioè dal
Pdl: come noto, infatti, alcuni dei punti tristemente qualificanti del
DDL sicurezza sono stati fortemente voluti dalla Lega e dal ministro
Maroni e l’approvazione o non approvazione prima delle elezioni europee
del DDL aveva ed ha certamente un peso negli equilibri tra Lega e Pdl.
Come detto, il testo che ritorna al senato consta di soli tre articoli
in cui sono stati stipati i 66 articoli con cui il testo era arrivato
alla camera dopo la prima approvazione al senato: quindi gli articoli
del DDL 733 sono diventati commi dei tre articoli nel DDL 733bis, con
difficoltà di lettura del testo acuita da modifiche,
spostamenti, aggiunte, soppressioni.
Preliminarmente, va ancora una volta ribadito che nel disegno di legge
in questione si ritrovano norme che rispecchiano le paranoie
securitarie di questo governo e del suo elettorato, da un lato, e che
costituiscono dall’altro nuovi tasselli dello stato di polizia che la
destra nostrana ha in progetto di perfezionare. Non solo sono evidenti
il razzismo, le fobie, le, dicevamo, paranoie che sono stati nutriti e
pian piano fatti crescere in questi ultimi anni: non è solo di
triviale razzismo. Insieme e accanto a questo c’è un disegno
inequivocabile di inasprimento del controllo sociale che intende
colpire direttamente ed indirettamente ogni forma di dissenso che
intenda rompere con il teatrino dell’opposizione "democratica" in un
tempo in cui ormai fascisti e clericali spadroneggiano a viso scoperto
con la protervia che solo loro sanno avere.
Molte norme tendono quindi ad inasprire la situazione degli stranieri
ed in particolare degli extracomunitari anche nella loro vita
quotidiana. Dai 200 euro per la domanda di cittadinanza, al maggior
periodo di residenza regolare sul territorio nazionale per contrarre
matrimonio, matrimonio che potrà essere celebrato solo esibendo
il regolare permesso di soggiorno. In ogni occasione di rapporto con la
pubblica amministrazione (salvo la scuola dell’obbligo e le prestazioni
sanitarie di base) sarà necessario esibire il permesso di
soggiorno: quindi anche per i servizi pubblici essenziali e per il
riconoscimento di un figlio. Gli stranieri potranno essere soggetti,
quando chiedono la residenza, a controllo delle condizioni
igienico-sanitarie dei loro alloggi. Test di lingua per soggiornanti di
lungo periodo e da 80 a 200 euro per il rilascio o rinnovo del permesso
di soggiorno. E così via.
Ma su tutto ciò spiccano l’introduzione del "reato di
clandestinità" e il prolungamento della detenzione massima negli
ex cpt ora "centri di identificazione ed espulsione" da 60 gg. a 18
mesi. Interessante che queste norme si sposino con un piccolo anticipo
della riforma della giustizia contenuta negli articoli che modificano
le norme sul processo davanti al giudice di pace, consentendo alle
forze di polizia, semplicemente chiedendo un’autorizzazione formale al
pubblico ministero, di portare direttamente davanti al giudice di pace
gli arrestati in flagranza per reati come: "ingresso e soggiorno
illegale nel territorio dello Stato", cioè il reato di
"clandestinità" (nuovo art. 10bis del T.U. Immigrazione): rapido
giro dal Giudice di pace e rapida espulsione; o, più
realisticamente, permanenza temporanea fino a 18 mesi in un cpt/cie. La
cosa è stata ottenuta senza prevedere la reclusione per il reato
di "clandestinità": basta rendere la condotta una fattispecie
penale, seppur contravvenzionale, punita con sola ammenda (comunque una
rilevante somma da euro 5000 a 10000 e non oblazionabile, cioè
non se ne può pagare una parte per estinguere il reato), ma con
un apparato sanzionatorio che marcia a tappe forzate con l’unica
finalità dell’espulsione o dell’internamento nel centro di
permanenza temporanea.
Una parte del DDL sicurezza è dedicata alla "criminalità
comune": sono previste norme che aggravano le pene e l’apparato
repressivo di reati come la violazione di domicilio (art. 614 c.p.), il
furto (art. 625 c.p.), la rapina (art. 628 c.p.), la truffa (art. 640
c.p.), prevedono un’aggravante per l’aggressione di anziani o per
l’aggressione nelle vicinanze di posta, banca, ecc.; altre norme vanno
a colpire "l’insozzamento delle strade" o l’occupazione di suolo
pubblico per il commercio ambulante o l’uso dei minori per
l’accattonaggio; diverse norme riguardano i reati di mafia, le misure
di prevenzione, il "carcere duro" per mafiosi e terroristi (art. 41bis
legge sull’ordinamento penitenziario).
Dure pene per chi scrive sui muri e inserimento di un nuovo articolo
del codice penale (art. 341bis) che prevede nuovamente (era stato
abrogato dieci anni fa) il reato di "oltraggio a pubblico ufficiale"
punito con reclusione fino a tre anni per chi offenda l’onore di un
pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni: una bella
fattispecie penale utilizzabile con grande elasticità per
colpire ad esempio i manifestanti che lanciano slogan "oltraggiosi"…
L’esperimento di perseguitare e criminalizzare un soggetto a
prescindere dalla sua commissione di fatti o di reato specifici, ma per
quello che è, cioè in questo caso un migrante, prosegue e
si lega al dilatarsi dei poteri della polizia, delineando, se ancora ve
ne fosse bisogno, i contorni netti di un vero e proprio stato di
polizia.

W.B.

Posted in Generale.


Percorsi di lotta dal campo di Fossa

Da: Umanità Nova, n.20
del 24 maggio 2009,
anno 89

 

Giorno dopo giorno, sia l’attenzione dell’opinione pubblica sia i
riflettori dei media vanno gradualmente spegnendosi sul disastro che ha
colpito i territori dell’aquilano, contribuendo (volutamente?) a
determinare una pericolosa involuzione delle politiche di intervento in
atto. Giustificando il tutto con l’urgenza di gestire una "fase di
transizione verso la normalità", alla popolazione e alla
comunità vengono quotidianamente sottratte le proprie
capacità organizzative e gestionali, nonché la
volontà di essere soggettività attive, partecipi e
determinanti nella riorganizzazione della vita sociale e politica del
proprio territorio. La situazione, inoltre, se inserita e analizzata
nel quadro complessivo regionale, è di gran lunga più
grave di quanto si possa immaginare: la regione Abruzzo, infatti, con
un deficit pubblico che ammonta (ad oggi) a quasi 4 miliardi di euro,
è impegnata con il Commissario di governo nella realizzazione di
un Piano di Rientro caratterizzato da una politica di tagli
indiscriminati alla spesa pubblica che, in relazione alla situazione
determinatasi con il sisma, rappresenta un elemento di forte
destabilizzazione sociale.
Dal nostro punto di vista, per noi, abitanti di questo territorio,
lavoratori di questo territorio, studenti di questo territorio,
s’impone l’urgenza di:
 1.    definire concretamente le priorità e
gli aiuti indispensabili per la più veloce ripresa di una
quotidianità che si avvicini ad una qualche forma di
normalità;
2.    elaborare un piano d’intervento capace di dare
risposte concrete alle esigenze e ai bisogni reali dei lavoratori e
della popolazione colpita dal sisma.
 Il superamento dell’attuale condizione non passa affatto
attraverso l’idea di una "new town", quale risposta
all’inagibilità di fatto dell’intera città de l’Aquila e
dei centri abitati limitrofi, ma necessariamente per quelli che sono i
reali bisogni della collettività. Da questo punto di vista non
possiamo non rimarcare l’assoluta inadeguatezza delle risorse (5
miliardi circa) stanziate dal governo con il decreto n. 39/2009 per la
ricostruzione – diluite, fra l’altro, in 24 (ventiquattro) anni, e, per
di più, subordinate a giochi di prestigio e ad esperimenti
artistico-creativi quali nuove lotterie, giochi a premi, crediti
d’imposta che non vi sono, innalzamento dei ticket, etc… – che,
nonostante il gran da farsi dell’apparato propagandistico governativo,
risultano, agli occhi di tutti, evidentemente insufficienti.
Non dimenticando mai che l’attuale spaventoso deficit della regione si
è fortemente aggravato negli ultimi 10 anni a causa della
gestione "familiare" della sanità, sia di centrodestra che di
centrosinistra (Pace-Del Turco), che, concedendo nel nome di una
libertà senza uguaglianza privilegi ai privilegiabili, con
immense regalie e determinando il crescente disservizio di cui noi
paghiamo e subiamo sulla nostra pelle le conseguenze, riteniamo che per
superare questo tragico momento sia indispensabile sviluppare
immediatamente percorsi di mobilitazione e lotta per imporre ai governi
regionale e nazionale:
•    di intraprendere azioni necessarie alla ripresa
economica (molte sono le aziende che hanno chiuso e altre che chiedono
aiuto per non farlo), di ricostruzione delle abitazioni e degli edifici
pubblici distrutti, il monitoraggio e la messa in sicurezza degli
edifici di tutto il territorio regionale (dichiarato ad alto rischio
sismico) stanziando i necessari fondi;
•    il diritto alla casa per tutti, per rispondere alla
crisi abitativa e per porre fine al disumano fenomeno di "deportazione"
verso il territorio della riviera regionale;
•    l’immediata assunzione di tutti i precari del
pubblico impiego, a cominciare da quelli della sanità,
impegnati, come tanti, nell’emergenza causata dal disastroso sisma;
•    il blocco immediato del taglio di circa 1.400 posti
di lavoro nella scuola (tra insegnanti ed amministrativi) operati dal
Decreto Gelmini nella nostra regione e l’assunzione di altri precari
nella scuola, al fine di evitare l’esodo massiccio di studenti dalle
scuole aquilane;
•    il mantenimento dell’Università degli Studi
de l’Aquila nel territorio, con l’assunzione di tutti i precari e
l’applicazione di un vero diritto allo studio, attraverso l’erogazione
di borse di studio in termini di gratuità dei servizi quali
trasporti, mensa, libri, alloggio, etc, per tutti gli studenti colpiti
direttamente e indirettamente dal sisma;
•    l’estensione dell’indennità di
disoccupazione di € 800 non solo agli operatori commerciali ma a tutti
i lavoratori che a far data dal 6 aprile 2009 erano ufficialmente in
attività lavorativa e che attualmente sono senza lavoro. Tale
indennità dovrà essere erogata senza sospensioni fino
alla ripresa dell’attività lavorativa;
•    il ripristino e il mantenimento del sistema
sanitario e assistenziale, che non può essere scaricato sulle
altre ASL, che vivono il dramma storico della carenza di personale, e
non può assolutamente essere delegato a strutture sanitarie da
"campo".
Se non si vuol fare solo demagogia e/o propaganda, riteniamo che su
queste fondamentali esigenze è necessario focalizzare e
programmare gli interventi, tenendo conto che i tempi sono sempre
più ristretti e che le risorse economiche ci sono: il governo
deve solo avere voglia di trovarle.
 
Edoardo

Posted in Generale.


Oggi 23/05 Presidio Astensionista e contro le politiche securitarie

OGGI SABATO 23 ORE 17:30 P.zza Attias
PRESIDIO ASTENSIONISTA E CONTRO LE POLITICHE SECURITARIE

Segue il testo del volantino che sarà distribuito:

Il Governo crea l’ "emergenza sicurezza" per distruggere i legami di solidarietà e colpire indiscriminatamente
tutti i lavoratori e gli sfruttati, sia italiani che stranieri.
Quindi il "Pacchetto Sicurezza", da oco approvato, e l’attuale questione dei respingimenti,
non
servono solo a fare propaganda elettorale, ma soprattutto a dividere
ancora di più gli sfruttati e ad arginare il malcontento sociale che
avanza.
Il Governo vuole difendersi perché è attaccato da piùfronti:
dalle lotte per la difesa dei posti di lavoro alle rivolte dei clandestini nei centri di identificazione ed espulsione,
dai profughi e rifugiati che rivendicano i propri dritti alla mobilitazione studentesca.

CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA
NO A RAZZISMO, SFRUTTAMENTO E REPRESSIONE DEL DISSENSO

PER LA SOLIDARIETA’ TRA GLI SFRUTTATI
PER LA DIFESA DEL DIRITTO DI ESPRESSIONE, DI MANIFESTAZIONE E DI SCIOPERO

E’ LA LOTTA CHE DECIDE,
NON VOTARE, LOTTA!

Venerdì 29 Maggio ore 21:30 Presso la F.A.L. in V.degli Asili 33
ASSEMBLEA PUBBLICA ASTENSIONISTA
sui temi: AMBIENTE, CASA, SICUREZZA

Fedeazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

Posted in Iniziative.


Livorno, Giornata difficile per “Er Pecora”

 

Da "Umanità Nova" settimanale anarchico


 Domenica 17 Teodoro
Buontempo, detto "Er Pecora", presidente del partito fascista La
Destra, è stato a Livorno per presentare la lista "Identità e
Territorio" che partecipa alle amministrative locali. Non ha però avuto
una giornata tranquilla. La presentazione che avrebbe dovuto svolgersi
alle 18, si è potuta svolgere solo con un notevole ritardo. Buontempo è
infatti stato sorpreso con alcuni suoi camerati fuori da un noto bar
del lungomare livornese, la notizia si è sparsa rapidamente, e presto è
stato costretto a rifugiarsi all’interno del locale ormai vuoto,
accerchiato da una cinquantina di persone, con le porte sbarrate ed un
pugno di DIGOS all’esterno. Mentre decine di persone inveivano contro
di lui e molti passanti si fermavano ridendo nel guardare il fascista
attraverso le vetrine del bar, attaccato al telefono e visibilmente
agitato, sono arrivati alcuni mezzi di polizia e carabinieri che si
sono posti nel parcheggio dietro al locale,
senza intervenire.
Inizialmente Buontempo ed i suoi (era presente Pecoriello, noto
stragista nero) hanno cercato il contatto con i contestatori per
provocare, per poi sfogarsi con saluti romani in serie. Solo dopo oltre
un’ora hanno osato uscire dal retro, attraverso un cordone di DIGOS per
salire di nascosto in una macchina in mezzo all’antisommossa, si sono
quindi rapidamente diretti verso la sala circoscrizionale dove li
aspettavano meno di dieci persone per la conferenza. Anche là si erano
radunate alcune decine di persone, alta la tensione, alimentata
dall’aggressività dei carabinieri in assetto antisommossa. Anche qui la
gente si ferma e si unisce ai cori, molti alle finestre, i fascisti
rispondono coi saluti romani. Dopo circa un’ora, al termine della
conferenza, i fascisti sono andati via scortati. Si è continuato a
presidiare la zona fino a quando anche le forze dell’ordine non hanno
iniziato ad allontanarsi e la sala non era ormai chiusa.

Posted in Antifascismo.


Resoconto corteo a Firenze CONTRO LA REPRESSIONE

Da Umanità Nova, settimanale anarchico


ll corteo contro la repressione di sabato 16 maggio a Firenze è stato
una decisa risposta non solo alle cariche di polizia che lunedì 11
hanno provocato numerosi feriti e contusi tra gli studenti medi, ma
anche più in generale al clima repressivo che partiti, istituzioni e
stampa stanno montando a Firenze.
2500 persone hanno attraversato con un lungo corteo il centro della città, moltissimi gli studenti ed i giovani.
Nei
giorni precedenti i giornali avevano annunciato una giornata di
violenza e la questura aveva continuato a criminalizzare gli studenti
medi, inventando legami tra attentati alle sedi del centrodestra
avvenuti negli scorsi mesi, l’assalto al banchetto elettorale del PDL
il 25 Aprile e gli studenti presenti al corteo spontaneo dell’11 maggio.
Nonostante
questo clima il corteo ha avuto una partecipazione di massa e ha
portato nelle strade un forte messaggio contro la repressione.
Lo
striscione di apertura sintetizzava la piattaforma del corteo: "Contro
repressione, pestaggi e denunce: estendere la solidarietà, rilanciare
la lotta".
Subito dietro lo striscione alcuni cordoni di
manifestanti e subito dopo il furgone con il corteo vero e proprio,
studenti soprattutto, molti genitori, nessun partito istituzionale
(rifondazione ha sostenuto la linea "isolare i violenti"), nessun
sindacato, visibili il medagliere del’ANPI e le bandiere rosse, molte
anche le bandiere rosse e nere. Nessun sound system, solo una banda e
tanti slogan e cori, urlati forte, contro la repressione, la polizia, i
padroni.
Forze dell’ordine invisibili ma presenti, alcune
provocazioni ignorate dai manifestanti: auto dei carabinieri vuote ed
incustodite a lato del corteo, singoli agenti DIGOS e carabinieri,
isolati e posti vicino al percorso, sicuramente in attesa di un
pretesto per dare ragione a chi desiderava un corteo violento.
Sabato
16 ha perso la paura e il tentativo di isolare chi lotta, è stato
incrinato il muro mediatico che paradossalmente aveva portato la
questione repressiva sulle prime pagine di firenze per settimane
oscurandola però totalmente già nelle città più vicine.
E’ da
considerare però che il silenzio, a livello regionale, sulle cariche e
sul pesante clima fiorentino non è responsabilità solo dei media
ufficiali, ma anche dei movimenti e delle realtà che dovrebbero
riempire questo vuoto d’informazione come minima forma di solidarietà
attiva; questo avviene in molte località, ma è preoccupante il silenzio
di alcune realtà, specie studentesche, attive in toscana.
Sono
adesso da attendere gli sviluppi della situazione, cosa seguirà alle 19
denunce per manifestazione non autorizzata e lesioni in relazione al
corteo dell’11 maggio e come dopo il corteo sarà il clima a Firenze.

Posted in Scuola/Università.


REPRESSIONE A FIRENZE: Comunicato del Coordinamento Studentesco Livornese

11/05, firenze:
LA POLIZIA ATTACCA GLI STUDENTI MEDI A COLPI DI CASCHI E MANGANELLI
AL TERMINE DI UN CORTEO SPONTANEO
NUMEROSI FERITI E DENUNCIATI


Lunedì 11 a Firenze davanti al Liceo Michelangelo la Rete dei Collettivi Studenteschi Fiorentini aveva
organizzato una "merenda autoorganizzata" e un presidio contro la repressione nelle scuole e la
soppressione degli spazi autogestiti.
Questo presidio era stato organizzato in seguito alla decisione del preside del Michelangelo, candidato
a Firenze per il centro-sinistra nella lista di Renzi, di vietare alla Rete dei Collettivi di riunirsi
nell’Aula Autogestita, nella quale da tempo si svolgevano le assemblee della Rete.
Questo atto del preside è solo uno degli ultimi tentativi di reprimere, criminalizzare ed isolare gli
studenti della Rete dei Collettivi, gli unici a portare avanti a Firenze una lotta autoorganizzata nelle scuole;
già al Liceo da Vinci al Collettivo Studentesco Autonomo era stato proibito di riunirsi all’interno
della loro scuola.
Il presidio di lunedì aveva portato in piazza circa 60 studenti, a dimostrazione del fatto che denunce,
provvedimenti disciplinari, minacce ed atti repressivi fuori e dentro le scuole non sono riuscti in
questi mesi ad isolare gli studenti della Rete, a bloccare la lotta autoorganizzata.
Vista la presenza di decine di studenti al presidio, è partito dal Michelangelo un corteo studentesco
spontaneo che ha attraversato il centro, fermandosi davanti alla prefettura per poi ritornare di
fronte al Liceo.
Praticamente a fine corteo, a 200 metri dalla scuola, un agente della DIGOS ha aizzato l’antisommossa
contro gli studenti che gli stavano urlando di smettere di filmare i manifestanti. Improvvisamente
quindi gli studenti sono stati caricati prima a colpi dei caschi che ancora la polizia non aveva
indossato e poi a colpi di manganello. Un ragazzo minorenne ferito gravemente al volto è stato
ricoverato con gli zigomi rotti e lesioni ad un occhio, altri hanno dovuto far ricorso al pronto
soccorso, alcuni sono stati fermati e portati in Questura.
Quanti sono riusciti a scppare si sono poi mossi, dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, sotto la
Questura per chiedere il rilascio dei fermati e denunciare le violenze subite.
La polizia ha caricato di nuovo, c’è stata una sassaiola e poi una dura carica
che ha disperso il presidio. Sono stati fermati e portati in Questura altri studenti che stavano
scappando, presi dalla polizia che aveva dato il via ad una caccia all’uomonelle strade circostanti.
Quanto è successo a Firenze lunedì è gravissimo, l’attacco della polizia a corteo ormai terminato
e le cariche sotto la Questura confermano il ruolo repressivo e provocatorio delle forze dell’ordine,
finalizzato ad isolare chi lotta.
Alcuni studenti sono finiti in ospedale, alcuni saranno denunciati per manifestazione non autorizzata,
oltraggio, lesioni e danneggiamento.
Ma non sono riusciti ad isolare, anzi, hanno solo rafforzato i legami di solidarietà tra le realtà
studentesche, hanno mostrato qual’è il vero mestiere delle forze dell’ordine.
Vorrebbero infliggere colpi duri agli studenti autoorganizzati di firenze, togliere loro ogni spazio di
azione politica, di autogestione e di intervento, metterli in ginocchio perché nel prossimo anno
scolastico non costituiscano più un problema.
Questi attacchi, che non vanno a danneggiare solo la Rete ma tutti gli studenti fiorentini,
possono esser respinti solo aprendo spazi di intervento là dove la repressione vorrebbe chiuderli,
impedendo con la solidarietà attiva l’isolamento delle realtà studentesche in lotta.

Per questo come Coordinamento Studentesco Livornese abbiamo organizzato mercoledì 13, sotto la
Prefettura di Livorno un presidio di solidarietà agli studenti fiorentini caricati dalla polizia, al quale hanno
partecipato circa una trentina di persone e che si è concluso con un volantinaggio nelle piazze del centro
e con l’affissione di alcuni striscioni.

ESTENDERE LA SOLIDARIETA’,
RILANCIARE LA LOTTA!

COORDINAMENTO STUDENTESCO LIVORNESE

Posted in Scuola/Università.


CONTRO LE POLITICHE SECURITARIE DEL GOVERNO

Normal
0
14

-Per la solidarietà tra gli sfruttati

-Per la libertà di espressione, di manifestazione, di sciopero

-Per l’affermazione dell’autonomia delle donne

 

SABATO 4 APRILE

ASSEMBLEA DIBATITO

Presso la F.A.L. in via degli asili 33

 

SABATO 18 APRILE ORE 17

PRESIDIO

P.ATTIAS

 

 

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

Posted in Iniziative.


CONTRO LE POLITICHE SECURITARIE

NO AL RAZZISMO, ALLO SFRUTTAMENTO, ALLA REPRESSIONE DEL DISSENSO

 

Ogni giorno ci viene
ripetuto che la criminalità è in aumento, soprattutto a causa di persone
immigrate; ma è veramente così?
Il governo bombarda i cittadini con questa campagna di paura e di odio razzista
sfruttando abilmente gli organi di informazione, che alimentano il senso di
paura nel tessuto sociale, aprendo la strada, in nome della “ sicurezza”, a
provvedimenti fortemente autoritari e repressivi nei confronti degli strati
sociali più deboli. Il risultato di queste politiche è l’aumento della
repressione da parte dello stato: si vuole arginare il malcontento sociale
spostando l’attenzione su questioni spesso fittizie e montate ad arte,
favorendo frammentazione e divisione tra quelle fasce sociali che potrebbero
contrastare l’ordine politico ed economico.
La questione della violenza sessuale è, in questo senso, esemplare: secondo le
statistiche del 2007 il 90% degli stupri avvengono all’interno delle mura domestiche
o comunque per mano di familiari e conoscenti,mentre
solo il10% è attribuibile ad estranei. Quello che viene evidenziato ogni giorno
dai mezzi di comunicazione è invece il contrario: i canali d’informazione
concentrano l’attenzione solo su quei "casi esemplari" che permettono
di diffondere nell’immaginario della popolazione l’equazione
immigrato=criminale / immigrato=stupratore.

Per comprendere a fondo quello che sta accadendo è importante analizzare alcuni
aspetti della questione.
b
IL MODO IN CUI VIENE CREATA L’ "EMERGENZA SICUREZZA" NELLA
ATTUALE SITUAZIONE POLITICA.


-L’USO STRUMENTALE DEGLI STUPRI AL FINE DI FOMENTARE L’ODIO RAZZIALE.

 

-LA RIDUZIONE DEL RUOLO
DELLA DONNA A PRIMA PROPRIETA’ DEL MASCHIO,
CHE DEVE ESSERE PROTETTA DALLO "STRANIERO INVASORE".

-L’USO DEI FENOMENI DI INTOLLERANZA E DI ODIO RAZZIALE
APPOSITAMENTE ALIMENTATI ALLO SCOPO DI CREARE ANTAGONISMI E ROMPERE I LEGAMI DI
SOLIDARIETA’ ESISTENTI TRA QUEGLI STRATI SOCIALI CHE POSSONO METTERE IN PERICOLO
L’ORDINE POLITICO ED ECONOMICO.

 

  

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese (F.A.I.)                                                                

Posted in Antirazzismo.


Stupri e guerra: il corpo delle donne come terreno di contesa. 1991-2009

http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article3758

 

Quanto siamo coscienti delle trame di senso che legano quanto
accade intorno

a noi?

Stupri e guerra: il corpo delle donne come terreno di contesa.
1991-2009

Riceviamo da "Articolo 3 – Osservatorio sulle
discriminazioni", che opera a
Mantova dall’aprile 2008 e
che ringraziamo per la collaborazione, questa
nota – pubblicata
anche nella loro news letter – che alle immagini della
nostra
attualità associa "periodi ben più cupi" per la
(…)
Maria Bacchi


L’aria è resa fosca dalle parole che si intrecciano nel
corso delle
trasmissioni televisive, sulle pagine dei giornali:
guerra, stupri,
emergenza, espulsioni, ronde.

Nel malessere diffuso vien da fare associazioni, forse un po’
azzardate ma
istruttive, con periodi ben più cupi che hanno
insanguinato terre a noi
molto vicine come la ex Jugoslavia, dove
guerre moderne e già dimenticate
hanno devastato meno di
vent’anni fa una società evoluta attraversata da una
grave
crisi politica, economica e istituzionale

Il Piano Ram

1991: Slovenia e Croazia proclamano la propria secessione dalla
Repubblica
federale Jugoslava, la Bosnia sembra non dover essere
toccata dalla tragedia
(che esploderà invece in quella repubblica
un anno dopo). In agosto l’ultimo
presidente del Consiglio
federale, Ante Markovic, di fronte alle sanguinose
devastazioni
della Croazia, rende noto il cosiddetto Piano Ram: vi viene
descritta
nei dettagli l’organizzazione della futura guerra serba in
Bosnia
Erzegovina; si prevedono le fasi della pulizia etnica che
precederà la
spartizione del territorio; in base a un’articolata
analisi antropologica e
geopolitica si valuta l’opportunità
tattica della violenza sessuale ai danni
delle donne per
disgregare il tessuto multiculturale delle comunità
bosniache.

Fu proprio in questo modo che iniziò, inattesa e incomprensibile
ai
cittadini, la guerra in molti villaggi di quella regione, con
terribili,
apparentemente inspiegabili, episodi di violenza sul
corpo delle donne. Una
violenza che destava paura, smarrimento,
colpevolizzazione nelle donne
stesse (quando non ne morivano) e
nei ‘loro’ uomini che non erano stati in
grado di difenderle.
E poi rivalsa, e nuova violenza maschile, spesso contro
le donne
dell’Altro.

Il corpo femminile diventa così, letteralmente, territorio di
contesa. Ma
non è pura barbarie, è devastazione premeditata e
‘scientificamente’
fondata. Lo stupro, in Bosnia come in
Ruanda, in Somalia, in Algeria e in
ogni guerra moderna, non è
‘conseguenza’ della guerra ma arma che affianca
tutte le
operazioni di pulizia etnica.

Negli anni Novanta uomini armati violentavano il corpo delle
donne
dell’Altro per farne terreno di conquista, luogo di
disseminazione e
inseminazione etnica. Mentre i mass media
sbattevano vittimisticamente gli
stupri etnici in prima pagina
ogni giorno, i centri antiviolenza di città
come Belgrado e
Zagabria si riempivano di donne che chiedevano ad altre
donne
aiuto contro l’esplosione senza precedenti della violenza
domestica.

I movimenti antinazionalisti e pacifisti, quelli che lottavano
perché le
città e i paesi non si frantumassero in base alle
appartenenze etniche,
furono animati soprattutto dalle donne del
movimento femminista, dai giovani
che si rifiutavano di
imbracciare le armi, dai movimenti di gay e lesbiche,
dalle radio
libere, dai giornalisti e dai giuristi democratici.

Quando, a guerra finita, venne il momento della ricostruzione
partì da loro
– in Serbia, in Bosnia, in Croazia, in Slovenia,
in Kosovo – quel minimo di
società civile democratica che mise
in crisi i despoti nazionalisti e iniziò
a riparare le ferite
cercando di riportare verità e giustizia. Si poté
ricominciare a
vivere perché le vittime della violenza e della
discriminazione
più feroci si fecero presidio per il ripristino della
democrazia.

Un fosco 2009

L’aria è fosca e pesante nell’Italia del 2009. Un’aria
infetta che
respiriamo anche noi, nella tranquilla provincia
padana. Una brutta
sensazione, qualcosa che evoca paura e
arbitrio, arriva dalle notizie sulla
retata contro una settantina
di uomini e donne sudamericani, in prevalenza
di nazionalità
brasiliana, operata dalle forze di polizia della nostra città
nella
notte fra domenica e lunedì (La polizia sgomina la gang delle
patenti
false, "Gazzetta", 24 febbraio 2009; Tremila
euro per un set di documenti
falsi, "Gazzetta" 25
febbraio 2009, […]).

Il racconto del quotidiano è abbastanza rassicurante. Non
altrettanto le
telefonate che ci sono giunte da amici e amiche che
con alcune di queste
persone erano in contatto in quanto badanti,
addette alla pulizia delle
scale, colf: molte telefonate a
raccontarci irruzioni notturne; a dirci di
gente che non aveva mai
avuto un passaporto falso, anche se magari non era
ancora in
regola con i documenti, trascinata via, interrogata e
spedita
immediatamente in un centro di identificazione ed
espulsione in attesa
dell’espatrio.

Colpisce la relativa novità del metodo: la retata ‘etnica’,
massiccia,
operata in piena notte, l’espulsione immediata
soprattutto di chi, magari
perché in possesso di documenti veri,
era subito identificabile; e poi, per
ora, l’invisibilità dei
mercanti di identità fasulle (quanti italiani, tra
loro?).

E il senso di angoscia aumenta pensando ai ragazzini afghani
inghiottiti
dalle nebbie padane di cui abbiamo parlato nelle
nostre precedenti
newsletter. Sappiamo per certo che non sono più
nella nostra città; che non
sono state offerte loro le
opportunità e le garanzie che la legge prevedeva
per tutelarli,
che le versioni delle diverse forze preposte all’ordine
e
all’applicazione delle leggi contrastano tra loro. E questo ci
preoccupa,
anche perché si trattava di minorenni non accompagnati
e il nostro
territorio ha mostrato di essere impreparato a far
fronte a questo tipo di

problemi.

Guerra

Forse è vera la pesante affermazione del sindaco leghista di
Chiari,
senatore Alessandro Mazzatorta, durante una recente
puntata de L’Infedele:
contro i clandestini il governo sta
conducendo una vera e propria “guerra”.
Così come è in
guerra, con il favore di un popolo che torna ad essere
incline al
linciaggio, contro gli stupratori rumeni, tunisini,
marocchini,
albanesi. Molto meno contro i branchi di maschi
nazionali che danno fuoco
agli immigrati, violentano le amiche o
le donne straniere, e ancor meno
contro i mariti e i conviventi
che stuprano e picchiano le ‘loro’ donne.

E, come in ogni guerra, la stampa enfatizza le emozioni: piovono
notizie di
stupri, drammaticamente veri o caricaturalmente
presunti. A Suzzara una
giovane donna deve “cercare di
divincolarsi dai pesanti sguardi” di tre
marocchini un po’
alticci (Tentano di molestare una ragazza, "Gazzetta",
22
febbraio 2009). La notizia non esiste, ma il titolo è a
quattro colonne, ben
visibile nella sua inconsistenza.

E in prima pagina, a sei colonne, a caratteri cubitali: Tenta lo
stupro in
centro, preso ("Gazzetta", 24 febbraio 2009) e
Lo studente violentatore non
era solo ("Gazzetta", 25
febbraio, […]). E qui la molestia c’è stata,
eccome, da parte
di un ventenne (diciottenne nel secondo articolo) –
studente,
regolare, magrebino – che ha assalito una donna in pieno
giorno
urlando come un ossesso nel centro di Guidizzolo. Ma non
c’è stato stupro e
forse in quelle circostanze nemmeno voleva
esserci: lei è scappata, è corsa
dai carabinieri e lui è stato
arrestato mentre vagava per il paese con un
amico ancor più
giovane di lui.

Rabbia? Smarrimento? Disperata nostalgia di un luogo capace di
dare identità
e accoglienza? Bisogno di rivalsa su una società
sempre più ostile? Con una
prontezza sconcertante la Lega dà
vita proprio a Guidizzolo a due immediate
iniziative di risposta:
la creazione di una nuova sezione e il gazebo per la
raccolta di
firme a favore della castrazione chimica e contro
l’immigrazione
clandestina. Autoproclamandosi “simbolo della
guerra alla violenza”.

Stranieri inferociti si avventano sulle donne negli spazi pubblici
e
italiani ebbri, spesso giovani e in branco, ubriacano e
violentano, in
rituali dal gusto mortifero, le ‘proprie’
compagne, magari filmandole. Ma
certo con meno clamore. Sui
pilastri della statale che porta a Brescia,
all’altezza di
Montichiari, giganteggiano due scritte: “albanesi puttane”;
“rumene
puttane”: deliri di maschi rabbiosi. Maschi italiani,
probabilmente,
forse quelli che in quell’area della Padania si
offrirebbero per organizzare
ronde.

Tutto questo mentre la crisi economica incalza, togliendo
prospettive e
sicurezza, e l’opposizione democratica è debole,
divisa e confusa. Di fronte
a ogni collasso di un sistema
democratico, di fronte a qualunque logica di
guerra, il corpo
femminile viene investito di simboli che ne fanno luogo di
contesa
e di controllo. Sparisce la cittadina, con la sua soggettività
e
l’inviolabilità dei suoi diritti, e compare la preda: quanto
siamo coscienti
delle trame di senso che legano quanto accade
intorno a noi?

ARTICOLO 3 – osservatorio sulle discriminazioni

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