Skip to content


Orti urbani: CONTRO LE SPECULAZIONI, AUTOGESTIONE!

orti

CONTRO LE SPECULAZIONI, AUTOGESTIONE!

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario esprimono la propria solidarietà alla lotta del collettivo degli Orti urbani di via Goito che il 9 aprile manifesta per dire no alla cementificazione dell’area verde di via Goito, recuperata ad uso agricolo e area di attività e parco per tutti. L’esperienza degli Orti Urbani rappresenta un importante momento di contrasto, alla speculazione edilizia e alla proprietà privata, ed ha respinto decisamente il recente tentativo dei proprietari del terreno di entrare nell’area per distruggere ciò che è stato fatto e iniziare i lavori per cementificare. La manifestazione del 9 aprile rappresenti una risposta importante per la riappropriazione degli spazi sottratti alla collettività, contro la speculazione e le logiche del profitto.

Gli orti urbani di via Goito, gestiti in modo collettivo e attraverso pratiche autogestionarie, sono una’esperienza da valorizzare nel contesto cittadino, nell’ambito delle lotte condotte dal basso in forma autorganizzata, in contrasto con le istituzioni che difendono gli interessi della proprietà privata e di chi sfrutta persone e territori.

La questione ambientale è un elemento centrale delle lotte sociali: le mobilitazioni condotte da anni in Val Susa contro la TAV, le lotte condotte in Sicilia contro il MUOS, le centinaia di lotte sostenute nel paese contro le devastazioni e i saccheggi del territorio imposti da governo o amministrazioni locali con la politica delle più o meno grandi opere evidenziano l’inconciliabilità tra le esigenze delle popolazioni e la logica del profitto.

A queste proteste i governi rispondono spesso con la repressione o addirittura con l’uso dell’esercito. Eppure queste mobilitazioni sono sempre più numerose e diffuse, e l’esperienza degli Orti urbani di Livorno ne è un esempio.

La risposta allo scempio del territorio data da questi movimenti di lotta mostra chiaramente che la pratica legalitaria, i percorsi istituzionali quali ricorsi, petizioni, referendum non offrano alcuna garanzia e tutela. Solo l’autoorganizzazione e l’autogestione rappresentano una risposta in grado di garantire gli interessi collettivi.

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it / collettivoanarchico.noblogs.org

Federazione Anarchica Livornese

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Posted in Anarchismo, Generale, Nocività-Salute, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , .


PISA: Presidio + Dibattito – Verso Lo Sciopero Del 18: Contro La Guerra, Solidarieta’ Al Kurdistan

antimilitarismo

PER LO SCIOPERO GENERALE DEL 18 MARZO,
CONTRO LA GUERRA,
CON L’AUTOGOVERNO DEI KURDI DELLA ROJAVA

Sabato 12 marzo PISA
h 16 Presidio in Piazza Garibaldi
h 18 Assemblea pubblica – Polo Carmignani, Aula 1, Piazza dei Cavalieri

Venerdì 18 marzo FIRENZE ore 9,30 Piazza Dalmazia Corteo per lo Sciopero Generale

Precarietà, sfruttamento e disoccupazione segnano in modo sempre più forte la vita della maggior parte delle persone.
Negli ultimi anni, agitando lo spettro della crisi economica, i governi che si sono succeduti hanno imposto politiche di austerità e sacrifici, che hanno portato ad un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro della maggior parte della popolazione.
Di fronte alla crescente disoccupazione, padroni e governanti, per accrescere i propri profitti e difendere i propri privilegi, cercano di imporre sempre peggiori condizioni di lavoro, salari sempre più bassi, meno sicurezza sul lavoro, tagli alla sanità, più inquinamento, restrizione della libertà sindacale.

Con mezzi diversi ma con i medesimi interessi sia la destra xenofoba e fascista sia i partiti di governo tentano di dividere i lavoratori tra più garantiti e meno garantiti, tra italiani e stranieri, tra disciplinati e fannulloni, tra sottomessi e combattivi, spianando così la strada alle politiche del governo.

Il governo Renzi sta conducendo una vera e propria guerra interna contro i lavoratori e gli strati popolari. Gli effetti di questa guerra li possiamo vedere quotidianamente sulla nostra pelle: ticket sanitari alle stelle che costringono milioni di persone a rinunciare alle cure; scuole fatiscenti con classi sempre più numerose; riduzione dei salari e delle pensioni; grandi opere e produzioni nocive, che devastano i territori e avvelenano abitanti e lavoratori; estrema precarizzazione del lavoro, dalle esternalizzazioni al lavoro interinale, dai tirocini alle prestazioni gratuite; quasi totale licenziabilità con il Jobs Act ed in ultimo restrizione della libertà di associazione e di sciopero, grazie all’infame accordo sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 firmato dai sindacati concertativi.

Questo attacco viene condotto dal governo con un approccio militare e autoritario.
Alle proteste popolari si risponde a suon di manganellate, denunce e licenziamenti.
Con la giustificazione del contrasto del terrorismo e della criminalità il governo ha riempito di soldati le città italiane, mentre in alcuni casi i militari sono già stati impiegati per la repressione interna, come ad esempio in Val di Susa contro il movimento NO TAV.

La militarizzazione della società e dei rapporti sociali corre parallela alle politiche di guerra condotte dal governo. Miliardi di euro vengono sottratti ai servizi pubblici per finanziare il settore militare, alla faccia della crisi si continua ad investire nella ricerca militare e l’industria bellica continua a fare affari d’oro. L’adesione alla NATO e la presenza di basi statunitensi nel paese coinvolge automaticamente l’Italia in molti dei conflitti in corso. Inoltre lo Stato italiano si prepara anche a nuovi interventi diretti in zone di guerra, come dimostra la creazione di nuove unità d’intervento rapido. Alle missioni di guerra “ufficiali” si aggiunge la presenza di militari italiani in Iraq, e il supporto logistico al militarismo degli USA, mentre per la prossima missione di morte in Libia, Renzi ora dice che l’Italia non parteciperà all’attacco, ma come si sa con lui non c’è da star “sereni”.

La politiche economiche e sociali del governo sono dunque strettamente connesse alle politiche di guerra, per questo come Anarchici Toscani parteciperemo alla manifestazione del 18 marzo a Firenze e sosteniamo lo sciopero generale indetto per quella giornata.
Riteniamo che iniziative di lotta come queste siano importanti e che necessiterebbero, per avere una maggiore efficacia, per sviluppare un effettivo radicamento nei territori legare le iniziative di lotta anche a problemi locali che affliggono i lavoratori e le popolazioni in genere.

Come Anarchici Toscani riteniamo importante che nella giornata di lotta del 18 marzo si manifesti anche la solidarietà internazionalista verso chi lotta in Kurdistan e in Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano.
La guerra così come le politiche di austerità si determinano in campo internazionale, nello scontro tra potenze capitalistiche e statali che competono tra loro per il dominio e per il controllo delle risorse.
In questo quadro fosco che minaccia l’umanità c’è una piccola luce rappresentata dalle popolazioni della Rojava, dal movimento kurdo e dai rivoluzionari, tra cui anche gli anarchici, che lottando e combattendo per la propria libertà cercano anche di sperimentare forme di vita sociale alternativa alla logica della gerarchia, della sopraffazione e del profitto.
Quanto avviene in Turchia, ed in particolare nel Bakûr, il Kurdistan settentrionale in territorio turco, ci mostra il vero volto dello Stato e del suo apparato militare. Coprifuoco, rastrellamenti, bombardamenti, omicidi, arresti e torture, carri armati nelle strade e assedio di quartieri e villaggi insorti. Le vittime tra la popolazione civile, i militanti politici e gli attivisti sindacali sono migliaia solo negli ultimi mesi. Quanto avviene in Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, ci mostra un’esperienza alternativa e rivoluzionaria. Sotto la spinta del movimento curdo la popolazione ha cercato di darsi nuove forme di organizzazione politica e sociale. Per difendere queste forme di sperimentazione sociale e di autogoverno territoriale le forze di autodifesa popolari della Rojava (YPG/YPJ) hanno dovuto combattere le truppe di Al-Nusra e dello Stato Islamico, hanno dovuto anche scontrarsi con le truppe siriane fedeli ad Assad e vengono quotidianamente attaccate dall’esercito turco. Le potenze come USA e Russia che intervengono nella regione cercano invece di conquistarsi, anche sulla pelle delle popolazioni della Rojava, posizioni favorevoli di influenza per l’accesso alle risorse e la futura gestione politica della pacificazione.
La lotta in Kurdistan ci mostra dove possa arrivare la repressione militare messa in atto da un governo ed allo stesso tempo quali siano le potenzialità rivoluzionarie del processo di sperimentazione sociale in atto in Rojava e quali siano le forze che tentano di bloccare tale processo. Sosteniamo la lotta per la libertà del popolo Kurdo l’esperienza rivoluzionaria della Rojava. Lottiamo contro la guerra e il militarismo, contro tutti gli Stati e tutti i padroni.

VENERDI’ 18 MARZO SCIOPERO GENERALE
MANIFESTAZIONE A FIRENZE
ORE 9:30 IN PIAZZA DALMAZIA

ANARCHICI TOSCANI
Per contatti: anarchicitoscani@autistiche.org

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Iniziative, Internazionale, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , , .


Ginevra, sospesi colloqui per la spartizione della Siria – contro la guerra, solidarietà alla Rojava e antimilitarismo

questo articolo è stato pubblicato sul settimanale anarchico Umanità Nova
ovunque kobane

Ginevra, sospesi colloqui per la spartizione della Siria
contro la guerra, solidarietà alla Rojava e antimilitarismo

Il 5 febbraio l’esercito turco ha attaccato con armi pesanti la città di Tell Abyad (Girê Spî) in Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, dispiegando in Turchia le proprie truppe nella città di confine di Akçakale.
Già il 20 gennaio numerosi colpi di artiglieria sparati dall’esercito turco hanno colpito a Tell Abyad il quartier generale delle YPG, le Unità di Protezione del Popolo che controllano la città dal giungo 2015, quando, dopo aver sconfitto le truppe dello Stato Islamico, sono riusciti a ricongiungere i cantoni di Cezire e Kobane della Rojava.
In un recente comunicato l’ufficio stampa delle YPG ha affermato che gli attacchi contro le proprie postazioni di confine da parte delle forze militari turche vanno avanti ininterrottamente dal 24 ottobre scorso. Questa zona è strategica. Attraverso il confine che divide Tell Abyad e Akçakale passavano, prima dell’arrivo delle YPG, rifornimenti in uomini e armi per lo Stato Islamico, è infatti uno dei punti di frontiera in cui la collaborazione tra Stato Turco e Stato Islamico è stata più evidente.

Gli attacchi turchi su Tell Abyad delle ultime settimane non sono che gli ultimi episodi della strategia turca di intervento diretto in Siria contro la popolazione curda e le forme di organizzazione sociale che si sta dando la Rojava. Questa strategia, che è stata caratterizzata anche da una sanguinosa stretta autoritaria e repressiva in Turchia contro le organizzazioni del movimento curdo, contro la sinistra rivoluzionaria, contro i dissidenti e contro la popolazione civile, è stata inaugurata nel luglio dello scorso anno dopo la liberazione di Tell Abyad da parte delle YPG e delle YPJ (Unità di Protezione delle Donne), ed è stata annunciata pubblicamente dal Consiglio Nazionale di Sicurezza Turco (MGK) presieduto dal Presidente della Repubblica Erdoğan, con una dichiarazione in cui si affermava che la Turchia “non permetterebbe mai la formazione di uno stato curdo lungo i propri confini”.

Il 24 luglio 2015 sono iniziati raid aerei dell’esercito turco contro le postazioni del PKK in Iraq e Turchia e contro quelle delle YPG in Siria, i bombardamenti riscossero in quei giorni l’approvazione del Segretario generale della NATO Stoltenberg. Da allora sono continuati i bombardamenti dell’esercito turco in territorio siriano contro le postazioni delle YPG. Se inizialmente il governo turco tentava di mascherare questi attacchi, dichiarando che il proprio esercito era impegnato in azioni contro lo Stato Islamico, alla fine di ottobre il Primo ministro turco Ahmet Davutoğlu ha confermato l’attacco da parte di unità turche contro le postazioni delle YPG vicine al confine presso Tell Abyad, rivendicandone la legittimità in nome della sicurezza del proprio paese.

Uno degli episodi più eclatanti è avvenuto il 24 dicembre scorso, quando alcune unità dell’esercito turco hanno oltrepassato il confine tra Turchia e Siria entrando in Rojava, attraversando i villaggi di Sermisax e Banokiya, a est di Qamişlo, per assumere il controllo di una collina strategica a circa un chilometro dal confine che permetterebbe all’esercito turco di controllare le aree circostanti in territorio siriano. Circa 200 soldati, accompagnati da alcuni bulldozer e supportati da veicoli militari ed armi pesanti, dopo aver rimosso il filo spinato dal confine, hanno costruito trincee vicino ai villaggi per difendere le posizioni acquisite. La popolazione locale, che ha ha protestato contro questa intromissione, è stata minacciata dalle truppe turche.

La stessa guerra viene condotta dallo Stato turco all’interno dei propri confini. Tra luglio e agosto numerosi quartieri di Istanbul e Diyarbakir (Amed) e di altri centri del Bakûr, il Kurdistan settentrionale in territorio turco, sono insorti dichiarando l’autogoverno, costruendo barricate per fermare i rastrellamenti messi in atto dalle forze di sicurezza turche nei confronti di militanti rivoluzionari, reali o presunti, turchi e curdi, che a centinaia venivano arrestati, spesso torturati. Alcuni sono stati uccisi nelle proprie case o in strada, o addirittura fatti sparire, altri hanno dovuto subire, una volta uccisi, sui propri corpi senza vita, le angherie e le brutalità dei militari e della polizia. Si è trattato di un’insurrezione nata innanzitutto dalla necessità di difendersi dalla violenza del terrorismo di Stato, ma che allo stesso tempo, con la dichiarazione di autogoverno, seguiva una prospettiva politica e sociale ben chiara, rivolta verso l’esperienza della Rojava.
Per reprimere queste rivolte lo Stato turco ha impiegato l’esercito, carri armati, mortai, artiglieria, cecchini e armi da guerra per riprendere il controllo delle strade, coprifuoco e rappresaglie per mantenerlo.
Come la situazione drammatica della città di Cizre, simbolo della resistenza a terrorismo di Stato in Turchia ci mostra quotidianamente, il coprifuoco, i bombardamenti e le rappresaglie continuano, provocando numerose vittime.

In questo contesto il 29 gennaio si era aperta a Ginevra la III conferenza sulla situazione di guerra in Siria, organizzata dall’inviato ONU in Siria Staffan de Mistura. La conferenza, che secondo gli organizzatori dovrebbe concludersi in sei mesi, vede riunite le principali potenze coinvolte nel conflitto, tra cui Stati Uniti, Russia, Iran, Turchia, Arabia Saudita, nonché rappresentanti del governo di Damasco, l’Alto Comitato per i Negoziati (HNC) che rappresenta in quella sede l’opposizione siriana riunendo 32 forze sunnite, rappresentanti di minoranze e di organizzazioni non governative. I colloqui però sono già stati sospesi, e non riprenderanno fino al 25 febbraio.

Il mancato invito di una rappresentanza della Rojava alla conferenza, è stato preso in considerazione solo in modo marginale dai media ufficiali, che hanno in genere spiegato tale esclusione come una scelta alla cui base vi sarebbe la contrarietà della Turchia.
In dichiarazioni rilasciate per ANF (Ajansa Nûçeyan a Firatê, agenzia di stampa vicina al movimento curdo), Salih Muslim, leader del PYD (Partito dell’Unità Democratica, maggiore forza politica della Rojava, membro del KCK, il Gruppo di Comunità del Kurdistan di cui è parte anche il PKK), che si è recato a Ginevra per protestare contro la scelta di non invitare rappresentanze curde dalla Siria, ha affermato che i curdi non riconosceranno Ginevra III dal momento che non sono stati invitati.Ha dichiarato che non c’è solo la Turchia ad opporsi alla loro presenza ai colloqui di pace ma tutte quelle forze che sono contrarie ad un riconoscimento politico dei curdi e che sono contrarie al sistema democratico che sta sperimentando la Rojava. Muslim ha anche affermato che sono le forze regionali sostenute da “Turchia, Sauditi, Regime siriano e Iran” quelle che si schierano contro di loro, mentre Russia e Stati Uniti devono capire che non è più possibile escludere i curdi, che ormai sarebbero una “potenza” (power nella versione iin lingua inglese dell’intervista) nella regione. Secondo Muslim inoltre non è esclusa la possibilità che una rappresentanza della Rojava sia invitata in un secondo momento.

Emerge chiaramente, anche dalle parole di Muslim, che l’esclusione della componente curda dai colloqui di Ginevra, è da ricondursi in gran parte al progetto sociale e politico di autogoverno condotto in Rojava, che è ritenuto pericoloso dalle potenze regionali e mondiali che intervengono in Siria. Probabilmente la partecipazione di una rappresentanza della Rojava può porre problemi a livello diplomatico e di diritto internazionale; il PYD e l’Amministrazione Democratica Autonoma della Rojava sono considerati solo come un’entità semi-autonoma e, per alcune fazioni dell’opposizione, sono sostenitori di Assad. Ma non è per questo che tali rappresentanze sono state escluse.

Questo ci è dimostrato dalla guerra che lo Stato turco sta conducendo sia contro i rivoluzionari e la stessa popolazione civile all’interno dei propri confini sia contro l’Amministrazione Autonoma della Rojava e la sperimentazione sociale e politica fondata sul confederalismo democratico che là si sta mettendo in atto. Una guerra sostenuta dalla NATO, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
Ma non c’è solo la Turchia. In un contesto come quello siriano, in cui grazie alla mediatizzazione del terrore dello Stato Islamico ogni tipo di intervento militare sembra essere giustificato, le potenze si scontrano per difendere i propri interessi economici e strategici, ma anche di influenza. Sul piatto infatti non vi è solo la gestione del potere in Siria e la possibile uscita di scena di Assad, ma anche la gestione della questione curda.

Chi si riunisce a Ginevra punta a prendere la fetta più grossa in una pacificazione della Siria che ridisegnerà gli equilibri del Medio Oriente. Per questo, almeno fino a quando rappresenterà una pericolosa alternativa politica e sociale, la Rojava sarà esclusa o marginalizzata da colloqui e negoziati.

Non è mio compito e non ho le competenze per entrare nel merito delle scelte diplomatiche e di relazioni del PYD e dell’Amministrazione Autonoma della Rojava. Mi limito a dire che è proprio il carattere alternativo della Rojava, messo a rischio in un contesto di guerra tanto complesso, che deve essere difeso, continuando sulla strada del processo rivoluzionario se la popolazione della Rojava vuole avere la possibilità di mantenere il proprio autogoverno e sviluppare liberamente le forme di organizzazione sociale che preferisce.
Per questo anche l’attività di solidarietà con la Rojava deve emanciparsi dalla narrazione ufficiale che vede i curdi come unici veri combattenti nella guerra contro il terrorismo e per questo presentabili al tavolo delle trattative.

I curdi hanno preso le armi in Rojava molti anni prima che arrivasse lo Stato Islamico. I cantoni della Rojava non sono nati per combattere lo Stato Islamico ma per autogovernare delle regioni controllate dalle YPG e dalle YPJ in cui la popolazione sotto la spinta di un movimento popolare e del PYD stava iniziando a sperimentare l’applicazione del confederalismo democratico, inteso come un’alternativa alla “modernità capitalista”. La guerra contro Al-Nusra prima e lo Stato Islamico ora è una lotta per l’autodifesa, non l’avanguardia dell’occidente democratico contro il Califfato.

Come anarchici sostenere la lotta per la libertà del popolo curdo e l’esperienza della Rojava significa sostenere la prospettiva rivoluzionaria dell’esperimento sociale che è in atto.
Mentre a Ginevra i potenti cercano un accordo per spartirsi il mondo e imporre la loro pace, si rende ancora più necessario rilanciare l’iniziativa antimilitarista.

Dario Antonelli

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , .


CRISI DEI RIFIUTI A LIVORNO: CON I LAVORATORI, PER RIFIUTI ZERO – presentazione opuscolo e dibattito

CRISI DEI RIFIUTI A LIVORNO
CON I LAVORATORI
PER RIFIUTI ZERO

Il disastro dell’igiene urbana si manifesta a Livorno come in altre città. Nella nostra città è l’intersezione di due crisi: da una parte l’aumento dei rifiuti, prodotti in misura crescente da questa società orientata all’usa e getta, dall’altra la crisi delle aziende destinate alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti. la crisi di queste aziende è dovuta in primo luogo all’inefficienza della gestione del problema da parte degli enti pubblici, che hanno abbandonato la gestione dei rifiuti alla logica del profitto e alle aziende private.

Di fronte all’aggravarsi della crisi e all’incapacità della giunta comunale di venirne a capo, il vescovo di Livorno, Simone Giusti, è sceso in campo in difesa dell’Aamps e del nuovo inceneritore. Il capo della Chiesa cattolica a Livorno accusa la scelta di non costruire l’inceneritore di essere “ideologica”. Di fronte a questa accusa gli anarchici rivendicano il fatto di battersi per un ideale di società giusta e libera, in cui la salute e ambiente sono priorità. La religione di Simone Giusti dimostra invece di essere più sensibile alle sofferenze dei portafogli di chi specula sulla salute e sull’ambiente.
Affaristi e politici hanno speculato per decenni sulla pelle dei lavoratori e degli abitanti della zona.
Hanno privatizzato il servizio, aumentando le tasse, diviso i lavoratori tra garantiti e non, contrapposto al diritto alla salute il ricatto occupazionale.

E’ stata l’azione dal basso, dei cittadini, degli attivisti, dei comitati che ha messo in luce il progressivo avvelenamento e danno alla salute causato dalla gestione sconsiderata dei rifiuti, e il rischio di dissesto per l’Aamps.
Gli anarchici ritengono che solo dalla ripresa di quel percorso, con l’azione diretta, con l’autorganizzazione, con l’unione fra cittadini e lavoratori sia possibile rimettere al centro le questioni della salute e dell’ambiente, del lavoro e del reddito, che hanno tutte gli stessi nemici: la logica del profitto e la proprietà privata.

Sabato 13 – ore 17,00
Presso la FAL in Via degli Asili 33, Livorno

presentazione del documento realizzato
dalla Federazione Anarchica Livornese
e dal Collettivo Anarchico e Libertario

Livorno: rifiuti sociali, politici e religiosi
AAMPS, una gestione dissennata da cinquant’anni
Per l’ambiente, la salute e i lavoratori
Una società senza rifiuti

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro, Nocività-Salute.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , .


Solidarietà ai compagni sotto processo a Kavala!

riceviamo e pubblichiamo il testo prodotto in vista della prossima udienza del processo-montatura contro i compagni di Kavala. In loro sostegno abbiamo organizzato a Livorno tre giornate di benefit e dibattiti il 18, 19 e 20 dicembre scorso.

Solidarietà ai compagni sotto processo a Kavala!

La cosiddetta crisi di Imia (isolotto conteso tra Grecia e Turchia, che dette luogo ad una crisi tra i due paesi tra il dicembre del 1995 e il gennaio del 1996 – i nazionalisti greci celebrano con manifestazioni il 26 gennaio, data in cui un prete e il sindaco di Kalymnos issarono sull’isolotto la bandiera greca) del 1996 , da un lato è servita alle politiche imperialiste dei due stati (Grecia e Turchia), dall’altro, attraverso l’isteria nazionalista che ha provocato, ha contribuito a metter su il banchetto degli armamenti. Dopo i fatti di Imia, lo Stato Greco, approfittando dell’“alibi” del rischio militare, ha proceduto in un investimento senza controllo nei programmi di armamento militare. Questi sono i “bei tempi”, quando il business nazionalista è così lucrativo da ingrassare politici, uomini d’affari, ufficiali militari e giornalisti.

Al fianco dello stato ufficiale che ancora oggi utilizza questi fatti nella sua agenda politica (vedi: Kammenos, Ministo della Difesa della sinistra-fascista che ha lasciato una corona di fiori sull’isolotto di Imia), c’è anche qualcun altro che ha guadagnato in questo affare. Per anni, il para-stato fascista si è approfittato dell’incidente di Imia inscenando celebrazioni di odio. Dal 2011 in avanti, il Movimento Patriottico di Kavala, sul pretesto dell’incidente di Imia, organizza ogni anno una manifestazione con chiamata nazionale, alla quale prendono parte altri fascisti e ultraconservatori, da Larissa, Drama, Thessaloniki, Komotini e Alessandropoli. Questa chiamata di odio nella nostra città è la seconda manifestazione di ultraconservatori a livello nazionale per Imia, dopo quella di Alba Dorata; in modo simile, in entrambe le manifestazioni si possono sentire marce militari, vedere i partecipanti inquadrati in formazione militari facendo saluti nazisti, mentre viene dato fuoco alle bandiere antifasciste.

Quindi, ogni anno la notte precedente, membri del movimento patriottico sorvegliano la piazza in cui la loro celebrazione di odio ha luogo, mentre minacciano e aggrediscono chiunque non gradiscano.

Nelle prime ore del mattino di domenica 26/01/2014, poche ore prima dell’inizio della manifestazione antifascista in Faliro Park, i collaborazionisti-nazisti contemporanei di Kavala hanno ancora una volta assunto il fin troppo noto ruolo di spie. Solo questa volta il loro ruolo è stato aggiornato e non confinato al solo spiare. Hanno spaccato la vetrina e tentato di dar fuoco al negozio che appartiene a un nostro compagno, preso di mira per la sua attività antifascista. Il negozio era situato nei pressi di Agios Nikolaos e le vite di coloro che abitano l’edificio sono state messe in pericolo. Il nostro compagno, una volta avvisato dell’attacco al suo negozio, si è precipitato a vedere che cosa fosse successo. Pochi istanti più tardi arrivano alcuni agenti in borghese, avvisati dai residenti della zona. In quel momento il nostro compagno viene informato che prima dell’attacco al suo negozio, uno scontro ha avuto luogo tra un gruppo di antifascisti e un gruppo di membri del Movimento Patriottico; questi ultimi si trovavano là per sorvegliare l’area del Parco Municipale per il loro evento su Imia del mattino seguente. Il nostro compagno poi è andato all’ufficio di polizia, dal momento che era stato informato dai poliziotti che in quanto proprietario dell’esercizio erano richieste da lui alcune formalità, dal momento che il tentato incendio è un reato perseguibile d’ufficio; questo indipendentemente dal fatto che egli intendesse o mento intraprendere un’azione legale o utilizzare i canali della giustizia civile.

Dopo un’attesa di tre ore alla stazione di polizia, il nostro compagno ha scoperto di essere in arresto dal momento che era stata depositata contro di lui un’accusa da parte di membri del Movimento Patriottico. Ovviamente, i poliziotti là, ad un altro piano stavano confezionando con i “patrioti” le accuse nei suoi confronti. L’accusa principale è il reato di “disturbo dell’ordine pubblico a volto coperto”. L’unica “prova” per l’accusa è costituita dalle testimonianze dei membri del Movimento Patriottico. Durante l’attesa di tre ore al dipartimento di polizia, sono sfilati tutti gli alti ufficiali, passando dal Direttore della Sicurezza, Simoudis, al Capo del Dipartimento, A. Koskeridis.

Ma i “puri patrioti” spie non si sono fermati là. Circa 20 di loro restando nel Parco Municipale hanno attaccato e picchiato due studenti universitari, chiamandoli “feccia anarchica”, quando questi ultimi stavano tornando a casa dopo una notte passata fuori; i due studenti non avevano alcun tipo di affiliazione politica con il movimento anarchico e antiautoritario.

Il mattino seguente, la manifestazione antifascista organizzata, convocata dal Collettivo Autonomo di Kavala, dallo squat Vironos 3 e da individualità antifasciste, ha avuto luogo in Faliro Park. Dai primissimi momenti della manifestazione, era presente un imponente dispiegamento di forze di polizia con squadre antisommossa (circa 10 squadre), forze speciali (OPKA) e agenti in borghese. Gli anifascisti si sono riuniti a Faliro Park, tra le 150 e le 170 persone da Kavala e altre città, hanno bloccato la strada di fronte al parco, mentre allo stesso tempo i furgoni della polizia hanno chiuso ogni strada che portasse al Parco Municipale, dove si stava tenendo la manifestazione fascista. Non solo Alba Dorata e Movimento Patriottico hanno preso parte alla manifestazione fascista, ma anche altri gruppi neo-nazisti come l’Esercito Nazional-Socialista di Macedonia, il gruppo Uncommitted Meandros Nationalists, Movimenti Patriottici da altre città e altri fascisti più o meno conosciuti dal Nord della Grecia. Dopo la fine della manifestazione antifascista, le persone hanno formato cordoni tenendosi l’un l’altro e si sono diretti verso lo squat Vironos 3, con le squadre antisommossa che li hanno seguiti e poi sono passate intorno allo squat offendendo e facendo gesti agli agli antifascisti.

Con un compagno ancora trattenuto in custodia per due giorni dopo la ridicola accusa contro di lui da parte di membri del Movimento Patriottico, nel pomeriggio di lunedì 27 gennaio 2014, il secondo compagno (fratello del primo), è stato anch’egli preso di mira per la sua azione antifascista, è stato informato che un’accusa pende pure contro di lui, anche in questo caso da parte di membri del Movimento Patriottico, e si è presentato volontariamente presso il Dipartimento di Polizia di Kavala. Questo secondo compagno, fino alle ore del mattino di domenica, stava cercando di salvare ciò che era rimasto del negozio di suo fratello. I nostri compagni sono stati trattenuti in custodia per una settimana prima di essere condotti dal pubblico ministero.

Venerdì 31/01/2014, dopo essere comparsi di fronte al magistrato, i nostri due compagni sono stati rilasciati, con un’abbondanza di accuse, alle seguenti condizioni: non è loro permesso di lasciare il paese e devono comparire al locale dipartimento di polizia entro i primi cinque giorni ogni mese fino a quando non si terrà il processo. La cauzione era di 2000 euro per entrambi più le spese processuali, che ammontavano a 950 euro.

La prima udienza era stata fissata per il 10/06/2015, quando i nostri compagni hanno chiesto un aggiornamento dovuto all’assenza dei loro avvocati difensori. La seconda udienza era fissata per il 09/12/2015, che è stata a sua volta posposta a causa dello sciopero nazionale degli avvocati. La prossima udienza è fissata per il 10 febbraio 2016 presso il Tribunale di Xanthi.

In tutto questo periodo, fino ad oggi, nessun fascista deve essere arrestato o incriminato per aver distrutto il negozio del nostro compagno e non vi è stato alcun esame preliminare, nonostante le accuse pendenti contro i fascisti.

È importante notare che prima di ogni udienza i fascisti hanno cercato di provocarci con il loro comportamento, minacciando e scrivendo disgustosi slogan nazionalisti e nazisti, assieme ai nomi dei nostri compagni sotto processo, sui muri della città e anche vicino alla casa dove i compagni vivono. Allo stesso tempo hanno organizzato diversi agguati per intimidire e colpire alcuni dei nostri compagni, col tentativo di creare un clima di tensione proprio prima delle udienze. Non c’è bisogno di dire che non sono riusciti nel loro intento, dal momento che i fascisti sono quelli che fuggono ogni volta che incontrano i nostri compagni nelle strade.

La collaborazione tra la polizia di Kavala, il Movimento Patriottico e il resto dei gruppi neonazisti ha un obiettivo: reprimere ed attaccare ogni resistenza locale vi sia nella comunità di Kavala – come il Collettivo Autonomo e lo squat Vironos 3 – e terrorizzare tutti gli altri.

No comrade alone in the hands of the State. Solidarity with our arrested comrades!

Wednesday, 10 February 2016 at the Court of Xantli, 9:00am. Let’s all be there.

SOLIDARITY IS OUR WEAPON

Nessun compagno sarà lasciato solo nelle mani dello Stato. Solidarietà con i nostri compagni arrestati!

Mercoledì 10 febbraio 2016 al tribunale di Xanthi, h 9. Tutti presenti.

LA SOLIDARIETÀ È LA NOSTRA ARMA

COLLETTIVO AUTONOMO DI KAVALA

SQUAT VIRONOS 3

FONDO DI SOLIDARIETÀ PER I COMPAGNI IMPRIGIONATI E PERSEGUITATI

norepressione

Posted in Anarchismo, Antifascismo, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , .


Internazionalismo, Resistenza, Autogestione Tre giornate di solidarietà tra il Mediterraneo e l’Europa

manifesto

Internazionalismo, Resistenza, Autogestione
Tre giornate di solidarietà tra il Mediterraneo e l’Europa

Benefit per i compagni sotto processo a Kavala, Grecia

Venerdì 18/12
h 17 dibattito: Immigrazione nella Fortezza Europa – controllo, morte e sfruttamento attraverso i confini europei. Intervento di compagni dalla Grecia, dall’Inghilterra (AFN – rete Antifascista) e locali
h 20 aperitivo
h 22 concerto con: Kaos for Cause, 57100, Malasuerte

Sabato 19/12
h 17 dibattito: Autorganizzazione delle lotte sociali e di classe ad Atene – l’intervento nei movimenti sociali, l’esperienza delle assemblee popolari, la lotta nei quartieri. Interventi di compagni dalla Grecia e locali
h 20 aperitivo
h 22 concerto: Jolly Roger, VillaSound
a seguire djset

Domenica 20/12
h 17 dibattito: Pratiche resistenti – l’azione antifascista di fronte alla provocazione fascista e alla repressione dello Stato. Interventi di compagni dalla Grecia, dall’inghilterra (AFN – rete Antifascista) e locali.
Il caso della montatura ordita ai danni dei compagni a Kavala in Grecia. Intervento in diretta di compagni sotto processo a Kavala
h 20 cena sociale

Collettivo Anarchico Libertario
Ex Caserma Occupata

Posted in Antifascismo, Antirazzismo, Generale, Iniziative, Internazionale, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , .


“ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute” PRESENTAZIONE LIBRO+APERITIVO

locandina 121215

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE & COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO insieme al COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD

SABATO 12 DICEMBRE 2015
c/o FAI – via degli Asili 33 – Livorno

presentano

ore 17:30 – “ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute” – 2014 ed. sensibili alle foglie

A cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
A seguire
Aperitivo libertario

per info antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org

Posted in Generale, Iniziative, Repressione.

Tagged with , , , , , .


Contro lo Stato di Guerra

paris

Questo articolo è stato pubblicato sul n. 39 di Umanità Nova

Contro lo Stato di Guerra

Arresti preventivi, perquisizioni, prescrizioni. Divieto per ogni manifestazione, botte, fermi e denunce per chi sfida il divieto. Lo “stato d’urgenza”, dichiarato in Francia dal consiglio dei ministri all’indomani degli attentati dello scorso 13 novembre, ed esteso a tre mesi con il voto parlamentare in cui ha espresso parere favorevole anche il PCF (Partito Comunista Francese), viene attuato con zelo dalle autorità. La sospensione della libertà in nome della sicurezza, che si concretizza anche nella violenta repressione di piazza contro ogni manifestazione, già messa in atto dalla polizia in numerose città francesi, raggiunge il grottesco a Parigi dove la Prefettura di polizia ha cercato di impedire ogni tipo di protesta contro la COP21: dal grave intervento di poliziotti armati di fucili automatici contro quattro studenti che la mattina del 3 dicembre cercavano di bloccare il proprio liceo a Parigi, al ridicolo schieramento di 7 camionette e oltre quaranta agenti in tenuta antisommossa per sciogliere con la forza un gruppo di 12 persone che il 1 dicembre stavano inscenando in Place de la Bastille una performance di danza.

La repressione del dissenso, in qualsiasi modo esso si manifesti, è un punto cardine delle leggi antiterrorismo, dello stato d’emergenza. Le legislazioni speciali che sospendono alcune libertà individuali per rafforzare e facilitare l’intervento delle autorità in situazioni di emergenza, che si tratti di una guerra, di un attacco terroristico o di un disastro naturale, sono sempre rivolte non solo a colpire la minaccia esterna, ma anche quella interna che può mettere in discussione la legittimità dell’autorità.

Per restare rivolti al contesto francese la storia del Carnet B è molto esplicativa in questo senso.

Nel dicembre 1886 il generale Georges Boulanger, allora Ministro della Guerra, dà istruzione alle prefetture per la sorveglianza degli stranieri. Vengono istituiti il Carnet A per schedare gli stranieri in grado di servire l’esercito presenti sul territorio francese, e il Carnet B per schedare tutti gli stranieri e i francesi sospettati di spionaggio. Nella più generale riforma dell’esercito attuata da Boulanger nella prospettiva revanscista di preparazione della guerra contro la Germania, questi schedari facevano parte del sistema di organizzazione della mobilitazione militare e indicavano le persone che dovevano essere sorvegliate e, in caso di guerra, arrestate dalla Gendarmeria che era incaricata dell’esecuzione degli ordini delle autorità militari. Con questi provvedimenti appare evidente il ruolo che viene ad assumere il controllo della popolazione nella politica di guerra.

Nel 1910 entra ufficialmente nel Carnet B una nuova categoria di soggetti pericolosi, quella degli antimilitaristi, che comprende tutti coloro che per ragioni politiche potevano sabotare la mobilitazione. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale gran parte degli schedati lo sono in quanto antimilitaristi, sindacalisti, socialisti, anarchici, mentre solo meno di un terzo sono schedati per sospetta attività di spionaggio. Nell’agosto del 1914, per la mobilitazione che in pochi giorni avrebbe portato all’inizio della guerra, su ordine del Ministero dell’Interno, il Carnet B non venne utilizzato, in quanto l’allineamento dei vertici della CGT e della SFIO alle posizioni belliciste nel quadro dell’Union Sacrée, in particolare dopo l’assassinio di Jean Jaurès, lasciava pensare che non ci sarebbe stato alcun sabotaggio significativo della mobilitazione e che anzi, proprio i vertici socialisti e sindacalisti avrebbero potuto contribuire a portare gli operai su posizioni di sostegno alla guerra. Solo alcuni singoli antimilitaristi infatti vennero arrestati, per particolare zelo delle prefetture.

Il Carnet B non sembrerebbe essere una vera e propria legislazione speciale. Si tratta infatti di un sistema permanente e non eccezionale di sorveglianza e controllo, che realizza uno schedario, a tutti gli effetti una lista di proscrizione in cui sono elencate le persone di arrestare in caso di guerra, in un contesto in cui le autorità stesse avevano creato una condizione permanente di imminente stato di guerra. Un sistema di controllo che era funzionale alla politica aggressiva di quei settori della classe dirigente francese che spingevano per una nuova guerra contro la Germania. Solo al termine del secondo conflitto mondiale la situazione cambia: il Carnet B viene abolito nel 1947 e meno di dieci anni dopo, nel 1955 nel contesto della guerra d’Algeria, viene organizzato in una legge e proclamato per la prima volta lo “stato d’urgenza”. Non si tratta più di organizzare in nome della revanche la mobilitazione contro il nemico germanico, ma di fornire al potere esecutivo degli strumenti per intervenire efficacemente per sedare un’insurrezione, l’attenzione è quindi ancora più rivolta alla sorveglianza, al controllo e alla repressione. Si tratta di strumenti definiti da una legge in vigore da 60 anni, ben collaudati e già applicati, l’ultima volta nel 2005, durante la rivolta delle banlieues. Sia nel caso del Carnet B sia nel caso dello “stato d’urgenza” quindi si tratta non di misure eccezionali, ma di strumenti definiti e organizzati in modo permanente la cui attuabilità viene preparata in tempo di “pace” con indagini ed esercitazioni specifiche, strumenti che vengono impiegati in situazioni spesso create dalle stesse autorità.

Quando si sciolgono con la violenza le manifestazioni, quando si hanno centinaia e centinaia di casi di perquisizioni condotte arbitrariamente, di arresti preventivi, di provvedimenti di forte restrizione della libertà nei confronti di militanti, attivisti, avvocati, studenti, semplici sospetti, non siamo di fronte agli effetti collaterali di leggi antiterrorismo che dovrebbero colpire solo i barbari tagliagole dello Stati Islamico. Siamo di fronte alla normale attuazione dello “stato d’urgenza”, in questo contesto il presidente francese Hollande giunge ad affermare che è “scandaloso” che qualcuno abbia osato opporsi al divieto di manifestare.

Lo stato d’emergenza quindi, detto anche d’eccezione, non ha niente di eccezionale. Senza entrare in un dibattito teorico sulla legittimità delle legislazioni speciali, i recenti fatti ci mostrano come la normalità per i governanti sembra adesso essere costituita dalla mancanza di libertà mentre la manifestazione di una protesta o di un dissenso, addirittura divengono fatti “scandalosi”, sono le eccezioni da reprimere.

La guerra è già in corso e le bombe si fanno sentire pure a Parigi, è in atto anche la mobilitazione anche se si tratta di una mobilitazione per le urne e non per il fronte. In Francia rispetto alle scorse elezioni regionali l’affluenza è salita di qualche punto percentuale, mentre il Front National ha conseguito al primo turno del 6 dicembre risultati importanti ed è in testa in sei regioni su tredici. Questo dato, anche se andrà poi verificato con l’esito del secondo turno, associato a quello dell’aumento delle domande per entrare nell’esercito e a quello sull’elevato consenso attorno alla decisione di dichiarare lo stato d’emergenza dopo gli attacchi del 13 novembre, presenta un quadro piuttosto fosco. Se da una parte c’è molta propaganda e probabilmente non c’è tutta questa coesione attorno alle politiche antiterrorismo, dall’altra in un simile contesto bisogna avere la forza e la capacità di prendere una posizione chiara e di trovare gli strumenti adeguati per contrapporsi allo stato di guerra e alla deriva autoritaria.

Nessuno vuole che le bombe esplodano nella strada appena dietro la propria casa. Nessuno, che viva a Parigi, Roma, Beirut, Kabul o Istanbul. Per questo dobbiamo fermare la guerra, lottando proprio contro bombardamenti e leggi speciali che invece alimentano la guerra.

La guerra non consiste solo in missioni, bombardamenti, interventi all’estero. La guerra è anche quella combattuta dentro i confini di un paese. Qui la guerra è il contingente militare schierato in Val di Susa contro il movimento NO TAV, la guerra è nelle strade delle città pattugliate dai militari armati, la guerra è il divieto di manifestare, che a Roma già ha impedito negli ultimi mesi ad alcuni cortei sindacali di sfilare. La guerra è nelle politiche imposte dal governo per peggiorare le condizioni di vita dei lavoratori e della maggior parte della popolazione.

Dopo la Turchia, oggi anche la Francia ci mostra quale sia il ruolo dell’apparato militare quando i governi devono imporre con la forza delle scelte, quando si va verso una guerra, quale sia il loro ruolo nell’imprimere una stretta autoritaria all’intera società.

Per questo opporsi alla guerra così come al militarismo e alla militarizzazione si rende sempre più necessario. Demistificare la retorica securitaria e guerrafondaia e organizzare un movimento antimilitarista significa dare una risposta concreta all’attuale situazione.

Un esempio concreto ci è rappresentato dal movimento NO MUOS in Sicilia, il movimento popolare che da anni si oppone alla realizzazione della base per telecomunicazioni satellitari della US Navy a Niscemi. La lotta condotta con ampio coinvolgimento popolare da parte dei comitati di base NO MUOS, pur dovendosi scontrare con l’arroganza delle istituzioni, è riuscita a rallentare i lavori della base. Tanto che in data 20 novembre l’Avvocatura di Stato ha chiesto al Consiglio della Giustizia Amministrativa della Sicilia di accelerare i tempi circa il procedimento riguardante il MUOS, in quanto gli sviluppi conseguenti agli attentati di Parigi del 13 novembre renderebbero necessaria l’immediata risoluzione della controversia e l’attivazione del sistema MUOS. Sicuramente si tratta di un’argomentazione strumentale da parte dell’Avvocatura di Stato, ma certo è che ad oggi, mentre si intensificano i bombardamenti e la tensione tra le potenze che intervengono nella regione mediorientale è sempre più forte uno strumento come il MUOS non è a disposizione degli USA e dei suoi alleati per i loro interventi militari.

Questo caso, pur essendo solo un esempio, ci mostra come costruire forme di resistenza alla repressione e organizzare l’azione antimilitarista in contesti più ampi possibile, sia l’unico modo per porre un argine all’involuzione autoritaria e alla guerra.

Dario Antonelli

Umanità Nova si può trovare anche a Livorno presso le edicole di Via Garibaldi 7, di Piazza Damiano Chiesa, di Piazza Grande (angolo Bar Sole), di Viale Carducci (angolo Via del Risorgimento), di Viale di Antignano 110, di Piazza Micheli (lato Quattro mori), di Piazza della Vittoria (angolo Via Magenta) presso il Bar Dolcenera in Via della Madonna (angolo Viale degli Avvalorati), la Libreria Belforte in Via Roma 69 e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle ore 18 alle ore 20).

 

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , .


10 ANNI DI COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO 2005 – 2015

1474614_10201018445600189_1504042706_n

10 ANNI DI COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO
2005 – 2015

Sabato 5 dicembre
presso la Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33

dalle ore 15
esposizione del materiale prodotto dal collettivo in questi anni

ore 15:30
assemblea per gruppi di discussione tematica
antimilitarismo – antirazzismo – repressione – scuola – lavoro – autogestione

ore 18:30
dibattito sulla situazione di guerra

ore 20:30
aperitivo

a seguire
jamming, musica e canti in libertà, porta il tuo strumento

Collettivo Anarchico Libertario

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative.

Tagged with , , , , , .


Livorno non si piega! – Assemblea cittadina lunedì 30 ore 21

livorno-non-si-piega

Livorno non si piega!
ASSEMBLEA CITTADINA LUNEDI’ 30 NOVEMBRE
PRESIDIO SOLIDALE MERCOLEDI’ 2 DICEMBRE

Il Comitato LIVORNO NON SI PIEGA promuove per lunedì 30 novembre un’assemblea cittadina che si terrà presso la mensa autogestita di via dei Mulini.
Dopo la sentenza per i presidi e le manifestazioni del 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012, con la quale sono stati colpiti i settori politicamente più attivi della nostra città, il Comitato “Livorno non si piega” lancia una serie di iniziative di mobilitazione per tenere viva quella solidarietà agli imputati che in tre anni la città ha sempre manifestato. Ora più che mai occorre mobilitarsi, per mantenere il sostegno agli imputati, per fare controinformazione, per denunciare una condanna che è tutta politica, per opporsi alle manovre repressive, per affermare ancora di più, in un momento di ulteriore riduzione dell’agibilità politica, la libertà di espressione e di manifestazione.

LUNEDI’ 30 novembre ore 21 assemblea cittadina presso la mensa autogestita via dei Mulini
MERCOLEDI’ 2 dicembre ore 17 presidio solidale in Piazza Cavour

Comitato di Solidaretà “Livorno non si piega!”

Posted in Generale, Iniziative, Repressione.

Tagged with , , , , , , , .