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“TRANSITSTAN” aperitivo+proiezione

sary tash

“TRANSITSTAN”

Video reportage di un viaggio tra
Russia, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Afghanistan, Iran, Kurdistan, Turchia, Bulgaria, Serbia, Bosnia-Herzegovina, Kosovo, Albania

Venerdì 19 presso la Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33

h 19:30 aperitivo abbondante + djset

h 21 presentazione e proiezione di “TRANSITSTAN”

Per tutta l’estate la sede della Federazione Anarchica Livornese, oltre alla consueta apertura del giovedì dalle 18 alle 20, sarà aperta ogni sabato dalle 18 alle 22.

Dal 26 luglio al 4 agosto la Federazione resterà chiusa, in quei giorni ci potrete trovare ogni sera sugli Scali del Refugio, in Venezia, con un banchetto di libri, opuscoli e stampa anarchica e libertaria.

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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Apertura Sede – Sabato 13/07 aperitivo e dj set

A partire da questa settimana, per tutta l’estate, la sede della Federazione Anarchica Livornese in via degli Asili 33, estenderà l’orario di apertura.Oltre alla consueta apertura del giovedì dalle 18 alle 20, la sede sarà aperta ogni sabato dalle 18 alle 22.
Presto sarà pubblicato il programma delle iniziative estive.

Intanto sabato 13 dalle ore 20 aperitivo e a seguire dj set.

Come sempre distribuzione di libri e giornali anarchici.

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Riot de Janeiro – Brasile, copa para quem?

da Umanità Nova n. 23 del 30 giugno 2013

 

Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

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Brasile, copa pra quem?

Riot de Janeiro

Da oltre dieci giorni le manifestazioni di protesta in Brasile sono inarrestabili. A Brasilia il 20 giugno scorso un milione di persone si sono riversate per le strade in un centinaio di città. I media italiani hanno riportato che si è trattato di un movimento “contro i mondiali di calcio” e il rincaro dei biglietti dei trasporti pubblici ma il motivo della protesta rivela scenari più profondi. Dopo le prime giornate di lotta la settimana scorsa la gente è scesa in massa per le strade anche per rispondere alla repressione della polizia che nei giorni precedenti aveva fatto centinaia di feriti e arresti. Solo nella giornata di giovedì 20, ci sono stati 60 feriti a Rio, altri 30 a Brasilia e 2 morti, un ragazzo muore a Ribeirão Preto mentre cerca di oltrepassare i cordoni della polizia ed una donna di 54 anni muore soffocata da un gas lacrimogeno. La polizia ha attaccato i manifestanti e sparato proiettili di gomma, lacrimogeni e gas urticanti. L’esercito era nelle strade, l’intelligence militare pare abbia controllato i socialnetwork ed il numero dei feriti e degli arresti sommari è ormai incalcolabile. E vogliamo credere che questo dispiegamento militare sia avvenuto per una manciata di partite di calcio e qualche centesimo di aumento degli autobus?

Il Brasile è il Paese del Partido dos Trabalhadores di “Lula” da Silva,il “presidente operaio” e di Dilma Roussef ,l’attuale “presidentessa guerrigliera”, ha 200 milioni di abitanti, è la prima economia dell’America Latina e sesta nel mondo. Inoltre sono brasiliani il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, Roberto Azevedo, e quello della FAO, Roberto da Silva. Il Brasile fa parte dei paesi emergenti inclusi nella “BRICS” Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, organizzerà le Olimpiadi nel 2016 e i Mondiali di calcio nel 2014.

I partiti di destra ed estrema destra i “carecas” nazisti del MV cercano di infiltrarsi nella protesta, puntando il dito contro il governo in carica aggredendo sindacalisti e militanti di sinistra con l’obbiettivo di provocare, mistificare e manovrare politicamente la protesta popolare verso una deriva autoritaria, nazionalista, razzista e conservatrice. Le oligarchie latifondiste, il vecchio mondo provinciale e autoritario, le élite razziste e chiuse sono ancora vive e vegete, sono tradizionalmente cariche di odio razziale contro i discendenti dei popoli indigeni e africani e negli ultimi anni sono aumentati gli omicidi di sindacalisti e attivisti contadini nel Brasile rurale.

La popolazione nelle piazze manifesta contro tutta la classe politica, contro i governi di destra e di sinistra, contro un modello di sviluppo che alza il costo della vita rendendolo proibitivo per la maggior parte della popolazione, contro l’esclusione sociale con il peggioramento della vita urbana, del trasporto, dell’educazione, della salute e di tutti i servizi di pubblica utilità.

La classe media salariata, venuta a formarsi durante i governi di “Lula”, appiattita su standard e modelli di vita consumistici, sta diventando sempre più povera ed ha deciso di lottare a fianco delle masse delle favelas, dalle periferie alle regioni amazzoniche al Nordest protestano contro il modello, il “sogno” di un paese “global player”.

Sono aumentati gli sfollati e i senza tetto, pagati una miseria per abbandonare le loro case site nei pressi dei nuovi megaprogetti per gli stadi e le infrastrutture annesse.

Il tasso di sviluppo umano colloca il Brasile al posto numero 85, sotto Perù e Venezuela.

“Meno circo e più pane”, hanno chiesto i manifestanti e gli aumenti dei prezzi dei biglietti sono revocati, ma le proteste non sono finite.

La gente che ha riempito le piazze ha manifestato contro la legge Pec-37 che aggiunge un nuovo paragrafo all’articolo 144 della Costituzione, che si occupa di pubblica sicurezza.

Se approvato, il potere di indagine penale sarebbe esclusiva di polizia federale e civile, la rimozione di questa assegnazione di alcuni organi e in particolare del procuratore (MP) darebbe pieno potere, dunque, alla polizia federale e civile strettamente legate alla volontà politica di questo o quel governo.

Per essere più schermato dalle interferenze esterne, il pubblico ministero non potrebbe più indagare in autonomia.

Le due funzioni se svolte separatamente, un’istituzione (MP) potrebbe verificare l’altro (polizia) per una teorica maggiore correttezza. Se entrambi sono fatti dalla stessa istituzione, questo sistema di controllo cessa.

Un’ altra legge che ha scatenato le proteste si chiama “Cura gay”che definisce l’omosessualità una malattia e prevede un trattamento psichiatrico per i gay.

L’omosessualità è vista come una malattia, e non come una tendenza sessuale. A chiederlo è stata la Chiesa Evangelica che ha spiegato la sua volontà di avere un popolo di fedeli ‘normali’ con le seguenti parole: ”Questa città appartiene a Gesù”. In attesa della visita di papa Francesco, per la Giornata Mondiale della gioventù, dal 23 al 29 luglio prossimi, a supportare tale proposta c’è il Presidente della Commissione per i diritti umani, Marco Feliciano (conosciuto dal mondo lgbt come omofobo), la cui commissione ha già dato il consenso.

A Maggio 2013, il Brasile aveva dato l’okay alle coppie gay di sposarsi.

Intanto, mentre un milione di manifestanti venivano massacrati per le strade dalla polizia, l’attenzione dei media era rivolta alla Confederation Cup per la partita di calcio Giappone Messico e Italia-Brasile.

In Brasile, come in Turchia, i poveri e gli sfruttati sono esclusi dal “sogno” dello “sviluppo economico” di cui, evidentemente, risultano essere più vittime e spettatrici che beneficiari. Un “sogno”, infine, spesso interrotto da massacri e dittature , ingerenze straniere e colpi di stato.

Norma Santi

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Sosteniamo i compagni sotto processo!!

volantino distribuito dal Comitato di solidarietà “Livorno non si piega!”

4 LUGLIO – ORE 9

DAVANTI AL TRIBUNALE DI LIVORNO IN VIA FALCONE E BORSELLINO

SOLIDARIETÀ

Il Comitato cittadino “LIVORNO NON SI PIEGA!”, attivo da alcuni mesi, sostiene gli indagati per i presidi e le manifestazioni del 30 novembre, 1° e 2 dicembre 2012, convocati dalla Ex-Caserma Occupata.

Attualmente sono 22 le persone che il prossimo 4 luglio saranno processate per i fatti di quei giorni, culminati con la manifestazione di protesta contro le violenze delle forze dell’ordine svoltasi domenica 2 dicembre, a cui hanno partecipato circa mille cittadini livornesi, conclusasi pacificamente in piazza Cavour.

Il blocco di potere che da anni gestisce la città e i responsabili dell’ordine pubblico hanno tutto l’interesse a criminalizzare chi contesta.

La pubblica accusa ha costruito un teorema accusatorio preciso, secondo cui ci sarebbe un gruppo criminale strutturato e dedito alla violenza che avrebbe organizzato premeditatamente quello che è stato definito “assalto alla Prefettura” e gli incidenti dei giorni precedenti.

La verità è un’altra.

Nella serata di venerdì 30/11, alcuni manifestanti che volevano contestare Bersani come qualche settimana prima era avvenuto pacificamente per Renzi, sono stati repressi duramente, con pugni e manganellate.

Il giorno successivo il presidio di protesta è stato caricato in piazza Cavour dalle forze dell’ordine con violenza inaudita.

La gestione dell’ordine pubblico, caratterizzata da uno spropositato dispiegamento di agenti, da una evidente volontà di creare tensione e da un ricorso alla violenza assolutamente ingiustificato è stato del resto ampiamente criticata e censurata a vari livelli ed è stato proprio questo atteggiamento che, dopo le serate di venerdì e sabato, ha determinato la legittima risposta della città. Più di mille livornesi sono scesi in piazza nel pomeriggio della domenica, decisi a protestare di fronte all’ennesimo attentato alla libertà di espressione e manifestazione e a sostenere, insieme all’agibilità politica di tutti, le istanze di cambiamento radicale di cui i movimenti sociali sono portatori.

Il Comitato fa appello a tutti i cittadini, alle organizzazioni e strutture politiche, sindacali, culturali, sociali, a chi ha a cuore la libertà e la tutela dei diritti e dei bisogni dei ceti popolari, ad aderire al comitato, a sostenere le iniziative di propaganda, a contribuire alla difesa e al sostegno economico.

Sosteniamo le compagne e i compagni sotto processo!

Giovedì 4 Luglio (1° udienza) appuntamento alle 9:00 sotto il tribunale in solidarietà con i processati in difesa del diritto di espressione e manifestazione

Livorno non si piega!

Comitato di solidarietà

per informazioni e adesioni: livornononsipiega@autistici.org

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Terra bruciata. Turchia, la sollevazione continua.

da Umanità Nova n. 22 del 23 giugno 2013

Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

 

Terra bruciata.

Turchia, la sollevazione continua.

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Sono passati ormai più di venti giorni dall’inizio della sollevazione popolare in Turchia contro la violenza impiegata dal governo nel reprimere delle proteste pacifiche. Alla base di quanto sta succedendo c’è un malcontento diffuso e radicato contro le politiche del governo, e più in generale contro la crescente oppressione, la censura, le restrizioni, lo sfruttamento sempre più selvaggio. Le manifestazioni, le occupazioni di parchi e piazze, le proteste di ogni tipo, si sono diffuse in gran parte del paese, e il più delle volte sono state attaccate con violenza dalla polizia. Piazza Taksim ad Istanbul è stata rioccupata per due volte dai manifestanti dopo gli sgomberi della polizia, ed ancora dopo il terzo violentissimo sgombero, decine e decine di migliaia di persone hanno cercato di raggiungerla con diversi cortei. Due grandi scioperi del settore pubblico hanno sostenuto le proteste.

 

La rivolta continua, nonostante le violenze della polizia in strada e le torture per i fermati, nonostante le irruzioni della polizia e delle squadracce dei fedelissimi del primo ministro Erdoğan nelle sedi dell’opposizione, nonostante gli arresti di medici, avvocati e giornalisti per il loro impegno, nonostante i tentativi di strumentalizzazione da parte dei partiti del blocco nazionalista, nonostante le continue e sempre più gravi minacce del governo.

 

La buca

Il Primo Maggio di quest’anno le autorità avevano vietato ogni manifestazione in Piazza Taksim, con la scusa dei lavori di riqualificazione urbana a Gezi Park. I cantieri aperti infatti costituivano un problema di sicurezza. In particolare, secondo le autorità, una grande buca rischiava di diventare una trappola per i manifestanti che avrebbero potuto caderci dentro. Quella stessa piazza, quello stesso parco, sono stati negli ultimi venti giorni al centro della rivolta che ha infiammato l’intera Turchia. In queste settimane Piazza Taksim è stata vissuta da migliaia e migliaia di persone, che hanno sperimentato la solidarietà e l’autogestione nella lotta e nella resistenza. In questi venti giorni tra i manifestanti ci sono stati migliaia di feriti e di arrestati, la polizia ha anche fatto dei morti. Nessuno di questi però è caduto nella voragine di Gezi Park.

 

Solo il primo ministro Erdoğan sembra essere caduto in quella buca. Una buca che si è scavato da solo.

Infatti la linea dura scelta dall’esecutivo e attuata con brutalità e terrore dal ministro dell’interno Muammer Güler, non solo ha incontrato una compatta reazione popolare che ha determinato l’estendersi della rivolta, ma ha fatto crollare molte maschere usate dal partito di governo per legittimare il proprio potere.

 

Spalla a spalla contro il fascismo”

L’accusa di fascismo nei confronti dei manifestanti era, nella prima settimana di proteste, un ritornello che molti di noi avranno sentito in bocca a rappresentati del governo o ai suoi sostenitori. Si tratta di una vecchia carta della propaganda dell’AKP, il partito di Erdoğan. Una carta usata fin da quando l’AKP si proponeva come forza riformatrice e portatrice di nuove libertà: la libertà religiosa contro il laicismo autoritario imposto dal potere militare, la libertà di mercato contro lo statalismo kemalista, la libertà di espressione dopo i tempi bui della censura e dei colpi di stato. Ma se, nei primi giorni della rivolta, Erdoğan accusava i manifestanti di voler alimentare la tensione per favorire un colpo di stato militare, ora è proprio il suo vice Bulent Arinc a minacciare l’uso dell’esercito contro le manifestazioni “illegali”. L’AKP ha in realtà utilizzato, in forme diverse, gli stessi metodi fascisti dei suoi predecessori, garantendo libertà solo a sfruttatori e oppressori, facendo largo uso degli apparati repressivi dello stato. Negli ultimi mesi questo si era tradotto in una politica di governo sempre più oppressiva di attacco alle libertà individuali, di imposizione del conservatorismo religioso, di attacco alle donne, di sempre maggiore controllo sociale. Un sistema di dominio sempre più pervasivo, in una Turchia impegnata in modo sempre più aggressivo a livello internazionale ed in particolare nella guerra siriana in nome di nuovi fasti imperiali.

 

Ma la rivolta non ha solo spazzato via le maschere del potere, ha anche spezzato molti dei vecchi limiti delle lotte in Turchia. Il movimento di queste settimane ha infatti saputo superare sia i settarismi della sinistra più o meno rivoluzionaria sia le strumentalizzazioni dei grandi partiti di opposizione, questo grazie soprattutto alla partecipazione di massa. Non ha lasciato che le burocrazie gestissero il movimento e non ha delegato ad avanguardie militarizzate la resistenza di piazza. Non è caduto nelle trappole del governo che tra accuse, minacce, trattative e repressione selvaggia, puntava a dividere il movimento, isolarlo, criminalizzarlo.

 

Oltre Taksim

Taksim è un simbolo, Taksim è la storia ed il presente della Turchia. Gezi Park occupato ed autogestito, Piazza Taksim piena di stand, bandiere, banchetti, striscioni. Ma al di là del simbolo e al di là della concreta liberazione di un luogo così carico di significati per molte generazioni di turchi, c’è una realtà che dà il senso della complessità della rivolta in atto. Nella stessa Istanbul, megalopoli da 13 milioni di abitanti, grandi manifestazioni si tengono nei quartieri operai e popolari, come a Gazi dove è radicata la comunità alawita e la sinistra rivoluzionaria. Per questo, ormai quotidianamente, ad Istanbul la polizia blocca ponti, traghetti e trasporti, cercando di tenere divisi i manifestanti che si muovono dalle diverse parti della città, sciogliendo con la forza i cortei prima che possano raggiungere numeri troppo alti, per impedire che le diverse manifestazioni possano unirsi.

La rivolta inoltre è estesa a quasi tutto il paese, nei giorni di maggiore tensione si sono tenute manifestazioni di protesta in 78 provincie su 81. Per capire la protesta bisogna quindi anche allargare lo sguardo su tutta la Turchia.

Questo ci permette di capire anche quanto sia reale il rischio di strumentalizzazione della rivolta da parte dell’opposizione. Il CHP infatti, il partito che rappresenta l’opposizione “kemalista” repubblicana, autoritaria e laica, sta provando a ricostruirsi un’immagine dopo gli scandali che lo hanno travolto negli ultimi anni. In alcuni centri è stato protagonista delle proteste e certamente aspira a trasformare questa rivolta in un rapido mezzo per tornare al governo. Per ora, tuttavia, siamo ancora lontani dallo scontro tra partiti per il potere, ed il movimento di lotta, nella sua complessità, continua a mantenere grazie alla partecipazione di massa e all’eterogeneità dei suoi partecipanti, una certa autonomia dal CHP come dagli altri partiti di opposizione.

 

Questa pluralità, piena di contraddizioni, corrisponde ad un movimento che sicuramente non è caratterizzato univocamente in termini di classe. Se da una parte troviamo la sinistra rivoluzionaria, gli anarchici, i sindacati di classe, il proletariato dei quartieri più “sovversivi” delle grandi città, dall’altra troviamo i professionisti (avvocati, medici, giornalisti), che in Turchia hanno una grande tradizione di impegno civile, troviamo studenti, settori borghesi legati ai partiti di opposizione, dipendenti dell’apparato statale. Anche in questo caso una pluralità che va letta nello specifico contesto turco, ma che va anche assunta come dato di fatto, pure come limite del movimento.

 

Nessuno deve lamentarsi della polizia”

Questo ha dichiarato il vice premier turco Bulent Arinc. La polizia dopotutto difende la legittimità del governo democratico e difende la legalità e la credibilità del paese a livello internazionale dall’azione illegale di gruppetti di facinorosi che vogliono solo alimentare le tensioni sociali. Proprio come in Italia, in Grecia, in Germania e in tutti gli stati democratici.

I media che in Italia ci mostrano le violenze della polizia a Taksim e che criticano il pugno di ferro del governo turco, non smettono mai di ricordarci i gravi effetti della rivolta sull’economia turca e di mostrarci come chi manifesta non abbia nessuna possibilità contro l’agguerrita polizia e sia, in ogni caso, destinato alla sconfitta. Anche questa è propaganda. Ma chi lotta in Turchia non si sta “lamentando”, non è semplicemente vittima della brutalità, è in rivolta contro lo stato terrorista e la devastazione capitalista. In Turchia lo stato si dibatte cercando di soffocare ogni fuoco di rivolta, mentre un ampio movimento da settimane lotta per la libertà.

 

Ora il governo AKP ha un piede nella fossa, o meglio nella buca di Gezi Park. Per i sondaggi il partito di Erdoğan sta perdendo molti consensi, la protesta non sembra ancora destinata a spegnersi in breve tempo e finora le mosse del governo non hanno fatto altro che alimentarla.

Ma è ancora presto per fare qualche previsione. Oltre al braccio di ferro tra il governo e il movimento di lotta, al ruolo delle opposizioni e dell’esercito, ci sono anche fattori esteri, tra cui la questione siriana che proprio nelle ultime settimane gli USA stanno forzando.

La rivolta in atto, ha già raggiunto dei forti obiettivi simbolici, si tratta ora di capire se sarà capace non solo di reggere alla repressione ma anche di bloccare i progetti imperiali e interventisti dello stato turco, divenendo realmente incisiva.

 

Dario Antonelli

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Dove trovare Umanità Nova a Livorno? Nuovo punto di diffusione!

Da oggi a Livorno è possibile trovare il settimanale anarchico Umanità Nova anche presso l’edicola di Piazza Garibaldi

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Elenco aggiornato dei punti di distribuzione in città del settimanale anarchico Umanità Nova.

– Edicola di Piazza Garibaldi

– Edicola Dharma, Viale di Antignano 110

– Edicola in Piazza Damiano Chiesa

– Edicola in Piazza Grande all’angolo con Via Pieroni, di fronte al bar Sole

– Libreria Belforte in Via della Madonna 31

– Presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33, durante l’apertura settimanale del giovedì dalle 18 alle 20 ed in occasione di assemblee, dibattiti o altre iniziative nella sede.

Il giornale è anche diffuso in piazza durante manifestazioni, presidi e banchetti.

www.umanitanova.org

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Non è che l’inizio, continuiamo la lotta!

Articolo tradotto dal giornale anarchico mensile “Meydan” del gruppo turco DAF – Devrimci Anarşist Faaliyet (Azione Anarchica Rivoluzionaria)

10 giugno 2013

Non è che l’inizio, continuiamo la lotta!

Questa è una rivolta

I progetti di trasformazione urbana stanno da molto tempo minacciando gli spazi vitali degli abitanti di Istanbul. Prima le demolizioni dei quartieri poveri, poi 63 milioni di metri quadrati di foresta da devastare per il terzo ponte, un centro commerciale dopo l’altro, hotel di lusso, e mentre continua il progetto di pedonalizzazione è giunto il momento di Gezi Park. Gli abitanti di Istanbul continuano a resistere a tutti questi progetti che minacciano la loro vita. Fino a quando gli escavatori sono venuti a Gezi Park e hanno sradicato gli alberi. “Un pugno di contestatori marginali” ha rivendicato gli alberi e la loro ombra ed ha detto “Non sradicate gli alberi, non costruite centri commerciali a Gezi Park”. Questa protesta era condotta come un’azione “pacifica ed ecologica”. La polizia ha condotto un’operazione di sgombero alle prime luci del mattino ed ha asfissiato la zona del parco con i gas. Lo Stato deve avere “molto” da guadagnare dal momento che sta cercando di abbattere questa protesta pacifica nel modo più duro possibile. La violenza della polizia è salita negli ultimi mesi e i manifestanti l’hanno subita in modo inaspettato. Deputati dei partiti di opposizione e artisti sono venuti a Gezi Park per contestare questo e per sostenere i manifestanti, ma hanno avuto pure loro quota di terrore di Stato.

Nel primo giorno di demolizione lo Stato non ha potuto ottenere ciò che voleva a causa di questa situazione. I manifestanti sono restati in Gezi Park durante la notte. Non si sa se si aspettassero un attacco per la mattina seguente, ma tutti i manifestanti sono stati cacciati dal parco con l’irruzione della polizia la mattina. La polizia ha bruciato le tende, le coperte e tutte le cose dei manifestanti. I video dei manifestanti sottoposti al continuo lancio delle bombe lacrimogene e arrestati con violenza dalla polizia, hanno suscitato rabbia in chiunque li abbia visti.
Ovviamente questa non è la rabbia per una singola manifestazione. La rabbia è stata accumulata. Accumulata dalla crescente violenza della polizia.

Sono stati gli attacchi con le bombe lacrimogene, manganelli e armi che hanno generato questa rabbia. È stato il divieto del Primo Maggio, Dilan, Şerzan, Metin Lokumcu, Aydin Erdem… Non sono due giornate ad aver generato la rabbia. È stata la crescente oppressione, le restrizioni, la censura, lo sfruttamento economico. Quello che ha creato questa rabbia è lo Stato che esercita il suo potere in modo sprezzante ed accanito, senza chiedere alcuna legittimazione.

Chi descrive la “Rivolta del Popolo” come un fenomeno post-moderno deve capirlo chiaramente. La gente è scesa spontaneamente per le strade perché percepisce l’oppressione sociale, politica ed economica in modo molto forte. Gli eventi non sono né un affare degli ultimi giorni come dicono i media ciechi e sordi, né incidenti orchestrati da gruppi “marginali” come dice il potere statale. È il momento di liberare i nostri occhi da ogni velo. Questa è una rivolta. È la reazione popolare contro il terrorismo di Stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista. Questa è la fine della legittimità del nuovo potere dello Stato che aveva conquistato il sostegno di altri paesi, delle organizzazioni internazionali, delle multinazionali.

La democrazia della marginalizzazione, della sprezzante indifferenza e della creazione del nemico.

È molto importante che la rivolta sia scoppiata nel momento in cui la propaganda di Stato è centrata sull’immagine della “Turchia Democratica”. Con questa reazione al terrorismo di Stato, la gente ha abbattuto ogni immagine “democratica” dello Stato. La gente è scesa in strada in un contesto in cui la libertà popolare era ignorata, le persone venivano torturate ed uccise in modo arbitrario, tutti i media ufficiali erano sintonizzati sulla propaganda governativa, lo Stato stava preparando la guerra contro un paese vicino e nel farlo uccideva il suo popolo con le sue stesse mani.

La rivolta da Istanbul si è diffusa ad altre città nel secondo giorno. La rabbia comune contro il terrorismo di stato ha iniziato a bruciare ovunque nelle strade. La gente era nelle strade non per le parole dei principali partiti d’opposizione o di qualche leader, ma per propria volontà. Per rispondere a tutto questo, insorta contro la violenza della polizia e il terrorismo di stato. Con questa coscienza, hanno attaccato la polizia, i palazzi dello stato e i templi dello sfruttamento capitalista. Quelli che lo hanno fatto non erano gruppi “marginali”. Questa è stata anche una rivolta contro la creazione dell’“altro”, del “nemico”, contro la criminalizzazione e l’isolamento di coloro che non obbediscono al potere dello stato. Inoltre il governo non ha nessuno con cui accordarsi o trattare. Questa rivolta è stata un’azione diretta.

Lo stato ha ignorato la rivolta fin dall’inizio. È stata bandita dalle televisioni, dai giornali e dagli altri media. Non era solo a Taksim. La gente è affluita da Beşiktaş, Harbiye e altre zone di Istanbul. Lo Stato ha chiuso Gezi Park e Piazza Taksim con tutti gli agenti di polizia che aveva a disposizione. Gli sontri sono continuati tutto il giorno. La rabbia è aumentata ad ogni bomba lacrimogena, ad ogni pomba sonora, ad ogni arresto. Hanno resistito alla violenza della polizia con determinazione. Quasi un milione di persone ha riempito Taksim senza fare un passo indietro. Per dire che eravamo là contro l’ostentata e sprezzante indifferenza dello stato.

Nel mattino del secondo giorno, la violenza della polizia è stata più intensa che mai ed abbiamo avuto notizia di morti e feriti tra i manifestanti. Lo stato ha terrorizzato senza preoccuparsi di legittimazione, né di diritti umani, né di democrazia. In due giorni di rivolta, lo stato ha gettato via ogni maschera di ideali e valori dietro la quale si stava nascondendo. Lo stato ha mostrato il suo vero volto al suo popolo. Il monopolio della violenza ha terrorizzato non solo in Istanbul, ma in ogni luogo in cui si sono svolte azioni di solidarietà con Istanbul. Le notizie di morti, feriti e arrestati sono aumentate.

Per quaranta ore… Dopo circa quaranta ore di scontri i manifestanti hanno preso Piazza Taksim da Via Istiklal. I poliziotti sono scappati con tutti i mezzi blindati. Quaranta ore sono diventate quarant’anni, la piazza per noi è diventata il mondo. È stata la libertà della rivolta. Il nostro dolore erano gli amici che erano feriti e che avevano perso la propria vita.

Gezi Park, poi Gümüşsuyu, poi Beşiktaş, e poi Sakarya, Kocaeli, Ankara, İzmir, Adana, Dersim…

In questa rivolta che sta ancora continuando, il motivo più importante che ha permesso di mantenere la spontaneità è stata la condivisione e la rivolta. Lavoratori della sanità hanno formato volontariamente centri sanitari civili per i manifestanti che erano stati colpiti dalla violenza della polizia. Organizzazioni come associazioni di legali, BAR (ordine avvocati), Associazione per i Diritti Umani, hanno sostenuto i manifestanti in stato di fermo o in condizioni simili. Organismi come l’Associazione della Camera degli Ingegneri Meccanici Turchi hanno trasformato le proprie sedi in ospedali. La gente ha aperto le proprie case e posti di lavoro, ha dato sostegno con cibo e bevande. Ciascuno ha condiviso con gli altri informazioni sui social media, la gente ha creato i propri mezzi di comunicazione, nonostante il silenzio dei media ufficiali. Ogni luogo e ogni persona sono diventati la rivolta contro il terrorismo di stato e la violenza della polizia. La solidarietà e il mutuo appoggio hanno funzionato quando lo stato ha abbandonato le persone, e tuttora continuano a funzionare.

Cosa aspettarsi dalla Rivolta

I media che sono diventati “muti” all’inizio della rivolta, ora cercano di dare una spiegazione alla rivolta. Certo, la spiegazione che vuole il loro padrone. Dicono che è individualista, avventata, post-moderna, urbana, laica. Hanno affermato che la gente ha inondato le strade con questi concetti. La hanno collegata alla Rivoluzione di Velluto di Praga, stanno cercando di togliere ogni valore a una rivolta contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista.

I settori che sono danneggiati dal partito al potere e dal suo governo a causa di interessi politici ed economici diversi e contrastanti (molti dei quali appartenenti a classi alte e medio-alte) hanno iniziato a scendere in strada nei giorni successivi. Questi settori che erano sostenitori dei precedenti governi hanno enfatizzato il carattere antigovernativo della protesta anziché quello contro il terrore di stato e la violenza della polizia. Bisogna fare attenzione ad evitare che forti rivendicazioni riformiste da parte di questo settore possano bloccare questa nuova lotta degli oppressi contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista. Questi settori possono provare a manipolare la lotta indirizzandola verso i propri interessi economici e politici.

I partiti di opposizione possono cercare di uscire dalla scena portando a casa dei risultati, come in tutte le “primavere”. Il loro appello a stare lontani dai gruppi “marginali” mentre stanno valutando la rivolta, è la prova più chiara che stanno parlando il linguaggio del potere. Come nelle rivolte in altri paesi, questi partiti che cercano di conquistare il potere usando la rivolta, cercheranno di fermare la gente che è insorta spontaneamente, senza leader e senza partiti.

Dal momento che questi settori non sono gli organizzatori del movimento, essi non possono imporre i propri caratteri socio-economici alla gente. Quindi non possono dirigere le azioni. D’altra parte i loro continui interventi contro i “gruppi marginali” sono rivolti contro coloro che li disturbano ma che sono anche i veri motori della rivolta.

Inoltre, essi sono coscientemente ciechi al fatto che altri oppressi da diversi settori stanno resistendo non solo in centri come Taksim e Beşiktaş ma anche in zone circostanti. Sì, la rivolta ha un’ideologia, ma non è un’ideologia che i media, i partiti di opposizione ed i vari gruppi di pressione economica possano provare ad egemonizzare o a depoliticizzare. Questa ideologia della rivolta è la coscienza dell’individuo che percepisce il crescente terrore di stato e l’azione dell’individuo per lottare contro di esso.

Questa rivolta è iniziata contro il terrore di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista come abbiamo specificato sin dall’inizio. Noi auspichiamo che questa cresca con scioperi generali e porti nelle strade la maggior parte degli oppressi, è con questa speranza che noi stiamo alimentando la rivolta. Andando avanti potrebbero realizzarsi alcune nostre riserve nei confronti della rivolta, questa potrebbe ridursi ad una lotta per il potere tra partiti opposti. Ma non siamo oracoli. I rivoluzionari non fanno predizioni senza speranza, seduti nell’angolo. Noi sappiamo bene che rivolte come queste sono momenti di mobilitazione sulla strada della rivoluzione sociale. La nostra lotta anarchica continuerà ad abbracciare la rivolta con tutta la passione possibile.

http://meydangazetesi.org/gundem/2013/06/bu-daha-baslangic-mucadeleye-devam/

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La nostra rabbia sta crescendo, come la nostra lotta!

Istanbul. Da questa mattina la polizia sta attaccando duramente Piazza Taksim e Gezi Park. Molte persone sono accorse alle 13 in piazza nonostante i divieti ed i controlli di polizia per la manifestazione convocata dalla piattaforma unitaria “Taksim Solidarietà”. La polizia era in un primo momento riuscita ad entrare a Gezi Park ma era stata respinta dai manifestanti. Adesso continuano tensioni e scontri, con la polizia che cerca di sgomberare i manifestanti senza riuscire a piegare la resistenza.

 

La nostra rabbia sta crescendo, come la nostra lotta!

L’occupazione di Piazza Taksim e Gezi Park è stata attaccata dalla polizia questa mattina. Dopo la riunione di ieri del Consiglio dei Ministri, la polizia ha raggiunto nel la piazza nel primo mattino, alle sette. Mentre lanciava lacrimogeni, la polizia annunciava di non voler attaccare il parco. Centinaia di poliziotti sono entrati in Piazza Taksim dichiarando che non avrebbero attaccato il parco e dicendo che sarebbero solo stati rimossi gli striscioni. Mentre i cartelli e gli striscioni sul Centro Culturale Ataturk venivano rimossi, un altro gruppo di poliziotti voleva rimuovere le tende dalla piazza. La gente voleva fermare la polizia e la polizia ha attaccato la gente con i lacrimogeni.

 

Mentre l’attacco della polizia procede molte persone hanno iniziato ad arrivare in piazza contro questo attacco facista. Per impedire che affluissero altre persone, la polizia ha lanciato lacrimogeni nella stazione della metro e ora la stazione metro di Taksim è chiusa.

La polizia sta usando lacrimogeni pesanti, bombe sonore e proiettili di gomma, mentre spara potenti getti d’acqua con gli idranti. Un gruppo di resistenti ha fatto una catena umana, di persone in piedi mano nella mano, la polizia li ha bersagliati da breve distanza con candelotti lacrimogeni. Molte persone sono state ferite con i candelotti, ma dopo l’effetto dei lacrimogeni, molte persone sono tornate per fare una nuova catena umana.

Nonostante la polizia avesse annunciato che non ci sarebbe stato alcun intervento contro il parco, hanno sparato una grande quantità di lacrimogeni proprio nel parco, anche sull’infermeria del parco, tanto che è stato necessario trasportare i feriti fuori dalla zona.

 

Molte persone sono state ferite dai candelotti lacrimogeni e dalle pallottole di gomma. Alp Altinörs, che è membro di “Iniziativa di Solidaretà Taksim” è stato ferito in fronte da un proiettile di gomma ed è stato trasportato in ospedale da un’ambulanza. La polizia quando spara mira alle persone.

D’altra parte la polizia ha iniziato a fare irruzione e a perquisire le sedi politiche e gli uffici dei partiti. La sede di un gruppo socialista è stato perquisito e molte persone sono state fermate con la forza. La polizia ha ammanettato e brutalmente picchiato i resistenti mentre li arrestava.

 

Nonostante il duro attacco, la gente in Piazza Taksim e Gezi Park sta ancora resistendo. Lo stato fascista, l’oppressione e il terrore di polizia non ci intimoriscono, la nostra lotta continua, la nostra rabbia sta crescendo come la nostra lotta.

 

Ovunque è Istanbul e ovunque è resistenza contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista.

Rivolta, Rivoluzione, Anarchia!

 

Azione Anarchica Rivoluzionaria

(DAF) Devrimci Anarşist Faaliyet

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Her yer Taksim Her yer Anarşi Ovunque è Taksim Ovunque è Anarchia

Comunicato diffuso dalla Commissione di Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

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Her yer Taksim Her yer Anarşi
Ovunque è Taksim Ovunque è Anarchia

Il 28 maggio scorso ad Istanbul un gruppo di manifestanti occupava il parco di Gezi nella centrale Piazza Taksim ad Istanbul. Un’azione di protesta si opponeva alla costruzione di un centro commerciale che vorrebbe distruggere un’importante area verde della città. Un progetto che si inserisce nel più ampio processo di sventramento di vecchie zone storiche e ristrutturazione urbana trasformandole in zone di edilizia di lusso e commerciali, espellendo i poveri verso le periferie.

Il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito di governo,l’AKP. Il 30 maggio la polizia interveniva sgomberando brutalmente il presidio, sparando gas lacrimogeni ed idranti ad alta pressione, incendiando le tende degli occupanti distruggendo gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti. Il terrorismo di Stato innesca la rivolta. Nonostante la repressione violenta della polizia, sempre più persone si univano ai manifestanti che resistevano nella piazza. Dopo giorni di scontri ininterrotti, nei quali la polizia ha usato mezzi sempre più duri e violenti, alle 16 del primo giugno, i blindati iniziavano a ritirarsi da Piazza Taksim, i cordoni dell’antisommossa arretravano e abbandonavano la piazza. La resistenza di oltre un milione di manifestanti, la solidarietà praticata nelle strade, ha costretto la polizia ad indietreggiare. La piazza è ancora presidiata dai manifestanti, in altri quartieri di Istanbul e in decine e decine di altre città continuano gli scontri e le proteste. Ormai si tratta di un’estesa rivolta contro un governo autoritario e conservatore del primo ministro Erdoğan, contro il terrorismo di stato, contro la devastazione capitalista.

La devastazione ambientale e sociale, la repressione a l’autoritarismo, le sempre più feroci condizioni di sfruttamento sul lavoro, l’oppressione religiosa imposta dal governo, l’attacco alla libertà delle donne, la propaganda nazionalista e l’interventismo di in Siria sono i fattori del malcontento che hanno fatto esplodere in Turchia una vera e propria rivolta di massa.

Gli anarchici partecipano al movimento in tutta la Turchia, sono presenti nella resistenza nelle strade e difendono i manifestanti. In questo momento la rivolta è ancora in atto e in decine di città continuano imponenti manifestazioni. La brutalità della polizia non si ferma. Non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili.

Per questo è importante promuovere ovunque iniziative di solidarietà internazionale, denunciare il terrorismo di Stato in Turchia, sostenere chi lotta per la libertà.

In Turchia, in Italia, in Spagna, in Grecia e in ogni parte del mondo, uniamoci nella lotta!

Sosteniamo i movimenti di protesta in Turchia contro la devastazione capitalista, il terrore di stato e l’oppressione religiosa.

Solidarietà!
Dayanışma!

Commissione Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

 


Her yer Taksim yer Her Anarşi
Everywhere is Taksim Everywhere is Anarchy

On May 28 in Istanbul, a group of protesters occupied the park Gezi in the central Taksim Square in Istanbul. A protest opposing the construction of a shopping center that would destroy an important green area of the city. A project that is part of the wider process of demolition of old historic areas and redevelopment areas, transforming them into luxury housing and commercial, expelling the poor to the suburbs. The cost of living and the crowd of the marginalized increase, they increase the profits of speculators linked to the ruling party, the AKP. On May 30, the police intervened brutally evicting the demonstrators, firing tear gas and water cannons high-pressure, setting fire to the tents of the occupants destroying the trees that they had planted in the park in previous days. State terrorism triggered the revolt. Despite the violent repression of the police, more and more people joined the protesters in the square who resisted. After days of uninterrupted fighting, in which the police used an harder and more violent repression, at 4 p.m of 1st June, the tanks began to withdraw from Taksim Square, the riot police cordons retreated and abandoned the square. The resistance of more than a million protesters and the solidarity practiced in the streets, forced the police to retreat. The square is still controlled by protesters, in other districts of Istanbul and in dozens of other cities continue clashes and protests. By now it is an mass revolt against the authoritarian and conservative government led by the Prime Minister Erdoğan A revolt against state terrorism and against the devastation of capitalism.

Environmental and social devastation, repression and authoritarianism, the increasingly fierce conditions of labor exploitation, religious oppression imposed by the government, the attack on the freedom of women, nationalist propaganda and interventionism in Syria, are factors of discontent in Turkey who blew up a real mass uprising.

The anarchists are involved in the movement throughout Turkey, they are present in the resistance in the streets and they are defending the demonstrators.

At this time the revolt is still in place and in dozens of cities massive demonstrations are still going on. Police brutality does not stop. It is not yet clear what is the number of the dead. A young man was killed in Ankara by a gunshot to the head at point-blank shot by the police, other three victims have been confirmed. Those arrested and wounded are now incalculable.

For this reason it is important to promote international solidarity everywhere, denounce state terrorism in Turkey, support those who fight for freedom.

In Turkey, Italy, Spain, Greece, and in every part of the world, unite in the fight!

We support the protest movements in Turkey against the capitalist devastation, the terror of the State and religious oppression.

Solidarity!
Dayanışma!

International Relations Commission of the Italian Anarchist Federation (I.F.A.)

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Solidarietà a chi lotta in Turchia. Foto dal presidio e testo del volantino distribuito

alcune foto del presidio di oggi e testo del volantino distribuito

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SOLIDARIETA’ DAYANIŞMA SOLIDARITY

CON CHI LOTTA IN TURCHIA

Giovedì 30 maggio a Istanbul la polizia turca si presenta con i bulldozer a Gezi Park, l’ultimo parco dell’area di Piazza Taksim, da giorni occupato pacificamente dal movimento che si oppone alla distruzione dell’ultimo spazio verde della zona. Al posto del parco e dei suoi 600 alberi, il governo vuole costruire un enorme centro commerciale, un progetto che si inserisce nel più ampio processo di gentrificazione urbana della città, in corso già da anni, con interi quartieri distrutti per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso. Il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito
di governo, l’AKP.
Il parco viene sgomberato dalla polizia con brutalità. Oltre ai lacrimogeni e alle violenze sui manifestanti, la polizia incendia le tende degli occupanti e distrugge gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti.
Questa volta la violenza della polizia ha incontrato però una reazione determinata e di massa.
Centinaia di migliaia di persone si sono unite ai manifestanti per resistere alla brutalità con cui il governo turco reprime l’opposizione sociale. Dopo giorni di scontri la polizia, di fronte alla resistenza di un milione di manifestanti, si è dovuta ritirare da Gezi Park e dall’intera zona di Piazza Taksim.
Il movimento non si è fermato. Il terrore repressivo del governo guidato dal partito islamico conservatore AKP del primo ministro Erdoğan è stata la scintilla che ha acceso la rivolta in tutta la Turchia, con scioperi e manifestazioni che la polizia continua a reprimere con estrema violenza.
Non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili.
La devastazione ambientale e sociale, la repressione a l’autoritarismo, le sempre più feroci condizioni di sfruttamento sul lavoro, l’oppressione religiosa imposta dal governo, l’attacco alla libertà delle donne, la propaganda nazionalista e la guerra in Siria, sono i fattori del malcontento che hanno fatto esplodere in Turchia una vera e propria rivolta di massa.
Nonostante le menzogne della stampa turca ed internazionale, i metodi fascisti del governo ed i tentativi di strumentalizzazione da parte dei partiti di opposizione complici delle politiche di sfruttamento, la protesta in Turchia non si sta spegnendo.
Nostra patria è il mondo intero!
La lotta che oggi in Turchia è portata avanti da donne e uomini, lavoratori e studenti, curdi e rivoluzionari, è la nostra lotta.
Appoggiamo chi lotta in Turchia contro la devastazione capitalista, contro il terrore di Stato e contro l’oppressione religiosa.
Federazione Anarchica Livornese, Collettivo Anarchico Libertario, Sinistra Critica, Partito
Comunista dei Lavoratori

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