Skip to content


Vecchio scarpone: Anche l’Italia partecipa all’escalation in Europa Orientale

pubblicato sul n. 3 di Umanità Nova del 6 febbraio 2022

Vecchio scarpone

Anche l’Italia partecipa all’escalation in Europa Orientale

Sono stato indeciso se rendere pubbliche o meno queste mie riflessioni sulla crisi in Ucraina, da una parte per non aggregarmi alla variopinta schiera degli estimatori di Putin, dall’altra per non sbilanciarmi in affrettate previsioni che possono essere sempre smentite dall’evoluzione degli avvenimenti.

La recente presa di posizione del presidente ucraino Zelensky lancia più di un’ombra sulla campagna allarmistica in atto negli USA e in Europa a proposito della minaccia di invasione russa. In una conferenza stampa con i media stranieri, il leader ucraino affermato che la minaccia di invasione russa non è più alta oggi che nel 2021, e non si vede un’escalation russa. La priorità per le autorità di Kiev è la stabilità interna e soprattutto la stabilizzazione dell’economia.

Il reportage sull’Ucraina pubblicato su “Avvenire”, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, del 30 gennaio si apre con le parole “il fronte orientale”. Al di là delle dichiarazioni ufficiali della gerarchia e del pacifismo a corrente alternata di “Avvenire”, la Chiesa si mostra una delle fonti che alimentano la tensione internazionale.

Il ruolo della Russia all’interno della politica internazionale è ben diverso da quello dell’URSS fino a più di trent’anni fa. E questo non solo per lo scompaginamento territoriale e per lo sgretolamento delle alleanze di cui l’Unione Sovietica era al centro. Ora Mosca è perfettamente integrata nel sistema di potere dell’imperialismo anglo-americano, dopo l’adesione al Fondo Monetario Internazionale e all’Organizzazione Mondiale del Commercio, organismi internazionali controllati da Washington. La successiva adesione della Cina a questi organismi ha segnato la fine del mercato mondiale, costituito da scambi basati sull’oro, divenuto mercato domestico USA costituito da scambi basati sul dollaro.

Lo spazio di autonomia della Russia è quindi più ristretto di quello della vecchia Unione Sovietica, se Putin si trova a svolgere il ruolo del “vilain” nel teatrino della politica estera USA è perché ha tutte le caratteristiche del personaggio e non solo perché i media occidentali lo dipingono così. I recenti allori conseguiti in Kazakistan, grazie ai massacri dei ribelli, il sostegno a dittatori a giro per il mondo, dalla Bielorussia, alla Siria, all’Egitto, il clima di dura repressione interna caratterizzano il regime personificato da Putin come marcatamente autoritario.

Perché allora gli USA hanno bisogno di alimentare il clima di guerra con la Russia?

È bene ricordare gli avvenimenti che hanno accompagnato l’elezione di Sleepy Joe alla presidenza degli Stati Uniti. La convalida del voto, all’indomani della scomposta manifestazione dei sostenitori dell’ex-presidente Trump, si è svolta in condizione di stato di emergenza proclamato dal sindaco di Washington per 15 giorni, con la sede del congresso circondata da contingenti della Guardia Nazionale della Virdinia, del Mariland e del Distretto di Columbia e con l’ombra del tradimento che aleggiava sugli oppositori del presidente eletto. L’insediamento di Biden, per cui si prevedevano nuove clamorose proteste, è stato preceduto da un pronunciamiento dello Stato Maggiore Congiunto, organo che riunisce i capi di stato maggiore di ciascun ramo delle forze armate USA e il capo dell’Ufficio della Guardia Nazionale, in cui i fatti del 6 gennaio erano condannati come insurrezione e sedizione, invitando inoltre i membri delle Forze Armate a sostenere e difendere la costituzione e il processo costituzionale (che aveva portato all’elezione Joe Biden nda); il 20 gennaio 2021, giorno dell’insediamento di Biden, erano schierati a Washington oltre 25 mila militari. La protezione dei militari ha quindi garantito il passaggio dei poteri fra l’amministrazione Trump e quella Biden.

Le ragioni di questo favore sono presto dette: il budget per la Difesa, preparato dall’amministrazione Trump per l’anno fiscale 2021, non prevedeva aumenti; il presidente Trump in persona ava posto il veto, il 20 dicembre 2020, sulla legge approvata dal Congresso che autorizzava le spese del Dipartimento della Difesa per il 2021, che aveva portato il budget dai 705 previsti dalla Casa Bianca a 740 miliardi di dollari. Il veto metteva in pericolo il pagamento dell’indennità di rischio delle truppe, i progetti di nuove costruzioni militari, quelli per la sicurezza informatica ecc.. Il primo Budget per la Difesa, approvato dal -congresso sotto l’amministrazione Biden, è stato definito come la più ampia autorizzazione di spesa nella styoria, dopo quello del 2011, che aveva visto il picco nell’impiego di truppe statunitensi in Iraq e in Afghanistan. L’importo di spesa passa da 740 a 768 miliardi di dollari.

L’aumento di spesa per oltre la metà va agli appaltatori, alle corporations del complesso militare-industriale, che si occupa di tutto, dalla logistica al lavoro d’ufficio, dall’intelligence alla sicurezza privata. Secondo Open Secrets, l’industria bellica ha speso quasi 100 milioni di dollari in attività di lobbyng per condizionare le scelte del Congresso. Non c’è da stupirsi, il complesso militare-industriale plasma Washington da oltre un secolo.

C’è inoltre da tener presente che il 2022 per gli USA è un importante anno elettorale: con le elezioni di mid-term, in cui vengono eletti la Camera dei rappresentanti e un terzo dei membri del Senato. Il partito democratico rischia di perdere il controllo di entrambi i rami del Congresso, con inevitabili ripercussioni per Joe Biden e la possibilità di portare avanti la sua politica. La Lockheed-Martin, una delle cinque più grandi compagnie statunitensi impegnate nell’industia bellica, ha impianti in ogni Stato: una politica di aumento delle spese militari, di aumento dei guadagni delle grandi compagnie si può quindi tradurre in consenso elettorale, non solo a livello centrale, ma anche nei singoli Stati che mandano i loro rappresentanti al Congresso.

Anche se gli esperti della sicurezza nazionale della Casa Bianca vedono nella Cina la minaccia più urgente, è comprensibile che Biden cerchi una vittoria, anche solo diplomatica, nei confronti di un osso che crede meno duro, che faccia dimenticare il pandemnio scatenato dalla ritirata in Afghanistan. D’altra parte l’elevarsi della tensione mediatica internazionale giustifica l’espansione delle basi militari Usa attorno al mondo, ed in Europa Orientale in particolare, soddisfacendo i famelici interessi dei militari e dell’industria delle armi.

Il settore dell’energia non va dimenticato. Gas e petrolio hanno avuto un ruolo fondamentale nel processomdi accumulazione capitalistico negli Stati Uniti a partire dalla fine del XIX secolo. Dal 2014 la produzione di gas e petrolio ha conosciuto una nuova espansione, dopo la crisi degli anni ‘70 del secolo scorso e la conseguente recessione. Nonostante le promesse elettorali, l’amministrazione Biden non ha alcuna intenzione di porre limiti all’espansione delle perforazioni, siano esse in terraferma o sui fondali marini. Oltre a questo il recente aumento del prezzo del petrolio ha rimesso sul mercato le costose tecnologie di produzione di petrolio e gas da scisto, il cosiddetto fracking. D’altra parte, proprio alla fine del 2021 la Commissione UE ha dato via libera a gas e nucleare come fonti utili per la transizione verde. Questa scelta potrebbe aprire un nuovo mercato per i combustibili fossili USA, ma al momento attuale rischia di legare ancora di più l’Unione Europea alla Russia, maggiore e più economico fornitore di gas, rendendo inutili gli investimento fatti nei rigassificatori, che permetterebbero di utilizzare il costoso GNL, gas naturale liquefatto, naturalmente made in USA.

Nell’attività diplomatica attorno all’attuale crisi ucraina è quindi entrato anche il gasdotto North Stream 2. Il nuovo gasdotto fornirà all’Unione Europea 55 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno. Corre parallelo al già esistente North Stream, e permetterebbe al gas russo di raggiungere l’Europa senza attraversare Polonia, Ucraina e Bielorussia; i rispettivi governi vengono quindi esclusi dai diritti di transito e nn possono sospendere il transito del gas per mettere pressione alla Russia e all’Unione Europea. L’amministrazione USA non è contenta che siano bypassati sia gli stati baltici, sia quelli del gruppo di Vysegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria) principale centro di pressione dell’imperialismo anglo-americano all’interno dell’Unine Europea.

La crisi ha pesanti contraccolpi all’interno dell’Unione Europea, oltre che nei singoli Stati che la compongono, ma non interrompe la marcia verso una struttura unificata di difesa, nell’ottica di costituire la terza gamba, oltre agli USA e al Regno Unito, della NATO.

L’Italia si conferma paese di punta dell’impegno militare europeo: come scrive “Il Fatto Quotidiano”, in un articolo del 25 gennaio, truppe italiane sono in Lettonia, con carri armati e cingolati da neve, nell’ambito della missione “Baltic Guardian” della NATO; nei pressi di Costanza (Romania) è presente una squadriglia di 4 caccia Typhoon nell’ambito della missione “Air Black Storm”; mentre nel Mar Nero sono presenti la fregata FREMM Margottini e il cacciamone Viareggio. Ad essi si aggiungerà la portaerei “Cavour” con gli F-35, nell’ambito delle ennesime manovre NATO che si svolgeranno nelle prossime settimane, assieme alla portaerei francese De Gaulle e alla statunitense Truman.

Questo spiegamento di forze è stato autorizzato con uno stanziamento di 78 milioni di euro, che sicuramente il governo dovrà incrementare. Non si può escludere che lo scostamento di bilancio di cui si sta discutendo serva proprio ad incrementare la presenza militare italiana nello scacchiere.

Le crescenti spese militari sono giustificate con la nostra sicurezza, ma nessuno dice che sicurezza è soprattutto educazione e sanità, reddito garantito per tutti, non la guerra fra le dune infuocate o nelle steppe gelate.

Anche se forse nessuno vuole realmente la guerra oggi, le continue dimostrazioni di forza, la corsa agli armamenti, la concorrenza commerciale continuano a gettare benzina sul fuoco della crisi internazionale.

Solo un fronte proletario internazionale può fermare la corsa verso la guerra, combattendo tutti gli imperialismi a partire dal proprio imperialismo.

Basta missioni militari all’estero!

Tiziano Antonelli

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale.

Tagged with , , , , , , , .


La salute è un lusso per ricchi!

La salute è un lusso per ricchi!

I numeri della Pandemia non dicono quello che non è stato fatto per arginarli

L’attuale governo è in continuità con i precedenti: scellerate politiche di privatizzazione e di taglio del personale e delle infrastrutture ospedaliere. Infermieri, personale medico strutturato, assistenti sanitari hanno subito una riduzione numerica drastica. Chi è ancora in attività è costretto a turni massacranti. I posti letto sono calati del 30% tra il 2000 e il 2017. Era chiaro fin dal principio che il sistema sanitario non avrebbe mai potuto reggere il colpo. Eppure nulla è stato fatto per invertire la rotta. La logica che i governanti hanno seguito è stata sempre quella di salvaguardare la produzione e la circolazione di merci, assecondando le imprese e i loro interessi. In compenso sono stati più di 400.000 gli interventi chirurgici rimandati per impossibilità di tenere sotto osservazione pazienti in convalescenza postoperatoria. Tra questi, malati di tumore o con problemi cardio-vascolari, o altri divenuti inoperabili a causa dell’attesa prolungata. A questo si sono aggiunte cancellazione o sospensione di visite ed esami diagnostici. Numeri veramente impressionanti che si sommano alle mancate prestazioni sanitarie. Una diminuzione delle attività programmate dell’80%.
Ma salute non significa solo assenza di malattia, non è “solo” una domanda di posti letto in ospedale, di finanziamenti o di tamponi, ma riguarda anche le condizioni sociali e materiali delle persone nel loro complesso. La privatizzazione e la destrutturazione dei servizi territoriali, la riduzione dei consultori a ambulatori burocratici erogatori di servizi e non più spazi di ascolto, vicini a chiunque ne abbia bisogno, quartiere per quartiere sono problematiche già presenti prima della pandemia

La salute è sempre più un lusso per pochi

e soprattutto per ricchi

L’imposizione del green pass da parte del governo Draghi non ha mai avuto come obiettivo il contenimento del contagio. Si tratta di uno strumento di controllo da una parte e di distrazione sociale dall’altra, dal momento che il vaccino – misura sanitaria importante e necessaria – riduce la mortalità ma non è ad ora in grado di immunizzare totalmente.
La gestione criminale dell’emergenza pandemica, la scelta arbitraria di non garantire prevenzione e cura, preferendo investire ingenti somme di denaro nel comparto bellico, nelle grandi opere, nel sostegno alle imprese a discapito della spesa sociale, è sotto gli occhi di tutti.
Alla tutela della salute viene anteposta la logica del profitto a tutti i costi. “Produci, consuma, crepa” è il paradigma dominante.
Le nostre vite contano solo all’interno dell’ingranaggio del sistema statale e capitalista che ci vuole obbedienti e produttivi. È sempre più urgente innescare percorsi di solidarietà e lotta che sappiano sottrarre alle grinfie del controllo statale e della speculazione privata, i servizi necessari alla collettività. La costruzione di spazi di autogestione della vita e della salute, sono l’unica reale via d’uscita dall’incubo nel quale ci troviamo a vivere.

Le nostre vite valgono più dei loro profitti

Federazione Anarchica Livornese – FAI

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro, Nocività-Salute.

Tagged with , , , , , , , , , .


La scuola-azienda uccide Solidarietà allə studentə in lotta!

Student* in piazza stamani anche a Livorno
Manifestazione organizzata dal Collettivo Scuola di Carta dalle ore 9.30 in P del Municipio
Sostegno anche delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola, che stamani hanno scioperato in molti istituti scolastici, le porte del Liceo Enriques sono rimaste chiuse stamani per sciopero.

La scuola-azienda uccide
Solidarietà allə studentə in lotta!

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario esprimono piena solidarietà alle lotte studentesche e sostengono la proteste di chi lotta contro una scuola che riesce solo ad essere un luogo in cui la cultura è imposta a colpi di autorità, in cui si sprecano risorse per progetti e iniziative di stampo aziendalista, in cui si riproduce la divisione classista della società, in cui si propaganda la cultura della competizione e del servilismo. Ammassati in classi pollaio a scuola, sbattuti in alternanza fuori dalla scuola. Consegnati allo sfruttamento, addestrati alla precarietà, scaraventati spesso dall’alternanza scuola lavoro  n quelle medesime situazioni lavorative in cui ogni giorno muoiono 4 lavoratori. Per Lorenzo Parelli, 18 anni, studente di un corso di formazione professionale, è stato così. La storia dell’alternanza conta una lunga serie di “incidenti”: studenti che precipitano da cestelli elevatori, travolti da strutture di ferro, che riportano amputazioni e lesioni per crolli o cedimenti di strutture meccaniche. Una sequenza di incidenti non casuali, dovuti alla mancanza di sicurezza dettata dalla ricerca del profitto che non risparmia nessuno,  nemmeno uno studente che in quel momento dovrebbe stare da tutt’altra parte, non certo a lavorare gratis in situazione di estremo sfruttamento e di pericolo. Eppure fino ad ora il modello di alternanza scuola lavoro non è stato seriamente riconsiderato. Oggi gli studenti mettono sotto accusa il sistema dell’ alternanza scuola lavoro e il modello di scuola in cui si trovano a studiare. Allo stesso tempo vengono messi al centro i problemi strutturali, la speculazione edilizia che mantiene le scuole in condizioni fatiscenti e degradate, talvolta anche nocive, se si pensa ad esempio a tutte le scuole in cui ancora è presente amianto. Niente risorse per le reali necessità della scuola, nemmeno in periodo di pandemia. Così come non ci sono risorse per la sanità. Scuola e sanità pubblica affossate, a fronte di foraggiamenti del settore privato e di risorse sempre più ingenti per il settore militare, l’unico che vergognosamente non conosce crisi.
Da mesi in molte scuole di varie città italiane si stanno svolgendo occupazioni e proteste studentesche contro un modello di scuola fallimentare. Proteste che testimoniano un malcontento e una voglia di ribellione espressa anche dal mondo del lavoro, più o meno formale, animato da scioperi, picchetti, assemblee contro licenziamenti e sfruttamento; proteste espresse anche da  fasce popolari e da ampi settori sociali contro sfratti, carovita e caro bollette. La gestione securitaria dell’emergenza sanitaria, la medesima che vieta manifestazioni a lavoratori e studenti, la medesima che aziona i manganelli di solerti funzionari contro studenti, come è successo a Roma domenica scorsa, non riesce a sopire il malcontento e l’opposizione sociale. Sosteniamo queste mobilitazioni, diamo forza alle proteste, uniamo le lotte presenti nella scuola nel mondo del lavoro e nei contesti sociali.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

Posted in General.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , .


Manifestazione 29 gennaio: Solidarietà ai lavoratori MT

Solidarietà ai lavoratori MT
Basta sfruttamento, prendiamo in mano le nostre vite!

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario parteciperanno alla manifestazione di sabato 29 indetta in solidarietà con i lavoratori MT dell’appalto Bertani, a fianco di tuttə quellə che combattono quotidianamente nei posti di lavoro contro l’arroganza dei padroni e delle istituzioni.
La responsabilità della crisi occupazionale che attraversa oggi l’Italia è in primo luogo delle scelte del governo Draghi, che ha deciso prematuramente di sospendere il blocco dei licenziamenti, appoggiato dai dai sindacati collaborazionisti.
Al di là delle cause contingenti delle singole crisi aziendali, l’attuale fase produttiva si caratterizza per una costante diminuzione della richiesta di forza lavoro.
Questa trasformazione strutturale ha un impatto inevitabile sull’occupazione e sul reddito dei ceti popolari. Siamo convinti che sia possibile trasformare questo fenomeno da una minaccia in una opportunità, a condizione che nasca un movimento operaio autonomo e organizzato, un movimento di lotta per la riduzione del tempo di lavoro a partire dalla abbassamento dell’età pensionabile, un movimento di lotta per il reddito a partire dal reddito garantito per tuttə.
E noi ci si venga a dire che non ci sono soldi: basta mettere fine alle infinite regalie (finanziamenti, crediti di imposta, tariffe agevolate, rimborsi e chi più ne ha più ne metta) a favore di attività commerciali ormai fallite, piccole e grandi, industriali, agricole, finanziarie. Non sono le singole aziende ad essere fallite, è il modo di produzione capitalistico ad aver fatto bancarotta.
Spetta alle lavoratrici e ai lavoratori organizzati riprendere in mano la propria vita.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , .


Solidarietà senza frontiere! Striscioni al consolato francese e ai 4 mori

DALLA MANICA AL MEDITERRANEO

BASTA SGOMBERI E VIOLENZE DEI GOVERNI!

SOLIDARIETÀ ALLE PERSONE MIGRANTI!

BASTA MORTI NEI CPR, CHIUDERE I NUOVI LAGER!

LIBERTÀ PER EMILIO!

Ci uniamo alle iniziative di solidarietà e di lotta contro le frontiere che in questi giorni si tengono in tutto il mondo. Come ogni anno la giornata del 18 dicembre mostra come solo l’azione diretta, il mutuo appoggio, la solidarietà possano spezzare la catena di violenza, sfruttamento e oppressione che schiaccia le vite di milioni di persone migranti nel mondo. Non possono certo farlo le Convenzioni delle Nazioni Unite che restano lettera morta per oltre 30 anni, non possono essere gli Stati che – come l’Italia – neanche firmano queste convenzioni, e che sono responsabili ogni anno della morte, della deportazione e dell’internamento di migliaia di persone. In questi giorni, come sempre, siamo con chi nel mondo grida “Libertà di movimento per tutt*!”, “Nessun* è illegale!”

Solidarietà con chi è costretto dalle politiche razziste e autoritarie dei governi a compiere viaggi pericolosi per attraversare un confine. Solidarietà a chi è internato nei centri di detenzione per senza documenti, con chi è costretto a vivere nell’isolamento, nell’emarginazione a causa delle violenze e dei ricatti delle forze di polizia, del razzismo di stato, dello sfruttamento selvaggio sul lavoro, delle politiche di separazione sociale. Solidarietà a chi lotta per la libertà da Lampedusa a Calais in Francia, da Melilla in Spagna a Byalistok in Polonia!

Chiudere i CPR, i centri di permanenza per il rimpatrio in cui in Italia vengono rinchiusi coloro che non hanno i documenti in regola, è sempre più urgente. Il 28 novembre Wissem Ben Abdellatif, 26 anni, tunisino, è morto in contenzione psichiatrica, legato, all’ospedale San Camillo di Roma. Era rinchiuso nel CPR di Ponte Galeria, dove era stato inserito in un percorso psichiatrico da cui non è uscito vivo. Domenica 5 dicembre, R., del Marocco è morto mentre era rinchiuso nel CPR di Gradisca d’Isonzo. Il governo vuole aprire nuovi CPR, rilanciamo la lotta per chiudere ovunque tutti i nuovi lager!

A Calais, sulla Manica, la repressione del governo contro le persone migranti che cercano di attraversare il mare per raggiungere l’Inghilterra è sempre più violenta, sgomberi quotidiani delle tendopoli nei boschi, distruzione e sequestro illegale delle tende e degli averi di chi vive negli insediamenti. Droni, sensori di calore, filo spinato, pallottole di gomma, gas e cani. Queste sono solo alcune delle armi che la Francia usa per fare la guerra alla popolazione migrante. Lo scorso 27 novembre sono morte 27 persone in mare, a poche centinaia di chilometri da Londra e Parigi, dove i governi stanno trattando come meglio trarre profitto dalla Brexit, in un gioco di potere tra gli stati fatto sulla pelle delle persone. Solidarietà con tutte le persone migranti, e con tutti coloro che lottano contro le frontiere sulle coste della Manica!

La solidarietà è lo strumento più forte che abbiamo, soprattutto davanti alla collaborazione tra i governi nelle politiche razziste e repressive. Il 26 novembre a Roma è stato firmato da Macron e Draghi il nuovo Trattato d’amicizia tra Italia e Francia. È un trattato di amicizia tra i governi per portare insieme la guerra in Mali e in Libia, per far fare più grassi profitti alla grande industria, per militarizzare la società con il servizio universale obbligatorio per i giovani, per chiudere ancora di più i confini, per cooperare sempre di più nella repressione dei movimenti di lotta. Gli stati europei, al di là delle divergenze politiche, collaborano strettamente nella repressione. La vicenda di Emilio è emblematica. Storico militante NO TAV della Val di Susa, vicino al confine con la Francia, è stato estradato in Francia in conseguenza di un Mandato d’Arresto Europeo emesso dalla magistratura di Gap accusato ingiustamente di aver aggredito un gendarme francese lo scorso maggio durante una manifestazione No border a Clavière. Emilio è chiuso nel carcere di Aix Luynes per la sua attvità di solidarietà. Libertà per Emilio!

Collettivo Anarchico Libertario collettivoanarchico@hotmail.it // collettivoanarchico.noblogs.org

Federazione Anarchica Livornese cdcfedanaarchicalivornese@virgilio.it // federazioneanarchica.org

 

Posted in Anarchismo, Antirazzismo, Generale, Iniziative, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , .


Contro tutti i confini! Sosteniamo i no borders in Polonia!

Contro tutti i confini
Solleviamoci in solidarietà!
Sosteniamo i no borders in Polonia!
Come Federazione Anarchica Livornese e Collettivo Anarchico Libertario rispondiamo all’appello alla solidarietà internazionalista lanciato dal No Borders Team attivo sul confine tra Polonia e Bielorussia in solidarietà concreta con coloro che cercando di passare il confine sono schiacciati dalle politiche assassine dell’Unione Europea, dei governi polacco e bielorusso. Abbattiamo le frontiere! Nostra patria è il mondo intero!
Di seguito l’appello:
Il movimento no borders in Polonia fa appello per una settimana di azioni di solidarietà dal 6 al 13 dicembre, invitando le realtà che lottano per un mondo senza frontiere a dar vita a iniziative coordinate. Di seguito l’appello del No Borders Team sostenuto anche dalla Federazione Anarchica Polacca.
APPELLO ALLE AZIONI DI SOLIDARIETÀ
dal 6 al 13 dicembre
Da diversi mesi stiamo assistendo a un gioco politico tra Unione Europea, Russia, Polonia e Bielorussia. Come spesso è già avvenuto negli scorsi anni, le persone private delle loro case e in cerca di una vita migliore, sono diventate strumento delle autorità statali.
Trattate come strumenti in questo conflitto, ne sopportano i costi diretti. Muoiono alla frontiera, vengono torturate, picchiate, violentate e abusate in ogni modo possibile. La situazione in cui si trovano è il risultato diretto della politica anti-immigrazione dell’Unione Europea, che viene usata senza scrupoli dal regime di Lukashenka.
Come movimento no borders in Polonia, vogliamo invitare ad attività coordinate tutti i gruppi in Europa che condividono l’idea di un mondo senza frontiere.
Vogliamo fare pressione sulle autorità della Polonia e dell’Unione Europea ed esprimere solidarietà a tutte le persone in viaggio. La decisione sulla forma da dare alle vostre azioni, la lasciamo prendere a voi. Manifestazioni davanti alle ambasciate e ai consolati polacchi, accensione di candele, campagne di graffiti, striscioni, feste di solidarietà, benefit, incontri e tutte le altre attività, dovrebbero diventare parte della nostra opposizione alla militarizzazione delle frontiere e alla restrizione del diritto di movimento.
Anche se stiamo agendo contro una grande macchina che ha soldati, polizia, tribunali e media al suo servizio, crediamo che grazie alla solidarietà transnazionale saremo in grado di opporci efficacemente a questo sistema.
Settimana di azioni dal 6 al 13 dicembre 2021
Se hai domande, suggerimenti, idee o vuoi contattarci,
scrivi a: no_borders_team@riseup.net
No Borders Team (Polonia)

Posted in Anarchismo, Antirazzismo, Generale, Iniziative, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , .


NO DRAGHI DAY!

f

Mobilitiamoci per mandare a casa il governo della guerra, della pandemia, della miseria, della disoccupazione

4 dicembre: no Draghi day

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario appoggiano la mobilitazione del sindacalismo di base e conflittuale contro il governo Draghi, per questo partecipano e invitano a partecipare al presidio organizzato a Livorno dai sindacati di base e conflittuali il 2 dicembre in Piazza Grande alle ore 17.

La legge di bilancio che il governo ha inviato al Parlamento prevede tagli solo per i ceti popolari, dalle pensioni al reddito di cittadinanza, a vantaggio dei finanziamenti alle imprese.

L’assegno unico per i figli a carico è uno squallido bluff, che riduce i contributi per famiglie fino a due figli a carico, che sono la maggioranza.

Il taglio dell’IRPEF va a vantaggio dei redditi medio-alti; per i senza reddito e per gli incapienti, cioè per chi ha un reddito tanto basso da non poter beneficiare delle detrazioni, non avranno niente.

Le spese militari continuano ad aumentare, ben più dell’inflazione e dell’aumento del Prodotto Interno Lordo, trainate anche dalle missioni militari all’estero. Le misure che potrebbero colpire i ceti privilegiati e la gerarchia clericale, come la patrimoniale o il nuovo catasto, sono riposte nel cassetto.

La ripresa economica, di cui il governo si vanta, è costruita sui sacrifici delle classi sfruttate. Il numero delle per sone in povertà assoluta è cresciuto da 4 milioni a 5 milioni e 600 mila nel 2020, mentre la disoccupazione resterà alta per tutto il 2022, secondo il Centro Studi Confindustria. I nuovi contratti di lavoro non fanno che aumentare le varie forme di precariato. Aumentano gli incidenti sul lavoro, gli omicidi bianchi aumentano del 41% nello stesso periodo dell’anno precedente. La sicurezza reale viene completamente ignorata, mentre il governo spacia per sicurezza quella che è invece una gestione autoritaria e poco efficace dell’emergenza sanitaria

La giornata del 4 dicembre è un’ulteriore tappa del percorso unitario intrapreso dal sindacalismo di base e conflittuale, che ha già visto il successo dello sciopero generale dell’11 ottobre. Questo percorso si interseca con la mobilitazione antimilitarista che ha avuto un importante appuntamento il 20 novembre a Torino, con la manifestazione contro il Defense and Aerospace Meetings. La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario sostengono queste iniziative di lotta e auspicano che il sindacalismo di base e conflittuale possa costruire ulteriori scadenze di sciopero per contrastare gli effetti della legge di bilancio.

Federazione Anarchica Livornese

federazioneanarchica.org

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico.noblogs.org

collettivoanarchico@hotmail.it

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , .


NO DRAGHI DAY: giovedì 2 a Livorno e sabato 4 a Firenze

IL SINDACALISMO DI BASE E CONNFLITTUALE DICE NO!

MANIFESTAZIONE REGIONALE SABATO 4 DICEMBRE

FIRENZE PIAZZA della stazione ore 15

Appuntamento per parteciparvi alle ore 12:30 stazione di Livorno

GIOVEDÌ 2 DICEMBRE ORE 17 PRESIDIO E ASSEMBLEA IN PIAZZA GRANDE a Livorno

La Legge di Bilancio prodotta dal governo Draghi conferma il nuovo e pesante attacco alle condizioni di vita dei settori sociali più deboli del paese mentre stanzia ulteriori risorse per le grandi imprese, le rendite finanziarie e il settore militare

Si conferma la linea politica dell’aumento delle disuguaglianze, con aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia.

Sulle pensioni si mantiene il famigerato impianto della Fornero con un rialzo dell’età pensionabile.

Sul Reddito di Cittadinanza si introducono misure per restringerne la platea.

Sul fisco si preannuncia l’abolizione dell’IRAP, cioè dell’unica tassa ineludibile per le imprese.

Vengono sbloccati i licenziamenti attaccando ancora di più l’occupazione, favorendo sfruttamento e precarietà

Crescono i morti sul lavoro e gli infortuni.

Quasi inesistenti gli investimenti pubblici nei settori chiave della vita sociale, come sanità, scuola e trasporti urbani, fondamentali anche per contrastare la diffusione della pandemia.

Viene inoltre riesumato il pericolosissimo progetto di autonomia differenziata, destinato ad aumentare le differenze territoriali e sociali.

A completare il piano di Draghi c’è invece il disegno di legge del governo sulla concorrenza che prepara una privatizzazione selvaggia di tutto ciò che resta ancora di pubblico nel nostro paese: dai trasporti locali all’energia, dall’acqua all’igiene ambientale, dai porti fino alla liberalizzazione dei taxi e ad un rilancio in grande stile della sanità privata. Draghi sta soddisfacendo tutte le richieste di Confindustria con il silenzio complice di Cgil, Cisl, Uil. Il governo dà copertura alle azioni illegali da parte del padronato quando utilizza le squadracce pagate per picchiare lavoratori e lavoratrici in sciopero.

Dopo il riuscito sciopero generale dell’11 ottobre, promosso da tutto il sindacalismo conflittuale e di base la mobilitazione continua

No ai licenziamenti e alle privatizzazioni. Lotta per il salario e il reddito garantito. Cancellazione della Legge Fornero, contrasto al carovita e ai diktat dell’Unione Europea. Rinnovi contrattuali e lotta alla precarietà per la piena occupazione. Forti investimenti per scuola, sanità, trasporti e previdenza pubblica, contro le spese militari e le missioni all’estero, a favore di una necessaria spesa sociale. Per un fisco equo che aggredisca le rendite e riduca le disuguaglianze sociali.

4 DICEMBRE NO DRAGHI DAY!

CIB-UNICOBAS, CUB, USB, USI-CIT

Posted in Generale, Iniziative, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , , .


Distruggiamo la violenza di genere, distruggiamo il patriarcato!

Distruggiamo la violenza di genere, distruggiamo il patriarcato!
Nella famiglia, nella società, sul posto di lavoro, di studio, di svago
Nelle associazioni e nei movimenti
La Federazione Anarchica Livornese sostiene le iniziative di NonUnadiMeno Livorno in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza di genere e tutte le iniziative di agitazione e di comunicazione contro la violenza ele discriminazioni di genere, contro l’organizzazione sociale gerarchica e patriarcale.
Denuncia l’azione del governo, delle forze parlamentari e delle istituzioni religiose che, mentre parlano di lotta alla discriminazione e alla violenza, rafforzano quelle politiche familiste, suprematiste, maschiliste che alimentano e giustificano la violenza di genere.
Commissione di corrispondenza della
Federazione Anarchica Livornese

Posted in Anarchismo, Antisessismo, Femminismo e Genere, Generale, Iniziative.

Tagged with , , , , , , , , , .


Lottare contro il militarismo

articolo uscito su Umanità Nova n. 36 del 21 novembre 2021

Lottare contro il militarismo

Saremo a Torino sabato 20 novembre per la manifestazione antimilitarista contro l’Aerospace and defence meetings, la fiera dei mercanti e dei produttori di armi che si terrà nel capoluogo piemontese alla fine del mese. Durante questa fiera rappresentanti di governi, eserciti e compagnie di mercenari stringono accordi con mercanti e produttori di armi per riempire gli arsenali che riforniscono le guerre in giro per il mondo. L’Aerospace and defence meetings si tiene ogni due anni e da oltre un decennio le realtà antimilitariste cittadine organizzano contestazioni e manifestazioni contro la fiera della guerra. Quest’anno l’opposizione antimilitarista si muoverà in un quadro per certi aspetti nuovo e diverso.

Proprio nel corso degli ultimi due anni, mentre il servizio sanitario collassava di fronte alla pandemia e centinaia di migliaia di persone venivano spinte nella povertà e nella disoccupazione, il governo ha deciso di aumentare a 24,97 miliardi la spesa militare per il 2021. Un aumento dell’8,1% rispetto all’anno precedente, a cui corrisponde un taglio delle spese per scuola, sanità e sociale. Inoltre proprio tra 2020 e 2021 il Parlamento ha approvato quasi all’unanimità quattro nuove missioni militari. Nel Golfo di Guinea, nel Sahel, in Somalia e sullo Stretto di Hormuz. Zone molto calde, dove le truppe italiane si troveranno davvero a far la guerra, in particolare nel Sahel, dove la Francia è impantanata da anni nell’operazione Barkhane, facendo anche strage di civili pur di mantenere la propria influenza sulla regione. Missioni che hanno dichiarate ragioni imperialiste come nel Golfo di Guinea, dove si schierano navi da guerra “per difendere gli interessi estrattivi dell’ENI”. Sono missioni che quindi confermano l’inasprimento del carattere aggressivo, predatorio e neocoloniale della politica estera dello stato italiano e che consolidano il riorientamento strategico degli ultimi anni verso il continente africano.

È per dare una risposta a tutto ciò che quest’anno la contestazione dell’Aerospace and defence meetings ha assunto un carattere più ampio, non solo sul piano delle questioni su cui punterà la manifestazione. Infatti il corteo del 20 è stato convocato da un’ assemblea che ha visto la partecipazione di collettivi, gruppi, organizzazioni e associazioni da varie regioni e che si è svolta a Milano lo scorso 9 ottobre presso il Laboratorio Kasciavit. Un confronto vario e approfondito da cui è nato un nuovo organismo di coordinamento, l’Assemblea Antimilitarista, per costruire un percorso unitario che rilanci l’antimilitarismo, di cui la manifestazione torinese è una prima fondamentale tappa.

I punti individuati dall’assemblea di Milano per costruire una campagna antimilitarista cercano di dare visibilità a molte delle questioni su cui sono in corso delle lotte, per creare nuove reti e al contempo formare connessioni e intersezioni con altri movimenti: lotta per il ritiro delle missioni militari; boicottaggio dell’industria bellica per la sua riconversione; lotta contro basi militari, poligoni e servitù militari; contro la militarizzazione dei confini e delle città; contro le spese militari; contro i colossi industriali italiani come l’ENI che dettano l’agenda di guerra; contro le devastazioni ambientali provocate dal sistema militare-industriale; contro il dominio patriarcale asse portante del militarismo; contro il disciplinamento sociale e la propaganda militarista nelle scuole e nelle università.

Uno dei nodi principali è costituito dalle missioni militari all’estero. Perché proprio attraverso le missioni lo stato impone con la presenza militare la sua ingerenza politica ed economica in altri paesi. Le missioni sono anche uno dei motori della produzione di armi perché è l’esigenza di impiegare sul campo armamenti, mezzi e tecnologie di guerra sempre all’avanguardia a giustificare l’enorme impegno dello stato nel sostenere l’industria militare, e le missioni stesse sono spesso una vetrina per mostrare al mercato internazionale la potenza dei nuovi gioielli della produzione bellica.

Per l’anno 2021 il Parlamento ha votato lo scorso luglio l’approvazione di 41 missioni militari. Una di queste era la missione in Afghanistan, conclusa nel corso dell’estate. Una vicenda purtroppo esemplare, che mostra chiaramente come una guerra d’invasione giustificata come “missione di polizia internazionale” prima, con la caccia al terrorista, e come “missione umanitaria” poi, per mantenere la pace, abbia riconsegnato il potere ai talebani, devastato le città, provocato 240000 morti di cui 70000 civili, e mantenuto la popolazione nella miseria, nell’oppressione, nella guerra, nella violenza patriarcale. L’Afghanistan è stato uno dei paesi in cui l’impegno militare italiano è stato più consistente e dispendioso, questi sono i risultati. Non c’è certo da immaginarsi qualcosa di meglio dalle altre missioni di guerra.

Le altre 40 missioni possono essere inquadrate sotto la guida dell’ONU, della NATO o dell’UE, oppure nella partecipazione a specifiche coalizioni, come spedizioni militari basate su accordi bilaterali o come interventi gestiti esclusivamente dall’Italia.

Le missioni condotte sotto le insegne dell’ONU impegnano oltre 1300 soldati, quasi tutti schierati in Libano con la missione UNIFIL, attiva con fasi alterne dal 1982. Alcune unità sono disposte in Somalia, Libia, Mali, Sahara Occidentale, a Cipro e tra India e Pakistan.

Nel quadro della NATO sono attualmente impegnati fino a 1891 militari, a cui andrebbero aggiunti i 1000 soldati che sono stati ritirati dall’Afghanistan nella scorsa estate. In Kosovo sono presenti 638 militari, nel Mediterraneo con la missione Sea Guardian sono 240, in Iraq 280, in Lettonia come parte dello schieramento del patto atlantico per minacciare la Russia sono 237, mentre per la sorveglianza dello spazio navale sono schierati 235 militari e 2 mezzi navali, per la sorveglianza dello spazio aereo 2 velivoli, mentre per l’Air Policing sono impegnati 260 militari e 12 aerei.

Le missioni a guida UE vedono coinvolte invece 1459 unità, nello stretto di Hormuz 193 militari 1 nave e 2 aerei, in Kosovo 4 unità, in Bosnia 50, mentre la missione nel Mediterraneo Sophia impiega 596 militari 1 nave e 2 aerei, in Palestina 1 unità, in Iraq 2, in Mali 30 con due diverse missioni, in Niger 14, nella Repubblica Centraficana 2, nel Corno d’Africa 388 militari 2 navi e 4 aerei, in Somalia 169 soldati con 33 mezzi con due diverse missioni.

In forma autonoma o sulla base di accordi bilaterali con alcuni paesi l’Italia impegna fino a 2357 militari all’estero. Per la missione “emergenza cedri” in Libano del 2020 sono stati impegnati 402 militari, per la missione di addestramento delle forze di sicurezza sempre in Libano sono stati inviati 315 militari, per l’addestramento delle forze dell’Autorità Palestinese 33 unità, per la missione MIASIT in Libia 400 soldati, per la missione di cooperazione in Tunisia 15 unità, per la missione di supporto in Niger 295 soldati, per l’addestramento delle forze di polizia in Somalia, Gibuti e Yemen 63 unità, per la base militare italiana in Gibuti 147 militari, per la missione Mare Sicuro nel Mediterraneo 754 militari, 6 navi e 8 aerei, per la missione nel Golfo di Guinea 394 militari, 2 navi e 4 aerei, come personale di supporto alle missioni nella regione sono dislocati negli Emirati Arabi Uniti, nel Baharain, nel Qatar, 139 unità.

Infine nell’ambito di specifiche coalizioni di intervento sono impegnati fino a 1228 militari, con la missione in Iraq per partecipare alla coalizione contro lo Stato Islamico, con 900 soldati, 84 mezzi e 11 aerei, la missione Takuba nel Sahel, con 250 soldati, 44 mezzi e 8 aerei, e la MFO Sinai in Egitto con 78 militari e 3 mezzi navali.

Pur confermando la dipendenza dalla NATO e dagli USA con missioni come quella in Lettonia, così come con l’aumento della spesa militare sollecitato dall’alleanza atlantica, da questo scenario emerge una particolare rilevanza delle missioni bilaterali o autonome dell’Italia, è infatti in queste missioni che l’impegno militare italiano risulta più forte, almeno in termini di effettivi. Si noti anche che al di là del personale di supporto nella penisola arabica, dell’addestramento presso l’Autorità Palestinese e dello storico e consistente schieramento in Libano, gran parte di queste missioni si svolgono in Africa, in parallelo con alcune missioni a guida UE e con la missione Takuba nel Sahel nel quadro di una coalizione sollecitata dalla Francia. La novità, segnalata anche da analisti certo non antimilitaristi, ma anzi vicini alle Forze armate, sta proprio nel sempre maggior impegno militare all’estero dello stato italiano in missioni autonome, e nel consolidamento definitivo di una nuova strategia verso il continente africano. Bisogna evitare di cadere in forzature perché in certi ambienti militari e politici la storiella di un’Italia che assume un ruolo sugli scenari internazionali serve a nutrire un immaginario sovranista e autarchico. Tuttavia anche nel quadro della definizione di una strategia militare europea comune, è evidente che la politica estera dell’Italia si fa più aggressiva e più apertamente imperialista e neocoloniale. Questo emerge chiaramente dalle motivazioni date dal governo alle missioni, dalla propaganda, dal discorso dominante che sui media e pure a livello accademico propone continuamente la “difesa dell’interesse nazionale” come principale indirizzo della politica estera.

Per questo è importante la manifestazione del 20 novembre. Per aggregare una piazza plurale che possa unire le voci dell’antimilitarismo contrastando uno dei luoghi in cui la guerra si prepara, come l’Aerospace and defence meetings. Per contrastare la crescente strategia aggressiva dello stato italiano, che si realizza innanzitutto nelle missioni militari all’estero, e che si inserisce in un contesto che vede inasprirsi la tensione internazionale tra i poli imperialisti USA, Russia, UE, Cina. Una crisi generale di cui il caso del trattato AUKUS che ha portato a forti contrasti tra USA e Francia è solo un sintomo, ma che emerge in modo sanguinoso ovunque nel mondo: La guerra in Etiopia e il conflitto ininterrotto in Siria, Iraq e Turchia sono solo le situazioni più conosciute alle nostre latitudini.

Per il movimento anarchico l’antimilitarismo non è solo opposizione alla guerra, è lotta contro tutti gli eserciti. Perché il principale ostacolo alle rivoluzioni, in ogni paese, è proprio l’esercito, perché è a questa istituzione molto gelosa dei propri privilegi che lo stato si affida per difendere il proprio potere, per mantenere la divisione in classi della società, per tutelare i profitti e i privilegi della classe dominante. La guerra, le missioni militari, non fanno che rendere necessario l’esercito, il suo continuo ammodernamento, la sua specializzazione e professionalizzazione, il suo continuo finanziamento.

Le guerre, le missioni, si possono fermare. I governi hanno paura dei movimenti di lotta, nel 2011 l’Italia partecipò al bombardamento della Libia ma l’intervento dell’Italia al fianco di USA, Francia, UK, fu tenuto nascosto dal governo per paura di suscitare proteste. Durante l’invasione dello stato turco in Rojava nell’ottobre 2019 il movimento di solidarietà in Italia denunciò la complicità dello stato italiano con il massacro condotto dall’esercito turco, portando l’attenzione sulla presenza di una missione militare italiana in difesa dello spazio aereo turco, la missione Active Fence nel quadro della NATO. Missione che il governo italiano fu costretto a ritirare nei mesi successivi. Questo dimostra che è possibile mettersi in mezzo, fermare le guerre, inceppare gli ingranaggi del militarismo. Iniziamo dal 20 novembre a Torino.

AD

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Iniziative.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , .