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Dove trovare Umanità Nova a Livorno? Nuovo punto di diffusione!

Da oggi a Livorno è possibile trovare il settimanale anarchico Umanità Nova anche presso l’edicola di Piazza Garibaldi

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Elenco aggiornato dei punti di distribuzione in città del settimanale anarchico Umanità Nova.

– Edicola di Piazza Garibaldi

– Edicola Dharma, Viale di Antignano 110

– Edicola in Piazza Damiano Chiesa

– Edicola in Piazza Grande all’angolo con Via Pieroni, di fronte al bar Sole

– Libreria Belforte in Via della Madonna 31

– Presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33, durante l’apertura settimanale del giovedì dalle 18 alle 20 ed in occasione di assemblee, dibattiti o altre iniziative nella sede.

Il giornale è anche diffuso in piazza durante manifestazioni, presidi e banchetti.

www.umanitanova.org

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Non è che l’inizio, continuiamo la lotta!

Articolo tradotto dal giornale anarchico mensile “Meydan” del gruppo turco DAF – Devrimci Anarşist Faaliyet (Azione Anarchica Rivoluzionaria)

10 giugno 2013

Non è che l’inizio, continuiamo la lotta!

Questa è una rivolta

I progetti di trasformazione urbana stanno da molto tempo minacciando gli spazi vitali degli abitanti di Istanbul. Prima le demolizioni dei quartieri poveri, poi 63 milioni di metri quadrati di foresta da devastare per il terzo ponte, un centro commerciale dopo l’altro, hotel di lusso, e mentre continua il progetto di pedonalizzazione è giunto il momento di Gezi Park. Gli abitanti di Istanbul continuano a resistere a tutti questi progetti che minacciano la loro vita. Fino a quando gli escavatori sono venuti a Gezi Park e hanno sradicato gli alberi. “Un pugno di contestatori marginali” ha rivendicato gli alberi e la loro ombra ed ha detto “Non sradicate gli alberi, non costruite centri commerciali a Gezi Park”. Questa protesta era condotta come un’azione “pacifica ed ecologica”. La polizia ha condotto un’operazione di sgombero alle prime luci del mattino ed ha asfissiato la zona del parco con i gas. Lo Stato deve avere “molto” da guadagnare dal momento che sta cercando di abbattere questa protesta pacifica nel modo più duro possibile. La violenza della polizia è salita negli ultimi mesi e i manifestanti l’hanno subita in modo inaspettato. Deputati dei partiti di opposizione e artisti sono venuti a Gezi Park per contestare questo e per sostenere i manifestanti, ma hanno avuto pure loro quota di terrore di Stato.

Nel primo giorno di demolizione lo Stato non ha potuto ottenere ciò che voleva a causa di questa situazione. I manifestanti sono restati in Gezi Park durante la notte. Non si sa se si aspettassero un attacco per la mattina seguente, ma tutti i manifestanti sono stati cacciati dal parco con l’irruzione della polizia la mattina. La polizia ha bruciato le tende, le coperte e tutte le cose dei manifestanti. I video dei manifestanti sottoposti al continuo lancio delle bombe lacrimogene e arrestati con violenza dalla polizia, hanno suscitato rabbia in chiunque li abbia visti.
Ovviamente questa non è la rabbia per una singola manifestazione. La rabbia è stata accumulata. Accumulata dalla crescente violenza della polizia.

Sono stati gli attacchi con le bombe lacrimogene, manganelli e armi che hanno generato questa rabbia. È stato il divieto del Primo Maggio, Dilan, Şerzan, Metin Lokumcu, Aydin Erdem… Non sono due giornate ad aver generato la rabbia. È stata la crescente oppressione, le restrizioni, la censura, lo sfruttamento economico. Quello che ha creato questa rabbia è lo Stato che esercita il suo potere in modo sprezzante ed accanito, senza chiedere alcuna legittimazione.

Chi descrive la “Rivolta del Popolo” come un fenomeno post-moderno deve capirlo chiaramente. La gente è scesa spontaneamente per le strade perché percepisce l’oppressione sociale, politica ed economica in modo molto forte. Gli eventi non sono né un affare degli ultimi giorni come dicono i media ciechi e sordi, né incidenti orchestrati da gruppi “marginali” come dice il potere statale. È il momento di liberare i nostri occhi da ogni velo. Questa è una rivolta. È la reazione popolare contro il terrorismo di Stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista. Questa è la fine della legittimità del nuovo potere dello Stato che aveva conquistato il sostegno di altri paesi, delle organizzazioni internazionali, delle multinazionali.

La democrazia della marginalizzazione, della sprezzante indifferenza e della creazione del nemico.

È molto importante che la rivolta sia scoppiata nel momento in cui la propaganda di Stato è centrata sull’immagine della “Turchia Democratica”. Con questa reazione al terrorismo di Stato, la gente ha abbattuto ogni immagine “democratica” dello Stato. La gente è scesa in strada in un contesto in cui la libertà popolare era ignorata, le persone venivano torturate ed uccise in modo arbitrario, tutti i media ufficiali erano sintonizzati sulla propaganda governativa, lo Stato stava preparando la guerra contro un paese vicino e nel farlo uccideva il suo popolo con le sue stesse mani.

La rivolta da Istanbul si è diffusa ad altre città nel secondo giorno. La rabbia comune contro il terrorismo di stato ha iniziato a bruciare ovunque nelle strade. La gente era nelle strade non per le parole dei principali partiti d’opposizione o di qualche leader, ma per propria volontà. Per rispondere a tutto questo, insorta contro la violenza della polizia e il terrorismo di stato. Con questa coscienza, hanno attaccato la polizia, i palazzi dello stato e i templi dello sfruttamento capitalista. Quelli che lo hanno fatto non erano gruppi “marginali”. Questa è stata anche una rivolta contro la creazione dell’“altro”, del “nemico”, contro la criminalizzazione e l’isolamento di coloro che non obbediscono al potere dello stato. Inoltre il governo non ha nessuno con cui accordarsi o trattare. Questa rivolta è stata un’azione diretta.

Lo stato ha ignorato la rivolta fin dall’inizio. È stata bandita dalle televisioni, dai giornali e dagli altri media. Non era solo a Taksim. La gente è affluita da Beşiktaş, Harbiye e altre zone di Istanbul. Lo Stato ha chiuso Gezi Park e Piazza Taksim con tutti gli agenti di polizia che aveva a disposizione. Gli sontri sono continuati tutto il giorno. La rabbia è aumentata ad ogni bomba lacrimogena, ad ogni pomba sonora, ad ogni arresto. Hanno resistito alla violenza della polizia con determinazione. Quasi un milione di persone ha riempito Taksim senza fare un passo indietro. Per dire che eravamo là contro l’ostentata e sprezzante indifferenza dello stato.

Nel mattino del secondo giorno, la violenza della polizia è stata più intensa che mai ed abbiamo avuto notizia di morti e feriti tra i manifestanti. Lo stato ha terrorizzato senza preoccuparsi di legittimazione, né di diritti umani, né di democrazia. In due giorni di rivolta, lo stato ha gettato via ogni maschera di ideali e valori dietro la quale si stava nascondendo. Lo stato ha mostrato il suo vero volto al suo popolo. Il monopolio della violenza ha terrorizzato non solo in Istanbul, ma in ogni luogo in cui si sono svolte azioni di solidarietà con Istanbul. Le notizie di morti, feriti e arrestati sono aumentate.

Per quaranta ore… Dopo circa quaranta ore di scontri i manifestanti hanno preso Piazza Taksim da Via Istiklal. I poliziotti sono scappati con tutti i mezzi blindati. Quaranta ore sono diventate quarant’anni, la piazza per noi è diventata il mondo. È stata la libertà della rivolta. Il nostro dolore erano gli amici che erano feriti e che avevano perso la propria vita.

Gezi Park, poi Gümüşsuyu, poi Beşiktaş, e poi Sakarya, Kocaeli, Ankara, İzmir, Adana, Dersim…

In questa rivolta che sta ancora continuando, il motivo più importante che ha permesso di mantenere la spontaneità è stata la condivisione e la rivolta. Lavoratori della sanità hanno formato volontariamente centri sanitari civili per i manifestanti che erano stati colpiti dalla violenza della polizia. Organizzazioni come associazioni di legali, BAR (ordine avvocati), Associazione per i Diritti Umani, hanno sostenuto i manifestanti in stato di fermo o in condizioni simili. Organismi come l’Associazione della Camera degli Ingegneri Meccanici Turchi hanno trasformato le proprie sedi in ospedali. La gente ha aperto le proprie case e posti di lavoro, ha dato sostegno con cibo e bevande. Ciascuno ha condiviso con gli altri informazioni sui social media, la gente ha creato i propri mezzi di comunicazione, nonostante il silenzio dei media ufficiali. Ogni luogo e ogni persona sono diventati la rivolta contro il terrorismo di stato e la violenza della polizia. La solidarietà e il mutuo appoggio hanno funzionato quando lo stato ha abbandonato le persone, e tuttora continuano a funzionare.

Cosa aspettarsi dalla Rivolta

I media che sono diventati “muti” all’inizio della rivolta, ora cercano di dare una spiegazione alla rivolta. Certo, la spiegazione che vuole il loro padrone. Dicono che è individualista, avventata, post-moderna, urbana, laica. Hanno affermato che la gente ha inondato le strade con questi concetti. La hanno collegata alla Rivoluzione di Velluto di Praga, stanno cercando di togliere ogni valore a una rivolta contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista.

I settori che sono danneggiati dal partito al potere e dal suo governo a causa di interessi politici ed economici diversi e contrastanti (molti dei quali appartenenti a classi alte e medio-alte) hanno iniziato a scendere in strada nei giorni successivi. Questi settori che erano sostenitori dei precedenti governi hanno enfatizzato il carattere antigovernativo della protesta anziché quello contro il terrore di stato e la violenza della polizia. Bisogna fare attenzione ad evitare che forti rivendicazioni riformiste da parte di questo settore possano bloccare questa nuova lotta degli oppressi contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista. Questi settori possono provare a manipolare la lotta indirizzandola verso i propri interessi economici e politici.

I partiti di opposizione possono cercare di uscire dalla scena portando a casa dei risultati, come in tutte le “primavere”. Il loro appello a stare lontani dai gruppi “marginali” mentre stanno valutando la rivolta, è la prova più chiara che stanno parlando il linguaggio del potere. Come nelle rivolte in altri paesi, questi partiti che cercano di conquistare il potere usando la rivolta, cercheranno di fermare la gente che è insorta spontaneamente, senza leader e senza partiti.

Dal momento che questi settori non sono gli organizzatori del movimento, essi non possono imporre i propri caratteri socio-economici alla gente. Quindi non possono dirigere le azioni. D’altra parte i loro continui interventi contro i “gruppi marginali” sono rivolti contro coloro che li disturbano ma che sono anche i veri motori della rivolta.

Inoltre, essi sono coscientemente ciechi al fatto che altri oppressi da diversi settori stanno resistendo non solo in centri come Taksim e Beşiktaş ma anche in zone circostanti. Sì, la rivolta ha un’ideologia, ma non è un’ideologia che i media, i partiti di opposizione ed i vari gruppi di pressione economica possano provare ad egemonizzare o a depoliticizzare. Questa ideologia della rivolta è la coscienza dell’individuo che percepisce il crescente terrore di stato e l’azione dell’individuo per lottare contro di esso.

Questa rivolta è iniziata contro il terrore di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista come abbiamo specificato sin dall’inizio. Noi auspichiamo che questa cresca con scioperi generali e porti nelle strade la maggior parte degli oppressi, è con questa speranza che noi stiamo alimentando la rivolta. Andando avanti potrebbero realizzarsi alcune nostre riserve nei confronti della rivolta, questa potrebbe ridursi ad una lotta per il potere tra partiti opposti. Ma non siamo oracoli. I rivoluzionari non fanno predizioni senza speranza, seduti nell’angolo. Noi sappiamo bene che rivolte come queste sono momenti di mobilitazione sulla strada della rivoluzione sociale. La nostra lotta anarchica continuerà ad abbracciare la rivolta con tutta la passione possibile.

http://meydangazetesi.org/gundem/2013/06/bu-daha-baslangic-mucadeleye-devam/

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La nostra rabbia sta crescendo, come la nostra lotta!

Istanbul. Da questa mattina la polizia sta attaccando duramente Piazza Taksim e Gezi Park. Molte persone sono accorse alle 13 in piazza nonostante i divieti ed i controlli di polizia per la manifestazione convocata dalla piattaforma unitaria “Taksim Solidarietà”. La polizia era in un primo momento riuscita ad entrare a Gezi Park ma era stata respinta dai manifestanti. Adesso continuano tensioni e scontri, con la polizia che cerca di sgomberare i manifestanti senza riuscire a piegare la resistenza.

 

La nostra rabbia sta crescendo, come la nostra lotta!

L’occupazione di Piazza Taksim e Gezi Park è stata attaccata dalla polizia questa mattina. Dopo la riunione di ieri del Consiglio dei Ministri, la polizia ha raggiunto nel la piazza nel primo mattino, alle sette. Mentre lanciava lacrimogeni, la polizia annunciava di non voler attaccare il parco. Centinaia di poliziotti sono entrati in Piazza Taksim dichiarando che non avrebbero attaccato il parco e dicendo che sarebbero solo stati rimossi gli striscioni. Mentre i cartelli e gli striscioni sul Centro Culturale Ataturk venivano rimossi, un altro gruppo di poliziotti voleva rimuovere le tende dalla piazza. La gente voleva fermare la polizia e la polizia ha attaccato la gente con i lacrimogeni.

 

Mentre l’attacco della polizia procede molte persone hanno iniziato ad arrivare in piazza contro questo attacco facista. Per impedire che affluissero altre persone, la polizia ha lanciato lacrimogeni nella stazione della metro e ora la stazione metro di Taksim è chiusa.

La polizia sta usando lacrimogeni pesanti, bombe sonore e proiettili di gomma, mentre spara potenti getti d’acqua con gli idranti. Un gruppo di resistenti ha fatto una catena umana, di persone in piedi mano nella mano, la polizia li ha bersagliati da breve distanza con candelotti lacrimogeni. Molte persone sono state ferite con i candelotti, ma dopo l’effetto dei lacrimogeni, molte persone sono tornate per fare una nuova catena umana.

Nonostante la polizia avesse annunciato che non ci sarebbe stato alcun intervento contro il parco, hanno sparato una grande quantità di lacrimogeni proprio nel parco, anche sull’infermeria del parco, tanto che è stato necessario trasportare i feriti fuori dalla zona.

 

Molte persone sono state ferite dai candelotti lacrimogeni e dalle pallottole di gomma. Alp Altinörs, che è membro di “Iniziativa di Solidaretà Taksim” è stato ferito in fronte da un proiettile di gomma ed è stato trasportato in ospedale da un’ambulanza. La polizia quando spara mira alle persone.

D’altra parte la polizia ha iniziato a fare irruzione e a perquisire le sedi politiche e gli uffici dei partiti. La sede di un gruppo socialista è stato perquisito e molte persone sono state fermate con la forza. La polizia ha ammanettato e brutalmente picchiato i resistenti mentre li arrestava.

 

Nonostante il duro attacco, la gente in Piazza Taksim e Gezi Park sta ancora resistendo. Lo stato fascista, l’oppressione e il terrore di polizia non ci intimoriscono, la nostra lotta continua, la nostra rabbia sta crescendo come la nostra lotta.

 

Ovunque è Istanbul e ovunque è resistenza contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista.

Rivolta, Rivoluzione, Anarchia!

 

Azione Anarchica Rivoluzionaria

(DAF) Devrimci Anarşist Faaliyet

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Her yer Taksim Her yer Anarşi Ovunque è Taksim Ovunque è Anarchia

Comunicato diffuso dalla Commissione di Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

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Her yer Taksim Her yer Anarşi
Ovunque è Taksim Ovunque è Anarchia

Il 28 maggio scorso ad Istanbul un gruppo di manifestanti occupava il parco di Gezi nella centrale Piazza Taksim ad Istanbul. Un’azione di protesta si opponeva alla costruzione di un centro commerciale che vorrebbe distruggere un’importante area verde della città. Un progetto che si inserisce nel più ampio processo di sventramento di vecchie zone storiche e ristrutturazione urbana trasformandole in zone di edilizia di lusso e commerciali, espellendo i poveri verso le periferie.

Il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito di governo,l’AKP. Il 30 maggio la polizia interveniva sgomberando brutalmente il presidio, sparando gas lacrimogeni ed idranti ad alta pressione, incendiando le tende degli occupanti distruggendo gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti. Il terrorismo di Stato innesca la rivolta. Nonostante la repressione violenta della polizia, sempre più persone si univano ai manifestanti che resistevano nella piazza. Dopo giorni di scontri ininterrotti, nei quali la polizia ha usato mezzi sempre più duri e violenti, alle 16 del primo giugno, i blindati iniziavano a ritirarsi da Piazza Taksim, i cordoni dell’antisommossa arretravano e abbandonavano la piazza. La resistenza di oltre un milione di manifestanti, la solidarietà praticata nelle strade, ha costretto la polizia ad indietreggiare. La piazza è ancora presidiata dai manifestanti, in altri quartieri di Istanbul e in decine e decine di altre città continuano gli scontri e le proteste. Ormai si tratta di un’estesa rivolta contro un governo autoritario e conservatore del primo ministro Erdoğan, contro il terrorismo di stato, contro la devastazione capitalista.

La devastazione ambientale e sociale, la repressione a l’autoritarismo, le sempre più feroci condizioni di sfruttamento sul lavoro, l’oppressione religiosa imposta dal governo, l’attacco alla libertà delle donne, la propaganda nazionalista e l’interventismo di in Siria sono i fattori del malcontento che hanno fatto esplodere in Turchia una vera e propria rivolta di massa.

Gli anarchici partecipano al movimento in tutta la Turchia, sono presenti nella resistenza nelle strade e difendono i manifestanti. In questo momento la rivolta è ancora in atto e in decine di città continuano imponenti manifestazioni. La brutalità della polizia non si ferma. Non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili.

Per questo è importante promuovere ovunque iniziative di solidarietà internazionale, denunciare il terrorismo di Stato in Turchia, sostenere chi lotta per la libertà.

In Turchia, in Italia, in Spagna, in Grecia e in ogni parte del mondo, uniamoci nella lotta!

Sosteniamo i movimenti di protesta in Turchia contro la devastazione capitalista, il terrore di stato e l’oppressione religiosa.

Solidarietà!
Dayanışma!

Commissione Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

 


Her yer Taksim yer Her Anarşi
Everywhere is Taksim Everywhere is Anarchy

On May 28 in Istanbul, a group of protesters occupied the park Gezi in the central Taksim Square in Istanbul. A protest opposing the construction of a shopping center that would destroy an important green area of the city. A project that is part of the wider process of demolition of old historic areas and redevelopment areas, transforming them into luxury housing and commercial, expelling the poor to the suburbs. The cost of living and the crowd of the marginalized increase, they increase the profits of speculators linked to the ruling party, the AKP. On May 30, the police intervened brutally evicting the demonstrators, firing tear gas and water cannons high-pressure, setting fire to the tents of the occupants destroying the trees that they had planted in the park in previous days. State terrorism triggered the revolt. Despite the violent repression of the police, more and more people joined the protesters in the square who resisted. After days of uninterrupted fighting, in which the police used an harder and more violent repression, at 4 p.m of 1st June, the tanks began to withdraw from Taksim Square, the riot police cordons retreated and abandoned the square. The resistance of more than a million protesters and the solidarity practiced in the streets, forced the police to retreat. The square is still controlled by protesters, in other districts of Istanbul and in dozens of other cities continue clashes and protests. By now it is an mass revolt against the authoritarian and conservative government led by the Prime Minister Erdoğan A revolt against state terrorism and against the devastation of capitalism.

Environmental and social devastation, repression and authoritarianism, the increasingly fierce conditions of labor exploitation, religious oppression imposed by the government, the attack on the freedom of women, nationalist propaganda and interventionism in Syria, are factors of discontent in Turkey who blew up a real mass uprising.

The anarchists are involved in the movement throughout Turkey, they are present in the resistance in the streets and they are defending the demonstrators.

At this time the revolt is still in place and in dozens of cities massive demonstrations are still going on. Police brutality does not stop. It is not yet clear what is the number of the dead. A young man was killed in Ankara by a gunshot to the head at point-blank shot by the police, other three victims have been confirmed. Those arrested and wounded are now incalculable.

For this reason it is important to promote international solidarity everywhere, denounce state terrorism in Turkey, support those who fight for freedom.

In Turkey, Italy, Spain, Greece, and in every part of the world, unite in the fight!

We support the protest movements in Turkey against the capitalist devastation, the terror of the State and religious oppression.

Solidarity!
Dayanışma!

International Relations Commission of the Italian Anarchist Federation (I.F.A.)

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Solidarietà a chi lotta in Turchia. Foto dal presidio e testo del volantino distribuito

alcune foto del presidio di oggi e testo del volantino distribuito

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SOLIDARIETA’ DAYANIŞMA SOLIDARITY

CON CHI LOTTA IN TURCHIA

Giovedì 30 maggio a Istanbul la polizia turca si presenta con i bulldozer a Gezi Park, l’ultimo parco dell’area di Piazza Taksim, da giorni occupato pacificamente dal movimento che si oppone alla distruzione dell’ultimo spazio verde della zona. Al posto del parco e dei suoi 600 alberi, il governo vuole costruire un enorme centro commerciale, un progetto che si inserisce nel più ampio processo di gentrificazione urbana della città, in corso già da anni, con interi quartieri distrutti per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso. Il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito
di governo, l’AKP.
Il parco viene sgomberato dalla polizia con brutalità. Oltre ai lacrimogeni e alle violenze sui manifestanti, la polizia incendia le tende degli occupanti e distrugge gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti.
Questa volta la violenza della polizia ha incontrato però una reazione determinata e di massa.
Centinaia di migliaia di persone si sono unite ai manifestanti per resistere alla brutalità con cui il governo turco reprime l’opposizione sociale. Dopo giorni di scontri la polizia, di fronte alla resistenza di un milione di manifestanti, si è dovuta ritirare da Gezi Park e dall’intera zona di Piazza Taksim.
Il movimento non si è fermato. Il terrore repressivo del governo guidato dal partito islamico conservatore AKP del primo ministro Erdoğan è stata la scintilla che ha acceso la rivolta in tutta la Turchia, con scioperi e manifestazioni che la polizia continua a reprimere con estrema violenza.
Non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili.
La devastazione ambientale e sociale, la repressione a l’autoritarismo, le sempre più feroci condizioni di sfruttamento sul lavoro, l’oppressione religiosa imposta dal governo, l’attacco alla libertà delle donne, la propaganda nazionalista e la guerra in Siria, sono i fattori del malcontento che hanno fatto esplodere in Turchia una vera e propria rivolta di massa.
Nonostante le menzogne della stampa turca ed internazionale, i metodi fascisti del governo ed i tentativi di strumentalizzazione da parte dei partiti di opposizione complici delle politiche di sfruttamento, la protesta in Turchia non si sta spegnendo.
Nostra patria è il mondo intero!
La lotta che oggi in Turchia è portata avanti da donne e uomini, lavoratori e studenti, curdi e rivoluzionari, è la nostra lotta.
Appoggiamo chi lotta in Turchia contro la devastazione capitalista, contro il terrore di Stato e contro l’oppressione religiosa.
Federazione Anarchica Livornese, Collettivo Anarchico Libertario, Sinistra Critica, Partito
Comunista dei Lavoratori

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Presidio di solidarietà con chi lotta in Turchia

Solidarietà con chi lotta in Turchia!

Mercoledì 05/06 a Livorno

Presidio in Piazza Grande (angolo Via Pieroni)

ore 17:30

 
ponte
Le brutalità della polizia turca che ha sgomberato ad Istanbul il 30 maggio un presidio pacifico a Gezi Park, nella centrale Piazza Taksim, ha scatenato un’ondata di proteste in tutta la Turchia.
 
La protesta contro la repressione governativa e la resistenza di strada si sono presto trasformate in una più vasta rivolta di massa contro il terrorismo di Stato, le politiche del governo, lo sfruttamento e la devastazione capitalista.

La lotta che oggi in Turchia è portata avanti da donne e uomini, lavoratori e studenti, curdi e rivoluzionari, è la nostra lotta. Appoggiamo chi lotta in Turchia contro la devastazione capitalista, contro il terrore di Stato e contro l’oppressione religiosa.

Federazione Anarchica Livornese, Collettivo Anarchico Libertario, Sinistra Critica, Partito Comunista dei Lavoratori

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“Amianto. Una storia operaia” presentazione del libro con l’autore Alberto Prunetti + cena sociale e canti popolari

Medicina Democratica sez. Livorno e Val di Cecina

Circolo Culturale Errico Malatesta

organizzano:

presentazione del libro:
“AMIANTO. UNA STORIA OPERAIA”

di (e con) Alberto Prunetti

Venerdì 7 GIUGNO ORE 18,15

presso Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33,  Livorno

A seguire Cena Sociale e canti popolari con Maria Torrigiani e Marco del Giudice

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Turchia – Le radici della rivolta

Pubblichiamo in anteprima l’articolo “Le radici della rivolta” sull’insurrezione popolare che in questi giorni sta avvenendo ad Istanbul, Ankara e altre città turche. L’articolo comparirà anche sul numero 20 di Umanità Nova, disponibile ad abbonati e distributori da giovedì 6 giugno.
istanbul

Turchia – Le radici della rivolta

 

Il 30 maggio la polizia turca si presenta con i bulldozer a Gezi Park, l’ultimo parco dell’area di Piazza Taksim, da giorni occupato pacificamente dal movimento che si oppone alla distruzione dell’ultimo spazio verde della zona.

Il parco viene sgomberato dalla polizia con brutalità. Oltre ai lacrimogeni e alle violenze sui manifestanti, la polizia incendia le tende degli occupanti e distrugge gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti.

L’occupazione di Gezi Park era cominciata il 28 maggio. Il parco si trova nella centrale Piazza Taksim, sulla sponda europea della città, una zona estremamente turistica ma anche un luogo simbolo di resistenza e di lotta per i lavoratori e per i rivoluzionari. La piazza in cui il Primo Maggio del 1977 furono uccisi 34 manifestanti. La piazza attorno alla quale anche quest’anno la polizia ha massacrato a forza di botte, lacrimogeni e idranti la folla scesa in piazza, nonostante i divieti, per la giornata internazionale dei lavoratori.

Questa volta la violenza della polizia ha incontrato però una reazione determinata e di massa.

Nonostante i continui attacchi della polizia, sempre più persone si sono unite alla resistenza di piazza. Dopo giorni di scontri ininterrotti, nei quali la polizia ha usato mezzi sempre più duri e violenti, alle 16 del primo giugno, i blindati iniziano a ritirarsi da Piazza Taksim, i cordoni dell’antisommossa arretrano e abbandonano la piazza. La resistenza di oltre un milione di manifestanti, la solidarietà praticata nelle strade, ha alla fine costretto il governo a fare almeno un passo indietro. In piazza ci sono tutti: donne e uomini, ecologisti, abitanti della zona, lavoratori, curdi, socialisti, anarchici, verdi, sindacati, repubblicani, ultras, attivisti delle ong. La rivolta non si ferma con la ritirata della polizia da Piazza Taksim, i manifestanti restano a presidiare la piazza, le barricate restano in piedi. In decine e decine di altre città continuano gli scontri e le proteste, a Ankarea e Izmir la polizia interviene con estrema violenza. Ormai si tratta di un’estesa rivolta contro un governo autoritario e conservatore, contro il terrorismo di stato, contro la devastazione capitalista.

 

Tutto questo per qualche albero?

Nessuno ha il diritto di aumentare le tensioni in Turchia usando come scusa alcuni alberi tagliati

Questo ha dichiarato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan. Per quanto i media ufficiali, in Turchia come a livello internazionale, abbiano cercato soprattutto nei primi giorni di parlare solo di Gezi Park e della difesa degli alberi, le radici profonde di questo movimento di lotta sono ormai evidenti a tutti quelli che le vogliono vedere.

Già lo stesso movimento in difesa di Gezi Park non mira alla semplice salvaguardia del verde pubblico, ma si oppone all’intero processo di gentrificazione urbana in atto nella zona di Taksim. Detto in parole semplici, con gentrificazione si intende la trasformazione di aree urbane povere in aree ricche. Questo processo si traduce da una parte in abbattimento e cementificazione selvaggia, dall’altra in esclusione dei più poveri da tali aree, con conseguente abbassamento del livello di vita per le classi popolari. Nelle aree centrali di Istanbul questo processo è in corso già da anni. Interi quartieri vengono distrutti per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso, il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito di governo, l’AKP. Al posto del Gezi Park, Erdoğan vorrebbe far costruire un imponente centro commerciale, una moschea e un rifacimento delle caserme ottomane che si trovavano nella piazza prima della costruzione del parco.

Un progetto che sintetizza i cardini ideologici della sua politica: capitalismo sfrenato, conservatorismo religioso, nazionalismo in salsa neo-ottomana.

Riportare la Turchia ai fasti imperiali del periodo ottomano è uno dei ritornelli della retorica del governo turco. Per questo sono pronti già altri favolosi progetti: l’aeroporto più grande del mondo, la moschea con i minareti più alti del mondo, ed un nuovo canale parallelo al Bosforo.

Contro questi progetti di vera e propria devastazione sociale ed ambientale si sono sviluppati movimenti popolari. In particolare nella regione del Mar Nero si sono tenute negli ultimi anni numerose manifestazioni contro discariche, centrali nucleari, fabbriche inquinanti, autostrade e dighe.

La rabbia esplosa nelle piazze affonda le sue radici anche nel sempre più selvaggio sfruttamento imposto alla classe lavoratrice in Turchia. Milioni di persone nel paese lavorano in condizioni quasi servili, con salari bassissimi ed altissimi tassi di incidenti e morti sul posto di lavoro. Queste condizioni sono ancora più drammatiche negli appalti e nelle esternalizzazioni. A questo si accompagna una organizzazione fortemente gerarchica del lavoro e la repressione dei lavoratori che si organizzano autonomamente, nei sindacati rivoluzionari e di classe.

Un altro elemento determinante nell’esplosione delle rivolte è costituito dalle politiche islamiste conservatrici imposte dal governo. Quelle che giornali come “Repubblica” hanno liquidato come “proteste della birra” o, più romanticamente, “dei baci”, sono in realtà una reazione compatta della società turca al barbaro attacco alle libertà personali. Non si tratta di difendere uno stile di vita occidentale o di rivendicare il laicismo militare di Ataturk. Chi scende in piazza ha capito che il governo vuole completare il proprio sistema di dominio legalizzando ed istituzionalizzando una repressione religiosa che punta ad eliminare ogni libertà individuale. Le politiche di Erdoğan comprendono divieti sugli alcolici, divieti sulle relazioni pre-matrimoniali, ma soprattutto un attacco alle donne. Il governo vorrebbe infatti intervenire contro aborto e contraccezione, inoltre sta cercando di limitare le libertà di scelta della donna su un piano più generale, imponendole il lavoro domestico secondo un modello di sottomissione patriarcale.

Infine un ulteriore fattore di forte malcontento è dovuto alla politica interventista del governo turco nei confronti della Siria. Le mire imperiali del nazionalismo neo-ottomano varato da Erdoğan hanno portato la Turchia ad impegnarsi a livello internazionale e a intraprendere una guerra sporca contro un paese vicino. Una guerra che si sta estendendo anche in Turchia con già molti morti per bombe ed uccisioni: l’11 maggio a Reyhanlı-Hatay 52 persone sono rimaste uccise e 140 ferite dall’esplosione d due auto piene di esplosivo.

 

Il terrorismo di Stato innesca la rivolta.

Le brutalità di questi giorni perpetrate dalla polizia sono forse per molti di noi inimmaginabili.

La potenza degli idranti, i lacrimogeni CS lanciati fino ad esaurimento scorte, gli altri gas tossici ancora peggiori come il gas arancione. Le cariche dei blindati, che i turchi non a caso chiamano “panzer”. Le pallottole di gomma, le bombe lacrimogene sparate in testa ai manifestanti, i proiettili veri sparati dalla polizia e che hanno fatto almeno un morto. Le botte e le torture nei confronti degli arrestati, molti dei quali bisognosi di cure. Uno scenario terrificante che in buona parte era già andato in scena quasi un mese prima, durante le manifestazioni del Primo Maggio ad Istanbul, vietate dalle autorità. Un copione quasi quotidiano in Kurdistan, dove al di là della guerra con il PKK, lo Stato turco usa il pugno di ferro anche contro le normali manifestazioni dei curdi nelle città. Perché è così che lo Stato turco gestisce ogni tipo di dissenso, è una linea comune che unisce i governi repubblicani laici, le dittature militari e il governo islamico dell’AKP. Una linea fortemente autoritaria e repressiva che negli ultimi mesi in Turchia era andata ad inasprirsi ulteriormente e a farsi sempre più invasiva allo scopo di applicare senza esitazioni le politiche del governo. Forse è proprio per questo che l’ennesima violenza brutale della polizia contro una protesta pacifica nella simbolica Piazza Taksim ha scatenato una reazione tanto determinata e compatta in tutta la Turchia.

Alla brutalità della polizia ha risposto la solidarietà concreta nella rivolta sulle strade e sulle barricate. Case, Università, piccoli negozi hanno aperto le porte ai manifestanti. Medici e infermieri volontari hanno improvvisato ospedali negli edifici disponibili. Milioni di persone si sono unite alla resistenza contro il terrorismo di Stato. Al momento in cui scriviamo (sera del 03/06/13), non è ancora chiaro quale sia il numero dei morti. Un giovane è stato ucciso ad Ankara da un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo dalla polizia, altre tre vittime sono state confermate. Gli arrestati e i feriti sono ormai incalcolabili. Non sappiamo come continueranno le proteste, ma soprattutto non sappiamo ancora quali possano essere i possibili scenari. Dopo questi giorni che sanciscono una prima sconfitta politica del governo AKP e del primo ministro, sono ancora da chiarire molti aspetti.

Primo fra tutti il ruolo dell’esercito, che ha sempre dominato la scena politica turca e che è stato non di rado protagonista di colpi di stato che con la scusa della difesa dell’integrità della nazione e della laicità dello Stato, sono serviti soprattutto ad eliminare l’opposizione di sinistra e rivoluzionaria. L’esercito infatti pur essendo stato “purgato” negli ultimi anni degli elementi golpisti o comunque invisi al governo, resta sempre un potente fattore in campo, con poteri di sorveglianza politica sul governo dati dalla stessa costituzione, anche se molto ridotti dal governo. Per ora sembra essere rimasto in disparte, anche se alcune testimonianze parlano di un atteggiamento benevolo dei militari nei confronti dei manifestanti. Certo la situazione militare della Turchia è attualmente molto complessa. Alla guerra in Siria si aggiunge l’incertezza della “tregua” con il PKK, proprio il 3 di giugno c’è stata, infatti, una sparatoria tra militari turchi e guerriglieri curdi.

 

Gli anarchici partecipano al movimento in tutta la Turchia, sono presenti nella resistenza nelle strade e difendono i manifestanti. Il gruppo di Istanbul Azione Anarchica Rivoluzionaria (Devrimci Anarşist Faaliyet) fa appello a organizzare iniziative di solidarietà internazionale, a sostenere la lotta contro il terrore di Stato e la devastazione capitalista.

 

In ogni caso qualunque siano gli sviluppi della situazione una cosa è certa. In questi giorni milioni di persone in Turchia hanno dimostrato un enorme coraggio e forse stavolta non sarà facile terrorizzare i lavoratori con le stragi o eliminare l’opposizione sociale con la legge marziale e il coprifuoco. Il ministro degli esteri Turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato che le “Manifestazioni nuocciono all’immagine del Paese”. Se c’è una certezza che emerge da questi giorni di lutti e di rivolta è l’esempio che da Piazza Taksim si rivolge a tutto il mondo. 40 ore di battaglia nelle strade, 40 ore di solidarietà che hanno legato centinaia di migliaia di persone nel centro di Istanbul. 40 ore che hanno riscattato 40 anni di violenze, stragi, esecuzioni, incarcerazioni, esili. 40 anni di terrore di Stato. Per la prima volta dopo il Primo Maggio del 1977 si è rientrati a Taksim a testa alta.

 

Dario Antonelli

 

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Rivolta di massa in Turchia contro il terrorismo di Stato

riceviamo e pubblichiamo questo testo dalla Turchia.

istanbul

Rivolta di massa in Turchia contro il terrorismo di Stato

 

Dopo due giorni di protesta contro la gentrificazione urbana di Gezi Park (il più grande parco di Piazza Taksim, dove le aree verdi vengono continuamente distrutte), la gente ne ha avuto abbastanza della brutalità e della violenza della polizia.

 

Nel silenzio dei media, l’aumento degli attacchi del governo alle libertà individuali e le mire imperiali dello stato che cerca di trarre vantaggio dalla situazione in siria, hanno trasformato il recente conflitto in rivolta.

 

Gli scontri continuano durante tutto il giorno e la notte del 31 maggio. Almeno sette civili sono stati uccisi dagli attacchi della polizia, centinaia sono stati feriti, centinaia sono in stato di fermo di polizia e vengono picchiati e talvolta torturati dalla polizia.

 

Tutti i templi del capitalismo hanno dovuto chiudere a Taksim. C’è grande solidarietà nelle strade. Molti piccoli negozi, case e università hanno aperto le porte ai manifestanti. La Camera Turca degli Architetti e l’Ufficio Turco degli Ingegneri si sono trasformati in ospedale con medici e infermieri volontari che soccorrono e curano i manifestanti feriti.

 

In numerose zone di Istanbul le stazioni della polizia sono state assaltate. Gruppi fascisti sono stati attaccati dagli anarchici. Gli abitanti della sponda asiatica della città che volevano unirsi alla rivolta sono stati bloccati dalla polizia, ma dopo mezzanotte hanno camminato sull’autostrada, hanno attraversato a piedi il ponte sul Bosforo e lo hanno fatto.

 

Il primo ministro ha accusato i social network di diffondere notizie sulle uccisioni perpetrate dalla polizia allo scopo di innalzare la tensione, ed ha ironicamente chiamato fascisti coloro che condividono queste informazioni.

 

Le proteste si sono diffuse in tutta la Turchia. La gente è in strada ad Ankara, Izmir, Eskisehir, Isparta e in molte altre città.

 

Queste proteste non sono solo per Gezi Park come i media controllati dallo stato continuano a dire. Gli scontri sono ora espressione della rivolta di centinaia di migliaia di persone che protestano contro l’oppressione e la violenza dello Stato.

 

Noi come anarchici rivoluzionari siamo e saremo nelle strade, contro la violenza della polizia e il terrorismo di Stato.

 

Ci aspettiamo azioni di solidarietà da tutti gli anarchici e gli antiautoritari nel mondo.

 

Ovunque è Istanbul e ovunque è resistenza contro il terrorismo di Stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista.

 

Azione Anarchica Rivoluzionaria

(Devrimci Anarşist Faaliyet)


01/06/13

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Il sangue politico, storia di cinque anarchici e di un dossier scomparso

SABATO 18 MAGGIO – ORE 18
La Federazione Anarchica Livornese organizza
la presentazione del libro “Il Sangue Politico”
presso la libreria Belforte, Via della madonna 31.
Sarà presente l’autrice, Nicoletta Orlandi Posti.

 

ilsanguepol

Questa è la storia di Gianni Aricò, di Angelo Casile, di Annelise
Borth, di Franco Scordo e di Luigi Lo Celso che trovarono la
morte a soli vent’anni in uno strano incidente stradale
sull’autostrada del Sole, nei pressi di Ferentino, la notte tra il
26 e il 27 settembre 1970. Erano partiti dalla Calabria per
portare a Roma, ai compagni della Federazione Anarchica
Italiana, un dossier di contro-informazione misteriosamente
scomparso dal luogo dell’incidente. La loro vicenda e il dossier
che avevano messo insieme si intreccia con alcune delle pagine
più oscure e insanguinate della storia italiana collegate da un
inquietante filo nero che parte da piazza Fontana, passa per i
moti di Reggio, la strage di Gioia Tauro, il golpe Borghese. E
ancora il caso Marini, l’omicidio De Mauro, la tragica fine di
Mastrogiovanni. Questa è la storia di cinque anarchici che
avevano scoperto cose che “avrebbero fatto tremare l’Italia”.
Questa è la storia di cinque ragazzi che capirono prima di altri
che l’Italia, un Paese che aveva sconfitto sul campo il fascismo,
non lo aveva però estirpato, consentendo a beceri individui
assetati di potere e di sangue di farlo rinvigorire e crescere
fino ai giorni nostri dove convivono vecchie e nuove dittature
con la loro carica di violenza e disumanità. Li hanno fermati.

Prefazione di Erri De Luca
Ed. Editori Riuniti

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