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MARTEDÌ 30 ASSEMBLEA CONTRO LA RIFORMA DEI TECNICI E DEI PROFESSIONALI

MARTEDÌ 30 ASSEMBLEA
CONTRO LA RIFORMA DEI TECNICI E DEI PROFESSIONALI
Partecipiamo a questo importante momento assembleare organizzato da Unicobas e da Associazione l’Altrascuola
di seguito il testo di convocazione:
Riforma dei tecnici e professionali?
Il governo parte con la sperimentazione della filiera 4+2
NO GRAZIE!
Diciamo NO a una controriforma che
abbatte un anno di scuola
taglia posti di lavoro
introduce l’apprendistato a 15 anni
aumenta il PCTO e le ore in azienda
mette in cattedra confindustria
reintroduce in pratica l’avviamento professionale
MARTEDÌ 30 GENNAIO ORE 17:30
Presso ThisIntegra in Via Ganucci 3, Livorno
INCONTRO-DIBATTITO APERTO ALLA CITTADINANZA
Unicobas Scuola e Università
Associazione Unicorno – L’Altrascuola

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Venerdì 16 febbraio – Presentazione del libro: “L’era della giustizia climatica”

Venerdì 16 febbraio
PRESENTAZIONE DEL LIBRO:
“L’era della giustizia climatica,
Prospettive politiche per una transizione ecologica dal basso”
di Paola Imperatore e Emanuele Leonardi
Orthotes Editrice
presso la FAL
in via degli Asili 33, Livorno
dalle ore 17:30
presentazione del libro con Paola Imperatore
dalle 20
aperitivo
Un libro che rovescia la narrazione dominante, mettendo al centro la forza dei movimenti ecologisti, uno strumento di lotta, un’occasione di confronto tra nuovi movimenti per il clima, giustizia sociale, lotte territoriali
Federazione Anarchica Livornese
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it
Collettivo Anarchico Libertario
apertura sede via degli asili 33
LUN e GIOV dalle 16 alle 20

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Allineati e coperti! Regolamentazione dei media, stampa clandestina e repressione dei movimenti

da Umanità Nova n.3 del 28 gennaio 2023

Regolamentazione dei media, stampa clandestina e repressione dei movimenti
ALLINEATI E COPERTI!

Nelle ultime settimane si è fatta sentire la protesta di una parte del mondo dei media contro quella che viene definita “legge bavaglio”. Comunicati delle organizzazioni di categoria letti nei telegiornali, prese di posizione trasversali dei principali quotidiani, note di protesta degli organi dell’ordine dei giornalisti, iniziative di piazza in diverse città. Negli ultimi due anni abbiamo visto con una certa frequenza levarsi dal mondo della stampa voci contro i provvedimenti dei governi che si sono succeduti. Per la prima volta però si assiste ad una presa di posizione così larga contro un provvedimento. In questo caso nel mirino delle proteste l’emendamento alla legge di delegazione europea firmato dal deputato Enrico Costa di Azione, che vieta ai giornalisti la pubblicazione letterale anche per estratto delle ordinanze di custodia cautelare, non più segrete dal 2016. L’emendamento è stato approvato lo scorso 19 dicembre alla Camera, con il voto favorevole, oltre che della maggioranza, anche di Azione e Italia Viva, e il Senato dovrebbe decidere in merito proprio questa settimana.

Può darsi che quando queste righe saranno lette la faccenda sia già andata molto avanti, per cui è bene limitarsi a fare delle considerazioni generali. Senza entrare in aspetti tecnici, comunque vada questa storia, è chiaro che ci si trova di fronte a un ennesimo atto autoritario di controllo dell’informazione da parte del potere politico, e in tal senso le voci che criticano la classe politica di volersi autotutelare con questi provvedimenti non sbagliano. Come si dice però, hanno scoperto l’acqua calda: la classe politica cerca sempre di tutelare i propri privilegi. È chiaro che in una fase segnata dalla guerra e dalla soluzione autoritaria e militare alle crisi, queste forme di controllo si rafforzano perché l’esecutivo abbia non solo maggiore potere ma anche la strada libera da intralci.

Una delle illusioni dell’ideologia del regime democratico è quella di ritenere i media uno strumento di controllo sul potere politico, quando sono in realtà fabbriche del consenso. Questa definizione già diffusa da qualche decennio è generalmente valida anche oggi pur essendo profondamente mutato il sistema mediatico. In questo senso anche la pubblicazione di intercettazioni e ordinanze giudiziarie, che sta molto a cuore al sistema mediatico italiano, è parte del meccanismo di consenso. Infatti anche quando i media nella storia recente hanno dato forza e argomenti a movimenti di protesta contro il governo, il ruolo dei media è sempre stato funzionale allo scontro tra gruppi di potere, alla rigenerazione della classe politica, alla riabilitazione delle istituzioni macchiate da questa o da quella mela marcia, non certo al servizio di oppressi e sfruttati. Si tratta quindi di una macchina solo funzionale alla riproduzione del sistema di dominio vigente.

Se da una parte c’è chi casca sempre in piedi in questo gioco, in un’eterna riverniciatura del potere, c’è invece chi si trova sempre schiacciato dal potere mediatico e giudiziario, indipendentemente da chi governi o da quale legge bavaglio sia in quel momento vigente. Sono quex compagnx i cui nomi vengono pubblicati sempre sui giornali, insieme ad altri dati personali, quando sono indagati per reati relativi a manifestazioni o azioni politiche; sono lavoratorx, ambientalistx e soggettività di cui i media non parlano mai se non quando c’è da criminalizzare qualche protesta che esce dalla ritualità; sono coloro che sono deumanizzati perché senza documenti o perché chiusi dietro a delle sbarre; sono coloro che senza lavoro, senza figli, senza carriera, senza futuro, sono sempre sottoposti al giudizio di qualche esperto; sono coloro che sono sempre ridotti al silenzio, la cui voce, anche quando viene riportata, lo è spesso solo in modo frammentato e stereotipato e comunque sempre sovrastata dall’assordante “altra campana”.

Per questi, per noi, la pubblicazione di qualche intercettazione o di qualche riga di ordinanza non cambia certo le condizioni di vita e di lavoro. Lo stesso vale per chi dal governo sostiene di difendere la “presunzione di innocenza”. In questo caso si parla sempre dell’innocenza di qualche onorevole, cavaliere e manager, che non può vedere la propria reputazione infangata, non certo di coloro che questo ordinamento sociale già schiaccia nel fango tutti i giorni.

Se si tratta solo di uno scontro tra poteri perché dovremmo interessarcene allora? Perché la stretta sui media, l’accentramento dell’informazione e il controllo su ciò che viene pubblicato è una effettiva misura autoritaria del governo, che oggi interviene limitando la cronaca giudiziaria, ma che intende imporre dei meccanismi, in parte già rodati, che vogliono sottoporre a controllo ulteriore l’informazione in generale. Pensiamo al sistema della “certificazione” della notizia, che esponenti del governo vorrebbero formalizzare, o al Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della difesa. Pensiamo alla repressione della cosiddetta “stampa clandestina”, tornata recentemente di moda. Il sostegno militare e finanziario all’Ucraina prima e il supporto alla guerra condotta da Israele poi, sono stati, in modo diverso, accompagnati da una corale campagna mediatica. Anche se con il tempo sono emerse le diverse posizioni e le voci dissonanti, si è assistito nelle prime fasi a un trasversale e martellante sostegno alla politica del governo. Un’ulteriore stretta autoritaria sull’informazione non farebbe quindi che limitare la libertà di espressione su carta e a livello digitale, e rendere ancora più organico il rapporto tra media e potere politico, specie nel sostegno alle politiche trasversali agli schieramenti condotte nel nome dell’interesse nazionale, dalle guerre alla restrizione delle libertà e dei diritti sociali.

Tutti i regimi autoritari nella loro costruzione passano attraverso l’uniformazione dei media. È importante rilevare che in un generale contesto di crisi e di soluzione autoritaria e militare da parte dello stato siamo di fronte a un passaggio che va in questa direzione. Nella lotta per la libertà bisogna saper cogliere questi segnali, anche per cercare di adeguare la propria iniziativa. È difficile dire quanto procederà il governo in questa direzione. Se gli basterà tirare un po’ il morso per far prendere alle cose la giusta direzione, o se saranno imposte forme di controllo più complessive.

Certo a leggere certe dichiarazioni contro l’emendamento Costa viene da dire che qualcuno a forza di bavagli si è fatto bendare pure gli occhi e le orecchie. C’è chi sembra convinto di vivere in una società libera in cui i media vengono senza motivo censurati. Ma sappiamo bene che le relazioni di potere che governano la società, entrate in crisi da tempo, hanno stretto molto i margini della “agibilità democratica”. Alcuni esempi sono dati dai provvedimenti più recenti. Con il pacchetto sicurezza varato dal governo in autunno si istituisce il reato di rivolta carceraria, che sarà effettivo, eloquentemente, anche per i CPR. Si tratta del nuovo art. 415-bis del codice penale che istituisce quello che è stato definito da Antigone “il reato di lesa maestà carceraria” punendo fino a 8 anni “Chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi da tre o più persone riunite, promuove, organizza, dirige una rivolta”. Viene inoltre esteso l’articolo 415 del codice penale, che punisce l’istigazione alla disobbedienza alle leggi di ordine pubblico, arrivando a punire chi con scritti diretti ai detenuti istiga alla rivolta. Questi non sono dei bavagli? Allo stesso modo le leggi antisciopero, contro i “rave”, contro il “vandalismo”, contro le occupazioni, i picchetti e i blocchi stradali, che limitano la libertà di manifestare, sono anch’esse dei bavagli.

Chi vuole opporsi davvero alla stretta autoritaria del governo non potrà quindi limitarsi al proprio orticello, l’unica lotta possibile è quella contro tutti i bavagli e contro tutte le catene.

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L’Utopia concreta – presentazione del libro

 

Venerdì 26 gennaio
presso la FAL in Via degli Asili 33

“L’Utopia concreta”
Azione Libertaria e Proletari Autonomi
Milano 1969-1973

Presentazione del libro
con Franco Schirone, Enrico Moroni e Roberto Brioschi

Il volume, ricco di fonti e testimonianze, ci restituisce l’immagine di una Milano città delle fabbriche e delle lotte. Nel suo ventre nuovi soggetti sociali, giovani e immigrati sono protagonisti dell’autunno caldo operaio e del sindacalismo conflittuale. Le lotte, le assemblee, i comitati di base fanno emergere proposte, discussioni, elaborazioni di tutto interesse. Da qui prende le mosse, a cavallo fra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, nasceva e si sviluppava quel pensatoio nutrito di esperienze concrete, che riprende vita nelle parole dei protagonisti.

“Gli anni dal ’68 al ’73 aprirono ad un quindicennio costituente di Utopia concreta, giusta e gioiosa, così come la Vita deve essere. Un Tempo che ancora sta innanzi a noi e non dietro: poiché la memoria è esperienza che offre strumenti per la comprensione e l’azione nel presente, per immaginare e costruire il Futuro adesso. La società comunarda delle persone e non delle cose, dei bisogni e dei desideri, della libertà ed eguaglianza, della democrazia diretta e dell’autogestione.
La narrazione a più voci e le documentazioni riportate nella pubblicazione testimoniano il tentativo di sperimentare nuovi percorsi libertari nel contesto dei movimenti a cavallo del ’68 e degli anni ’70. Attestano inoltre l’esistenza di un’autonomia proletaria sviluppatasi in modo indipendente dai gruppi e dalle formazioni politiche presenti nel panorama di quel periodo, rivendicando proprie forme di autorganizzazione che si riallacciano ai contenuti della Prima Internazionale: L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi”

Dalle 17:30
presentazione e dibattito

dalle 20
aperitivo

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Nuovo anno di guerra, FERMIAMO LA STRAGE

Il passaggio dal vecchio anno al nuovo è, si sa, momento di auguri, bilanci e nuovi propositi. E pure i governanti, affezionati alle tradizioni, recitano la loro parte.

Ogni anno, prima di natale, le autorità inviano i saluti ai contingenti militari all’estero dalla sede del Comando Operativo Vertice Interforze presso l’area dell’aeroporto militare di Centocelle a Roma. Intervengono il Presidente della Repubblica, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il Ministro della Difesa e, talvolta, anche il Presidente del Consiglio.

Ma oltre a questa consueta cerimonia, da due anni Meloni e Crosetto volano direttamente sul campo, per rivolgere personalmente i saluti nelle basi estere in cui hanno sede i contingenti italiani. Lo scorso anno l’una era in Iraq, l’altro in Bulgaria. Quest’anno se Meloni non è volata in Libano come aveva annunciato, Crosetto ha invece visitato i militari italiani di stanza in Polonia, a Malbork.

Il governo ha già in più occasioni enfatizzato il ruolo delle forze armate e delle missioni militari, rivendicando la necessità di pubblicizzare e normalizzare l’interventismo militare italiano, con l’intento dichiarato dal Ministro della Difesa di “cambiare la percezione dello strumento militare nazionale rispetto al passato”. Parole tra l’altro pronunciate in occasione dell’annuncio della costituzione del “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa”. Certo, il partito di governo è fortemente caratterizzato in senso nazionalista e militarista, e Meloni e Crosetto certo vestono a pennello il ruolo dei guerrafondai, come le uniformi che indossano durante le visite ai contingenti all’estero. Ma attenzione, i servizi fotografici in mezzo ad alpini e avieri nelle cosiddette zone calde non sono solo – e non sono tanto – la nuova frontiera della comunicazione pubblica di Fratelli d’Italia. Ovviamente anche questo partito, come gli altri che lo hanno preceduto, sfrutta la posizione istituzionale per fare la propria propaganda elettorale, specie in un momento in cui gli slogan di partito da “orgoglio italiano” a “interesse nazionale” sono quasi completamente sovrapponibili con il discorso istituzionale. Ma in questi due anni non è solo mutato il governo, è cambiato il contesto in cui intervengono i militari italiani. L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa a febbraio 2022, e l’invasione di Gaza da parte di Israele a ottobre 2023, hanno fatto precipitare nelle condizioni di una guerra totale milioni di persone. Certo non sono le uniche guerre che si combattono al mondo, ma è in queste che l’Italia partecipa in modo diretto. Le truppe italiane non sono là dove volano i proiettili, almeno per ora, ma comunque sono schierate a ridosso delle zone di combattimento. Crosetto in Polonia lo scorso 23 dicembre ha visitato il contingente italiano che partecipa alla missione NATO di difesa dello spazio aereo dell’alleanza. La base di Malbork dove operano i militari italiani è a meno di 90 km dall’enclave russa di Kaliningrad, su quello che in questo momento è il confine più caldo dell’Unione Europea. I militari della missione italiana in Libano che avrebbe dovuto visitare Meloni, nel quadro della missione UNIFIL dell’ONU e della bilaterale MIBIL, si trovano in gran pare nel sud del paese, zona ad alta tensione per il rischio di uno sviluppo del conflitto tra Israele e Libano. Nel 2022 le visite per gli auguri di Meloni e Crosetto avevano toccato contesti non meno importanti. La prima si era recata in Iraq, il secondo in Bulgaria. A Baghdad ed Erbil l’Italia è presente con un contingente importante per partecipare a più missioni, tra cui quella nel quadro della Coalizione Internazionale contro lo Stato Islamico e quella NATO di addestramento, che è stata a guida italiana proprio tra 2022 e 2023. In Bulgaria l’Italia guida un Battlegroup della NATO proprio in difesa del fianco sud-est nel contesto della guerra tra Russia e Ucraina.

In queste visite oltre a salutare i militari gli esponenti del governo italiano hanno colloqui con gli ambasciatori e con le rispettive autorità omologhe dei paesi in cui si recano.

Da due anni quindi la rituale cerimonia dei saluti per le feste si è di fatto trasformata in visita alle truppe “al fronte” e visite diplomatiche presso i paesi alleati. Se guardiamo le cose da questo punto di vista, la guerra sembra ancora più vicina. E si può comprendere meglio anche l’ormai famoso babbo natale in carro armato, che sui cingoli augura buone feste a tutti nel centro di Modena.

Non è una novità che i leader politici indossino la divisa militare – ovviamente personalizzata – per fare foto in mezzo alla truppa. Conte lo fece nel 2019 in Iraq quando guidava il governo, e Salvini è noto per avere il guardaroba pieno di divise. Ma adesso il clima è indubbiamente diverso, queste visite sono sempre più difficili da leggere come semplici messe in scena propagandistiche, ma si calano nella realtà della guerra. Oltre al contesto internazionale mutato osserviamo l’orientamento dello stato verso un’intensificazione dell’impegno delle forze armate, sostenendo lo sforzo militare anche politicamente, e nell’esigenza di dare pieno appoggio alla NATO. Il partito che oggi guida il governo, autoritario, militarista e atlantista, è quello che può svolgere al meglio questa opera.

Dei circa 11000 militari schierati nelle 38 missioni militari attualmente in corso, circa 3500 sono schierati nelle missioni NATO in Europa dell’Est in contrasto alla Russia. Nel’ambito delle iniziative di sostegno a Israele l’Italia invia una nave FREMM nel Mar Rosso nel quadro dell’operazione Mediterraneo Sicuro per contrastare gli Houti che minacciano i traffici attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb. La manovra finanziaria recentemente approvata regala altri 4,5 miliardi di euro alle spese militari. Intanto in nome dell’interesse nazionale nel 2023 sono state avviate tre nuove missioni in Africa. Questa è la corsa verso la guerra in cui è lanciato il governo con il sostegno anche delle opposizioni.

Sta a noi a partire dalle lotte territoriali e dalle tante iniziative che in questi anni hanno riattivato l’iniziativa antimilitarista, a partire dall’esperienza dell’Assemblea Antimilitarista, passando per gli scioperi generali contro la guerra, unire le forze e fermare questa corsa.

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Interventi e dibattito: “Contro l’autorità” – A cinquant’anni dal 1973

“Contro l’autorità”
A cinquant’anni dal 1973

L’anarchismo di fronte al fascismo globale

Il ciclo globale di lotte avviatosi fine degli anni ’60 ebbe nel 1973 uno dei punti di svolta. Il colpo di stato in Cile l’11 settembre e la rivolta del Politecnico di Atene dal 14 al 17 novembre sono due tra i più significativi eventi di un periodo segnato da spinte rivoluzionarie e feroci reazioni autoritarie.
Ne parleremo con compagnx dalla Grecia e dal Cile per confrontarci sul ruolo storico di questi eventi e sulle attuali prospettive di lotta.

Domenica 3 dicembre
presso la Federazione Anarchica Livornese
in Via degli Asili 33, Livorno

ore 17: interventi e dibattito
parteciperanno online compagnx dell’APO (Organizzazione Politica Anarchica – Grecia)
e dell’Asamblea Anarquista del Biobìo in Cile
ore 20: aperitivo

Federazione Anarchica Livornese

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Disertiamo la guerra! CORTEO ANTIMILITARISTA A TORINO 18 NOV. – Pullman dalla Toscana

Per partire dalla Toscana contattare germinalfaicarrara@gmail.com oppure cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Disertiamo la guerra!

In occasione della nona edizione dell’aerospace and defence meetings – mostra-mercato dell’industria aerospaziale di guerra che si terrà a Torino a fine novembre l’Assemblea Antimilitarista ha primosso un corteo antimilitarista a Torino.

Sabato 18 novembre ore 14,30
Corso Giulio Cesare angolo via Andreis

Disertiamo la guerra!

No all’aerospace and defence meetings!
No all’industria bellica
No alla Città dell’aerospazio!
No alla Nato a Torino!

No alla guerra e all’economia di guerra

Siamo e saremo ovunque a fianco delle popolazioni vittime delle guerra

Contro tutti gli imperialismi: né con la Russia né con la NATO.

Sosteniamo chi si oppone alla guerra in Russia e in Ucraina!
Apriamo le frontiere ad obiettori e disertori

No all’invio di armi!

Contro la guerra a profughi e migranti in mare e in montagna.
Distruggiamo le frontiere!

No alle missioni militari all’estero

No alle spese militari e alla militarizzazione delle nostre città

Contestiamo la propaganda militarista, la retorica patriottica, la guerra e chi la a(r)ma

Contro tutti gli eserciti per un mondo senza frontiere.

Assemblea Antimilitarista
assembleantimilitarista@gmail.com

www.anarresinfo.org

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Alla FAL: La Rivoluzione russa negli scritti dei protagonisti

La Rivoluzione Russa negli scritti dei protagonisti

1917 – 7 NOVEMBRE – 2023

Martedì 7 novembre, ore 18, Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33

“Il movimento anarchico fu fra i pochi che, ancor prima dell’Ottobre 1917, cominciò a preparare, con la propaganda e con l’azione, la rivoluzione sociale: e questo, quando tutti gli altri partiti ‘rivoluzionari’, ivi compresi i bolscevichi, limitavano le loro ambizioni all’instaurazione di una repubblica democratica borghese” (Alexandre Skirda)

Presentazione del libro “Gli anarchici russi, i soviet, l’autogestione” antologia a cura di Alexander Skirda.

Introduce Tiziano Antonelli

A seguire aperitivo

Federazione Anarchica Livornese

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DUE-UNO-ZERO: 2 POPOLI, 1 TERRA, 0 STATI

DUE-UNO-ZERO

2 POPOLI, 1 TERRA, 0 STATI

Assistiamo con orrore all’aggressione delle forze armate israeliane alla popolazione civile di Gaza con attacchi continui che non lasciano scampo: a nord, a sud, negli ospedali, nelle strade percorse dai profughi, nei luoghi religiosi.
Chi condivide le scelte del governo di Israele, chi si arricchisce con il traffico di armi e le importazioni dal paese del Vicino Oriente, chi approfitta di una situazione determinata dal rifiuto, che dura da cinquantasei anni, dei governi israeliani di rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite,sono gli stessi che accusano di essere sostenitore di Hamas chiunque conservi un minimo di umanità e provi sdegno per le stragi compiute a Gaza.
Di questo abbiamo avuto un esempio a Livorno nelle scorse settimane. La manifestazione indetta da un’Associazione Italia-Israele, a cui hanno partecipato anche alcuni personaggi politici eredi di quelli che mandavano i cittadini Italiani accusati di essere ebrei nei campi di sterminio, ricordava per certi versi le prime manifestazioni dei Fasci di Combattimento. La questione è sempre una bandiera non esposta e per chi non concorda c’è l’aggressione e la repressione da parte di forze dell’ordine servili verso una lobby potente in città.
In tutto il mondo sono moltissime le voci di protesta contro questa guerra, voci che si alzano anche in Israele, come dimostrano i numerosi refusnik, i renitenti, i disertori, gli obiettori che mettono in discussione il ruolo delle forze armate israeliane, come dimostrano le dichiarazioni dei parenti degli ostaggi, come dimostrano le e i partecipanti alla manifestazioni, contrari alle politiche di sterminio di massa del governo Netanyahu.

L’esistenza dello Stato di Israele si è dimostrato, soprattutto a partire dal 1967, una causa di instabilità e di pericolo per i popoli vicini. Ma la nascita delle Stato palestinese non rappresenta certo la soluzione per la sicurezza di questo popolo martoriato.
La prospettiva della costruzione di uno Stato palestinese e la spartizione dei cospicui finanziamenti che arrivano sia in Cisgiordania che a Gaza stimolano la contrapposizione fra le varie fazioni che si contendono posizioni di dominio all’interno del nuovo Stato, fra cui l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e Hamas.
Lo Stato è il problema, non é la soluzione, lo stato che ha bisogno delle forze armate e delle armi; per il popolo palestinese, per quello israeliano, per tutti i popoli del mondo.
La ricerca di soluzioni per le popolazioni del Vicino Oriente e di altri contesti internazionali tormentati dalle guerre deve necessariamente tradursi anche in concrete iniziative per la pace da condurre in Italia, per contrastare l’azione del governo italiano, che ripete a pappagallo la narrazione israeliana, che asseconda e cerca di approfittare della politica di destabilizzazione internazionale portata avanti dai governi israeliani di varia estrazione, che sostiene con le armi e con l’intervento diretto l’aggressione di Netanyahu.
È significativo che in Italia le manifestazioni di protesta per l’aggressione israeliana coincidano con l’anniversario della battaglia di El Alamein, tradizionale appuntamento di nostalgici e militaristi.

Per la pace nel Vicino e nel Medio Oriente, per l’autodeterminazione dei popoli, per l’abolizione dei governi prima causa della guerra.
Fermiamo il militarismo e l’imperialismo italiano. Via il governo fascista, via il governo della fame e della guerra.

Con questi obiettivi parteciperemo e invitiamo a partecipare alla manifestazione del Coordinamento Antimilitarista Livornese il 4 novembre.

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

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La FAI sui prossimi appuntamenti di lotta antimilitarista

SUI PROSSIMI APPUNTAMENTI DI LOTTA ANTIMILITARISTA

testo approvato dall’ultimo convegno FAI a Roma

Di fronte a un militarismo italiano sempre più aggressivo, alla militarizzazione della società condotta con una propaganda martellante, alle missioni di guerra, al sostegno all’industria bellica, è necessario rafforzare l’impegno antimilitarista già attivo su più livelli.

In Ucraina, nel Corno d’Africa, nel Sahel, e in ogni angolo del mondo, la guerra è una realtà vissuta da oltre due miliardi di persone. Le potenze mondiali, gli stati, il capitale, i signori della guerra, mandano al macello ogni giorno migliaia di proletari, dividono le classi sfruttate, per stabilire nuove posizioni di potere nella contesa imperialista. Non c’è da credere all’illusione di nuovi equilibri mondiali, la corsa verso la guerra conduce solo verso il baratro di nuove forme di dominio e oppressione. Per questo è urgente proseguire l’impegno antimilitarista e internazionalista a sostegno dei disertori e dei sabotatori di tutte le guerre, per intervenire là dove la macchina della guerra poggia le proprie fondamenta. Contro le basi militari e i poligoni, contro l’industria bellica e il mercato delle armi, contro la propaganda guerrafondaia, contro la militarizzazione delle frontiere e i nuovi lager. Su questo ultimo argomento denunciamo il coinvolgimento del Ministero della Difesa nella gestione dei CPR e delle strutture di detenzione per richiedenti asilo

Sono numerose le iniziative di lotta contro la guerra previste per i prossimi mesi sul piano locale e nazionale. Invitiamo le realtà federate a sostenere tutte quelle iniziative in cui possano coerentemente aver voce le posizioni antimilitariste.

In questa prospettiva sosteniamo lo sciopero generale convocato da parte del sindacalismo di base per il 20 ottobre contro la guerra e l’economia di guerra. La Federazione Anarchica Italiana aderisce alla manifestazioni che si terranno il 21 ottobre contro la guerra e le basi militari, in particolare a quelle di Pisa e di Palermo, in sostegno alla partecipazione antimilitarista e anarchica a questi appuntamenti. Il 4 novembre, che sta assumendo una sempre maggiore importanza con il rafforzarsi delle campagne antimilitariste, vedrà l’organizzazione di numerose iniziative a livello locale. Si segnalano già da ora le manifestazioni che si terranno a Monfalcone, a Torino e a Livorno e si invitano le realtà federate a promuovere iniziative in occasione del 4 novembre.

La Federazione Anarchica Italiana aderisce alla manifestazione del 18 novembre a Torino organizzata dall’Assemblea Antimilitarista contro la nona edizione della mostra/mercato delle armi “Aerospace and defence meetings”, contro la “cittadella dell’aerospazio” nuovo polo dell’industria armiera, e contro lo sbarco della NATO nella città di Torino con l’acceleratore di innovazione del progetto DIANA. È importante il contributo e la partecipazione alla manifestazione a Torino anche nel quadro delle “Giornate globali di lotta contro le guerre e il militarismo dal 17 al 25 novembre”, che vedranno iniziative di lotta in diversi paesi, e che sono state lanciate nel corso dell’Incontro internazionale anarchico di Saint Imier nel luglio scorso.

Convegno Nazionale della FAI

Roma 8 ottobre 2023

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