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Her yer Taksim Her yer Anarşi Ovunque è Taksim Ovunque è Anarchia

Comunicato diffuso dalla Commissione di Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

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Her yer Taksim Her yer Anarşi
Ovunque è Taksim Ovunque è Anarchia

Il 28 maggio scorso ad Istanbul un gruppo di manifestanti occupava il parco di Gezi nella centrale Piazza Taksim ad Istanbul. Un’azione di protesta si opponeva alla costruzione di un centro commerciale che vorrebbe distruggere un’importante area verde della città. Un progetto che si inserisce nel più ampio processo di sventramento di vecchie zone storiche e ristrutturazione urbana trasformandole in zone di edilizia di lusso e commerciali, espellendo i poveri verso le periferie.

Il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito di governo,l’AKP. Il 30 maggio la polizia interveniva sgomberando brutalmente il presidio, sparando gas lacrimogeni ed idranti ad alta pressione, incendiando le tende degli occupanti distruggendo gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti. Il terrorismo di Stato innesca la rivolta. Nonostante la repressione violenta della polizia, sempre più persone si univano ai manifestanti che resistevano nella piazza. Dopo giorni di scontri ininterrotti, nei quali la polizia ha usato mezzi sempre più duri e violenti, alle 16 del primo giugno, i blindati iniziavano a ritirarsi da Piazza Taksim, i cordoni dell’antisommossa arretravano e abbandonavano la piazza. La resistenza di oltre un milione di manifestanti, la solidarietà praticata nelle strade, ha costretto la polizia ad indietreggiare. La piazza è ancora presidiata dai manifestanti, in altri quartieri di Istanbul e in decine e decine di altre città continuano gli scontri e le proteste. Ormai si tratta di un’estesa rivolta contro un governo autoritario e conservatore del primo ministro Erdoğan, contro il terrorismo di stato, contro la devastazione capitalista.

La devastazione ambientale e sociale, la repressione a l’autoritarismo, le sempre più feroci condizioni di sfruttamento sul lavoro, l’oppressione religiosa imposta dal governo, l’attacco alla libertà delle donne, la propaganda nazionalista e l’interventismo di in Siria sono i fattori del malcontento che hanno fatto esplodere in Turchia una vera e propria rivolta di massa.

Gli anarchici partecipano al movimento in tutta la Turchia, sono presenti nella resistenza nelle strade e difendono i manifestanti. In questo momento la rivolta è ancora in atto e in decine di città continuano imponenti manifestazioni. La brutalità della polizia non si ferma. Non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili.

Per questo è importante promuovere ovunque iniziative di solidarietà internazionale, denunciare il terrorismo di Stato in Turchia, sostenere chi lotta per la libertà.

In Turchia, in Italia, in Spagna, in Grecia e in ogni parte del mondo, uniamoci nella lotta!

Sosteniamo i movimenti di protesta in Turchia contro la devastazione capitalista, il terrore di stato e l’oppressione religiosa.

Solidarietà!
Dayanışma!

Commissione Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

 


Her yer Taksim yer Her Anarşi
Everywhere is Taksim Everywhere is Anarchy

On May 28 in Istanbul, a group of protesters occupied the park Gezi in the central Taksim Square in Istanbul. A protest opposing the construction of a shopping center that would destroy an important green area of the city. A project that is part of the wider process of demolition of old historic areas and redevelopment areas, transforming them into luxury housing and commercial, expelling the poor to the suburbs. The cost of living and the crowd of the marginalized increase, they increase the profits of speculators linked to the ruling party, the AKP. On May 30, the police intervened brutally evicting the demonstrators, firing tear gas and water cannons high-pressure, setting fire to the tents of the occupants destroying the trees that they had planted in the park in previous days. State terrorism triggered the revolt. Despite the violent repression of the police, more and more people joined the protesters in the square who resisted. After days of uninterrupted fighting, in which the police used an harder and more violent repression, at 4 p.m of 1st June, the tanks began to withdraw from Taksim Square, the riot police cordons retreated and abandoned the square. The resistance of more than a million protesters and the solidarity practiced in the streets, forced the police to retreat. The square is still controlled by protesters, in other districts of Istanbul and in dozens of other cities continue clashes and protests. By now it is an mass revolt against the authoritarian and conservative government led by the Prime Minister Erdoğan A revolt against state terrorism and against the devastation of capitalism.

Environmental and social devastation, repression and authoritarianism, the increasingly fierce conditions of labor exploitation, religious oppression imposed by the government, the attack on the freedom of women, nationalist propaganda and interventionism in Syria, are factors of discontent in Turkey who blew up a real mass uprising.

The anarchists are involved in the movement throughout Turkey, they are present in the resistance in the streets and they are defending the demonstrators.

At this time the revolt is still in place and in dozens of cities massive demonstrations are still going on. Police brutality does not stop. It is not yet clear what is the number of the dead. A young man was killed in Ankara by a gunshot to the head at point-blank shot by the police, other three victims have been confirmed. Those arrested and wounded are now incalculable.

For this reason it is important to promote international solidarity everywhere, denounce state terrorism in Turkey, support those who fight for freedom.

In Turkey, Italy, Spain, Greece, and in every part of the world, unite in the fight!

We support the protest movements in Turkey against the capitalist devastation, the terror of the State and religious oppression.

Solidarity!
Dayanışma!

International Relations Commission of the Italian Anarchist Federation (I.F.A.)

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Solidarietà a chi lotta in Turchia. Foto dal presidio e testo del volantino distribuito

alcune foto del presidio di oggi e testo del volantino distribuito

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SOLIDARIETA’ DAYANIŞMA SOLIDARITY

CON CHI LOTTA IN TURCHIA

Giovedì 30 maggio a Istanbul la polizia turca si presenta con i bulldozer a Gezi Park, l’ultimo parco dell’area di Piazza Taksim, da giorni occupato pacificamente dal movimento che si oppone alla distruzione dell’ultimo spazio verde della zona. Al posto del parco e dei suoi 600 alberi, il governo vuole costruire un enorme centro commerciale, un progetto che si inserisce nel più ampio processo di gentrificazione urbana della città, in corso già da anni, con interi quartieri distrutti per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso. Il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito
di governo, l’AKP.
Il parco viene sgomberato dalla polizia con brutalità. Oltre ai lacrimogeni e alle violenze sui manifestanti, la polizia incendia le tende degli occupanti e distrugge gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti.
Questa volta la violenza della polizia ha incontrato però una reazione determinata e di massa.
Centinaia di migliaia di persone si sono unite ai manifestanti per resistere alla brutalità con cui il governo turco reprime l’opposizione sociale. Dopo giorni di scontri la polizia, di fronte alla resistenza di un milione di manifestanti, si è dovuta ritirare da Gezi Park e dall’intera zona di Piazza Taksim.
Il movimento non si è fermato. Il terrore repressivo del governo guidato dal partito islamico conservatore AKP del primo ministro Erdoğan è stata la scintilla che ha acceso la rivolta in tutta la Turchia, con scioperi e manifestazioni che la polizia continua a reprimere con estrema violenza.
Non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili.
La devastazione ambientale e sociale, la repressione a l’autoritarismo, le sempre più feroci condizioni di sfruttamento sul lavoro, l’oppressione religiosa imposta dal governo, l’attacco alla libertà delle donne, la propaganda nazionalista e la guerra in Siria, sono i fattori del malcontento che hanno fatto esplodere in Turchia una vera e propria rivolta di massa.
Nonostante le menzogne della stampa turca ed internazionale, i metodi fascisti del governo ed i tentativi di strumentalizzazione da parte dei partiti di opposizione complici delle politiche di sfruttamento, la protesta in Turchia non si sta spegnendo.
Nostra patria è il mondo intero!
La lotta che oggi in Turchia è portata avanti da donne e uomini, lavoratori e studenti, curdi e rivoluzionari, è la nostra lotta.
Appoggiamo chi lotta in Turchia contro la devastazione capitalista, contro il terrore di Stato e contro l’oppressione religiosa.
Federazione Anarchica Livornese, Collettivo Anarchico Libertario, Sinistra Critica, Partito
Comunista dei Lavoratori

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Presidio di solidarietà con chi lotta in Turchia

Solidarietà con chi lotta in Turchia!

Mercoledì 05/06 a Livorno

Presidio in Piazza Grande (angolo Via Pieroni)

ore 17:30

 
ponte
Le brutalità della polizia turca che ha sgomberato ad Istanbul il 30 maggio un presidio pacifico a Gezi Park, nella centrale Piazza Taksim, ha scatenato un’ondata di proteste in tutta la Turchia.
 
La protesta contro la repressione governativa e la resistenza di strada si sono presto trasformate in una più vasta rivolta di massa contro il terrorismo di Stato, le politiche del governo, lo sfruttamento e la devastazione capitalista.

La lotta che oggi in Turchia è portata avanti da donne e uomini, lavoratori e studenti, curdi e rivoluzionari, è la nostra lotta. Appoggiamo chi lotta in Turchia contro la devastazione capitalista, contro il terrore di Stato e contro l’oppressione religiosa.

Federazione Anarchica Livornese, Collettivo Anarchico Libertario, Sinistra Critica, Partito Comunista dei Lavoratori

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“Amianto. Una storia operaia” presentazione del libro con l’autore Alberto Prunetti + cena sociale e canti popolari

Medicina Democratica sez. Livorno e Val di Cecina

Circolo Culturale Errico Malatesta

organizzano:

presentazione del libro:
“AMIANTO. UNA STORIA OPERAIA”

di (e con) Alberto Prunetti

Venerdì 7 GIUGNO ORE 18,15

presso Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33,  Livorno

A seguire Cena Sociale e canti popolari con Maria Torrigiani e Marco del Giudice

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Turchia – Le radici della rivolta

Pubblichiamo in anteprima l’articolo “Le radici della rivolta” sull’insurrezione popolare che in questi giorni sta avvenendo ad Istanbul, Ankara e altre città turche. L’articolo comparirà anche sul numero 20 di Umanità Nova, disponibile ad abbonati e distributori da giovedì 6 giugno.
istanbul

Turchia – Le radici della rivolta

 

Il 30 maggio la polizia turca si presenta con i bulldozer a Gezi Park, l’ultimo parco dell’area di Piazza Taksim, da giorni occupato pacificamente dal movimento che si oppone alla distruzione dell’ultimo spazio verde della zona.

Il parco viene sgomberato dalla polizia con brutalità. Oltre ai lacrimogeni e alle violenze sui manifestanti, la polizia incendia le tende degli occupanti e distrugge gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti.

L’occupazione di Gezi Park era cominciata il 28 maggio. Il parco si trova nella centrale Piazza Taksim, sulla sponda europea della città, una zona estremamente turistica ma anche un luogo simbolo di resistenza e di lotta per i lavoratori e per i rivoluzionari. La piazza in cui il Primo Maggio del 1977 furono uccisi 34 manifestanti. La piazza attorno alla quale anche quest’anno la polizia ha massacrato a forza di botte, lacrimogeni e idranti la folla scesa in piazza, nonostante i divieti, per la giornata internazionale dei lavoratori.

Questa volta la violenza della polizia ha incontrato però una reazione determinata e di massa.

Nonostante i continui attacchi della polizia, sempre più persone si sono unite alla resistenza di piazza. Dopo giorni di scontri ininterrotti, nei quali la polizia ha usato mezzi sempre più duri e violenti, alle 16 del primo giugno, i blindati iniziano a ritirarsi da Piazza Taksim, i cordoni dell’antisommossa arretrano e abbandonano la piazza. La resistenza di oltre un milione di manifestanti, la solidarietà praticata nelle strade, ha alla fine costretto il governo a fare almeno un passo indietro. In piazza ci sono tutti: donne e uomini, ecologisti, abitanti della zona, lavoratori, curdi, socialisti, anarchici, verdi, sindacati, repubblicani, ultras, attivisti delle ong. La rivolta non si ferma con la ritirata della polizia da Piazza Taksim, i manifestanti restano a presidiare la piazza, le barricate restano in piedi. In decine e decine di altre città continuano gli scontri e le proteste, a Ankarea e Izmir la polizia interviene con estrema violenza. Ormai si tratta di un’estesa rivolta contro un governo autoritario e conservatore, contro il terrorismo di stato, contro la devastazione capitalista.

 

Tutto questo per qualche albero?

Nessuno ha il diritto di aumentare le tensioni in Turchia usando come scusa alcuni alberi tagliati

Questo ha dichiarato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan. Per quanto i media ufficiali, in Turchia come a livello internazionale, abbiano cercato soprattutto nei primi giorni di parlare solo di Gezi Park e della difesa degli alberi, le radici profonde di questo movimento di lotta sono ormai evidenti a tutti quelli che le vogliono vedere.

Già lo stesso movimento in difesa di Gezi Park non mira alla semplice salvaguardia del verde pubblico, ma si oppone all’intero processo di gentrificazione urbana in atto nella zona di Taksim. Detto in parole semplici, con gentrificazione si intende la trasformazione di aree urbane povere in aree ricche. Questo processo si traduce da una parte in abbattimento e cementificazione selvaggia, dall’altra in esclusione dei più poveri da tali aree, con conseguente abbassamento del livello di vita per le classi popolari. Nelle aree centrali di Istanbul questo processo è in corso già da anni. Interi quartieri vengono distrutti per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso, il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito di governo, l’AKP. Al posto del Gezi Park, Erdoğan vorrebbe far costruire un imponente centro commerciale, una moschea e un rifacimento delle caserme ottomane che si trovavano nella piazza prima della costruzione del parco.

Un progetto che sintetizza i cardini ideologici della sua politica: capitalismo sfrenato, conservatorismo religioso, nazionalismo in salsa neo-ottomana.

Riportare la Turchia ai fasti imperiali del periodo ottomano è uno dei ritornelli della retorica del governo turco. Per questo sono pronti già altri favolosi progetti: l’aeroporto più grande del mondo, la moschea con i minareti più alti del mondo, ed un nuovo canale parallelo al Bosforo.

Contro questi progetti di vera e propria devastazione sociale ed ambientale si sono sviluppati movimenti popolari. In particolare nella regione del Mar Nero si sono tenute negli ultimi anni numerose manifestazioni contro discariche, centrali nucleari, fabbriche inquinanti, autostrade e dighe.

La rabbia esplosa nelle piazze affonda le sue radici anche nel sempre più selvaggio sfruttamento imposto alla classe lavoratrice in Turchia. Milioni di persone nel paese lavorano in condizioni quasi servili, con salari bassissimi ed altissimi tassi di incidenti e morti sul posto di lavoro. Queste condizioni sono ancora più drammatiche negli appalti e nelle esternalizzazioni. A questo si accompagna una organizzazione fortemente gerarchica del lavoro e la repressione dei lavoratori che si organizzano autonomamente, nei sindacati rivoluzionari e di classe.

Un altro elemento determinante nell’esplosione delle rivolte è costituito dalle politiche islamiste conservatrici imposte dal governo. Quelle che giornali come “Repubblica” hanno liquidato come “proteste della birra” o, più romanticamente, “dei baci”, sono in realtà una reazione compatta della società turca al barbaro attacco alle libertà personali. Non si tratta di difendere uno stile di vita occidentale o di rivendicare il laicismo militare di Ataturk. Chi scende in piazza ha capito che il governo vuole completare il proprio sistema di dominio legalizzando ed istituzionalizzando una repressione religiosa che punta ad eliminare ogni libertà individuale. Le politiche di Erdoğan comprendono divieti sugli alcolici, divieti sulle relazioni pre-matrimoniali, ma soprattutto un attacco alle donne. Il governo vorrebbe infatti intervenire contro aborto e contraccezione, inoltre sta cercando di limitare le libertà di scelta della donna su un piano più generale, imponendole il lavoro domestico secondo un modello di sottomissione patriarcale.

Infine un ulteriore fattore di forte malcontento è dovuto alla politica interventista del governo turco nei confronti della Siria. Le mire imperiali del nazionalismo neo-ottomano varato da Erdoğan hanno portato la Turchia ad impegnarsi a livello internazionale e a intraprendere una guerra sporca contro un paese vicino. Una guerra che si sta estendendo anche in Turchia con già molti morti per bombe ed uccisioni: l’11 maggio a Reyhanlı-Hatay 52 persone sono rimaste uccise e 140 ferite dall’esplosione d due auto piene di esplosivo.

 

Il terrorismo di Stato innesca la rivolta.

Le brutalità di questi giorni perpetrate dalla polizia sono forse per molti di noi inimmaginabili.

La potenza degli idranti, i lacrimogeni CS lanciati fino ad esaurimento scorte, gli altri gas tossici ancora peggiori come il gas arancione. Le cariche dei blindati, che i turchi non a caso chiamano “panzer”. Le pallottole di gomma, le bombe lacrimogene sparate in testa ai manifestanti, i proiettili veri sparati dalla polizia e che hanno fatto almeno un morto. Le botte e le torture nei confronti degli arrestati, molti dei quali bisognosi di cure. Uno scenario terrificante che in buona parte era già andato in scena quasi un mese prima, durante le manifestazioni del Primo Maggio ad Istanbul, vietate dalle autorità. Un copione quasi quotidiano in Kurdistan, dove al di là della guerra con il PKK, lo Stato turco usa il pugno di ferro anche contro le normali manifestazioni dei curdi nelle città. Perché è così che lo Stato turco gestisce ogni tipo di dissenso, è una linea comune che unisce i governi repubblicani laici, le dittature militari e il governo islamico dell’AKP. Una linea fortemente autoritaria e repressiva che negli ultimi mesi in Turchia era andata ad inasprirsi ulteriormente e a farsi sempre più invasiva allo scopo di applicare senza esitazioni le politiche del governo. Forse è proprio per questo che l’ennesima violenza brutale della polizia contro una protesta pacifica nella simbolica Piazza Taksim ha scatenato una reazione tanto determinata e compatta in tutta la Turchia.

Alla brutalità della polizia ha risposto la solidarietà concreta nella rivolta sulle strade e sulle barricate. Case, Università, piccoli negozi hanno aperto le porte ai manifestanti. Medici e infermieri volontari hanno improvvisato ospedali negli edifici disponibili. Milioni di persone si sono unite alla resistenza contro il terrorismo di Stato. Al momento in cui scriviamo (sera del 03/06/13), non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili. Non sappiamo come continueranno le proteste, ma soprattutto non sappiamo ancora quali possano essere i possibili scenari. Dopo questi giorni che sanciscono una prima sconfitta politica del governo AKP e del primo ministro, sono ancora da chiarire molti aspetti.

Primo fra tutti il ruolo dell’esercito, che ha sempre dominato la scena politica turca e che è stato non di rado protagonista di colpi di stato che con la scusa della difesa dell’integrità della nazione e della laicità dello Stato, sono serviti soprattutto ad eliminare l’opposizione di sinistra e rivoluzionaria. L’esercito infatti pur essendo stato “purgato” negli ultimi anni degli elementi golpisti o comunque invisi al governo, resta sempre un potente fattore in campo, con poteri di sorveglianza politica sul governo dati dalla stessa costituzione, anche se molto ridotti dal governo. Per ora sembra essere rimasto in disparte, anche se alcune testimonianze parlano di un atteggiamento benevolo dei militari nei confronti dei manifestanti. Certo la situazione militare della Turchia è attualmente molto complessa. Alla guerra in Siria si aggiunge l’incertezza della “tregua” con il PKK, proprio il 3 di giugno c’è stata, infatti, una sparatoria tra militari turchi e guerriglieri curdi.

 

Gli anarchici partecipano al movimento in tutta la Turchia, sono presenti nella resistenza nelle strade e difendono i manifestanti. Il gruppo di Istanbul Azione Anarchica Rivoluzionaria (Devrimci Anarşist Faaliyet) fa appello a organizzare iniziative di solidarietà internazionale, a sostenere la lotta contro il terrore di Stato e la devastazione capitalista.

 

In ogni caso qualunque siano gli sviluppi della situazione una cosa è certa. In questi giorni milioni di persone in Turchia hanno dimostrato un enorme coraggio e forse stavolta non sarà facile terrorizzare i lavoratori con le stragi o eliminare l’opposizione sociale con la legge marziale e il coprifuoco. Il ministro degli esteri Turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato che le “Manifestazioni nuocciono all’immagine del Paese”. Se c’è una certezza che emerge da questi giorni di lutti e di rivolta è l’esempio che da Piazza Taksim si rivolge a tutto il mondo. 40 ore di battaglia nelle strade, 40 ore di solidarietà che hanno legato centinaia di migliaia di persone nel centro di Istanbul. 40 ore che hanno riscattato 40 anni di violenze, stragi, esecuzioni, incarcerazioni, esili. 40 anni di terrore di Stato. Per la prima volta dopo il Primo Maggio del 1977 si è rientrati a Taksim a testa alta.

 

Dario Antonelli

 

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Rivolta di massa in Turchia contro il terrorismo di Stato

riceviamo e pubblichiamo questo testo dalla Turchia.

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Rivolta di massa in Turchia contro il terrorismo di Stato

 

Dopo due giorni di protesta contro la gentrificazione urbana di Gezi Park (il più grande parco di Piazza Taksim, dove le aree verdi vengono continuamente distrutte), la gente ne ha avuto abbastanza della brutalità e della violenza della polizia.

 

Nel silenzio dei media, l’aumento degli attacchi del governo alle libertà individuali e le mire imperiali dello stato che cerca di trarre vantaggio dalla situazione in siria, hanno trasformato il recente conflitto in rivolta.

 

Gli scontri continuano durante tutto il giorno e la notte del 31 maggio. Almeno sette civili sono stati uccisi dagli attacchi della polizia, centinaia sono stati feriti, centinaia sono in stato di fermo di polizia e vengono picchiati e talvolta torturati dalla polizia.

 

Tutti i templi del capitalismo hanno dovuto chiudere a Taksim. C’è grande solidarietà nelle strade. Molti piccoli negozi, case e università hanno aperto le porte ai manifestanti. La Camera Turca degli Architetti e l’Ufficio Turco degli Ingegneri si sono trasformati in ospedale con medici e infermieri volontari che soccorrono e curano i manifestanti feriti.

 

In numerose zone di Istanbul le stazioni della polizia sono state assaltate. Gruppi fascisti sono stati attaccati dagli anarchici. Gli abitanti della sponda asiatica della città che volevano unirsi alla rivolta sono stati bloccati dalla polizia, ma dopo mezzanotte hanno camminato sull’autostrada, hanno attraversato a piedi il ponte sul Bosforo e lo hanno fatto.

 

Il primo ministro ha accusato i social network di diffondere notizie sulle uccisioni perpetrate dalla polizia allo scopo di innalzare la tensione, ed ha ironicamente chiamato fascisti coloro che condividono queste informazioni.

 

Le proteste si sono diffuse in tutta la Turchia. La gente è in strada ad Ankara, Izmir, Eskisehir, Isparta e in molte altre città.

 

Queste proteste non sono solo per Gezi Park come i media controllati dallo stato continuano a dire. Gli scontri sono ora espressione della rivolta di centinaia di migliaia di persone che protestano contro l’oppressione e la violenza dello Stato.

 

Noi come anarchici rivoluzionari siamo e saremo nelle strade, contro la violenza della polizia e il terrorismo di Stato.

 

Ci aspettiamo azioni di solidarietà da tutti gli anarchici e gli antiautoritari nel mondo.

 

Ovunque è Istanbul e ovunque è resistenza contro il terrorismo di Stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista.

 

Azione Anarchica Rivoluzionaria

(Devrimci Anarşist Faaliyet)


01/06/13

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Il sangue politico, storia di cinque anarchici e di un dossier scomparso

SABATO 18 MAGGIO – ORE 18
La Federazione Anarchica Livornese organizza
la presentazione del libro “Il Sangue Politico”
presso la libreria Belforte, Via della madonna 31.
Sarà presente l’autrice, Nicoletta Orlandi Posti.

 

ilsanguepol

Questa è la storia di Gianni Aricò, di Angelo Casile, di Annelise
Borth, di Franco Scordo e di Luigi Lo Celso che trovarono la
morte a soli vent’anni in uno strano incidente stradale
sull’autostrada del Sole, nei pressi di Ferentino, la notte tra il
26 e il 27 settembre 1970. Erano partiti dalla Calabria per
portare a Roma, ai compagni della Federazione Anarchica
Italiana, un dossier di contro-informazione misteriosamente
scomparso dal luogo dell’incidente. La loro vicenda e il dossier
che avevano messo insieme si intreccia con alcune delle pagine
più oscure e insanguinate della storia italiana collegate da un
inquietante filo nero che parte da piazza Fontana, passa per i
moti di Reggio, la strage di Gioia Tauro, il golpe Borghese. E
ancora il caso Marini, l’omicidio De Mauro, la tragica fine di
Mastrogiovanni. Questa è la storia di cinque anarchici che
avevano scoperto cose che “avrebbero fatto tremare l’Italia”.
Questa è la storia di cinque ragazzi che capirono prima di altri
che l’Italia, un Paese che aveva sconfitto sul campo il fascismo,
non lo aveva però estirpato, consentendo a beceri individui
assetati di potere e di sangue di farlo rinvigorire e crescere
fino ai giorni nostri dove convivono vecchie e nuove dittature
con la loro carica di violenza e disumanità. Li hanno fermati.

Prefazione di Erri De Luca
Ed. Editori Riuniti

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Volantino in solidarietà con lo sciopero della sanità in Lombardia

Volantino distribuito oggi davanti all’ospedale di Livorno.

I lavoratori della sanità e dell’assistenza alla persona

della Lombardia scendono in sciopero l’8 maggio.

Le organizzazioni sindacali che hanno indetto lo sciopero puntano a generalizzare la lotta che si è sviluppata a partire dall’opposizione ai licenziamenti all’Ospedale San Raffaele di Milano e chiedono un contratto unico della sanità per tutti i lavoratori di strutture pubbliche o private, della sanità e dell’assistenza alla persona.

 

A questo si accompagna la denuncia dello smantellamento della sanità pubblica e privata, in accordo con la politica finanziaria del governo.

Il vecchio governo ha deciso un taglio alla spesa sanitaria, fino al 2015, pari a 6,8 miliardi di euro. Spese che, in rapporto al PIL (circa il 7,3%), ad oggi sono inferiori o pari a quelle di Francia, Germania, Svezia, GB, Olanda, Austria e ben inferiore alla media dei 27 paesi dell’UE.

In Lombardia l’assessore regionale alla sanità vuole chiudere un ospedale su cinque; nella sanità pubblica assistiamo al blocco dei contratti e a forme di taglio dei salari, mentre in quella privata è stato introdotto l’aumento dell’orario di lavoro di due ore settimanali senza aumento di salario, aumento insostenibile dei carichi di lavoro nel settore dell’Assistenza; tutto questo ovviamente ha conseguenze anche sui salari e sull’occupazione dei lavoratori delle ditte in appalto.

 

Le conseguenze per i cittadini sono gravissime: aumento delle liste d’attesa, chiusura di molti centri di cura, aumento delle prestazioni a pagamento: viene messo in discussione il diritto, riconosciuto dalla costituzione, alla salute per pagare gli interessi sul debito dello Stato italiano.

 

In Italia già oggi i cittadini pagano il 25% di tasca propria per visite mediche ed esami che il sistema sanitario non è più in grado di garantire in tempi e modi efficaci a causa dei tagli che si sono succeduti in questi anni. Un dato superiore alla media europea dove le prestazioni gratuite sono dell’85%.

Anche in Toscana la scure del Governo colpisce: riduzione del 20% dei posti di lavoro nelle aziende esterne dei servizi e degli appalti, il rapporto letti/abitanti arriverà al 3,15 per mille, ticket di 10 euro sugli esami computerizzati, malati che saranno costretti a spostarsi su tutto il territorio regionale per raggiungere gli ospedali dedicati alla loro patologia, abolizione del servizio di guardia medica, riduzione della rete dei laboratori di analisi, chiusura dei punti nascita dove si fanno meno di 500 parti, mentre l’anno prossimo saranno chiusi quelli che ne fanno meno di 1000.

Alla fine del 2012 abbiamo avuto la chiusura prolungata delle sale operatorie, con il personale mandato in riposo forzato e con decurtazione dello stipendio; la chiusura è stata usata per un’ulteriore riduzione dei posti letto nei reparti di chirurgia: questo è un altro esempio di come il governo regionale intenda affrontare i problemi della sanità.

A Livorno infine in provincia dovrà essere chiuso un ospedale, o Piombino o Cecina, mentre in città va avanti l’accorpamento e in pratica la sparizione delle specialistiche, la riduzione dei posti letto, il sovraccarico del Pronto Soccorso. Contemporaneamente si sono ridotti i distretti, così che i cittadini hanno più difficoltà ad avere prestazioni da quelli ancora funzionanti.

 

Il caso San Raffaele è emblematico, perché è una struttura privata ad alta specializzazione, un’”eccellenza”, come amano dire i politici, e nonostante questo è fallito. La politica della “sussidiarietà”, cioè del finanziamento pubblico delle strutture private, così come quella dell’eccellenza, che significa poche strutture centralizzate a discapito dei territori, sono smentite dai fatti. Oggi a difendere il diritto alla salute, a difendere i diritti dei cittadini sono rimasti solo i lavoratori della sanità in lotta.

Per questo oggi siamo solidali con lo sciopero in detto in Lombardia da COBAS Sanità, CUB Sanità, Si.COBAS, SLAI COBAS, USB, USI Sanità.

 

 

Sosteniamo la lotta dei lavoratori!

Sosteniamo il diritto alla salute!

 

Comitato cittadino per la difesa del diritto al lavoro

 

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In memoria di Franco Serantini

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Domenica 5 maggio a Pisa si è tenuta un’iniziativa in ricordo di Franco Serantini “Anarchico ventenne colpito a morte dalla polizia mentre si opponeva ad un comizio fascista”.

Il pranzo/incontro autorganizzato è stato promosso dal Gruppo Anarchico Kronstadt di Pisa. Un’iniziativa semplice, che però ha portato in Piazza Serantini una cinquantina tra compagne e compagni, coinvolgendo numerosi passanti. Dopo il pranzo in libertà, per il quale ciascuno ha portato qualcosa da mangiare e da bere, sono iniziati i canti, grazie anche alla presenza del Coro Controcanto pisano. Per tutto il pomeriggio la piazza alberata in cui è posto il monumento in ricordo di Franco è stata uno spazio d’incontro, di lotta e di memoria.

Aver ricordato Franco quest’anno, a 41 anni dalla sua morte, ha assunto un significato molto importante. Infatti, il qualunquismo politico e l’affarismo poltronistico dei politici di palazzo Gambacorti ha superato qualunque limite, proponendo di dedicare una strada cittadina di Pisa al missino fascista Niccolai. Perpetuare ancora oggi le lotte di coloro che allora, come Franco, si opponevano a una società classista e basata sullo sfruttamento dovrebbe servire da monito ai sedicenti politici che nel nome di una finta “pace bipartisan” calpestano tutto e tutti.

Per ricordare la figura di Franco Serantini riportiamo di seguito parte dell’appello di convocazione della manifestazione anarchica che lo scorso anno, a quarantanni dal 1972, portò in piazza a Pisa oltre mille compagne e compagni.

 

“Franco Serantini faceva parte del gruppo anarchico Pinelli di Pisa, che aveva sede in via San Martino. La volontà di lottare per una società di liberi e di eguali lo univa ai compagni ed a tanti altri giovani proletari, in una fase di grande fermento sociale; era sicuramente una pagina nuova della sua giovane e difficilissima vita, che aveva conosciuto l’abbandono, l’orfanotrofio e la durezza delle istituzioni.

L’impegno di Franco si dispiegava nelle iniziative sociali di quegli anni, come l’esperienza del “mercato rosso” nel quartiere popolare del CEP, ma anche, in senso specificamente politico, nella campagna contro la strage di Stato, per la difesa della memoria di Pinelli, per la scarcerazione di Valpreda e di altri compagni. Dopo le grandi lotte del ’68 e del ’69, padroni e fascisti cercavano di rialzare la testa rispondendo con la strategia della tensione e sferrando una feroce campagna antianarchica.

Il 5 maggio del 1972 Franco partecipa ad un presidio contro il comizio del fascista Niccolai.

Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia. Franco viene circondato sul Lungarno Gambacorti da un gruppo di poliziotti del I Raggruppamento celere di Roma, e pestato a sangue. Portato nel carcere Don Bosco, Franco sta male, ma le sue condizioni vengono ignorate, nonostante si aggravino rapidamente. Dopo due giorni di agonia e coma, Franco muore. E’ il 7 maggio 1972. I suoi funerali vedono una grande partecipazione popolare.”

 

l’incaricato

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Primo Maggio di Resistenza ad Istanbul

articolo che uscirà sul prossimo numero di Umanità Nova (n.16 del 12 maggio 2013)

In Turchia il terrore di stato colpisce ancora le celebrazioni del Primo Maggio. Le autorità sono infatti tornate a vietare di fatto le manifestazioni ad Istanbul, negando ai sindacati l’accesso a Piazza Taksim, piazza simbolo per le lotte dei lavoratori, teatro nel 1977 nel corso di una grande manifestazione del Primo Maggio, del massacro di 34 manifestanti da parte di un commando armato e della polizia. Nel 1980 in Turchia la dittatura militare abolì la Giornata Internazionale dei Lavoratori vietandone le celebrazioni. Per molti anni la polizia ha attaccato i lavoratori che cercavano di raggiungere Piazza Taksim per celebrare il Primo Maggio, provocando numerosi feriti e uccidendo anche alcuni manifestanti. Negli ultimi anni il governo turco aveva istituito la “Giornata del lavoro e della solidarietà” come festa ufficiale permettendo, pur tra mille restrizioni, che in che il Primo Maggio si potessero svolgere le manifestazioni organizzate dai sindacati. La stampa per questo aveva riconosciuto al premier turco Erdoğan il merito di aver riportato la pace nelle manifestazioni del Primo Maggio a Istanbul. In realtà negli ultimi tre anni le manifestazioni si sono svolte con una rigida militarizzazione delle strade da parte di decine di migliaia di poliziotti, con posti di blocco in molti zone della città. Ma soprattutto Piazza Taksim è stata in questi anni totalmente circondata da reti e da un numero spropositato di uomini e mezzi blindati della polizia turca, i manifestanti per accedere alla piazza dovevano subire ulteriori controlli presentando i propri documenti ai varchi posti presso le reti.

Da qualche anno a questa parte la presenza anarchica al corteo del Primo Maggio è stata sempre più consistente e lo scorso anno lo stato turco ha lanciato una vera e propria operazione antianarchica. Prendendo a pretesto alcuni attacchi alle vetrine di banche e negozi simbolo del capitalismo avvenuti nel corso della manifestazione del 2012, la polizia turca ha perquisito e devastato sedi e abitazioni, arrestando 60 compagni, alcuni dei quali sono poi stati posti sotto processo.

Quest’anno lo stato turco è tornato a vietare Piazza Taksim ai sindacati per la manifestazione del Primo Maggio, facendo di tutto per impedire le manifestazioni. 22000 poliziotti sono stati impiegati nella città di Istanbul. Sono stati sospesi i trasporti, è stato chiuso il ponte di Galata che collega le due sponde del Corno d’Oro, sono stati attaccati i lavoratori ancora prima che raggiungessero la manifestazione, mentre il corteo, che comunque è riuscito a partire, è stato sciolto a colpi di idranti, lacrimogeni e blindati. Di seguito riportiamo il comunicato del gruppo Devrimci Anarşist Faaliyet (Azione Anarchica Rivoluzionaria).

Primo Maggio di Resistenza ad Istanbul

Negli ultimi tre anni, lo stato turco aveva concesso che i sindacati potessero “celebrare” il Primo Maggio in Piazza Taksim, una delle piazze simbolo per i rivoluzionari perché teatro del Primo Maggio di Sangue del 1977. Lo stato turco ha vietato Piazza Taksim quest’anno proprio come tre anni fa. In questi ultimi anni in cui il Primo Maggio è stato “legale”, lo stato ha cercato di far dimenticare alla gente il vero significato del Primo Maggio. Noi sappiamo che il Primo Maggio è il giorno di rivolta degli oppressi, dei lavoratori e dei rivoluzionari. È il giorno in cui ci solleviamo contro lo stato ed i capitalisti. Quest’anno lo stato ha cambiato la sua strategia per il Primo Maggio. Il governatore di Istanbul ha vietato tutti i trasporti nella città e installato posti di blocco per chi vuole protestare contro questa situazione.

I sicari dello stato e dei capitalisti pensano di poter provare con la forza a vietare la nostra libertà. Noi eravamo nelle strade non solo per la proibizione di Piazza Taksim e del Primo Maggio. Noi eravamo nelle strade contro i poteri che stanno rubando le nostre vite, contro i padroni che ci impongono la schiavitù, contro lo stato che è in sé un’ingiustizia. Noi eravamo nelle strade con il nostro striscione “Verso la rivoluzione, con l’azione anarchica” come nelle passate manifestazioni del Primo Maggio.

Il governatore di Istanbul, il segretario di stato e il primo ministro hanno dichiarato la proibizione del Primo Maggio come una difesa della “urban gentrification” di Piazza Taksim. Gli autobus, la metro, i tram e i traghetti sono stati cancellati. Nonostante questa cancellazione, migliaia erano a Şişli di fronte alla sede centrale del DİSK (Confederazione dei Sindacati Rivoluzionari, il più grande sindacato) per prepararsi ad andare verso Piazza Taksim.

Con gli slogan in turco ed in curdo “Il Primo Maggio siamo nella piazza del Primo Maggio” e “Viva il Primo Maggio” l’azione è iniziata. La polizia attacca i sindacati, le organizzazioni, i partiti politici e le persone che hanno provato a raggiungere Taksim. Molte persone sono state ferite dalla polizia che ha usato granate lacrimogene, idranti e pallottole di gomma. Dopo l’attacco della polizia tutti si sono riuniti di nuovo di fronte al palazzo dove ha sede il DİSK.

La polizia ha impedito alle ambulanze di raggiungere l’edificio del DİSK. La polizia ha bloccato l’edificio e ha attaccato lanciando all’interno del palazzo granate lacrimogene. Il terrore della polizia non si è limitato a Şişli e al palazzo del DİSK. La polizia ha attaccato brutalmente la gente a Beşiktaş, Mecidiyeköy e in altre parti di Istanbul.

Decine di persone sono state ferite nel corso della giornata dal terrore poliziesco. Due di questi feriti sono in pericolo di vita. 72 persone sono state fermate dalla polizia.

Gli anarchici erano nelle strade anche in altre città della Turchia per il Primo Maggio.

Malgrado il terrore di stato, il fuoco che i nostri compagni hanno acceso nel 1886 si estenderà nelle strade in ogni Primo Maggio. La rabbia degli oppressi vivrà contro le granate lacrimogene, le pallottole di gomma, i fermi, gli arresti e tutti i divieti.

DAF-Devrimci Anarşist Faaliyet (Azione Anarchica Rivoluzionaria)

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