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In piazza contro tutte le guerre a Livorno – foto e resoconto del corteo

Oltre 200 persone hanno partecipato ieri sabato 24 febbraio alla manifestazione IN PIAZZA CONTRO TUTTE LE GUERRE organizzata dal Coordinamento Antimilitarista Livornese nell’anniversario dell’inizio della guerra su larga scala in Ucraina. Una piazza antimilitarista, contro l’imperialismo della NATO e della Russia, una piazza che ha ribadito lo stop all’invio di armi in Ucraina, il ritiro delle missioni militari italiane all’estero, la solidarietà internazionalista tra le classi oppresse e sfruttate contro i governi che vorrebbero mandarci al macello.
Eravamo in piazza anche il giorno prima a Livorno al corteo in solidarietà al popolo palestinese rispondendo ad un appello nazionale di solidarietà.
Due manifestazioni partecipate che hanno sollevato con determinazione una voce contro la guerra, anche in solidarietà con lx studentx manganellatx dalla polizia a Pisa e a Firenze venerdì 23. Le tante manifestazioni di venerdì e sabato in molte città sono una risposta chiara per respingere i manganelli del governo, affermare la libertà di manifestare e rilanciare la lotta contro la guerra.

 

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24 Febbraio a Livorno: IN PIAZZA CONTRO TUTTE LE GUERRE

CONTRO TUTTE LE GUERRE
Sabato 24 febbraio
PIAZZA GRANDE
ore 17

Scendiamo in piazza contro tutte le guerre anche a Livorno il 24 febbraio anniversario dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina.

In questi due anni sono cresciute le tensioni militari tra gli stati mentre si aprono nuovi sanguinosi scenari di guerra e si fa sempre più drammatica la situazione di Gaza in Palestina. In questo contesto cosa fa il governo italiano?

– Lancia nuove missioni di guerra spedendo due fregate nel Mar Rosso e assumendo la guida dell’operazione Aspides targata UE.
– Alimenta i sanguinosi conflitti in corso, con un nuovo invio di armi all’Ucraina, con la vendita di armi in tutto il mondo e con l’addestramento delle forze speciali delle dittature militari del Sahel.
– Stanzia altri miliardi per il settore militare. Aumenta gli effettivi delle forze armate di 10000 soldati e propone la costituzione di una riserva militare per prepararsi alla guerra in casa.
– Taglia i fondi all’UNRWA, affamando insieme agli Stati Uniti i profughi palestinesi il cui sostentamento dipende esclusivamente dagli aiuti internazionali

Il Coordinamento saluta tutte le iniziative che si muovono nell’ottica di fermare le guerre e di tutelare i popoli vittime di violenze. Invita a una presenza in piazza a Livorno il 24 febbraio e raccoglie l’invito a partecipare alle iniziative del 23 febbraio sulle questioni legate alla drammatica situazione della Palestina e alla crescita dei conflitti.

Crediamo che il nostro compito sia quello di agire concretamente per impedire al governo italiano di alimentare le guerre. Secondo i dati dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, aggiornati al 31 ottobre, i governi italiani avrebbero versato 11 miliardi di euro all’Ucraina. L’Italia inoltre ha dispiegato 3.500 militari in Europa Orientale, a sostegno dei governi autoritari che controllano l’area.

Scendiamo in piazza sabato 24 per:

– La cessazione dei finanziamenti e delle forniture di armi alle parti in conflitto
– Ritirare tutte le missioni militari all’estero, in particolare in Europa Orientale e nel Mar Rosso,
– Sostenere concretamente gli obiettori e i disertori di tutte le guerre

Coordinamento Antimilitarista Livornese

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ASSEMBLEA APERTA CONTRO TUTTE LE GUERRE VERSO IL 23 E IL 24 FEBBRAIO

ASSEMBLEA APERTA
VERSO IL 23 E IL 24 FEBBRAIO

martedì 13 febbraio, alle ore 21, in Via Modigliani 29/a, presso la Federazione di Livorno del PRC (g.c.)

Da tempo il Coordinamento Antimilitarista Livornese ha programmato per il 24 febbraio, anniversario dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina, una manifestazione contro tutte le guerre.

Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un intensificarsi delle guerre in molte parti del globo. Questo non può non preoccuparci e spingerci ulteriormente all’azione.

Il Coordinamento saluta tutte le iniziative che si muovono nell’ottica di fermare le guerre ad ogni costo e di tutelare i popoli vittime di violenze. Invita a una presenza in piazza a Livorno il 24 febbraio e raccoglie l’invito a caratterizzare anche la giornata del 23 sulle questioni legate alla drammatica situazione della Palestina e alla crescita dei conflitti.

Crediamo che il nostro compito sia quello di agire concretamente per impedire al governo italiano di alimentare le guerre.
Secondo i dati dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, aggiornati al 31 ottobre, i governi italiani avrebbero versato 11 miliardi di euro all’Ucraina. L’Italia inoltre ha dispiegato 3.500 militari in Europa Orientale, a sostegno dei governi autoritari che controllano l’area.

Seguendo le accuse del governo israeliano e accodandosi a quello di Washington, il governo italiano ha bloccato i sussidi all’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), mentre mantiene le missioni militari in Medio Oriente e nel Corno d’Africa. A questo si aggiunge la partecipazione, con un ruolo di primo piano, alla missione UE del Mar Rosso, infine l’Italia continua a vendere armi ad Israele.

Il Coordinamento Antimilitarista Livornese propone quindi di manifestare per l’immediata cessazione dei finanziamenti e delle forniture di armi alle parti in conflitto, riprendere i finanziamenti all’UNRWA, ritirare tutte le missioni militari all’estero, in particolare in Europa Orientale e nel Mar Rosso, sostenere concretamente gli obiettori e i disertori di tutte le guerre.

Per questo invitiamo a partecipare all’assemblea che si terrà martedì 13 febbraio, alle ore 21, in Via Modigliani 29/a, presso la Federazione di Livorno del PRC (g.c.)

Coordinamento Antimilitarista Livornese

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Libertà per tuttx lx antifascistx

da Umanità Nova n.4 del 4 febbraio 2024

Libertà per tuttx lx antifascistx

Tra poco sarà un anno che Ilaria Salis è incarcerata in Ungheria. Come lei sono agli arresti anche Tobias, Gabriele e Maja. Il primo, come Ilaria è detenuto in Ungheria, mentre le ultime due si trovano agli arresti da novembre in seguito addirittura ad un mandato europeo, rispettivamente in Italia e Germania. Private della libertà perché si sono opposte ad una marcia neonazista a Budapest. Negli scorsi mesi le notizie sulle terribili condizioni di detenzione a cui è costretta Ilaria – incatenata, privata pure di generi di necessità come di carta igienica e assorbenti – sono state riportate anche dai media ufficiali, sollevando finalmente una certa attenzione sul caso. Ma la cappa di silenzio su questa vicenda repressiva deve ancora essere rovesciata. Per questo è importante parlare della vicenda di Ilaria, Tobias, Gabriele e Maja e del contesto politico in cui si colloca di repressione internazionale dei movimenti antifascisti.

“Ilaria è detenuta da febbraio 2023 in un carcere di massima sicurezza a Budapest, in Ungheria, in condizione disumane. In occasione delle udienze viene tenuta al guinzaglio da un poliziotto e spostata con mani e piedi legati da una catena.” Così riporta il Comitato Ilaria Salis, nato nel dicembre scorso, con il primario obiettivo di ottenere il rientro Italia di Ilaria, che “rischia sedici anni di carcere – riporta sempre il Comitato – poiché accusata, durante una manifestazione neonazista, di aver fatto parte di un gruppo di persone che hanno effettuato un’aggressione in cui due uomini hanno subito lesioni, guarite in cinque-otto giorni. Una sproporzione inaccettabile”.

In effetti il messaggio del governo di Budapest è chiaro, le marce naziste non si toccano, mentre i militanti antifascisti devono essere perseguitati. Gli sgherri dei governi reazionari europei non devono essere disturbati nelle loro parate nostalgiche e cerimonie identitarie, la rete neonazista europea deve poter crescere in questi momenti aggregativi che consolidano i legami organizzativi. Questo non avviene solo nell’Ungheria di Orban – che solo ora viene definita regime dai media nostrani – succede anche in Italia, basti pensare alle commemorazioni ad Acca Larentia, addirittura mito fondativo della stessa classe di governo, o alle altre simili iniziative fasciste. Per questo Ilaria e altrx tre compagnx sono agli arresti, perché hanno osato dire no alla marcia annuale con cui a Budapest i nazisti di mezza Europa commemorano il “giorno dell’onore” una delle ultime battaglie combattute – e perse – dalle truppe naziste contro l’Armata Rossa l’11 febbraio del 1945. Nello stesso periodo di febbraio si tiene a Sofia in Bulgaria un altro raduno neonazista internazionale, la “Lukov marsh” marcia che celebra il generale Hristo Lukov, leader delle Legioni Nazionali Bulgare, formazioni naziste, ucciso dai partigiani bulgari il 17 febbraio 1943.

Sia in Ungheria sia in Bulgaria hanno una forte presenza le organizzazioni squadristiche o paramilitari neonaziste, che hanno in queste marce un importante momento di legittimazione.

Lo scorso 13 gennaio a Milano oltre un migliaio di persone hanno attraversato in corteo la città dietro lo striscione “Free all antifas” per chiedere la liberazione di Ilaria, Tobias, Gabriele e Maja. Il testo di convocazione. Una manifestazione importante, tanto più perché il 16 gennaio era fissata l’udienza della corte d’appello di Milano che doveva decidere in merito all’estradizione in Ungheria per Gabriele, udienza poi rinviata al 13 febbraio.

Il testo di convocazione della manifestazione parla chiaro: “In questo quadro generale, mentre l’Unione Europea sta valutando la possibilità di inserire i gruppi antifascisti nell’elenco di quelli indicati come terroristi, due compagni si trovano da febbraio 2023 in carcere in Ungheria. Entrambi sono coinvolti in un’inchiesta della polizia ungherese per degli attacchi subiti da alcuni neonazisti giunti a Budapest da tutta Europa durante il weekend del ‘giorno dell’onore’ […] Il castello accusatorio dei procuratori magiari non si limita però ai fatti accaduti a Budapest né ai giorni della commemorazione: nell’ambito di una sempre più fitta collaborazione tra Stati e polizie Europee, il tentativo degli inquirenti è quello di collegare le azioni avvenute in Ungheria ad un ben più ampio procedimento aperto in Germania a partire dal 2018: la cosiddetta inchiesta “AntifaOst” che vede imputati numerosi compagni e compagne tedesche accusate di aggressioni ai danni di esponenti di spicco del mondo neonazista tedesco. Il tentativo è quello di affermare l’esistenza di una fantomatica associazione criminale che avrebbe organizzato gli attacchi avvenuti in Ungheria.
Per questo motivo oltre a Ilaria e Tobias, detenuti a Budapest, la procura ungherese ha chiesto di spiccare 14 Mandati di Arresto Europei (MAE) nei confronti di altrettanti compagni tedeschi, italiani, albanesi e siriani. Molti di loro ad oggi non sono stati trovati. Gabriele, un compagno di Milano, si trova, invece, agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni dal 22 novembre, a seguito dell’esecuzione di uno di questi MAE. […] Abbiamo scelto di non delegare la lotta contro fascisti e nazisti a quegli apparati istituzionali democratici che non fanno altro che difenderli e legittimarli in nome di una millantata “libertà d’espressione”. Siamo convinti che i fascisti vadano combattuti in maniera diretta, in questo momento storico più che mai. Rivendichiamo le pratiche militanti e crediamo necessario attuarle ad ogni latitudine per fermare i gruppi nazisti. Anche nelle città italiane, se pur in maniera meno violenta che in altri contesti europei, i fascisti sono presenti e provano ad alzare la testa. Questi servi del capitale, finti ribelli utili solo a mantenere l’attuale ordine sociale, vanno fermati sul nascere! Ogni giorno nelle nostre lotte, nei nostri percorsi, scegliamo di stare con chi si oppone ai padroni, chi è sfruttato, chi subisce la repressione, chi resiste alle guerre imperialiste e decide di rispondere, con chi non delega la propria libertà.”

Eravamo in piazza il 13 a Milano partecipando al corteo ed è importante rilanciare iniziative per la liberazione dex compagnx agli arresti, e rilanciare la solidarietà internazionalista nella lotta contro il fascismo. È fondamentale in questo momento intensificare l’informazione e l’iniziativa per la liberazione di Ilaria, Tobias, Gabriele e Maja, un impegno da portare avanti per le settimane che verranno, dal momento che il 13 febbraio ci sarà l’udienza a Milano per l’estradizione di Gabriele e dal 29 gennaio è iniziato il processo ad Ilaria. Sono stati lanciati proprio in questi giorni gli appelli per le manifestazioni antifasciste che si terranno anche quest’anno in Ungheria e Bulgaria. A Budapest l’appuntamento è per il 10 febbraio alle 14:30 in Széll Kálmán Square con lo slogan “Stop glorifying the nazis!”. A Sofia lx antifascistx scenderanno in piazza invece il 17 febbraio al grido di “No nazis in our streets!”. Sostenere queste manifestazioni, anche da dove si vive, è il primo importante gesto di solidarietà.

Dario Antonelli

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MARTEDÌ 30 ASSEMBLEA CONTRO LA RIFORMA DEI TECNICI E DEI PROFESSIONALI

MARTEDÌ 30 ASSEMBLEA
CONTRO LA RIFORMA DEI TECNICI E DEI PROFESSIONALI
Partecipiamo a questo importante momento assembleare organizzato da Unicobas e da Associazione l’Altrascuola
di seguito il testo di convocazione:
Riforma dei tecnici e professionali?
Il governo parte con la sperimentazione della filiera 4+2
NO GRAZIE!
Diciamo NO a una controriforma che
abbatte un anno di scuola
taglia posti di lavoro
introduce l’apprendistato a 15 anni
aumenta il PCTO e le ore in azienda
mette in cattedra confindustria
reintroduce in pratica l’avviamento professionale
MARTEDÌ 30 GENNAIO ORE 17:30
Presso ThisIntegra in Via Ganucci 3, Livorno
INCONTRO-DIBATTITO APERTO ALLA CITTADINANZA
Unicobas Scuola e Università
Associazione Unicorno – L’Altrascuola

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Venerdì 16 febbraio – Presentazione del libro: “L’era della giustizia climatica”

Venerdì 16 febbraio
PRESENTAZIONE DEL LIBRO:
“L’era della giustizia climatica,
Prospettive politiche per una transizione ecologica dal basso”
di Paola Imperatore e Emanuele Leonardi
Orthotes Editrice
presso la FAL
in via degli Asili 33, Livorno
dalle ore 17:30
presentazione del libro con Paola Imperatore
dalle 20
aperitivo
Un libro che rovescia la narrazione dominante, mettendo al centro la forza dei movimenti ecologisti, uno strumento di lotta, un’occasione di confronto tra nuovi movimenti per il clima, giustizia sociale, lotte territoriali
Federazione Anarchica Livornese
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it
Collettivo Anarchico Libertario
apertura sede via degli asili 33
LUN e GIOV dalle 16 alle 20

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Allineati e coperti! Regolamentazione dei media, stampa clandestina e repressione dei movimenti

da Umanità Nova n.3 del 28 gennaio 2023

Regolamentazione dei media, stampa clandestina e repressione dei movimenti
ALLINEATI E COPERTI!

Nelle ultime settimane si è fatta sentire la protesta di una parte del mondo dei media contro quella che viene definita “legge bavaglio”. Comunicati delle organizzazioni di categoria letti nei telegiornali, prese di posizione trasversali dei principali quotidiani, note di protesta degli organi dell’ordine dei giornalisti, iniziative di piazza in diverse città. Negli ultimi due anni abbiamo visto con una certa frequenza levarsi dal mondo della stampa voci contro i provvedimenti dei governi che si sono succeduti. Per la prima volta però si assiste ad una presa di posizione così larga contro un provvedimento. In questo caso nel mirino delle proteste l’emendamento alla legge di delegazione europea firmato dal deputato Enrico Costa di Azione, che vieta ai giornalisti la pubblicazione letterale anche per estratto delle ordinanze di custodia cautelare, non più segrete dal 2016. L’emendamento è stato approvato lo scorso 19 dicembre alla Camera, con il voto favorevole, oltre che della maggioranza, anche di Azione e Italia Viva, e il Senato dovrebbe decidere in merito proprio questa settimana.

Può darsi che quando queste righe saranno lette la faccenda sia già andata molto avanti, per cui è bene limitarsi a fare delle considerazioni generali. Senza entrare in aspetti tecnici, comunque vada questa storia, è chiaro che ci si trova di fronte a un ennesimo atto autoritario di controllo dell’informazione da parte del potere politico, e in tal senso le voci che criticano la classe politica di volersi autotutelare con questi provvedimenti non sbagliano. Come si dice però, hanno scoperto l’acqua calda: la classe politica cerca sempre di tutelare i propri privilegi. È chiaro che in una fase segnata dalla guerra e dalla soluzione autoritaria e militare alle crisi, queste forme di controllo si rafforzano perché l’esecutivo abbia non solo maggiore potere ma anche la strada libera da intralci.

Una delle illusioni dell’ideologia del regime democratico è quella di ritenere i media uno strumento di controllo sul potere politico, quando sono in realtà fabbriche del consenso. Questa definizione già diffusa da qualche decennio è generalmente valida anche oggi pur essendo profondamente mutato il sistema mediatico. In questo senso anche la pubblicazione di intercettazioni e ordinanze giudiziarie, che sta molto a cuore al sistema mediatico italiano, è parte del meccanismo di consenso. Infatti anche quando i media nella storia recente hanno dato forza e argomenti a movimenti di protesta contro il governo, il ruolo dei media è sempre stato funzionale allo scontro tra gruppi di potere, alla rigenerazione della classe politica, alla riabilitazione delle istituzioni macchiate da questa o da quella mela marcia, non certo al servizio di oppressi e sfruttati. Si tratta quindi di una macchina solo funzionale alla riproduzione del sistema di dominio vigente.

Se da una parte c’è chi casca sempre in piedi in questo gioco, in un’eterna riverniciatura del potere, c’è invece chi si trova sempre schiacciato dal potere mediatico e giudiziario, indipendentemente da chi governi o da quale legge bavaglio sia in quel momento vigente. Sono quex compagnx i cui nomi vengono pubblicati sempre sui giornali, insieme ad altri dati personali, quando sono indagati per reati relativi a manifestazioni o azioni politiche; sono lavoratorx, ambientalistx e soggettività di cui i media non parlano mai se non quando c’è da criminalizzare qualche protesta che esce dalla ritualità; sono coloro che sono deumanizzati perché senza documenti o perché chiusi dietro a delle sbarre; sono coloro che senza lavoro, senza figli, senza carriera, senza futuro, sono sempre sottoposti al giudizio di qualche esperto; sono coloro che sono sempre ridotti al silenzio, la cui voce, anche quando viene riportata, lo è spesso solo in modo frammentato e stereotipato e comunque sempre sovrastata dall’assordante “altra campana”.

Per questi, per noi, la pubblicazione di qualche intercettazione o di qualche riga di ordinanza non cambia certo le condizioni di vita e di lavoro. Lo stesso vale per chi dal governo sostiene di difendere la “presunzione di innocenza”. In questo caso si parla sempre dell’innocenza di qualche onorevole, cavaliere e manager, che non può vedere la propria reputazione infangata, non certo di coloro che questo ordinamento sociale già schiaccia nel fango tutti i giorni.

Se si tratta solo di uno scontro tra poteri perché dovremmo interessarcene allora? Perché la stretta sui media, l’accentramento dell’informazione e il controllo su ciò che viene pubblicato è una effettiva misura autoritaria del governo, che oggi interviene limitando la cronaca giudiziaria, ma che intende imporre dei meccanismi, in parte già rodati, che vogliono sottoporre a controllo ulteriore l’informazione in generale. Pensiamo al sistema della “certificazione” della notizia, che esponenti del governo vorrebbero formalizzare, o al Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della difesa. Pensiamo alla repressione della cosiddetta “stampa clandestina”, tornata recentemente di moda. Il sostegno militare e finanziario all’Ucraina prima e il supporto alla guerra condotta da Israele poi, sono stati, in modo diverso, accompagnati da una corale campagna mediatica. Anche se con il tempo sono emerse le diverse posizioni e le voci dissonanti, si è assistito nelle prime fasi a un trasversale e martellante sostegno alla politica del governo. Un’ulteriore stretta autoritaria sull’informazione non farebbe quindi che limitare la libertà di espressione su carta e a livello digitale, e rendere ancora più organico il rapporto tra media e potere politico, specie nel sostegno alle politiche trasversali agli schieramenti condotte nel nome dell’interesse nazionale, dalle guerre alla restrizione delle libertà e dei diritti sociali.

Tutti i regimi autoritari nella loro costruzione passano attraverso l’uniformazione dei media. È importante rilevare che in un generale contesto di crisi e di soluzione autoritaria e militare da parte dello stato siamo di fronte a un passaggio che va in questa direzione. Nella lotta per la libertà bisogna saper cogliere questi segnali, anche per cercare di adeguare la propria iniziativa. È difficile dire quanto procederà il governo in questa direzione. Se gli basterà tirare un po’ il morso per far prendere alle cose la giusta direzione, o se saranno imposte forme di controllo più complessive.

Certo a leggere certe dichiarazioni contro l’emendamento Costa viene da dire che qualcuno a forza di bavagli si è fatto bendare pure gli occhi e le orecchie. C’è chi sembra convinto di vivere in una società libera in cui i media vengono senza motivo censurati. Ma sappiamo bene che le relazioni di potere che governano la società, entrate in crisi da tempo, hanno stretto molto i margini della “agibilità democratica”. Alcuni esempi sono dati dai provvedimenti più recenti. Con il pacchetto sicurezza varato dal governo in autunno si istituisce il reato di rivolta carceraria, che sarà effettivo, eloquentemente, anche per i CPR. Si tratta del nuovo art. 415-bis del codice penale che istituisce quello che è stato definito da Antigone “il reato di lesa maestà carceraria” punendo fino a 8 anni “Chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi da tre o più persone riunite, promuove, organizza, dirige una rivolta”. Viene inoltre esteso l’articolo 415 del codice penale, che punisce l’istigazione alla disobbedienza alle leggi di ordine pubblico, arrivando a punire chi con scritti diretti ai detenuti istiga alla rivolta. Questi non sono dei bavagli? Allo stesso modo le leggi antisciopero, contro i “rave”, contro il “vandalismo”, contro le occupazioni, i picchetti e i blocchi stradali, che limitano la libertà di manifestare, sono anch’esse dei bavagli.

Chi vuole opporsi davvero alla stretta autoritaria del governo non potrà quindi limitarsi al proprio orticello, l’unica lotta possibile è quella contro tutti i bavagli e contro tutte le catene.

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L’Utopia concreta – presentazione del libro

 

Venerdì 26 gennaio
presso la FAL in Via degli Asili 33

“L’Utopia concreta”
Azione Libertaria e Proletari Autonomi
Milano 1969-1973

Presentazione del libro
con Franco Schirone, Enrico Moroni e Roberto Brioschi

Il volume, ricco di fonti e testimonianze, ci restituisce l’immagine di una Milano città delle fabbriche e delle lotte. Nel suo ventre nuovi soggetti sociali, giovani e immigrati sono protagonisti dell’autunno caldo operaio e del sindacalismo conflittuale. Le lotte, le assemblee, i comitati di base fanno emergere proposte, discussioni, elaborazioni di tutto interesse. Da qui prende le mosse, a cavallo fra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, nasceva e si sviluppava quel pensatoio nutrito di esperienze concrete, che riprende vita nelle parole dei protagonisti.

“Gli anni dal ’68 al ’73 aprirono ad un quindicennio costituente di Utopia concreta, giusta e gioiosa, così come la Vita deve essere. Un Tempo che ancora sta innanzi a noi e non dietro: poiché la memoria è esperienza che offre strumenti per la comprensione e l’azione nel presente, per immaginare e costruire il Futuro adesso. La società comunarda delle persone e non delle cose, dei bisogni e dei desideri, della libertà ed eguaglianza, della democrazia diretta e dell’autogestione.
La narrazione a più voci e le documentazioni riportate nella pubblicazione testimoniano il tentativo di sperimentare nuovi percorsi libertari nel contesto dei movimenti a cavallo del ’68 e degli anni ’70. Attestano inoltre l’esistenza di un’autonomia proletaria sviluppatasi in modo indipendente dai gruppi e dalle formazioni politiche presenti nel panorama di quel periodo, rivendicando proprie forme di autorganizzazione che si riallacciano ai contenuti della Prima Internazionale: L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi”

Dalle 17:30
presentazione e dibattito

dalle 20
aperitivo

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Nuovo anno di guerra, FERMIAMO LA STRAGE

Il passaggio dal vecchio anno al nuovo è, si sa, momento di auguri, bilanci e nuovi propositi. E pure i governanti, affezionati alle tradizioni, recitano la loro parte.

Ogni anno, prima di natale, le autorità inviano i saluti ai contingenti militari all’estero dalla sede del Comando Operativo Vertice Interforze presso l’area dell’aeroporto militare di Centocelle a Roma. Intervengono il Presidente della Repubblica, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il Ministro della Difesa e, talvolta, anche il Presidente del Consiglio.

Ma oltre a questa consueta cerimonia, da due anni Meloni e Crosetto volano direttamente sul campo, per rivolgere personalmente i saluti nelle basi estere in cui hanno sede i contingenti italiani. Lo scorso anno l’una era in Iraq, l’altro in Bulgaria. Quest’anno se Meloni non è volata in Libano come aveva annunciato, Crosetto ha invece visitato i militari italiani di stanza in Polonia, a Malbork.

Il governo ha già in più occasioni enfatizzato il ruolo delle forze armate e delle missioni militari, rivendicando la necessità di pubblicizzare e normalizzare l’interventismo militare italiano, con l’intento dichiarato dal Ministro della Difesa di “cambiare la percezione dello strumento militare nazionale rispetto al passato”. Parole tra l’altro pronunciate in occasione dell’annuncio della costituzione del “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa”. Certo, il partito di governo è fortemente caratterizzato in senso nazionalista e militarista, e Meloni e Crosetto certo vestono a pennello il ruolo dei guerrafondai, come le uniformi che indossano durante le visite ai contingenti all’estero. Ma attenzione, i servizi fotografici in mezzo ad alpini e avieri nelle cosiddette zone calde non sono solo – e non sono tanto – la nuova frontiera della comunicazione pubblica di Fratelli d’Italia. Ovviamente anche questo partito, come gli altri che lo hanno preceduto, sfrutta la posizione istituzionale per fare la propria propaganda elettorale, specie in un momento in cui gli slogan di partito da “orgoglio italiano” a “interesse nazionale” sono quasi completamente sovrapponibili con il discorso istituzionale. Ma in questi due anni non è solo mutato il governo, è cambiato il contesto in cui intervengono i militari italiani. L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa a febbraio 2022, e l’invasione di Gaza da parte di Israele a ottobre 2023, hanno fatto precipitare nelle condizioni di una guerra totale milioni di persone. Certo non sono le uniche guerre che si combattono al mondo, ma è in queste che l’Italia partecipa in modo diretto. Le truppe italiane non sono là dove volano i proiettili, almeno per ora, ma comunque sono schierate a ridosso delle zone di combattimento. Crosetto in Polonia lo scorso 23 dicembre ha visitato il contingente italiano che partecipa alla missione NATO di difesa dello spazio aereo dell’alleanza. La base di Malbork dove operano i militari italiani è a meno di 90 km dall’enclave russa di Kaliningrad, su quello che in questo momento è il confine più caldo dell’Unione Europea. I militari della missione italiana in Libano che avrebbe dovuto visitare Meloni, nel quadro della missione UNIFIL dell’ONU e della bilaterale MIBIL, si trovano in gran pare nel sud del paese, zona ad alta tensione per il rischio di uno sviluppo del conflitto tra Israele e Libano. Nel 2022 le visite per gli auguri di Meloni e Crosetto avevano toccato contesti non meno importanti. La prima si era recata in Iraq, il secondo in Bulgaria. A Baghdad ed Erbil l’Italia è presente con un contingente importante per partecipare a più missioni, tra cui quella nel quadro della Coalizione Internazionale contro lo Stato Islamico e quella NATO di addestramento, che è stata a guida italiana proprio tra 2022 e 2023. In Bulgaria l’Italia guida un Battlegroup della NATO proprio in difesa del fianco sud-est nel contesto della guerra tra Russia e Ucraina.

In queste visite oltre a salutare i militari gli esponenti del governo italiano hanno colloqui con gli ambasciatori e con le rispettive autorità omologhe dei paesi in cui si recano.

Da due anni quindi la rituale cerimonia dei saluti per le feste si è di fatto trasformata in visita alle truppe “al fronte” e visite diplomatiche presso i paesi alleati. Se guardiamo le cose da questo punto di vista, la guerra sembra ancora più vicina. E si può comprendere meglio anche l’ormai famoso babbo natale in carro armato, che sui cingoli augura buone feste a tutti nel centro di Modena.

Non è una novità che i leader politici indossino la divisa militare – ovviamente personalizzata – per fare foto in mezzo alla truppa. Conte lo fece nel 2019 in Iraq quando guidava il governo, e Salvini è noto per avere il guardaroba pieno di divise. Ma adesso il clima è indubbiamente diverso, queste visite sono sempre più difficili da leggere come semplici messe in scena propagandistiche, ma si calano nella realtà della guerra. Oltre al contesto internazionale mutato osserviamo l’orientamento dello stato verso un’intensificazione dell’impegno delle forze armate, sostenendo lo sforzo militare anche politicamente, e nell’esigenza di dare pieno appoggio alla NATO. Il partito che oggi guida il governo, autoritario, militarista e atlantista, è quello che può svolgere al meglio questa opera.

Dei circa 11000 militari schierati nelle 38 missioni militari attualmente in corso, circa 3500 sono schierati nelle missioni NATO in Europa dell’Est in contrasto alla Russia. Nel’ambito delle iniziative di sostegno a Israele l’Italia invia una nave FREMM nel Mar Rosso nel quadro dell’operazione Mediterraneo Sicuro per contrastare gli Houti che minacciano i traffici attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb. La manovra finanziaria recentemente approvata regala altri 4,5 miliardi di euro alle spese militari. Intanto in nome dell’interesse nazionale nel 2023 sono state avviate tre nuove missioni in Africa. Questa è la corsa verso la guerra in cui è lanciato il governo con il sostegno anche delle opposizioni.

Sta a noi a partire dalle lotte territoriali e dalle tante iniziative che in questi anni hanno riattivato l’iniziativa antimilitarista, a partire dall’esperienza dell’Assemblea Antimilitarista, passando per gli scioperi generali contro la guerra, unire le forze e fermare questa corsa.

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Interventi e dibattito: “Contro l’autorità” – A cinquant’anni dal 1973

“Contro l’autorità”
A cinquant’anni dal 1973

L’anarchismo di fronte al fascismo globale

Il ciclo globale di lotte avviatosi fine degli anni ’60 ebbe nel 1973 uno dei punti di svolta. Il colpo di stato in Cile l’11 settembre e la rivolta del Politecnico di Atene dal 14 al 17 novembre sono due tra i più significativi eventi di un periodo segnato da spinte rivoluzionarie e feroci reazioni autoritarie.
Ne parleremo con compagnx dalla Grecia e dal Cile per confrontarci sul ruolo storico di questi eventi e sulle attuali prospettive di lotta.

Domenica 3 dicembre
presso la Federazione Anarchica Livornese
in Via degli Asili 33, Livorno

ore 17: interventi e dibattito
parteciperanno online compagnx dell’APO (Organizzazione Politica Anarchica – Grecia)
e dell’Asamblea Anarquista del Biobìo in Cile
ore 20: aperitivo

Federazione Anarchica Livornese

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