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A 150 anni dalla nascita di Pietro Gori: Perciò siamo ribelli!

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario a centocinquant’anni dalla nascita del compagno anarchico Pietro Gori, nato il 15 agosto 1865, vogliono ricordarne l’impegno rivoluzionario e affermare l’attualità del suo pensiero e della sua azione.

Segue il testo del volantino che sarà distribuito nei prossimi giorni in occasione di “Perciò fummo ribelli”, le iniziative di celebrazione per Pietro Gori organizzate dal Comune di Rosignano Marittimo.

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Perciò siamo ribelli!
“La realtà è che i governi esistono oggi, col pretesto di garantire l’ordine, perché questo non è l’ordine vero. Se fosse veramente ordine non avrebbe bisogno di armi e di manette, della violenza autoritaria dell’uomo sull’uomo per reggersi! Tutto all’opposto di ciò che credono i più, l’ordine difeso contro di noi, iconoclasti impenitenti, contanta profusione di leggi restrittive della libertà e di gendarmi, è il caos legalizzato, la confusione regolamentata, la iniquità codificata, il disordine economico, politico, intellettuale e morale eretto a sistema. Si dice che le leggi ed i governanti che le eseguono, son là a mantenere l’ordine nell’interesse dei deboli contro i forti. Ma chi è che ci crede sul serio? Chi è che non vede che dappertutto avviene tutto il contrario? Ditemi, per esempio, in quale sciopero, in quale conflitto fra capitale e lavoro, le forze del governo hanno seriamente difeso gli operai, che sono i più deboli, contro i loro padroni che sono i più forti?”

Pietro Gori , Il vostro “ordine” e il nostro “disordine”,1896

 

Le idee anarchiche di Pietro Gori, così lucidamente esposte in una conferenza tenuta a S. Francisco nel 1896, sono ancora oggi attuali. E allora, a chi vorrebbe rinchiudere le sue idee nella bacheca, magari dorata, della storia, poniamo la questione:
Da che parte starebbe oggi Pietro Gori, avvocato in tanti processi a carico di lavoratori che non avevano altra colpa che  quella di battersi per la libertà, la giustizia e l’eguaglianza? Sarebbe dalla parte dei militanti NO TAV che vengono trattati come criminali solo perché difendono la loro terra da chi vuole lucrare su un’opera inutile e dannosa, dalla parte di coloro che rivendicano il diritto ad una casa decente, dalla parte di coloro che difendono l’ambiente dall’assalto di multinazionali che minano territorio e salute, ecc.
Da che parte starebbe oggi Pietro Gori, che il primo maggio1890 fu fra gli organizzatori del primo sciopero generale a Livorno, e per questo fu incarcerato? Sarebbe dalla parte dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati che lottano per un salario e condizioni di lavoro migliori, contro governi e padroni che tengono artificiosamente alto il tasso di disoccupazione per tener bassi i salari, per fare del precariato una normalità, per avere mano libera sui posti di lavoro, sarebbe con chi lotta per l’abolizione della proprietà privata e di ogni forma di sfruttamento.
Da che parte starebbe oggi Pietro Gori, che visse per anni in esilio entrando in contatto da pari a pari con popoli di mezzo mondo? Sarebbe dalla parte di migranti e profughi, i più sfruttati e perseguitati, sulla pelle dei quali i governanti fanno affari d’oro. Sarebbe dalla parte di coloro che in ogni paese lottano per la libertà e l’uguaglianza, per l’abolizione delle frontiere e dei governi, sarebbe al fianco di chi costruisce esperienze di autogoverno e autogestione come quella di Kobane e della Rojava in Kurdistan.
PER QUESTO FUMMO ANARCHICI CENTO ANNI FA, PER QUESTO SIAMO ANARCHICI OGGI!
Federazione Anarchica Livornese
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it
Collettivo Anarchico Libertario
collettivoanarchico@hotmail.it
http://collettivoanarchico.noblogs.org

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Donne Anarchiche: “Lunga vita alla Libertà, Lunga vita all’Anarchismo!”

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Donne Anarchiche: “Lunga vita alla Libertà, Lunga vita all’Anarchismo!”

Recentemente, le Donne Anarchiche partecipando alla Conferenza delle Giovani Donne, nel piccolo villaggio di Amara che è ad Urfa (Kurdistan), hanno fatto un discorso sulla resistenza a Kobane, sull’influenza delle donne su questa resistenza e la lotta per la libertà delle donne.

Nella conferenza in cui varie organizzazioni femmenili da numerose località del Kurdistan, Merve Demir ha fatto un discorso a nome della Donne Anarchiche. Nel suo discorso ha messo in evidenza la violenza dello Stato e degli uomini nella vita quotidiana delle donne. Ha anche fatto alcuni esempi riguardo alla lotta delle donne contro questa violenza. Demir, nel suo discorso in curdo, ha dichiarato che le donne delle YPJ che resistono a Kobane, non stanno solo resistendo all’ISIS ma anche alla violenza degli uomini e del governo che opprime le donne e le tratta come se fossero invisibili.

Nel suo discorso Merve Demir ha detto che la donna può liberarsi solo in un nuovo mondo in cui esse possano organizzare relazioni senza potere e ha concluso il suo discorso con la frase: “Lunga vita alla libertà! Lunga vita all’Anarchismo!”

Dopo la conferenza, le Donne Anarchiche sono andate al piccolo villaggio chiamato Mahser, che è situato vicino il confine di Suruc, ed hanno partecipato alla commemorazione che era stata organizzata in memoria del Massacro di Roboski. Nel corso dell’incontro in cui la popolazione ha commemorato le trentaquattro vittime che furono massacrate dal bombardamento dello Stato, le donne hanno maledetto quel massacro ed hanno detto con forza che andranno avanti con la lotta.

Dopo la commemorazione, le Donne Anarchiche hanno incontrato i loro compagni che sono membri dell’Azione Anarchica Rivoluzionaria (DAF) e sono al villaggio di Mahser sin dai primi giorni della Resistenza di Kobane, e hanno portato dei pacchi che erano stati inviati da luoghi diversi al magazzino locale con lo scopo di estendere la solidarietà.

 

28/12/14

 

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E’ scomparso il compagno Giuseppe Ceccanti, i funerali si terranno mercoledì 24 dicembre alle ore 10

La Federazione Anarchica Livornese comunica la scomparsa del compagno Giuseppe Ceccanti, più conosciuto come Beppino, che si è spento all’età di 84 anni dopo una lunga malattia. Di famiglia antifascista, si avvicinò al movimento anarchico nel 1956, dopo i fatti di Ungheria, partecipando alle iniziative della Federazione Anarchica Livornese finché la salute glielo ha consentito. In ogni lotta, in ogni mobilitazione ha portato il suo contributo attivo e il suo spirito ironico e battagliero al tempo stesso. Gli anarchici lo ricordano con affetto fraterno e si stringono attorno al dolore dei familiari. I funerali si svolgeranno mercoledì 24 dicembre alle ore 10 con partenza dalla Camera mortuaria dell’ospedale di Livorno verso il cimitero dei Lupi, dove avverrà la cremazione. Era sua esplicita volontà che fosse accompagnato dai compagni con le bandiere anarchiche.

Per la commissione di corrispondenza

Tiziano Antonelli

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Grecia: Sugli avvenimenti del 6 dicembre 2014

Pubblichiamo due comunicati sui fatti avvenuti il 6 dicembre 2014 ad Atene, durante le manifestazioni in memoria di Alexis e in solidarietà a Nikos Romanos.

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Sugli avvenimenti del 6 dicembre 2014

Solidarietà con gli anarchici in sciopero della fame

Solidarietà agli arrestati durante i fatti del 6 Dicembre 2014

Ieri, 6 Dicembre 2014, sono passati sei anni dal’assassinio a sangue freddo del sedicenne Alexandros Grigoropoulos da parte dello sbirro Korkoneas.

Questo anniversario coincide con lo sciopero della fame del ventunenne anarchico Nikos Romanos che richiede la licenza d’uscita per frequentare i corsi presso un istituto statale di istruzione superiore.

Il giorno e la notte migliaia di persone hanno manifestato per le strade di molte città della Grecia. Dopo la manifestazione pomeridiana (eccezionalmente massiccia) nel centro di Atene sono seguiti scontri e combattimenti di molte ore, soprattutto nella zona di Exarchia. La polizia ha fatto circa 200 fermi, di cui 43 sono stati convertiti in arresti. Alcune delle persone arrestate sono accusate anche di crimini-delitti gravi, e sono ancora detenute nel palazzo della Direzione Generale di Polizia di Atene.

Scontri tra anarchici/anti-autoritari e le forze di repressione ci sono stati anche in molte altre città, come Salonicco, Patrasso, Volos, Larissa, Ioannina, Agrinio, Mitilini, Heraklion, Chania, Kalamata e altrove. A Patrasso, ci sono stati sei arresti (di cui due pure con accuse di crimini-delitti gravi), a Thessaloniki diciassette, ad Agrinio tre. I fermi, nelle città fuori Atene, sono stati circa un centinaio.

Ancora una volta, lo Stato ha tentato di scatenare il terrore con l’imposizione del cosiddetto regime di “tolleranza zero”, caricando i cortei, fermando manifestanti, addossando imputazioni aggravate e vendicative sugli arrestati.

Ancora una volta, i governanti hanno torto. Non otterranno null’altro con l’imposizione di uno stato poliziesco, che diffondere ed intensificare ancora di più i focolai di resistenza, in tutto il territorio greco. Il loro meccanismo di reppresione non fa altro che provocare l’espansione dell’ondata sovversiva.

La speranza si trova nell’atteggiamento combattente e intransigente degli anarchici in sciopero della fame Nikos Romanos (dal 10/11), Jannis Michailidis (dal 17/11), Andreas Bourzoukos e Dimitris Politis (dal 1/12).

La speranza si trova nelle migliaia di persone che hanno marciato e che manifestano nelle strade di tutto il territorio greco contro lo stato e la barbarie capitalista.

La speranza si trova nelle decine di focolai di resistenza creati nei municipi, università e camere del lavoro occupate.

La speranza si trova nei quartieri di Istanbul, dove compagni turchi hanno marciato e si sono scontrati con la polizia antisommossa locale, per le strade di Ferguson ed altrove, ovunque delle persone si trovino nelle strade della Rivolta.

Gruppo dei Comunisti Libertari, Atene

07/12/2014
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Durante gli eventi del 6 dicembre ad Atene, sono stati arrestati quattro compagni/e del’ Officina Eutopica. I compagni/e sono stati arrestati, insieme ad altri quindici, all’esterno dell’edificio occupato della GSEE [n.d.t. Confederazione nazionale dei sindacati del settore privato].

È importante descrivere i fatti successi fuori dal’edificio occupato della GSEE per evidenziare il modo pesante nel quale ha agito ancora una volta la polizia e la “giustizia”.

Poco dopo le nove di sera e dopo che dei poliziotti in borghese incappucciati hanno subito un attacco nelle vicinanze, orde di poliziotti in moto hanno dato la caccia alla gente presente sul posto ed hanno proceduto indiscriminatamente a fermi ed arresti. Poi hanno tramutato tutti i fermi in arresti ed addossato in concorso a tutti e 19 gli arrestati i delitti di lesioni di persona gravi, rapina (uno dei poliziotti ha sostenuto che gli è stato rubato del denaro che aveva addosso) e il reato di disturbo della quiete pubblica.

Oltre quindi agli arresti completamente ingiustificati e vendicativi dei 19, i quali sono stati perpetrati in una logica di “rappresaglia” mafiosa per il fatto di esser riusciti a cacciare i poliziotti in borghese, è stato costruito un atto d’accusa montato ad arte, che ha come solo obiettivo, dato che ovviamente non reggerà in tribunale, quello di intimidire la gente che si trova in piazza. Già l’accusa di delitto per presunte lesioni di persona gravi è stata dimostrata del tutto infondata ed il delitto è stato per forza declassato a reato, lasciando naturalmente il delitto di rapina in concorso tra i 19 solo per soddisfare la vendetta della polizia e per fare degli arrestati degli ostaggi, dato che ora sono in custodia in attesa di processo.

I tentativi di terrorizzarci, sia per le strade che nei tribunali, come è stato dimostrato tante e tante volte, cadranno sempre nel vuoto.

Da parte nostra, ci troviamo accanto ai nostri compagni e compagne, insieme a tutte le persone arrestate, accanto a coloro che lottano.

Officina Eutopica

07/12/2014

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Solidarietà a Nikos Romanos, dal 9 novembre in sciopero della fame nelle carceri dello stato greco

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Aggiornamento sulla lotta di Nikos Romanos 3/12/2014
Gli ultimi giorni, crescono quotidianamente in numero le dimostrazioni di solidaretà al compagno Nikos Romanos che si trova al 23° giorno di sciopero della fame per difendere il suo diritto all’educazione, ed a Iraklis Kostaris.
Ieri, un grandissimo corteo di solidarieta (foto e video qui: https://athens.indymedia.org/post/1535405/ ) ha sfilato per le strade di Atene e si è scontrato con la polizia (molti feriti, 14 arrestati). Lo stesso in molte città della Grecia. Il politechnico di Atene [comunicato stampa in inglese], la Camera del Commercio a Chania, il Municipio a Iraklio sono state occupate dai solidali. Da notare che il corteo di Atene, si è fermato per poco a Syntagma, davanti ai profughi Siriani in lotta (molti di loro pure in sciopero della fame) per il loro diritto di poter procedere verso il resto del Europa esprimendo con cori la solidarietà alla loro causa.   
Solidarietà a Nikos Romanos, ha espresso anche Syriza (che ha fatto appello al ministro della giustizia per risolvere la situazione dando al compagno la possibilità di frequentare i corsi sotto “licenze d’uscita” a libertà vigilata, ricevendo ovviamente una risposta negativa) e la gioventù del Pasok.
Nikos Romanos, era il ragazzo, al tempo quindicenne, tra le braccia del quale era spirato il suo migliore amico, Alexis Grigoropoulos, sei anni fa, il 6 Dicembre 2008.
Nikos, che è stato ammesso al Istituto Technico di Pireo (TEI Pirea) in teoria avrebbe diritto a licenze d’uscita giornaliere per poter frequentare il corso, il quale prevede presenze obbligatorie per poter partecipare agli esami. Per essere amesso ad un corso universitario in Grecia, bisogna dare degli esami abbastanza difficili, ed è considerato un piccolo miracolo riuscire a prepararsi per tali esami in prigione, tanto che il Presidente della Repubblica Greca Karolos Palulias ha deciso di premiare Nikos ed altri 4 detenuti per esserci riusciti. Nikos ha rifiutato pubblicamente il premio, cosa che, molto probabilmente, ha accresciuto l’ostilita del apparato giudiziario verso di lui; Una settimana dopo, il consiglio giudiziario a rifiutato la sua richiesta di poter frequentare i corsi.
Da notare che, dopo l’ultima riforma legislativa sull’educazione, il tempo per poter laurearsi, dal momento dell’ammisione e limitato, e il Rettore del TEI Pireo ha gia rilasciato una dichiarazione stampa dichiarado che Nikos, anche se comincia a frequentare domani, ha già perso il semestre per mancata presenza ai corsi obbligatori e che comunque la soluzione di frequentare i corsi a distanza via teleconferenza (proposta del ministro della giustizia Athanasiu per poter fermare l’escalation delle manifestazioni di solidarietà) non è attuabile. 
Iraklis Kostaris, membro del gruppo rivoluzionario 17 Novembre, si trova pure lui nella stessa situazione.
Il compagno Nikos, si trova in questo momento sotto la sorveglianza di decine di poliziotti al Ospedale Genimatas di Atene. Secondo il bollettino medico, Nikos ha già serii danni alla salute per via dello sciopero della fame.  Il personale medico del Ospedale ha gia fatto una dichiarazione stampa, nella quale dichiara fermamente che nessun dottore accetterà di collaborare all’ alimentazione forzata di Nikos (come ordinato dal Consiglio Giudiziario).
 
Nikos, ogni giorno che passa, dimostra che la lotta per l’istruzione puo essere un’azione altamente rivoluzionaria, tanto importante che valga la sua vita.
Sosteniamo la lotta di Nikos in ogni modo possibile.
 
gruppo comunisti libertari di atene

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Ovunque Kobanê, Ovunque Resistenza! Resistenza e rivoluzione in Rojava, il ruolo degli anarchici.

Ovunque Kobanê, Ovunque Resistenza!
Resistenza e rivoluzione in Rojava, il ruolo degli anarchici.

Venerdì 12 dicembre
presso la Federazione Anarchica Livornese
Via degli Asili 33

ore 20 aperitivo

ore 21 conferenza e dibattito

sarà proiettato il video “Her yer Kobanê, Her yer Direniş!”

di Giacomo Sini

“Da due anni a questa parte le fondamenta della rivoluzione sociale sono in fase di sviluppo in Rojava, il Kurdistan occidentale. Sostenendo questo, è difficile ignorare il fatto che alla base dell’attacco contro Kobanê ci sono gli interessi politici dello Stato Turco e del capitalismo globale.”

dal giornale anarchico “Meydan”, Novembre 2014

Dallo scorso settembre è sotto assedio la città di Kobanê, nella Rojava, a ridosso del confine con la Turchia. La cità è attaccata dalle forze dello Stato Islamico (ex ISIS) che vuole imporre nella regione un regime autoritario e oscurantista. Lungo il confine l’esercito turco ha dispiegato un’ingente schieramento di truppe e carri armati, chiudendo di fatto l’assedio a Kobanê. In questo modo il governo turco sostiene l’attacco dello Stato Islamico e cerca di isolare la città, impedendo il passaggio dei riformimenti verso la città assediata, bloccando con la violenza quello dei civili in fuga e dei feriti verso il territorio turco e garantendo invece la sicurezza per il passaggio dei rifornimenti destinati allo Stato Islamico. Il governo di Ankara puntava su una rapida vittoria dello Stato Islamico, che avrebbe rafforzato l’influenza dello stato turco, avrebbe messo seriamente in discussione l’autonomia della Rojava, e sarebbe stata un duro colpo per la lotta del popolo curdo per la libertà, non solo in Siria ma anche in Turchia. Negli ultimi due anni infatti nella Rojava la pratica della democrazia radicale nelle assemblee territoriali, il protagonismo delle donne e il riconoscimento della pluralità del movimento, hanno gettato le basi per una rivoluzione che può estendersi ben oltre la Rojava ed il Kurdistan.
La resistenza condotta a Kobanê dalle YPG (Unità di Difesa del Popolo, milizia del partito curdo PYD) ha fatto saltare i piani del governo turco. Ma anche la solidarietà al confine ha giocato un ruolo centrale. Senza le migliaia di persone giunte da tutta l’Anatolia e da molti paesi per organizzare la solidarietà nei villaggi di confine l’esercito turco avrebbe totalmente isolato la città. Tra i solidali, assieme ai gruppi dela sinistra rivoluzionaria turca e ai partiti e movimenti curdi, ci sono anche gli anarchici del gruppo DAF (Azione Anarchica Rivoluzionaria, gruppo anarchico di Istanbul), che oltre a dare un contributo politico specifico a questa lotta, hanno partecipato alle azioni di solidarietà lungo il confine che hanno spezzato l’isolamento di Kobanê, permettendo il passaggio di persone e rifornimenti, nonostante i continui attacchi della polizia militare turca.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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La resistenza di Kobanê continua. Lo stato turco impiega ogni mezzo contro la rivoluzione

La resistenza di Kobanê continua

Lo stato turco impiega ogni mezzo contro la rivoluzione

Alle prime ore del mattino di sabato 29 novembre, nei pressi di Mürşitpınar un camion carico di esplosivo salta in aria ed alcuni combattenti delle YPG/YPJ restano uccisi, mentre altri sono feriti. Mürşitpınar è la località in cui si trova il valico di frontiera tra la Turchia e la Siria che attualmente collega il territorio turco al cantone di Kobanê della Rojava. Da Mürşitpınar transitano quei pochi aiuti umanitari per Kobanê che l’esercito turco, presente in forze a controllare la frontiera, lascia passare.

Secondo l’Özgür Gündem, quotidiano vicino alla causa curda pubblicato in Turchia, testimoni affermano che l’attacco proveniva dal territorio turco. Il camion carico di esplosivo avrebbe quindi superato al valico di frontiera i rigidi controlli dei militari turchi, che lo avrebbero lasciato passare verso Kobanê come un trasporto di aiuti umanitari. Contemporaneamente ci sono stati attacchi con autobomba anche nella zona occidentale ed in quella orientale della città, mentre da sud le truppe dello Stato Islamico (ISIS) hanno attaccato con mortai ed armi pesanti. Si è quindi trattato di un preciso piano d’attacco in cui lo stato turco ha avuto un ruolo diretto. Nel corso del mese di novembre le forze assedianti hanno perso terreno e adesso lo Stato Islamico controlla solo il 20% della zona, questo spinge il governo turco a intervenire in modo sempre più diretto, come abbiamo visto nelle scorse settimane con i sempre più violenti attacchi alla popolazione nei villaggi di confine e a tutti coloro che organizzano in quelle zone la solidarietà. È in questo contesto che il 6 novembre scorso è stata uccisa Kader Ortkaya dai proiettili della polizia militare turca.

Per denunciare ancora una volta il diretto sostegno del governo di Ankara alle forze dello Stato Islamico si sono tenute il 30 novembre manifestazioni in molte città della Turchia, soprattutto nelle città del Kurdistan. A Diyarbakır ci sono stati duri scontri con la polizia ed un bambino è rimasto gravemente ferito. Lungo il confine hanno manifestato migliaia di persone facendo sentire il loro sostentegno ala resistenza di Kobanê. Ci sono state manifestazioni anche ad Istanbul; nel quartiere di Kadıköy un corteo al quale ha partecipato anche il gruppo anarchico DAF, partito dal mercato scandendo tra gli altri lo slogan “Kobanê sarà la tomba del fascismo!”, è stato attaccato dalla polizia con lacrimogeni e proiettili di gomma, i manifestanti hanno risposto lanciando fuochi d’artificio.

Questi fatti non sono che l’ennesima dimostrazione del sostegno del governo turco allo Stato Islamico.

Agli inizi di ottobre la determinata resistenza di Kobanê aveva fatto saltare i piani dello stato turco, che contava su una rapida caduta della città nelle mani delle truppe dello Stato Islamico per infliggere un duro colpo ai movimenti curdi e al processo rivoluzionario avviato in Rojava che rischia di estendersi anche in Turchia. Tra il 6 e il 9 ottobre scorso in Turchia un’ondata di proteste in solidarietà a Kobanê aveva assunto carattere insurrezionale e, con l’attacco ad edifici pubblici, municipi, sedi del partito di governo AKP, aveva smascherato le responsabilità del governo di Ankara nel supportare lo Stato Islamico, che iniziarono almeno in parte ad emergere pure sui media ufficiali. Nel corso di tali proteste vennero uccisi 46 dimostranti. La maggior parte di essi non fu uccisa dalla polizia ma dai sicari di Hizbullah o da altre formazioni paramilitari religiose protette dal governo turco, che in quei giorni erano spesso in piazza a fianco della polizia.

Già allora era chiaro a tutti che l’ingente schieramento di uomini e mezzi da parte dell’esercito turco lungo la linea di confine vicino a Kobanê non aveva né lo scopo di proteggere i cittadini turchi né tantomeno quello di intervenire militarmente contro lo Stato Islamico. Il governo di Ankara aveva schierato l’esercito per isolare Kobanê, chiudendo di fatto l’assedio della città già condotto su tre fronti dallo Stato Islamico, al fine di impedire il passaggio di aiuti e rifornimenti per i resistenti.

Il governo turco utilizzerà qualsiasi mezzo possibile per impedire che si sviluppi un processo rivoluzionario nell’intera regione. Per questo è importante sostenere la resistenza di Kobanê, affinché la rivoluzione possa estendersi, senza stati né confini, oltre la Rojava ed il Kurdistan.

Dario Antonelli

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 37 di Umanità Nova.

A Livorno puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna, il bar Dolcenera all’angolo tra Via della Madonna e Viale degli Avvalorati e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

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Sabato 29: CONTRO IL DISASTRO SOCIALE ED AMBIENTALE SOLIDARIETA’, AUTOGESTIONE, AZIONE DIRETTA! ASSEMBLEA+APERITIVO

CONTRO IL DISASTRO SOCIALE ED AMBIENTALE
SOLIDARIETA’, AUTOGESTIONE, AZIONE DIRETTA!
FACCIAMO COME A CARRARA!

Assemblea cittadina sabato 29 novembre, alle ore 17,00 presso la sede della Federazione Anarchica Livornese, in Via degli Asili 33.

Interverranno lavoratori e militanti dei sindacati di base, parteciperà un membro dell’Assemblea Permanente di Carrara

A SEGUIRE APERITIVO E BUFFET



CONTRO IL DISASTRO SOCIALE ED AMBIENTALE
SOLIDARIETA’, AUTOGESTIONE, AZIONE DIRETTA!

La disoccupazione a Livorno sta assumendo le dimensioni di un disastro: per migliaia di lavoratori l’insicurezza sta lasciando il posto al licenziamento.
Si tratta di un dramma che si scarica sulle vittime, i lavoratori, mentre i responsabili, politici, amministratori, capitalisti, sono sempre al loro posto. Anche i dirigenti dei sindacati pronta-firma, protagonisti delle vicende più vergognose, dallo smantellamento del Cantiere Navale alla truffa della Delphi, cercano di rifarsi una verginità agli occhi dei lavoratori.

Gli anarchici livornesi sono al loro posto, al fianco degli altri sfruttati, nella lotta contro i ricatti, per mezzo dell’azione diretta e dell’autorganizzazione.
Ci hanno detto che la difesa della salute e dell’ambiente avrebbe portato alla chiusura delle fabbriche, ci hanno detto che la lotta sul posto di lavoro avrebbe fatto scappare gli investitori, ci hanno detto che la precarietà era la strada per difendere l’occupazione: ora che la fabbriche sono chiuse o stanno chiudendo ci troviamo la provincia più inquinata d’Italia, i redditi più bassi, migliaia di livornesi che emigrano per trovare un posto di lavoro.
Questo è il risultato della politica di collaborazione di classe di CGIL, CISL e UIL, dei partiti parlamentari, del Comune e della Provincia. E la soluzione non è certo cercare un nuovo Rossignolo, che farà i bagagli non appena i profitti che estorcerà dagli operai livornesi non saranno all’altezza delle sue aspettative.

A Livorno non c’è solo la distruzione provocata dal capitalismo e dalle istituzioni, locali e nazionali; ci sono lavoratori che si organizzano, delegati di base e sindacati combattivi che non si lasciano travolgere dalla rassegnazione e dalla subordinazione agli interessi del nemico di classe. Noi pensiamo che si debba partire da quelle esperienze, ci voglia un percorso di organizzazione alternativa, ci voglia una rottura del quadro politico che metta il movimento dei lavoratori e le loro organizzazioni al centro della scena.
La soluzione della crisi è nelle mani dei lavoratori: o accettare il ricatto che i padroni e i loro servi politici e sindacali fanno loro, subendo la diminuzione dei diritti, dei salari e l’aumento dell’orario di lavoro, oppure prendere in mano quelle aziende che i padroni hanno portato al fallimento, producendo per se e per la collettività, e non per qualche parassita che non ha mai lavorato.

E’ possibile questo?
A Carrara i cittadini hanno sperimentato sulla loro pelle il disinteresse delle istituzioni: un’alluvione all’anno! Alla fine i cittadini hanno occupato il comune e dato vita all’Assemblea permanente, con lo scopo di trasformare la rabbia e la protesta in un percorso di autogestione che esautori chi governa la città e chi aspira a prenderne il posto.
Anche a Livorno ci troviamo di fronte ad un disastro, un disastro occupazionale, e i protagonisti sono gli stessi! Gli anarchici, lavoratori fra lavoratori, pensano che sia giunto il momento di riprendere il nostro destino nelle nostre mani.

Per la difesa del reddito proletario, messo a rischio dai tagli alla Cassa Integrazione in deroga e alla mobilità previsti dal decreto “Salva Italia”;
per distribuire il lavoro esistente fra occupati e disoccupati;
per sostituire l’autogestione dei lavoratori e dei cittadini della produzione, alla gestione capitalistica e statale, che proprio con la disoccupazione dimostra il suo fallimento.

FACCIAMO COME A CARRARA!

Assemblea cittadina sabato 29 novembre, alle ore 17,00 presso la sede della Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33

Interverranno lavoratori e militanti dei sindacati di base, parteciperà un membro dell’Assemblea Permanente di Carrara

COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO
FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

 

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Assemblea: Facciamo come a Carrara!

FACCIAMO COME A CARRARA!

Assemblea cittadina sabato 29 novembre, alle ore 17,00 presso la sede della Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33

parteciperà un membro dell’Assemblea Permanente di Carrara

 

LAVORATORI, SOTTOCCUPATI, PRECARI, DISOCCUPATI

L’UNIONE È LA NOSTRA FORZA!

 

La disoccupazione a Livorno sta assumendo le dimensioni di un disastro: per migliaia di lavoratori l’insicurezza sta lasciando il posto al licenziamento.

Si tratta di un dramma che si scarica sulle vittime, i lavoratori, mentre i responsabili, amministratori, politici, capitalisti, sono sempre al loro posto. Anche i dirigenti dei sindacati pronta-firma, protagonisti delle vicende più vergognose, dallo smantellamento del Cantiere Navale alla truffa della Delphi, cercano di rifarsi una verginità agli occhi dei lavoratori.

Gli anarchici livornesi sono al loro posto, al fianco degli altri sfruttati, nella lotta contro i ricatti, per mezzo dell’azione diretta e dell’autorganizzazione.

La soluzione della crisi è nelle mani dei lavoratori: o accettare il ricatto che i padroni e i loro servi politici e sindacali fanno loro, subendo la diminuzione dei diritti, dei salari e l’aumento dell’orario di lavoro, oppure prendendo in mano quelle aziende che i padroni hanno portato al fallimento, producendo per se e per la colettività, e non per qualche parassita che non ha mai lavorato.

E’ possibile questo?

A Carrara i cittadini hanno sperimentato sulla loro pelle il disinteresse delle istituzioni: un’alluvione all’anno! Alla fine i cittadini hanno occupato il comune e dato vita all’Assemblea permanente, con lo scopo di trasformare la rabbia e la protesta in un percorso di autogestione che esautori chi governa la città e chi aspira a prenderne il posto.

Anche a Livorno ci troviamo di fronte ad un disastro, un disastro occupazionale, e i protagonisti sono gli stessi! Per anni si è detto ai lavoratori di farsi carico dell’economia cittadina, di sacrificarsi per difendere l’occupazione, di rinunciare a questo o quel diritto, a questa o quella conquista, mentre capitalisti, politici dirigenti dei sindacati di stato facevano solo i loro porci interessi; e ora la soluzione alla crisi di oggi sarebbe che i lavoratori contnuino a fare gli interessi di qualcun altro.

Gli anarchici, lavoratori fra lavoratori, pensano che sia giunto il momento di riprendere il nostro destino nelle nostre mani.

Per la difesa del reddito proletario, messo a rischio dai tagli alla Cassa Integrazione in deroga e alla mobilità previsti dal decreto “Salva Italia”;

per distribuire il lavoro esistente fra occupati e disoccupati;

per sostituire l’autogestione dei lavoratori e dei cittadini della produzione, alla gestione capitalistica e statale, che proprio con la disoccupazione dimostra il suo fallimento.

 

Federazione Anarcica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Chiesa Cattolica e conflitto sociale

Chiesa Cattolica e conflitto sociale

Ci fa piacere che anche Simone Giusti, il pisano a capo della diocesi
livornese della Chiesa cattolica, si sia accorto che a Livorno sia in
corso un drammatico conflitto sociale.

Sono anni che a Livorno, come in tutta Italia, è in corso una guerra
contro i lavoratori, gli sfruttati, i ceti popolari.  I licenziamenti,
gli sfratti, i tagli ai servizi sociali, l’aumento delle tasse, la
miseria crescente e il peggioramento del tenore di vita sono tutti
segnali di questa guerra.

Chi vive nei quartieri popolari se ne è accorto da anni, come si è
accorto da anni della repressione crescente: licenziamenti
discriminatori, diminuzione dei diritti sul posto di lavoro, denunce,
manganelli, fogli di via, denunce e arresti per chi non si rassegna
alle scelte delle istituzioni, locali e nazionali.

Ma le classi privilegiate si accorgono di questa guerra solo quando le
vittime si organizzano pèer resistere alla violenza, quando i
lavoratori della TRW prendono iniziative non concordate con i
sindacati pronta-firma, quando migliaia di livornesi scendono
pacificamente in strada, senza l’imprimatur di organizzaizoni
ufficiali.
Allora i capitalisti hanno paura, e i loro servi parlano del rischio di
conflitto sociale. Ecco cosa dimostrano le parole di Simone Giusti:
se gli operai vogliono che si parli di loro, devono fare paura.
Devono fare paura perché si organizzano da soli, senza pastori
addomesticati, perché rompono le regole del gioco con l’azione
diretta e l’autorganizzazione.
E la soluzione dei problemi dei lavoratori non sarà certo la minestra
riscaldata della Caritas. Il conflitto sociale avrà fine solo quando
scomparirà la divisione in classi della società.

La Commissione di Corrispondenza
della Federazione Anarchica Livornese

 

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