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Ayşenur Eygi assassinata dallo stato di Israele

articolo pubblicato sul n. 26 di Umanità Nova del 15/09/24

Ayşenur Eygi assassinata dallo stato di Israele

Lo scorso 6 settembre l’esercito israeliano ha ucciso l’attivista turco-americana Ayşenur Eygi mentre partecipava a una manifestazione pacifica a Baita, vicino Nablus.

Fin da subito l’agenzia di stampa palestinese Wafa riportava che l’attivista, cittadina statunitense, «partecipava al progetto Faz3a, che lavora per sostenere e proteggere gli agricoltori palestinesi dalle violazioni dei militari e dei coloni israeliani». Ayşenur Eygi si era da poco laureata all’Università di Washington, dove aveva partecipato alle proteste studentesche in solidarietà alla popolazione palestinese. Era arrivata in Cisgiordania nei primi giorni di settembre come attivista dell’International Solidarity Movement per partecipare alla campagna Faz3a.

L’appello di lancio della campagna Faz3a, pochi mesi fa, aveva avuto risalto anche sulle pagine di Umanità Nova, si tratta infatti di un’iniziativa di base «a guida palestinese nata per rispondere all’estrema necessità di organizzare sul terreno una forma di protezione civile internazionale dalla violenza israeliana in queste circostanze. È un’iniziativa basata e sostenuta dalla società civile palestinese in Cisgiordania proveniente da ogni spettro politico». Una campagna che cerca di dare forza alle organizzazioni di base la cui capacità di intervento rischia di essere azzerata dalla guerra imposta dallo stato di Israele. Una campagna «basata sulla consapevolezza che in questa situazione i palestinesi hanno bisogno di sostegno internazionale e protezione civile, e che la società civile internazionale abbia il dovere di agire. Faz3a non è un’organizzazione caritatevole. La nostra campagna è radicata nella consapevolezza che costruire movimenti – sia palestinesi che internazionali – sia essenziale in questa fase di devastazione»

Questa campagna è stata accolta a livello internazionale come un importante segnale per la costruzione di movimenti dal basso che pratichino la solidarietà internazionale su un piano chiaramente antimilitarista e non settario.

Per questo simili iniziative sono colpite in modo tanto violento dallo stato israeliano, perché mettono in discussione la stessa logica di apartheid, colonialismo, militarismo su cui non solo si regge l’autorità di quello stato, ma che alimenta anche la guerra che ne giustifica l’esistenza. Certo non è solo questo. L’uccisione di Ayşenur Eygi rende evidente il livello di violenza che ormai è stato raggiunto dall’esercito israeliano e dai coloni anche in Cisgiordania, e che si è innalzato dopo l’invasione su larga scala messa in atto dal governo di Tel Aviv lo scorso 29 agosto. In questo contesto chiunque si metta in mezzo, chiunque provi a bloccare la macchina militare israeliana, anche ai bordi del più piccolo villaggio o sotto il più esile olivo, è obiettivo della più sanguinosa repressione.

La manifestazione a cui Ayşenur Eygi stava partecipando era un’iniziativa pacifica, nel quadro delle proteste settimanali del venerdì che a Beita si tengono regolarmente da anni contro la presenza di un insediamento e di alcuni avamposti di coloni israeliani a ridosso del villaggio, che hanno sottratto ai residenti terra, mezzi di sostentamento, libertà di movimento, e anche molte vite.

Come ha dichiarato a Quds News Network Jonathan Pollak, storico attivista del gruppo “Anarchici contro il muro” (gruppo non più attivo da alcuni anni), Ayşenur Eygi non è che l’ultima vittima della sanguinosa repressione delle forze israeliane a Beita: «Quello che è successo oggi non è un incidente – afferma Jonathan Pollak – è la continuazione dell’uccisione di 17 residenti di Beita nel corso di manifestazioni dal 2021. È un’uccisione intenzionale, che è ora sotto l’attenzione dei media e dei giornali perché è una cittadina statunitense. È un’uccisione intenzionale che non può essere giustificata».

Jonathan Pollak spiega di aver udito distintamente due spari di munizionamento letale «Sono venti anni che prendo parte a queste manifestazioni, so riconoscere il diverso rumore dei lacrimogeni, delle pallottole ricoperte di gomma, e delle munizioni letali». Racconta che il primo proiettile dopo aver colpito un oggetto metallico ha ferito alla gamba un giovane del villaggio, mentre il secondo ha colpito alla testa Ayşenur Eygi. I soccorsi sono stati vani, trasportata in ambulanza è morta in ospedale nonostante i tentativi di rianimazione.

Di seguito si riporta il comunicato congiunto di ISM, Faz3a, e Al-Hadaf KC

«Il 6 settembre 2024, durante una manifestazione pacifica a Beita, in West Bank, le forze israeliane hanno sparato alla turco-americana Ayşenur Eygi uccidendola, una volontaria con l’International Solidarity Movement (ISM). Mentre i manifestanti pregavano, l’esercito ha risposto con gas lacrimogeni e munizioni letali, ferendo a morte Ayşenur con un colpo alla testa.

Beita ha una lunga storia di resistenza contro l’occupazione israeliana e in questo luogo è stata particolarmente dura la violenza diretta verso i residenti palestinesi da parte delle forze israeliane. Beita ha visto continue manifestazioni, in particolare contro la costruzione di nuovi avamposti israeliani sulle terre dei villaggi. Nei mesi recenti gli attivisti internazionali hanno vissuto un significativo aumento della violenza da parte delle forze israeliane e l’occupazione deve esserne ritenuta responsabile.

Ayşenur Eygi si aggiunge ai 17 manifestanti palestinesi già massacrati a Beita.

L’ISM è un’organizzazione a guida palestinese che fornisce presenza di protezione e solidarietà nella West Bank. L’ISM è nato nel 2002 e ha mantenuto una continua presenza in Palestina da allora, sostenendo la lotta popolare palestinese contro l’occupazione»

Nella tragica situazione attuale, lo sviluppo di movimenti dal basso che possano dare forza alla base sociale è tra le poche vie d’uscita che abbiamo, non solo per rovesciare l’apartheid e il colonialismo in Palestina, ma per fermare la guerra a livello globale. Certo la realtà che ci troviamo di fronte è complessa, e non c’è una sola strada da percorrere. Ma è in questa prospettiva che possiamo leggere la scelta di Ayşenur Eygi di impegnarsi al fianco della popolazione palestinese. Una scelta che ha dovuto pagare con la vita.

DA

 

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Riapre la Biblioteca del Circolo culturale “Errico Malatesta”

Dopo la chiusura estiva la Biblioteca del Circolo Culturale “Errico Malatesta” riaprirà al pubblico da giovedì 5 settembre. Nel consueto orario di apertura della biblioteca e della sala di lettura riprendono le attività di consultazione e prestito con nuovi titoli in catalogo.

Orario di apertura

Lunedì 16 – 20

Giovedì 16 -20

Giovedì mattina (solo su appuntamento)

Circolo Culturale “Errico Malatesta”

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Grecia: sgomberato a Salonicco lo squat Libertatia 11 compagni a processo

La polizia ha nuovamente attaccato lo squat Libertatia di Thessaloniki, in Grecia, lo scorso 28 agosto. Lo spazio è stato sgomberato, 11 compagnx arrestati insieme a due persone che si trovavano alla manifestazione in solidarietà che si era nel frattempo radunata fuori dallo spazio.
Più volte la polizia e i fascisti hanno cercato invano per anni di eliminare questa esperienza di lotta e autogestione. La resistenza dex compagnx e la risposta di solidarietà anche internazionale ha sempre respinto questi attacchi, fino a ricostruire l’edificio bruciato dai fascisti, grazie ad una campagna che abbiamo sostenuto anche come IFA e attraverso Umanità Nova.

https://i-f-a.org/2018/09/23/rebuild-libertatia-call-for-international-solidarity/
https://umanitanova.org/solidarieta-al-libertatia-squat-di-salonicco/

Continuiamo a sostenere lo squat Libertatia, solidarietà alle occupazioni, libertà per tuttx!

Di seguito il comunicato dello squat Libertatia

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Sullo sgombero dello squat Libertatia

Il 28 agosto, a mezzogiorno, le forze di polizia hanno invaso lo squat Libertatia, arrestando 11 compagnx e prendendone altri due in custodia. I compagni sono stati accusati di disobbedienza e lavori illegali a un edificio storico protetto. Dopo lo sgombero, la polizia ha sigillato gli ingressi dello squat e le forze di polizia rimangono fuori da palazzo a sorveglianza. Il 29 agosto tutte lx compagnx sono stati rilasciati in attesa che venga calendarizzato il processo nei loro confronti

Mentre i migranti sono uccisi alle frontiere, mentre aree di foresta sconfinate vengono bruciate, mentre l’impoverimento economico e sociale della base della società viene accelerato, giusto pochi giorni prima dell’apertura dell’International Exhibition of Thessaloniki che segnerà l’inizio di un nuovo ciclo di brutalità statale e capitalista, lo stato sceglie di attaccare e sgomberare il Libertatia, che è stato occupato per 16 anni.

Questa è la quarta invasione consecutiva dello squat Libertatia, dopo il rogo che vi appiccarono i fascisti il 21/01/2018. In questo periodo state arrestate in tutto 27 persone. Nei confronti dei fascisti, che hanno bruciato l’edificio, non è stato fatto un singolo arresto. Lo stato con uno sbarramento repressivo ha cercato di eliminare gli spazi di movimento e le strutture di lotta che resistono a questo sistema decadente in bancarotta.

Da Creta a Thessaloniki e in tutta quanta la Grecia, gli squat stanno lottando e resistendo. Non si arrenderanno. Noi, come Libertatia, abbiamo lottato duramente per molti anni per ricostruire lo squat e tenerlo aperto e accessibile alla società e alle persone in lotta. Gli squat sono gli spazi che prefigurano il mondo in cui vogliamo vivere, un mondo di libertà, uguaglianza e solidarietà. Se pensano che ci arrenderemo, si sono sbagliati di grosso. Ci troveranno di fronte a loro.

GIÙ LE MANI DAGLI SQUAT E DALLE STRUTTURE DI LOTTA!
LIBERTATIA RIMARRÀ UNO SQUAT!
IMMEDIATO PROSCIOGLIMENTO DA TUTTE LE ACCUSE NEI CONFRONTI DEI NOSTRI COMPAGNI!

Libertatia squat

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In ricordo di Duccio Filippi

Abbiamo appreso con tristezza della scomparsa di Duccio Filippi. Una grave perdita per tutte le persone interessate alla storia e alla cultura di Livorno. È venuto a mancare un appassionato bibliofilo che ha lavorato per l’accesso pubblico alla cultura, che con curiosità e gentilezza ha sempre mostrato un sincero interesse per il movimento anarchico e le sue pubblicazioni. Ricordiamo le piacevoli occasioni di confronto e scambio, i preziosi consigli, il rispetto nelle diversità, la determinazione nel voler valorizzare la pluralità culturale e storica di questa città, la particolare attenzione per il patrimonio culturale dell’anarchismo con cui ha contribuito alla riattivazione della Biblioteca del Circolo Culturale “Errico Malatesta”.

Alla moglie, ai familiari e a tutti coloro a cui ha saputo trasmettere la sua passione e la sua competenza va il nostro sincero saluto.

Circolo Culturale “Errico Malatesta”

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Chiusura estiva della Biblioteca del Circolo “E. Malatesta”


La Biblioteca del Circolo Errico Malatesta sarà chiusa dal 29 luglio al 4 settembre per la pausa estiva. Dal 5 settembre la biblioteca sarà nuovamente aperta al pubblico per il prestito e la consultazione

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Per Filippo Filippetti, anarchico, ucciso dai fascisti nel 1922

 

1922- 2024 In memoria di Filippo Filippetti
anarchico livornese, antifascista, ucciso dai fascisti
Venerdì 2 agosto 2024 ore 19
Commemorazione presso la lapide
Via Provinciale Pisana 354, Livorno
(ex-scuola Camilli)

Filippo Filipetti, giovane anarchico, viene ucciso il 2 agosto 1922 dai fascisti mentre si oppone, assieme ad altri antifascisti, ad una spedizione punitiva contro Livorno.
Il 2 Agosto 1922 un gruppo di giovani antifascisti, tra i quali alcuni anarchici, ingaggia uno scontro armato nei pressi di Pontarcione con i camion dei fascisti. Muore nella sparatoria Filippo Filippetti, membro degli Arditi del Popolo, sindacalista dell’USI per il settore edile.

Nell’estate del 1922 si giocano le ultime carte per fermare la reazione antiproletaria: il paese è attraversato da un crescendo di aggressioni compiute dai fascisti nei confronti delle organizzazioni del movimento operaio e dei singoli militanti; si contano decine di morti fra gli antifascisti.

Da mesi l’Unione Anarchica Italiana e il giornale “Umanità Nova” si battono a sostegno del movimento degli Arditi del Popolo, per costituire un fronte unico proletario che organizzi la difesa. Su iniziativa del Sindacato Ferrovieri Italiano è costituita l’Alleanza del Lavoro, a cui partecipano tutti i sindacati, con l’appoggio dell’Unione Anarchica, del Partito Repubblicano, del Partito Comunista e del Partito Socialista.

L’Alleanza del Lavoro indice uno sciopero generale ad oltranza per fermare le violenze fasciste a partire dalla mezzanotte del 31 luglio. I fascisti finanziati da agrari e industriali, armati da Carabinieri ed Esercito, protetti dalla monarchia e dalla Chiesa, aggrediscono le roccaforti operaie.

In molte città, fra cui Piombino, Ancona, Parma, Civitavecchia, Bari i fascisti vengono respinti anche grazie all’azione degli Arditi del Popolo. Nel momento in cui la resistenza operaia cresce, CGL e PSI, sperando in un ennesimo compromesso, si ritireranno dalla lotta, aprendo la strada alla rappresaglia armata del Governo. Livorno è uno dei centri dello scontro. Tra il 1° e il 2 Agosto 1922 squadre fasciste provenienti da tutta la Toscana lanciano la caccia agli antifascisti livornesi, facendo irruzione nei quartieri popolari che resistono all’invasione. Molti furono gli assassinati in quei giorni. Popolani, militanti comunisti, anarchici, repubblicani e socialisti, tra i quali Luigi Gemignani, Gilberto Catarsi, Pietro Gigli, Pilade Gigli, Oreste Romanacci, Bruno Giacomini e Genoveffa Pierozzi, oltre al giovane anarchico Filippo Filippetti.

Il movimento anarchico invita tutti le realtà antifasciste a partecipare alla commemorazione.
Federazione Anarchica Livornese // cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it // federazioneanarchica.org
Collettivo Anarchico Libertario // collettivoanarchico@hotmail.it // collettivoanarchico.noblogs.org/

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Ardenza 1921 – presentazione con l’autore

 

Ardenza 1921

Contro-inchiesta sull’assassinio politico degli arditi del popolo Nardi e Baldasseroni

Presentazione, con l’autore, della ricerca di storia locale

VENERDÌ 28 GIUGNO

ORE 18

Presso il Circolo ARCI “S. Pizzi” (g.c.)

Via della Gherardesca n. 30

Ardenza

 

Con l’adesione di ANPPIA Federazione di Livorno, USI-CIT Sezione di Livorno e Federazione Anarchica Livornese

 

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Non votare: Una sfida alla Fortezza Europa

Non votare
Una sfida alla Fortezza Europa

(articolo pubblicato su Umanità Nova n. 20 del 9/06/24)

La democrazia è sempre un inganno, ma nel caso delle elezioni europee si raggiunge il ridicolo.
L’Unione Europea ha il proprio centro di potere nella Commissione Europea, composta da un delegato per ogni Stato membro. Rappresenta e tutela gli interessi dell’Unione europea nella sua interezza e avendo il monopolio del potere di iniziativa legislativa, propone l’adozione degli atti normativi dell’UE, la cui approvazione ultima spetta al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea; è responsabile inoltre dell’attuazione delle decisioni politiche da parte degli organi legislativi, gestisce i programmi UE e la spesa dei suoi fondi strutturali.
Il gioco delle parti fra Commissione e governi nazionali fa sì che l’azione di entrambi sia svincolata da ogni controllo. I governi sono costretti ad adottare misure antipopolari perché vincolati dai piani di stabilità dell’Unione Europea, mentre la Commissione è costretta ad adottare queste politiche perché così vogliono alcuni governi nazionali. In ultima analisi, né l’una né gli altri finiscono per essere vincolati dalla cosiddetta volontà popolare che si esprimerebbe nelle elezioni.
Il Parlamento europeo, per cui sono state indette le elezioni dell’8 e 9 giugno, non ha in pratica alcun potere, escluso quello della ratifica di decisioni prese in altre istituzioni. È solo una costosa tribuna dove danno gli europarlamentari danno saggi di arte oratoria.
Oggi il proletariato ha nominalmente una partecipazione più o meno larga all’elezione del governo. Esiste infatti il suffragio universale; é una concessione che la borghesia ha fatto, sia per avvalersi del concorso popolare nella lotta contro il potere reale e l’aristocrazia, sia per distogliere il proletariato dalla lotta per la propria emancipazione dandogli un’apparenza di sovranità.
L’esperienza storica ci mostra che se il suffragio universale potesse mai essere altro che uno specchietto per ingannare il popolo, se fosse capace di esprimere un governo che accennasse a voler cambiare la base economica della società, la borghesia minacciata nei suoi interessi s’affretterebbe a ribellarsi ed adopererebbe tutta la forza e tutta l’influenza che le viene dal possesso dei mezzi di produzione per richiamare il governo alla funzione di semplice suo gendarme.
Questo vale per tutti i regimi democratici, e vale a maggior ragione per un Parlamento zimbello della Commissione Europea e dei governi nazionali.
Le nuove linee dell’Unione Europea non usciranno certo dalle urne di giugno. Quasi due mesi prima delle elezioni Mario Draghi ha delineato le indicazioni essenziali: concentrazione della produzione in grandi monopoli continentali, finanziamento pubblico delle grandi infrastrutture necessarie alle grandi imprese, formazione orientata alla fornitura di manodopera specializzata. Mentre in Europa quasi 100 milioni di persone sono a rischio povertà, i servizi pubblici vacillano e le pensioni continuano ad essere ridotte, la Commissione Europea si preoccupa della competitività delle imprese, non della loro capacità di soddisfare i bisogni sociali.
Il 15 e 16 aprile 2024 si è tenuta a La Hulpe, in Belgio, una conferenza di alto livello sul Pilastro Europeo dei Diritti Sociali. L’obiettivo finale della conferenza era adottare una dichiarazione interistituzionale che preparasse la futura agenda sociale per il periodo 2024-2029. Quindi ben prima che si svolgessero le elezioni, la Commissione Europea aveva già delineato gli impegni per la prossima legislatura. La relazione che Mario Draghi ha presentato a questo consesso dimostra quanto i problemi della maggioranza della popolazione siano tenuti presenti dalla burocrazia europea, e quali margini ci siano perché una maggioranza parlamentare possa modificare questi paletti.
Come ho detto, nella sua relazione Mario Draghi mette al primo posto l’economia di scala: la frammentazione politica dell’Unione frena la competitività delle imprese, mentre i principali concorrenti dell’Europa approfittano del fatto di essere già economie continentali. Nel settore dell’industria bellica, e non è un caso che Draghi cominci da questo settore, negli Stati Uniti i primi cinque gruppi capitalisti rappresentano l’80% del suo mercato più ampio, mentre i primi cinque in Europa ne rappresentano il 45%. Per risolvere questo problema, Draghi propone di “ intensificare gli appalti congiunti, aumentare il coordinamento della nostra spesa e l’interoperabilità delle nostre attrezzature e ridurre sostanzialmente le nostre dipendenze internazionali”.
Lo stesso discorso viene fatto per le telecomunicazioni: nell’Unione Europea i consumatori sono 450 milioni; a fronte di questo mercato esistono almeno 34 gruppi capitalistici più altri minori che si spartiscono il mercato, mentre negli stati Uniti sono tre e in Cina quattro. Agli occhi di Draghi le dimensioni delle imprese sono cruciali, per cui l’Unione e i governi nazionali devono armonizzare le normative e favorire il consolidamento e per favorire la ricerca e le “imprese innovative” fa balenare l’idea di modificare l’attuale normativa prudenziale sui finanziamenti bancari.
L’altro filone suggerito da Mario Draghi è quello dei beni pubblici, così come da lui definiti, cioè quelle infrastrutture che nessun governo da solo è in grado di affrontare e che vanno a beneficio di tutti. Nel suo discorso egli fa due esempi: uno sono le reti energetiche, tema che la Commissione Europea sta già affrontando col progetto REPowerEU; l’altro è l’infrastruttura europea di supercalcolo, rete pubblica di computer ad alte prestazioni (HPC) di livello mondiale, ma scarsamente vantaggiosa per le imprese. Il primo problema è come finanziarli: naturalmente i bilanci pubblici e quindi (Draghi non lo dice ma è implicito) l’aumento del debito hanno il ruolo principale. Ma Draghi pensa anche a rastrellare i soldi dei conti correnti e metterli al servizio delle avventure finanziarie dell’Unione: “L’UE dispone di risparmi privati molto elevati, ma sono per lo più incanalati nei depositi bancari e non finiscono per finanziare la crescita come potrebbero in un mercato dei capitali più ampio. Questo è il motivo per cui il progresso dell’Unione dei mercati dei capitali (UMC) è una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività”.
L’ultimo argomento affrontato da Draghi è quello delle risorse, sia quelle costituite dalle materie prime, sia le risorse umane. Per Draghi innanzi tutto è necessario che la Commissione Europea coordini fortemente l’intera catena delle materie prime fondamentali costruendo “una piattaforma europea dedicata ai minerali critici, principalmente per gli appalti congiunti, la sicurezza dell’approvvigionamento diversificato, la messa in comune, il finanziamento e lo stoccaggio”. Per quanto riguarda le risorse umane, Draghi lamenta la scarsità di lavoratori specializzati, ma non indica con precisione i percorsi da seguire. Certo è che quando afferma che “molteplici parti interessate dovranno lavorare insieme per garantire la pertinenza delle competenze e definire percorsi flessibili di miglioramento delle competenze” riecheggia la filosofia ispiratrice della filiera tecnico-professionale, con i capitalisti che entrano nelle scuole e l’asservimento dell’istruzione all’industria.
Se sfrondiamo la relazione dalla retorica, Draghi ci consegna un’Unione Europea centrata su grandi gruppi finanziari e industriali di livello continentale, sostenuti e favoriti dalla Commissione Europea che accentra su di sé responsabilità finora di competenza dei governi nazionali, e le mette a disposizione della finanza e della grande industria. La politica della Commissione sarà quella di difendere ed incrementare il primato dell’Unione, a partire dal Mediterraneo allargato e dal Grande Medio Oriente, conquistando mercati e fonti di materie prime anche con le armi, a danno dei popoli oppressi e degli imperialismi concorrenti. Ci sono pochi dubbi che questa strada porta alla guerra, come è già successo in Ucraina, nel Sahel, nel Golfo di Guinea e nel Mar Rosso.
Le grandi questioni del debito pubblico e più in generale dell’intervento dello stato nell’economia sono quindi affrontate dalla relazione Draghi nel senso di un maggior impegno pubblico e di maggior debito. Non se ne esce. Quando si dice che sono necessari PIÙ investimenti, da qualche parte i soldi vanno presi e, poiché non si pensa certo a tassare i grandi patrimoni, sarà l’aumento del debito pubblico a fornire le risorse finanziarie per attuare i piani faraonici dell’imperialismo europeo.
Quindi l’aumento dell’intervento dello stato nell’economia non porta necessariamente ad un miglioramento delle condizioni dei cittadini. Quanti credono ad un capitalismo progressivo, regolato dal governo, si mettano il cuore in pace. I governi hanno come obiettivo esclusivamente il progresso del capitalismo, cioè l’aumento dell’accumulazione. La filosofia che sta dietro alle proposte di Mario Draghi non è quella di Adam Smith, ma quella di Colbert, che vedeva nello sviluppo dell’industria francese la strada per la conquista della supremazia in Europa. Oggi, con le proposte di Mario Draghi, il governo dell’Unione Europea punta a rafforzare i propri gruppi monopolistici per conquistare la supremazia nel mondo.
In questo quadro, quale ruolo possono svolgere le prossime elezioni, quali possibilità ha il prossimo parlamento di cambiare l’indirizzo della Commissione Europea? Praticamente nessuno. Da una parte i limiti istituzionali che abbiamo visto, dall’altra il comportamento tenuto dalle varie “famiglie” a cui fanno riferimento le liste presentate. Secondo la concezione materialistica della storia, la persona non è quello che dice di essere, ma ciò che fa. Lo stesso discorso può essere applicato alle liste elettorali, che non vanno valutate sulle promesse che fanno alla vigilia delle elezioni, ma sul comportamento tenuto nelle assemblee dei rappresentanti. Se pensiamo che la Commissione attuale è il frutto di un’alleanza a cui hanno partecipato Partito Popolare, Partito Socialista e Partito Liberale, le principali famiglie che oggi si contendono il consenso del corpo elettorale, è facile capire come le promesse elettorali contrastanti svaniranno come nebbia al sole fin dalle prime sessioni del nuovo Parlamento.
Le tappe della commissione saranno dettate dall’agenda Draghi a meno che non la fermiamo con le lotte. Astenersi alle elezioni europee significa dissociarsi dall’Unione dei grandi capitali, significa lanciare una sfida alla Fortezza Europa.
Tiziano Antonelli

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DISERTIAMO LE URNE, RIEMPIAMO LE PIAZZE! GIOVEDÌ 6/06 ORE 21 ALLA FAL

DISERTIAMO LE URNE, RIEMPIAMO LE PIAZZE!

Di fronte alle imminenti elezioni amministrative ed europee, non votare, organizzati e lotta.
La tanto sbandierata democrazia è sempre un inganno, ma nel caso delle elezioni europee si raggiunge il ridicolo.
L’Unione Europea ha il proprio centro di potere nella Commissione Europea, non nel Parlamento europeo, che non ha nemmeno la possibilità di proporre leggi, ma si limita a ratificare quanto deciso dalla Commissione.
Il gioco delle parti fra Commissione e governi nazionali fa sì che l’azione di entrambi sia svincolata da ogni controllo. I governi sono costretti ad adottare misure antipopolari perché vincolati dai piani di stabilità dell’Unione Europea, mentre la Commissione è costretta ad adottare queste politiche perché così vogliono alcuni governi nazionali. In ultima analisi né l’una né gli altri finiscono per essere vincolati dalla cosiddetta volontà popolare che si esprimerebbe nelle elezioni.
Le varie liste elettorali in competizione hanno in comune, in modo più o meno marcato, questioni inaccettabili: i piani di aumento della competitività e il potenziamento del ruolo dell’Europa rispetto alle altre potenze economiche in un contesto capitalista, i piani per proteggere la catena europea di approvvigionamento energetico tramite politiche predatorie di sfruttamento dei territori sostenute anche da specifiche missioni militari, i piani per costruire muri ai confini e armarsi fino ai denti secondo le linee di politica di guerra che caratterizzano la politica estera europea.

Sul fronte delle elezioni amministrative la musica non è diversa. In questo periodo abbiamo assistito all’as-semblaggio di liste fantasiose partorite da forze politiche che si sono apparentate anche in modi incompren-sibili pur di partecipare al gioco delle parti con lo schieramento simmetrico delle liste e gli accordi strategici in caso di ballottaggio. Accettare le regole del sistema significa avere programmi insulsi e raccogliticci, se non contraddittori, spesso slegati dalla realtà delle lotte. Significa prevedere che ci possa essere spazio per le destre, a cui democraticamente spetta la rappresentanza. Significa rinchiudersi nella asfittica dimensione delle mozioni se si è all’opposizione, stringere la mano ad affaristi, militari e lobby varie se si sogna di governare la città.

Il quinquennio della restaurazione piddì non ha segnato nessuna discontinuità rispetto all’amministrazione cinquestelle. I problemi della città sono restati inalterati e non è stato il consiglio comunale ad affrontarli, tanto meno a risolverli. Le lotte reali si svolgono costantemente fuori dalle aule consiliari, nelle strutture dal basso create dalle reti di cittadini lavoratori e disoccupati, quelle dove il metodo di lotta respinge il meccanismo della delega e la strumentalizzazione elettorale.

Il cambiamento non passa per le urne. Il voto non può dare la scossa alla città, ma solo alimentare deleterie illusioni.
In una città dove i problemi si chiamano disoccupazione, sfruttamento, casa, edilizia scolastica, militarizzazione, repressione, inquinamento, scempio ambientale la soluzione non passa per le urne.

Votare non serve. Le elezioni europee e le amministrative sono una truffa.
Astenersi è il primo passo per dire no a tutto questo!
Lottare, organizzarsi dal basso senza cedere all’inganno delle urne è fondamentale per cambiare realmente la società

Per discuterne insieme ci troviamo giovedì 6 giugno alle ore 21 presso la Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33

Federazione Anarchica Livornese

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CHI ERA EMMA GOLDMAN? SABATO 18 MAGGIO alla FAL

CHI ERA EMMA GOLDMAN?
SABATO 18 MAGGIO alla FAL in Via degli Asili 33
Dalle 18 presentazione di “Vivendo la mia vita”
Autobiografia de “la donna più pericolosa d’America”
Emma la rossa incendia la seconda metà dell’Ottocento e irrompe nel Novecento. Anarchica, operaia, filosofa, femminista e rivoluzionaria, unisce personale e politico, anticipa l’intersezionalità delle lotte, interviene su abolizione del carcere, ateismo, antimilitarismo, maternità consapevole e contraccezione, libero amore, internazionalismo.
Tutto questo senza trascurare l’aspetto gioioso della vita, perché “se non posso ballare non è la mia rivoluzione!”.
Ore 18
Presentazione dei primi due volumi di “Vivendo la mia vita” di Emma Goldman
Saranno presenti la curatrice Selva Varengo e la traduttrice Luisa Dell’Acqua
edizioni Quaderni di Paola
dalle 20 aperitivo
Federazione Anarchica Livornese

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