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Rilanciamo l’antimilitarismo – 3 novembre a Gorizia!

1918 – 2018

Guerre di oggi, guerre di ieri: nessuna festa per un massacro!

Rilanciamo l’antimilitarismo

13 ottobre

convegno/assemblea pubblica a Gorizia

3 novembre

manifestazione antimilitarista a Gorizia

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Tripoli: il volto nascosto dell’Italia in guerra

articolo pubblicato sul n. 24 del settimanale anarchico Umanità Nova

Tripoli: il volto nascosto dell’Italia in guerra

Nessun intervento militare delle forze speciali italiane in Libia. Questo il messaggio ripetuto più volte dal Governo tra il 3 e il 4 settembre scorso. Facile dichiarare che non vi è l’intenzione di promuovere un intervento militare a Tripoli quando sono già presenti, considerando solo le cifre ufficiali della missione militare MIASIT, 400 unità delle forze armate italiane. Appare singolare dunque tutto questo impegno del Governo per smentire la notizia, riportata da alcuni organi di stampa, secondo cui a Roma sarebbe stata in corso la valutazione di un intervento delle forze speciali a sostegno del governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj, la cui stabilità è minacciata da scontri armati in in atto tra differenti gruppi di potere nella stessa capitale.

Ma cosa sta succedendo a Tripoli? Il 2 settembre il governo di al-Sarraj ha proclamato lo stato di emergenza per l’inasprirsi dei combattimenti nella capitale. Gli scontri armati erano iniziati il 26 agosto, quando la Settima Brigata di Tarhuna, sottoposta al ministero della difesa, si è ribellata al suo stesso governo attaccando le milizie del ministero dell’interno. Il conflitto è aumentato, altre milizie si sono unite alla brigata “ribelle”, e da Zintan alcune forze si sono attestate fuori dalla città di Tripoli, mentre altre forze da Misurata sono giunte a Tripoli a sostegno del governo. I “ribelli” secondo fonti giornalistiche dichiarano di aver intrapreso l’azione militare per “ripulire Tripoli dalle milizie corrotte” che grazie alla posizione di influenza avrebbero ricchi conti bancari mentre le persone comuni sono costrette alla carenza di cibo e alle lunghe code per avere stipendi miseri.

In questo contesto il 1 settembre un colpo di mortaio ha colpito un edificio vicino all’ambasciata italiana a Tripoli, il giorno successivo con lo stato d’emergenza e l’inasprimento degli scontri l’ambasciata italiana è stata quasi del tutto evacuata, e viene presidiata dai carabinieri paracadutisti del Tuscania. Scoppia allora la questione sui media italiani, ci si accorge all’improvviso che in Libia c’è una guerra in corso e che lo stato italiano c’è dentro fino al collo. Il governo nega la chiusura dell’ambasciata e nega le voci riguardo all’invio di forze speciali, mentre attacca la Francia che avrebbe provocato questa azione militare per sostenere il parlamento di Tobruk di Khalifa Haftar che è indicato come patrocinatore dei “ribelli”. Proprio l’attacco alla Francia è al centro della dura critica dei partiti di opposizione al governo Conte, che viene da questi anche accusato di immobilismo rispetto alla situazione libica. Il governo italiano, potendo contare già su un significativo dispositivo militare impiegato sul terreno, può presentarsi come “moderato” e annuncia la convocazione di una conferenza di pace sulla Libia da tenersi in Italia (probabilmente in Sicilia) a novembre. Nel contempo il 4 settembre l’inviato speciale dell’ONU in Libia, Ghassan Salamé, convoca le parti e viene stabilita una tregua. Questa soluzione è sostenuta dal Consiglio di sicurezza dell’ONU e da uno specifico appello di Francia, UK, USA e Italia. Ma al di là delle dichiarazioni il conflitto a Tripoli continua, e anche se il governo al-Sarraj non sembra più direttamente a rischio, il 9 settembre il numero delle vittime negli scontri era salito a 78, mentre i feriti sarebbero 313 e i dispersi 16. Vi sono notizie di gravi violenze nei confronti di civili, in particolare migranti, molti dei quali in Libia vivono in condizioni disperate nei lager voluti dallo stato italiano, 400 persone sarebbero riuscite a fuggire dal carcere di Aine Zara a Tripoli durante gli scontri.

Questi eventi si inseriscono in un quadro molto complesso, in cui lo scontro tra potenze mondiali e regionali alimenta la lotta per il potere in Libia. La popolazione subisce le atrocità, le sopraffazioni, la distruzione e la miseria causate dai conflitti per l’influenza politica e militare e dalla guerra per il controllo delle risorse, quelle energetiche soprattutto. In Libia si scontrano gli interessi degli stati e delle multinazionali dell’energia, si scontrano i gruppi di potere del paese per la costruzione di un nuovo stato, grande promessa delle potenze mondiali, con tutte le questioni connesse a questi processi: i diritti sulle concessioni delle risorse, il riconoscimento internazionale, la creazione e la gestione di forze di sicurezza, la gestione di una banca centrale.

Andare più a fondo necessiterebbe di uno spazio molto più ampio di un semplice articolo, e sicuramente il nostro punto di vista resterebbe comunque ristretto, necessariamente mediato dalle agenzie di stampa e dai proclami dei governi.

Qual’è il ruolo dell’Italia? Lo stato italiano nel 2011 ha avuto un ruolo fondamentale nelle operazioni militari, e in particolare nei bombardamenti, condotti prima dalla “coalizione dei volenterosi” e poi coordinati dalla NATO con l’operazione “unified protector”. L’Aeronautica Militare definisce l’impegno nelle operazioni in Libia nel marzo del 2011 come “il più imponente dopo il 2° Conflitto Mondiale”. Operazioni che hanno visto impegnata l’aviazione italiana in 1900 raid e 456 bombardamenti, tenute nascoste alla popolazione dall’allora governo Berlusconi. Certo l’intervento del 2011 ha messo a rischio gli interessi economici di una parte della classe dirigente italiana, molte aziende italiane hanno dovuto lasciare il paese africano a causa della guerra, ma per qualcuno probabilmente l’intervento militare contro Gheddafi era un rischio da correre per ottenere migliori condizioni e maggiori profitti. L’ENI ad esempio, pur risentendo delle sorti alterne della regione, è stata l’unica grande compagnia a mantenere la produzione in Libia, e nel 2015 aveva il controllo di un terzo della produzione di gas e petrolio nel paese, mentre prima del 2011 ne controllava solo un quinto. Pensiamo poi alla grande mobilitazione militare che è seguita al 2011. Con le operazioni Mare Nostrum, Mare Sicuro, Ippocrate, Sofia, Sea Guardian e MIASIT il ruolo dell’Aeronautica e della Marina è divenuto centrale, e possiamo supporre che un tale sviluppo di queste forze armate e l’impegno di mezzi navali e aerei abbia mosso molti interessi. Sarebbe da considerare quanto grandi aziende del settore difesa e sicurezza come Finmeccanica/Leonardo, che tra l’altro ha dovuto abbandonare il suolo libico nel 2011, siano state invece avvantaggiate dagli eventi bellici in Libia e nel Mediterraneo. Inoltre per quanto il trattato tra Italia e Libia del 2008 fosse vantaggioso per le classi dirigenti dei rispettivi paesi, senza la fine del regime di Gheddafi l’Italia non avrebbe probabilmente potuto mai schierare la propria flotta come avvenuto con le operazioni Mare Nostrum o Mare Sicuro, figuriamoci dislocare direttamente delle truppe in Libia e esercitare la propria influenza politica su governi e centri di potere locali.

Per questo negli ultimi anni in Libia lo stato italiano è stato sempre presente con forze militari e di sicurezza, in modo formale o informale. Innanzitutto contractor (quelli che si chiamavano mercenari) tra cui quelli della STAM, azienda di sicurezza che farebbe parte del Consorzio CRISS della Link University, che ha avuto come presidente nel 2016 l’attuale ministro della difesa Elisabetta Trenta. Poi con le forze speciali, secondo i media già almeno dal 2016. Infine con le missioni militari.

Una cosa è certa. Pur se con diverse sfumature e con i soliti contrasti tra partiti, la classe politica, e in particolare i partiti che siedono in parlamento, sono tendenzialmente tutti concordi sulla necessità di salvaguardare gli “interessi nazionali dell’Italia” in Libia. Riassumibili in “sicurezza energetica” e “controllo dei flussi migratori”. Queste sono le parole che utilizzano gli esponenti della maggioranza e i parlamentari dell’opposizione quando intervengono nelle sedi istituzionali, qualcuno talvolta aggiunge la “sicurezza dalla minaccia terroristica”. Ma alcuni, come il ministro degli esteri Moavero durante l’audizione congiunta delle commissioni esteri e difesa di Camera e Senato, giungono ad utilizzare citazioni coloniali, definendo la Libia la “quarta sponda” del paese e sostenendo che sia “molto connaturato il destino della Libia a parte del destino anche della nostra nazione”. Nella stessa audizione l’ex ministro PD Minniti afferma che “la Libia è in qualche modo l’espressione più plastica di cosa significa interesse nazionale fuori dai confini del nostro paese.”

Dal 1945 fino ad oggi avevamo visto guerre terribili che per giustificazione ideologica, ponevano le motivazioni più fantasiose e creative, sempre piene di bontà. Dall’equilibrio tra le potenze alla responsability to protect, per ogni guerra si trovava una legittimazione giustissima grazie al pieghevolissimo diritto internazionale. Oggi forse siamo di fronte a qualcosa di diverso, forse quando l’ideologia diviene la salvaguardia del crudo interesse nazionale, significa che la classe dirigente sta davvero giocando la carta della guerra imperialista.

Opporsi al militarismo e all’imperialismo dell’Italia, e in particolare alla guerra dell’Italia in Libia significa opporsi alla classe politica e dirigente che ci sfrutta e ci governa. Opporsi all’infamità del nuovo colonialismo italiano in Africa, significa anche opporsi al razzismo italiano, che proprio nel colonialismo ha avuto uno dei suoi fondamenti.

Per questo rilanciare su più livelli la lotta antimilitarista è fondamentale, e la manifestazione che si terrà a Gorizia il 3 novembre prossimo, contro le celebrazioni guerrafondaie e militariste della prima guerra mondiale, sarà un appuntamento molto importante.

Dario Antonelli

Umanità nova si può trovare a Livorno:

Edicola P.zza Grande (angolo via Pieroni)
Edicola Via Garibaldi 7
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Edicola Porto (Piazza Micheli lato Quattro Mori)
Edicola viale Carducci angolo Viale del Risorgimento
Edicola Dharma – viale di Antignano
Bar Dolcenera via della Madonna 38
Pub “Birra Amiata House” – via della Madonna, 51
Federazione Anarchica Livornese – via degli Asili 33

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A un anno dall’alluvione – Una sola grande opera: la messa in sicurezza dei territori

A un anno dall’alluvione – Una sola grande opera: la messa in sicurezza dei territori

Un anno fa, nella notte tra il 9 e il 10 settembre, l’alluvione colpiva Livorno facendo nove vittime e creando gravi danni ad abitazioni, ponti, strade, impianti industriali, con effetti disastrosi che ancora segnano la nostra città.

Le responsabilità di quanto successo non sono da riferire alla natura, ma a chi governa, gestisce e sfrutta il territorio. Anni di scempio, di saccheggio, di sfruttamento e ricerca di profitto si sono sommati a responsabilità contingenti e a inadempienze palesi, mentre l’opera delle autorità e del commissario per l’emergenza nominato dal governo sono state invisibili.

A distanza di un anno che cosa è cambiato? Cosa è successo nel corso del mandato del commissario del governo per l’emergenza?

L’amministrazione comunale di Livorno ha presentato il nuovo piano regolatore, che prevede un’ulteriore privatizzazione di spazi e beni pubblici, accompagnata da colate di cemento per centri commerciali, come quella che si prepara alla Stazione Marittima. Al contempo non sono stati fatti significativi interventi per la messa in sicurezza del territorio, in particolare per l’adeguamento delle casse di espansione. Ma la situazione è disastrosa a vari livelli, basti pensare al sistema fognario di Livorno, inadeguato alla normale amministrazione, come reso evidente dai ripetuti e frequenti divieti di balneazione in mare, figuriamoci in situazioni di emergenza.

L’amministrazione comunale di Collesalvetti ha negato ogni possibile relazione tra il grave inquinamento da idrocarburi pesanti riscontrato subito dopo l’alluvione da analisi nel cortile di alcune abitazioni della frazione di Stagno e la contigua raffineria ENI, anch’essa allagata. L’acqua e il fango che inondavano il cortile delle abitazioni e la raffineria erano in diretta relazione attraverso aperture nei muri perimetrali dell’impianto industriale, come segnalato da un dossier redatto dalle Brigate di Solidarietà Attiva e da alcuni abitanti di Stagno. Nonostante ciò, non ci risulta che sia stata data informazione su alcun Piano di Emergenza della raffineria in caso di alluvione, né che sia stato effettuato alcun intervento di contenimento e bonifica dell’inquinamento.

La Chiesa per il suo ruolo nell’economia livornese, anche di tipo speculativo, è tra i responsabili dei disastrosi effetti dell’alluvione, basti pensare alla cementificazione di Montenero tra gli anni ‘90 e 2000 con l’Aula Mariana e il terminal per i pellegrini. Ora sta mettendo le mani su un altro angolo delle Colline Livornesi, l’Eremo della Sambuca. Mentre si propone di guidare i livornesi in un superamento spirituale del dramma dell’alluvione, la Chiesa prepara nuove speculazioni e nuovi disastri.

Con l’avvicinarsi del doloroso anniversario dell’alluvione allo spot si alterna la farsa.

Emerge lo scandalo degli appalti truccati e la magistratura impone gli arresti per un ex dirigente della protezione civile e il titolare della Tecnospurghi. Affari da profittatori, come molti altri nauseanti casi simili, perché la speculazione sulle catastrofi c’è sempre, più o meno legale, solo che i governanti, le autorità, i padroni della terra e del cemento ne escono sempre puliti.

L’amministrazione comunale a pochi giorni dal 10 settembre cerca l’applauso annunciando che il governo sarebbe sul punto di dare il via ai finanziamenti dei rimborsi per cittadini e imprese che hanno fatto richiesta per i danni.

Il primo anniversario dell’alluvione diventa una parata, un maxievento in cui spicca una “passeggiata della pacificazione” dal mare fino all’Eremo della Sambuca organizzata dalla parrocchia della Valle Benedetta. Ma di che pacificazione si parla?

È ben chiaro a molti abitanti di Livorno, come a quelli di Genova che pochi giorni fa hanno contestato la visita dei papaveri istituzionali, che le tragedie che si succedono sempre più frequentemente non sono catastrofi ambientali, ma hanno la loro causa nella speculazione, nei rapporti di proprietà, nell’azione dei governi.

Una capillare opera di salvaguardia, vigilanza e messa in sicurezza del territorio ridurrebbe l’impatto degli eventi eccezionali e darebbe occasioni di lavoro all’enorme massa di disoccupati. La politica del Governo va nel senso opposto, destina alle spese militari, agli industriali, alle banche e alla Chiesa le enormi risorse sottratte ai lavoratori e ai cittadini, con una tassazione che pesa sui ceti meno abbienti e sui consumi. Chiunque occupi la poltrona di sindaco, si scontra con i vincoli di bilancio e con gli interessi della proprietà fondiaria. Né le autorità e gli enti pubblici, né le compagnie private possono garantire la sicurezza idrogeologica del territorio, perché seguono il profitto e gli interessi delle classi privilegiate, che si scontrano sia con l’ecologia sia con la salute e la sicurezza delle persone. Il governo e la proprietà dunque sono i principali ostacoli per ridurre i rischi ambientali sui territori, per ridurre l’impatto degli eventi eccezionali. È l’ora di farla finita con la devastazione statale e capitalista, nella prospettiva di una società libera ed ecologica.

L’attività sviluppata invece da organismi di base come le Brigate di Solidarietà Attiva è stata fondamentale, sia nelle attività di soccorso immediato alle popolazioni, sia nel supporto alla nascita di comitati, sia nell’opera di inchiesta e controinformazione. L’iniziativa dal basso ha mostrato il legame tra speculazione edilizia e riduzione delle aree per le casse d’espansione, e l’enorme rischio sanitario e ambientale connesso all’inquinamento.

UNA SOLA GRANDE OPERA: LA MESSA IN SICUREZZA DEI TERRITORI

 

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it
COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO collettivoanarchico@hotmail.it – collettivoanarchico.noblogs.org

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Festa Anarchic@ – L’Alba per Umanità Nova

Segnaliamo questa iniziativa a sostegno del settimanale anarchico Umanità Nova

Festa Anarchic@ – L’Alba per Umanità Nova

Giovedì 13 settembre alle ore 20.00 al bagno L’Alba Big Fish (via Litoranea 68, Marina di Pisa, gestito da L’Alba Associazione), Festa Anarchic@ con cena a 18 euro (con alternativa vegana) e intrattenimenti musicali. Parte del ricavato andrà a sostenere il giornale “Umanità Nova”.

L’Associazione L’Alba da anni è presente sul territorio pisano con servizi rivolti alla gestione della cura, con metodi innovativi di inclusione sociale e di ri-integrazione, di persone che vivono con disagi non solamente psichiatrici.

Intratterranno musicalmente:
— Coro anarchico “Stazione Rossa” di Livorno
— “La Notte delle Streghe”, voce e chitarra
— Marco del Giudice “La strada del marmo”, voce e chitarra
— Silvio Angeletti canti della tradizione popolare, voce e chitarra

L’evento è pubblicato anche su Umanità Nova online.

Per prenotazioni, telefonare al Big Fish: 050 314 4656.

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Effetto Refugio: La verità fa paura!

Riportiamo di seguito il comunicato presentato in conferenza stampa lo scorso 29 agosto presso il Refugio

La verità fa paura!

Siamo gli attivisti e le attiviste di diverse realtà culturali, politiche e sindacali che dal 2006 organizzano Effetto Refugio. Anche quest’anno, dal 1 al 5 agosto, abbiamo dato vita a una cinque giorni di dibattiti su tematiche sociali ed eventi artistici, per offrire come sempre un’alternativa alla kermesse istituzionale Effetto Venezia. Manifestazione che, ricordiamo, non è immune da interessi politici ed economici cittadini, a partire dal quartiere in cui si svolge interessato dal nuovo piano regolatore, che presenta numerose criticità sul piano ambientale e speculativo.

Come sempre tutto il ricavato va a sostenere le spese processuali che nel tempo abbiamo dovuto affrontare per le nostre lotte e per la repressione subita. Siamo qui non solo per aver espresso la nostra opinione ed esser stati per questo caricati diverse volte dalla Polizia, ma anche per l’esigenza di ribadire come si sono svolti realmente i fatti di fronte alle illazioni e ai giudizi avventati mossi dalle istituzioni.

Durante questa tredicesima edizione, abbiamo deciso di esprimere simbolicamente la nostra opinione riguardo alla dichiarazione pubblica negazionista del vice Premier Di Maio, fatta pochi giorni prima, secondo la quale in Italia non esisterebbe alcuna emergenza xenofoba. L’abbiamo fatto ricorrendo semplicemente a un richiamo agli ultimi fatti di cronaca accaduti da quando si è insediato il governo giallo verde e abbiamo scritto un comunicato che spiegava analiticamente i motivi del gesto.

Tali fatti non sono altro che la conseguenza fino ad allora della politica di odio razziale perpetrata dal governo del “cambiamento”. I fatti più recenti, come la negazione della tutela dei diritti umani a danno delle persone a bordo della nave Diciotti e il conseguente avvio di indagini da parte della magistratura, non sono altro che una drammatica conferma della nostra analisi. La verità fa paura?

Così pare, dal momento che aver appeso uno striscione, dai contenuti pienamente rientranti nell’esercizio del diritto di critica e più in generale della libertà di espressione, ha provocato l’intervento di ben due reparti della celere. Questo è accaduto pur vivendo in un mondo dove il principale veicolo di informazioni è rappresentato dai social media, attraverso i quali è possibile a ognuno, anche e soprattutto alle istituzioni, rendere pubblico qualsiasi tipo di contenuto, anche il più bieco. A tal proposito, basta solo accennare alle apologetiche citazioni del Duce sui vari profili del Vice Premier Matteo Salvini, alle quali ha fatto eco la scellerata proposta leghista di abolizione della Legge Mancino del 1993.

Del resto nemmeno un mese fa proprio qui, e durante Effetto Venezia, sono stati usati i manganelli. Pare assurdo ma già dal primo pomeriggio ci siamo trovati a dover trattare con la Digos solo per poter esprimere pubblicamente un nostro pensiero. Inoltre, il testo è stato addirittura censurato imponendoci di modificarlo e sottoporlo ad un’ irrituale, se non illegittima, autorizzazione da parte del nuovo questore. Quest’ultima in prima battuta è stata concessa e poi è stata revocata in pieno svolgimento della serata inaugurale. Ciò che pare aver necessitato l’intervento dei vigili del fuoco, la rimozione dello striscione e l’ordine delle cariche a freddo, è una semplice parafrasi ed una citazione del monito che campeggia sulla fortezza medicea “MSI FUORILEGGE”. Scritta ritenuta anche dal sindaco rappresentativa della storia antifascista livornese e dunque da difendere. Il giorno successivo abbiamo scritto e diffuso un comunicato, dove raccontavamo l’esatta cronologia dei fatti insieme alle prime risposte che è stato necessario esprimere in forma pubblica, a seguito di varie accuse e commenti non veritieri.

Ribadiamo che non c’è stata volontà da parte nostra di cercare lo scontro e che ci è stato intimato di togliere lo striscione senza alcuna possibilità di replica. Abbiamo tentato di evitare le cariche suggerendo di rimuovere lo striscione poco dopo, permettendoci così di concludere la programmazione della serata. Inoltre rimarchiamo il nostro sconcerto per le farneticazioni del sindaco. Stando infatti alle sue dichiarazioni, riprese dal comunicato della questura e liberamente interpretate, le cariche di polizia sarebbero state causate da una presunta violenza da parte nostra nei confronti della Vicaria del Questore. Ci teniamo nuovamente a precisare che le ferite che ha riportato sono state causate dall’intervento dell’antisommossa stessa. L’unico commento che è possibile esprimere in merito ai trenta giorni di prognosi dati alla Vicaria, è che sono strumentali all’avvio d’ufficio di procedimenti giudiziari. A tale proposito ricordiamo che nei giorni immediatamente successivi agli eventi abbiamo diffuso un video che chiariva la dinamica dei fatti in questione.

A ulteriore dimostrazione dell’abuso perpetrato segnaliamo che non sono stati feriti unicamente gli attivisti ma anche avventori e giornalisti. Ad oggi, a distanza di quasi un mese dai fatti non abbiamo ancora avuto notizia di alcuna rettifica del sindaco sulla sua errata ricostruzione. L’atteggiamento di Nogarin richiama una fase oscura della nostra storia: ci riferiamo al ventennio fascista, quando i rappresentanti delle istituzioni agivano unicamente in funzione di ciò che il regime disponeva. Una condotta istituzionale già tenuta in occasione del post frettolosamente cancellato in merito all’apertura del porto di Livorno per accogliere la nave “Aquarius”. Questo accade in un momento storico in cui il Movimento 5 Stelle governa in parlamento con la Lega, la quale sta forzando le istituzioni verso la normalizzazione di logiche e pratiche fasciste.

A conferma di quanto appena detto vogliamo far notare come l’azione spropositata delle forze dell’ordine faccia pensare a una regia da parte dell’attuale esecutivo sulla città, dove il questore appena insediato ha anteposto valutazioni politiche al perseguimento della tutela dell’ordine pubblico. Proprio mentre stavamo scrivendo, altre cariche della polizia colpivano il presidio antirazzista al porto di Catania, che chiedeva la liberazione di 150 persone tenute in ostaggio a causa delle scelte del Ministero dell’Interno. Un altro intervento criminale che conferma la volontà di reprimere ogni dissenso, sdoganando pratiche censorie che rappresentano solo uno degli aspetti della negazione dei diritti umani di cui il governo italiano si sta macchiando. Tornando a quanto è successo la prima notte di Effetto Venezia, tuttora non comprendiamo a tutela di quale interesse, pubblico o privato, sia stato deciso tale intervento, che possiamo qualificare solamente come punitivo. Infine, in uno scenario politico dove il protagonismo e il sensazionalismo a tutti i costi sono gli unici obiettivi del Ministro dell’Interno, è doveroso per noi far riflettere sul fatto che probabilmente non ci troviamo più in uno Stato di diritto, bensì in uno Stato di polizia. Per questo motivo continueremo ad opporci ad ogni deriva autoritaria con le nostre pratiche politiche e sociali ed il nostro impegno.

 LEGA FUORILEGGE!

EFFETTO REFUGIO 2018

29 agosto 2018

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Effetto Governo: la violenza dai media alla piazza

Effetto Governo: la violenza dai media alla piazza

Il sangue ha bagnato la giornata inaugurale di “Effetto Venezia”, la kermesse estiva organizzata dal Comune di Livorno con il contributo dell’Autorità di Sistema Portuale.

Violente e ripetute cariche sono state compiute a freddo e senza alcun preavviso dalla Polizia di Stato intorno alle 1,30 di notte lungo gli Scali del Refugio. Per circa mezz’ora sono stati usati i manganelli sui presenti che protestavano contro la rimozione di uno striscione che portava scritto: “Effetto Pd e Lega-5Stelle: 11 aggressioni in 50 giorni. Il vostro razzismo è emergenza. Il vero cambiamento: casa, lavoro e reddito per tutt*. Lega fuorilegge”. Ogni anno, nel contesto del contro-evento Effetto Refugio viene affisso uno striscione sul muro dell’ex Carcere dei Domenicani, quest’anno la Questura ha deciso di usare anche la violenza per far rimuovere lo striscione.

Riteniamo gravissima questa vera e propria negazione della libertà di espressione, che dimostra come gli atteggiamenti violenti e sanguinari degli esponenti di governo non siano solo una posa da campagna elettorale. La censura attraverso la violenza è il primo atto del nuovo Governo Lega-5 stelle a Livorno, è il primo atto pubblico di Questore e Prefetto appena nominati.

Già lo scorso anno, sempre nel contesto di Effetto Refugio venne schierata l’antisommossa per rimuovere lo striscione, in quel caso giudicato troppo critico nei confronti di Marco Domenico Minniti, Ministro dell’Interno del governo guidato dal Partito Democratico e dal Nuovo Centro Destra. Lo scorso anno lo striscione venne rimosso con la forza, ma non vi furono cariche, perché l’intervento della Questura, nel pieno della festa, provocò grande indignazione e molti accorsero a portare solidarietà.

Questa volta invece la polizia è arrivata di notte, all’1:30 circa, mentre tutti stavano andando via, perché non ci fosse troppa gente a guardare mentre imponevano la censura coi manganelli, ma molte persone che rientravano a casa dopo la festa sono accorse dalle strade vicine, lungo i fossi della Venezia, per solidarizzare con chi aveva subito la brutale aggressione della polizia.

Sappiamo fin troppo bene che chi governa adopera spesso la violenza per impedire la libertà di espressione e la libertà di manifestare. Dopotutto anche le emergenze “immigrazione”, “sicurezza” e “decoro”, sono state create per promulgare leggi sempre più repressive, che impongono maggiore controllo e una restrizione della libertà per tutti coloro che manifestano il proprio dissenso, che si organizzano, lottano per estendere la solidarietà e ottenere migliori condizioni di vita, per coloro che fanno puntualmente controinformazione.

Quanto avvenuto non ha precedenti a Livorno. La scelta della Questura di rimuovere uno striscione, utilizzando anche le cariche di polizia, è un atto gravissimo, che colpisce non solo coloro che hanno esposto lo striscione, ma l’intera città. Sei anni fa, nel dicembre del 2012, la Questura negò in piazza Cavour la libertà di manifestare sciogliendo un presidio con delle cariche indiscriminate e violente che coinvolsero anche i passanti, stavolta ciò che viene impedito con la violenza è la libertà di esprimersi attraverso uno striscione. Un precedente pericoloso per tutte e tutti noi, per la maggior parte delle persone, che vivono le condizioni di sfruttamento ed oppressione imposte dalla classe dirigente e di governo.

La violenza è l’unico mezzo che conoscono le classi dominanti di fronte al precipitare della crisi economica. Il governo è incapace di fronteggiare la crisi economica e di sopperire ai molteplici bisogni sociali; per questo i suoi servi cercano di mettere a tacere ogni voce di protesta.

D’altra parte gli organizzatori di “Effetto Venezia” non vogliono dispiacere al governo, da cui aspettano un appoggio per le ennesime speculazioni che stravolgeranno Livorno. Nel contenitore-vetrina della kermesse livornese, l’alternativa di Effetto Refugio, organizzato dalle varie realtà di movimento cittadine, ha sempre rappresentato uno spazio di espressione critica a cui spesso si è tentato di mettere il bavaglio.

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario denunciano la gravità di questo atto repressivo, e sono al fianco di tutte e tutti coloro che hanno subito le cariche della polizia. Invitano le forze politiche, sindacali e sociali a far sentire la propria voce contro la violenza.

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Lavoratori ALP, un risultato importante

Lavoratori ALP, un risultato importante

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario esprimono grande soddisfazione per l’esito positivo della vertenza dei cinque lavoratori ALP (Agenzia per il Lavoro in Porto) licenziati per motivi disciplinari ed ora riassunti a pieno titolo. Con la loro determinazione e compattezza i lavoratori ALP hanno saputo attivare una rete di solidarietà e sostegno attuando coraggiosamente uno sciopero generale che è stato determinante nella soluzione della vicenda. Ringraziamo questi lavoratori e il sindacato CIB Unicobas perché ci hanno dimostrato, una volta di più, che la lotta paga. L’evidente illegittimità del licenziamento ha fatto sì che l’azienda riassumesse senza mettere in atto le misure capestro imposte dal Job Act, ricollocando i lavoratori nella posizione precedente. La mobilitazione sostenuta dai lavoratori ALP ha rappresentato anche una potente occasione di controinformazione, contro tutte le menzogne delle aziende e degli imprenditori, sull’effettiva organizzazione del lavoro portuale, fatto di selvaggia corsa al profitto attraverso l’imposizione dello sfruttamento, di ritmi di lavoro insostenibili, di frantumazione del lavoro, di costante disprezzo delle norme di sicurezza.

Gli effetti di queste politiche sono la precarietà e gli infortuni, talora anche mortali, che sempre più spesso si verificano

Aldilà di tutte le menzogne e le denigrazioni strumentali di azienda e imprenditori, che definiscono indisciplinato chi vuole lavorare in modo regolare e sicuro, la lotta dei lavoratori ALP ha ottenuto un risultato importante per i lavoratori stessi ma anche per tutti.

Solo la determinazione dei lavoratori può assicurare di contrastare le deleterie politiche padronali. Non faremo mai mancare la nostra solidarietà. La loro lotta è la nostra lotta.

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

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A 3 anni dalla strage di Suruc, la polizia attacca i manifestanti

Ieri 20 luglio in Turchia ci sono state manifestazioni per l’anniversario della strage di Suruc del 2015, in cui morirono 32 giovani rivoluzionari per una bomba di stato fatta esplodere durante una conferenza stampa della SGDF. Quei giovani stavano presentando uno dei progetti di ricostruzione a Kobane. Questo brutale attacco voleva colpire la spinta rivoluzionaria che in quel periodo stava cancellando il confine tra la Truchia e il Rojava in una prospettiva di liberazione per tutta la regione. Tra i compagni uccisi nella strage di Suruc, oltre a numerosi giovani militanti socialisti, vi furono anche due compagni anarchici, entrambi di 19 anni. Evrim Deniz Erol e Alper Sapan, quest’ultimo faceva parte del gruppo Iniziativa Anarchica di Eskişehir ed era obiettore di coscienza al servizio militare.

Venerdì 20 luglio per il terzo anniversario della strage di stato di Suruc ci sono state manifestazioni in Turchia ad Ankara e a Istanbul. Hanno manifestato anche compagne e compagni della Gioventù Anarchica del DAF. La polizia ha attaccato i manifestanti, alcuni sono rimasti contusi e feriti. Sia ad Istanbul sia ad Ankara ci sono stati numerosi di polizia. Sembra che siano tutti stati rilasciati nel corso della notte.

Si tratta delle prime manifestazioni dopo la “fine” dello stato di emergenza in Turchia decretata qualche giorno fa. La repressione continua. In due anni di stato di emergenza molte misure eccezionali sono entrate nella legislazione normale, quindi chi governa il paese detiene comunque dei poteri molto più ampi rispetto a quelli che poteva avere due anni fa, nonostante la fine formale dello stato di emergenza. L’eccezione è la norma.

sulla strage di Suruc è possibile leggere questo articolo http://www.umanitanova.org/2015/07/22/turchia-bombe-di-stato-contro-la-ricostruzione-di-kobane/

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In memoria di Filippo Filippetti – anarchico livornese, antifascista, ucciso dai fascisti

In memoria di Filippo Filippetti
anarchico livornese, antifascista, ucciso dai fascisti

Mercoledì 1 agosto 2018

ore 19 Commemorazione presso la lapide

Via Provinciale Pisana 354, Livorno

(andando verso Via Firenze, alla ex-scuola di fronte al circolo ARCI “Tamberi”)

Filippo Filipetti, giovane anarchico, viene ucciso il 2 agosto 1922 dai fascisti mentre si oppone, assieme ad altri antifascisti, ad una spedizione punitiva contro Livorno.

Il 2 Agosto 1922 un gruppo di giovani antifascisti, tra i quali alcuni anarchici, ingaggia uno scontro armato nei pressi di Pontarcione con i camion dei fascisti. Muore nella sparatoria Filippo Filippetti, membro degli Arditi del Popolo, sindacalista dell’USI per il settore edile.

Nell’estate del 1922 si giocano le ultime carte per fermare la reazione antiproletaria: il paese è attraversato da un crescendo di aggressioni compiute dai fascisti nei confronti delle organizzazioni del movimento operaio e dei singoli militanti; si contano decine di morti fra gli antifascisti.

Da mesi l’Unione Anarchica Italiana e il giornale “Umanità Nova” si battono a sostegno del movimento degli Arditi del Popolo, per costituire un fronte unico proletario che organizzi la difesa.

Su iniziativa del Sindacato Ferrovieri Italiano è costituita l’Alleanza del Lavoro, a cui partecipano tutti i sindacati, con l’appoggio dell’Unione Anarchica, del Partito Repubblicano, del Partito Comunista e del Partito Socialista.

L’Alleanza del Lavoro indice uno sciopero generale ad oltranza per fermare le violenze fasciste a partire dalla mezzanotte del 31 luglio.

I fascisti finanziati da agrari e industriali, armati da Carabinieri ed Esercito, protetti dalla monarchia e dalla chiesa, aggrediscono le roccaforti operaie.

In molte città, fra cui Piombino, Ancona, Parma, Civitavecchia, Bari i fascisti vengono respinti anche grazie all’azione degli Arditi del Popolo. Nel momento in cui la resistenza operaia cresce, CGL e PSI, sperando in un ennesimo compromesso, si ritireranno dalla lotta, aprendo la strada alla rappresaglia armata del Governo.

Livorno è uno dei centri dello scontro. Tra il 1° e il 2 Agosto 1922 squadre fasciste provenienti da tutta la Toscana lanciano la caccia agli antifascisti livornesi, facendo irruzione nei quartieri popolari che resistono all’invasione.

Molti furono gli assassinati in quei giorni. Popolani, militanti comunisti, anarchici, repubblicani e socialisti, tra i quali Luigi Gemignani, Gilberto Catarsi, Pietro Gigli, Pilade Gigli, Oreste Romanacci, Bruno Giacomini e Genoveffa Pierozzi.

Negli scontri in periferia viene ucciso il giovane anarchico Filippo Filippetti.

Gli anarchici invitano tutti gli antifascisti a partecipare alla commemorazione.

Federazione Anarchica Livornese

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

http://collettivoanarchico.noblogs.org/

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Foto del 6 luglio: sciopero generale e manifestazione per il reintegro dei portuali licenziati da ALP

Alcune foto dal corteo di venerdì 6 luglio in occasione dello sciopero generale per il reintegro dei portuali licenziati da ALP

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