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“Livorno ribelle e sovversiva” presentazione del libro e cena sociale

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“Livorno ribelle e sovversiva, Arditi del popolo contro il fascismo 1921 – 1922”

Sabato 2 febbraio
presso la Federazione Anarchica Livornese
in Via degli Asili 33

ore 17:00
presentazione del libro
“Livorno ribelle e sovversiva” edito da BFS nel 2012,
interverranno Giorgio Sacchetti e l’autore Marco Rossi

a seguire cena sociale

L’esperienza degli Arditi del popolo rientra pienamente tra le “anomalie” storiche e politiche del secolo scorso, tanto che per lungo tempo è stata oggetto di una parallela rimozione, da destra come da sinistra, nelle ricostruzioni degli eventi successivi alla Prima guerra mondiale.

A Livorno l’arditismo popolare si ricollegò a quella tensione rivoluzionaria che aveva attraversato la composita collettività labronica durante le insorgenze risorgimentali e i conflitti sociali del Biennio rosso.

Fu così che – tra l’estate del 1921 e quella del ’22 – il sovversivismo dei quartieri proletari si oppose, con ogni mezzo necessario, allo squadrismo fascista. Questa fu a tutti gli effetti la prima strenua resistenza, anche se poi la memoria ufficiale ha preferito commemorare quella partigiana nella rituale
festa nazionale del Venticinque aprile, evitando di ricordare come quella guerra civile era iniziata e cancellando anche coloro che praticarono l’antifascismo prima che la violenza reazionaria diventasse regime.

Collettivo Anarchico Libertario
collettivoanarchico@hotmail.it ‐
http://collettivoanarchico.noblogs.org/

Federazione Anarchica Livornese ‐ F.A.I.
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Posted in Anarchismo, Antifascismo, Generale, Iniziative.

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Atene. 10.000 in corteo, liberati gli anarchici

atene corteo 2013 01 12

Nella mattinata del 12 gennaio si è svolta una grande manifestazione anarchica nel centro di Atene in difesa degli spazi occupati e per la liberazione dei compagni arrestati il mercoledì precedente dopo la rioccupazione di Villa Amalias e il nuovo sgombero dello squat.
In questo video si può vedere l’imponenza della manifestazione.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=gxcaICY2y2o

Nelle stesse ore i 92 compagni presi a Villa Amalias sono comparsi in tribunale, che ne ha deciso la liberazione con obbligo di firma bimensile.
Qui il comunicato degli arrestati, qui un piccolo gesto di solidarietà a Torino.
Qui potete ascoltare l’intervista rilasciata a radio blackout da un compagno del gruppo dei Comunisti Libertari di Atene, Gheorgo, il giorno prima del corteo
Di seguito il comunicato emesso oggi dai compagni e dalle compagne della Federazione Anarchica Italiana, riuniti a Milano per un incontro nazionale.

Sosteniamo le lotte dei compagni greci
Il Convegno Nazionale della FAI riunito a Milano esprime la propria solidarietà ai compagni greci che in questi ultimi giorni sono stati violentemente attaccati dalla polizia ellenica. Abbiamo assistito agli sgomberi di Villa Amalias e di Skaramaga, storici squat ateniesi simbolo del movimento e all’arresto di un centinaio di solidali che avevano rioccupato lo stabile di Villa Amalias.
Il movimento anarchico in Grecia ha saputo costruire, in questi anni, una forte risposta dal basso allo spietato attacco condotto contro i lavoratori.Una risposta fatta di azioni dirette, riappropriazione di spazi fisici, organizzazione di assemblee popolari nei quartieri, autogestione sui posti di lavoro. Una risposta che rifiuta le forme di delega che imprigionano la volontà di cambiare questo sistema che mostra, ogni giorno di più, i propri limiti. Una risposta che ha saputo aggregare intorno a se’ decine di migliaia di persone, lavoratori, studenti, disoccupati, greci e immigrati, perché la lotta è di tutti gli sfruttati, quale che sia la loro provenienza. Una risposta che fa paura ai padroni e allo stato perché dimostra che non solo esiste un’alternativa all’atomizzazione sociale, all’alienazione e allo sfruttamento ma che questa alternativa è necessaria, oggi più che mai.
È necessaria perchè è oramai evidente che il dominio di stato e capitale non fanno altro che distruggere qualsiasi rapporto sociale che non sia mediato dal denaro o da relazioni di dominio. Necessaria perchè la crisi che sta impoverendo i ceti popolari e i ceti medi non è altro che l’ennesima ruberia operata da chi gestisce soldi e potere.
Le compagne e i compagni greci hanno saputo costruire una risposta a questo crimine e per questo sono sotto attacco da parte della polizia, che ha dichiarato di voler sgomberare tutte le occupazioni elleniche, sostenuta in questo dai paramilitari nazisti di Alba Dorata. Non è un caso che in tempi di crisi e di mobilitazioni popolari gli apparati dello stato ricorrano alla bassa manovalanza fascista. Così fu in Italia nel Biennio Rosso, così è in Grecia nel 2013.
E infatti la Grecia non è distante dalla penisola italiana. Anche qui lo stato sta spazzando via i risultati di un secolo di lotte operaie e popolari. Anche qui si attaccano i movimenti sociali, si sgomberano i posti occupati, si pestano i lavoratori in lotta, si gasano gli studenti, si bastona chi si oppone alla devastazione ambientale e al militarismo. Per questo è necessario rifiutare la visione nazionalista della crisi, quella che ciancia di sovranità monetaria e nazionale come risposta all’Europa delle banche, di differenze antropologiche che generano la crisi, richiamandosi alle più tristi tesi razziste; una visione distorta che garantirà un maggiore rafforzamento dei dispositivi disciplinari e di dominio dello stato e che si esprime, nella sua forma più compiuta, nel sacrificio delle classi subalterne sull’altare delle guerre nazionaliste.
Le lotte degli anarchici in Grecia sono le nostre lotte, le nostre lotte sono quelle degli anarchici greci. Così come sono nostre le lotte di chi, ovunque nel mondo, si oppone allo sfruttamento classista, razzista e sessista, e costruisce, quotidianamente, una società di liberi ed eguali.
Invitiamo tutto il movimento alla massima solidarietà possibile.
Milano, 13 gennaio 2013

 

da: http://anarresinfo.noblogs.org/

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La carnevalata elettorale

da Umanità Nova del 13 gennaio 2013

Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso la Libreria Belforte in Via della Madonna e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20)

La carnevalata elettorale

Non cadere nella trappola

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Sta girando su un blog la trama di un remake dal titolo Full Monti. La trama la conoscono tutti: Mario M e Mario D, due europeisti, si ingegnano per trovare degli espedienti per tirare avanti. Provano tra l’altro ad abbassare i salari, disintegrare i diritti dei lavoratori e le pensioni, prosciugare i redditi più bassi per continuare la politica delle aggressioni militari all’estero, salvaguardando i privilegi della Chiesa e dell’oligarchia finanziaria, senza accorgersi che tutto è stato già fatto.
Ma quando Mario M rischia di perdere il lavoro poiché è in arretrato con le riforme “ce lo chiede l’Europa”, pensa ad una soluzione un po’ drastica per tirarsi fuori da quel problema, e distrarre i cittadini che cominciano a protestare massicciamente.
Ispirato da un gruppo di europeisti professionisti che si esibiscono in Italia, ha l’idea di dar vita ad uno spettacolo pro-euro coinvolgendoli tutti (Bersani, Vendola, Casini, Cgil, Berlusconi ecc.). Lo spettacolo sarà un successo.”

Non è mia intenzione fare della facile ironia su chi crede che le prossime elezioni politiche siano un’occasione per fermare l’attacco che il governo porta alle condizioni di vita del proletariato e dei ceti popolari. La situazione è talmente tragica che l’ironia può persino sembrare offensiva per chi non ha la prospettiva di un lavoro, di un reddito, di una vecchiaia serena.

Sono molti, nonostante l’aumento dell’astensionismo, quelli che continuano a credere che, comunque, anche il voto dia il suo piccolo contributo a cambiare qualcosa, e sono molti, anche fra quelli con cui abbiamo condiviso le lotte contro le scelte di guerra, di miseria e di repressione del governo, a credere che il 24 e 25 febbraio, giorni delle prossime elezioni politiche, sia una scadenza importante anche per i movimenti di lotta.

Le delusioni di questi ultimi anni non hanno evidentemente insegnato nulla, come non ha insegnato nulla la parabola del socialismo legalitario, con il definitivo tramonto della presenza in parlamento dei partiti di ispirazione marxista: l’evoluzione parallela dei partiti socialdemocratici e di quelli che hanno usurpato il nome di comunista dovrebbero aver dimostrato che la lotta di emancipazione del proletariato si può svolgere solo al di fuori e contro le istituzioni statali, che ogni “lunga marcia” all’interno delle istituzioni termina con la subordinazione agli interessi della borghesia. Allo stesso modo dovrebbe aver insegnato qualcosa il fatto che la borghesia, di fronte ad una minaccia reale od immaginaria al suo capitale, non ha esitato a cacciare a calci nel sedere quanti credevano di poter attuare il socialismo pacificamente, dai banchi del parlamento. E li ha cacciati con al violenza fascista o con quella dell’esercito, anche se i socialisti legalitari disponevano della metà più uno dei voti!

 

Ma tant’è, la storia insegna solo che la storia non insegna niente a nessuno, così che ancora una volta ci troviamo a combattere questo tarlo elettorale, che mina le impalcature gettate per costruire, attraverso l’autogestione delle lotte, l’autogestione della società.

 

Ebbene, una obiezione sottile è quella che sostiene che qualcuno degli eletti in Parlamento tornerà comodo per la lotta contro la TAV e le vertenze sindacali; quindi tanto vale votarli. In realtà la questione non si pone in termini così semplici.

 

Innanzi tutto, ancora una volta, torna utile uno sguardo al passato: anche in anni recenti, ci sono stati eletti che si sono adoperati per questa o quel problema sollevato dai movimenti di lotta. Ma, o al di fuori del Parlamento c’era un movimento di lotta che faceva sentire la propria voce, che faceva capire al Governo e alla maggioranza che lo sosteneva che i cittadini sarebbero stati capaci di prendersi da soli quello che il Parlamento era indeciso a concedere, e allora anche i parlamentari di maggioranza hanno ceduto; oppure i cittadini si sono affidati completamente ai meccanismi istituzionali, e allora la maggioranza ha fatto orecchie da mercante. Un esempio clamoroso della protervia delle istituzioni, quando non sono incalzate da un movimento deciso, radicato, antiistituzionale, è dato dai referendum sull’acqua pubblica. E non si contano poi le volte che dai parlamentari è venuto solo l’appello ad avere fiducia nelle istituzioni, ad isolare i “violenti”, e così via.

Allora, riepilogando, per ottenere dei risultati è necessario costruire un movimento radicato, basato sull’autogestione e che usa lo strumento dell’azione diretta, solo sotto la minaccia di un movimento di questo tipo i parlamentari di opposizione potranno fare qualcosa di più che semplice tappezzeria. Ora, dobbiamo chiederci se, nella prospettiva della costruzione di un movimento di questo tipo, è utile o meno la partecipazione alle elezioni.

In queste settimane centinaia e centinaia di militanti, che abbiamo visto nelle lotte sindacali, nelle mobilitazioni ambientaliste o pacifiste, sono stati impegnati nelle complesse trattative per la formazione di cartelli elettorali, per l’elaborazione delle liste, per la definizione dei programmi. Il risultato è che la possibilità per ogni lista di entrare in Parlamento è inversamente proporzionale alla sua rappresentatività dei movimenti: cioè quanto più le liste cercano di esprimere i contenuti dei movimenti di massa, l’opposizione sociale alla politica dei governi che si sono succeduti in questi anni, tanto meno hanno possibilità di far eleggere qualche candidato. Ogni militante sincero che, pieno di buona volontà, abbia partecipato a qualcuna di queste riunioni dovrà ammettere di aver dovuto rinunciare, in tutto o in pare, a quello per cui ha lottato in questi anni.

 

Una volta definito il programma, c’è da definire le liste, c’è la lotta fra i vari gruppi, le varie correnti, i singoli candidati per spuntare un posto migliore: sono elementi di polemica, di divisione che si ripercuoteranno pesantemente sui movimenti di lotta.

La tattica elettorale, fin dal primo momento, porta con sé la rinuncia agli obiettivi condivisi e la divisione al nostro interno

Per chi si batte per l’unità e l’autonomia dei movimenti di lotta, per l’autorganizzazione e l’azione diretta, non resta altra scelta che l’opposizione alla tattica elettorale, che si esprime nell’astensionismo.

Bene ha fatto il movimento No TAV a diffidare ancora una volta chi vorrebbe strumentalizzare il movimento per la propria campagna elettorale.

 

Il popolo fa paura ai governanti quando si batte fuori e conto istituzioni, fuori e contro il parlamento, fuori e contro il governo, ma quando accetta la farsa del “popolo sovrano” fa la fine dei re del carnevale: viene portato in giro con una corona di cartapesta in testa per un giorno, e gabbato tutto l’anno! E proprio questo spera di ottenere Monti con le elezioni anticipate. Sta a noi non cadere nella trappola.

 

Tiziano Antonelli

 

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Nello specchio della storia LIVORNO 1920: ASSEDIO ALLA QUESTURA

Nello specchio della storia

LIVORNO 1920: ASSEDIO ALLA QUESTURA

 

Il 4 maggio 1920 Livorno fu teatro di gravi conflitti a carattere insurrezionale, repressi nel sangue dalla forza pubblica, durante cui venne attaccato il palazzo della questura .

A differenza di Torino e Pola dove le forze dell’ordine aveva ucciso sei lavoratori, la giornata del Primo Maggio era appena trascorsa senza incidenti, con un corteo sindacale per le vie del centro conclusosi con un comizio al teatro Politeama dove erano intervenuti il socialista massimalista Nicola Bombacci e il segretario della Camera del Lavoro Zaverio Dalberto; all’Ardenza invece era stato tenuto il comizio indetto dagli anarchici con la partecipazione del sindacalista valdarnese Attilio Sassi. Inoltre, nel pomeriggio, un’altra adunata sindacale, con i medesimi oratori di quella della mattina, si era pacificamente svolta a Colline.

Dietro a tale apparente calma però, la tensione sociale in quel periodo era già molto alta in città a seguito delle agitazioni dei disoccupati e degli scioperi dei lavoratori portuali contro il potere padronale e la politica governativa; bastò infatti la notizia degli imprevisti fatti di Viareggio a far sfociare tale tensione in aperta rivolta.

A Viareggio una banale rissa sportiva seguita alla partita di calcio tra Lucca e Viareggio era degenerata in gravi disordini e quindi aveva assunto i caratteri di uno sciopero generale e di una sollevazione sovversiva.

Tutto era iniziato il 2 maggio quando, durante una zuffa scoppiata dopo il darby calcistico, i carabinieri avevano sparato e ucciso Augusto Morganti, un guardalinee con un passato di ex-tenente degli arditi di guerra che si era messo a capo della tifoseria viareggina. Di fronte a tale uccisione, la rabbia dei proletari viareggini tra i quali era molto forte la presenza anarchica dette vita ad un vero e proprio moto insurrezionale, tale da costringere i riottosi riformisti della Camera del Lavoro e del Partito socialista a dichiarare lo sciopero generale cittadino, mentre venivano disarmati i carabinieri ed assaltate le caserme dell’Arma.

Secondo quanto riferito dal corrispondente de «Il Telegrafo»: “Le donne, non tutte, si capisce, sono le più agitate, le più infuriate. Ne vedo a frotte, scarmigliate e discinte presso la Camera del Lavoro, ove sono esposti due vessilli, uno nero e l’altro rosso”.

Una volta che l’eco della situazione viareggina giunse a Livorno, immediatamente accese e fece dilagare il risentimento popolare, tanto da indurre la Camera del Lavoro a indire uno sciopero di protesta per il 4 maggio, aderendo all’invito del Sindacato ferrovieri e vedendo la convergenza del segretario, massimalista, Zaverio Dalberto, con le consistenti componenti anarchica e repubblicana della Camera del Lavoro.

Lo sciopero risultò esteso e compatto e, nel pomeriggio, una folla di lavoratori e sovversivi si radunò sotto la Camera del Lavoro in via Vittorio Emanuele (oggi via Grande), nei pressi di piazza Colonnella, in attesa di notizie da Viareggio e delle conseguenti decisioni del Consiglio delle Leghe ivi riunito. Nonostante la comunicazione che a Viareggio era stata decisa la cessazione del movimento, peraltro rimasto circoscritto, i dimostranti continuarono a rimanere in strada, mentre dalle finestre della Camera del Lavoro, i socialisti invitavano a tornare a casa, contraddetti dagli anarchici che sollecitavano i presenti a non fidarsi del governo e a continuare la lotta.

La situazione era ancora relativamente calma, con capannelli di gente impegnata a discutere sul da farsi; finchè carabinieri e militari presenti in forze circondarono la zona effettuando diversi fermi e bloccando le vie adiacenti.

A quel punto i presenti reagirono inveendo contro la presenza della sbirraglia, mentre sconosciuti assaltavano l’antistante armeria Soldaini e l’armeria Bertelli in via della Tazza (l’odierna via Piave), pur facendo uno scarso bottino consistente in rivoltelle per lo più inservibili, qualche fucile da caccia e alcuni coltelli.

Recatisi nella vicina questura in piazza Vittorio Emanuele, i sindacalisti socialisti Dalberto e Capocchi riuscirono, faticosamente, ad ottenere il rilascio degli arrestati, ma i carabinieri continuarono nella provocazione e in via Vittorio Emanuele alle sassate dei manifestanti risposero sparando – ginocchio a terra – coi moschetti e le rivoltelle sui proletari. Presi tra due fuochi, le vittime furono numerose: il socialista Flaminio Mazzantini, operaio ebanista di 48 anni e padre di otto figli, fu mortalmente colpito da due proiettili e Vittorio Volpini venne ferito in modo grave tanto da rimanere a lungo in pericolo di vita, ma si contarono almeno altri 14 lavoratori feriti dal piombo regio.

In risposta a tale eccidio, dopo le ore 21, un folto gruppo di sovversivi sparò alcune rivoltellate e lanciò tre ordigni esplosivi rudimentali contro il cancello della questura, ferendo alcuni carabinieri; quasi contemporaneamente nei pressi del porto venne lanciata una bomba a mano SIPE all’indirizzo del presidio composto da carabinieri e soldati che presidiavano la caserma Malenchini della guardia di finanza.

A seguito dell’accaduto la giunta esecutiva della Camera del Lavoro decideva, a tarda notte, la ripresa dello sciopero per l’indomani, mentre le forze di polizia eseguivano molti arresti, soprattutto tra gli anarchici ritenuti, senza alcuna prova, responsabili dell’assalto alla questura.

Così come a Viareggio, nel porto mediceo veniva fatto entrare un cacciatorpediniere della marina militare, mentre venivano fatti affluire, via mare, circa un migliaio di carabinieri e guardie regie.

I funerali di Mazzantini si trasformarono in un’enorme manifestazione proletaria (con sessantamila persone, secondo quanto riportato da «Umanità Nova»), con la partecipazione di tutte le organizzazioni di classe, oltre a socialisti, repubblicani e anarchici. Molti negozi avevano esposto la scritta “Chiuso per lutto proletario”. Il feretro era fiancheggiato da aderenti alla Lega Proletaria dei reduci di guerra, col nastro rosso al braccio, e seguito anche dai “ciclisti rossi” di cui Mazzantini era caposquadra. Nel nutrito spezzone anarchico, «La Gazzetta Livornese» riferì della presenza del gruppo di Ardenza, della sezione femminile anarchica, del Fascio rivoluzionario operaio e dell’associazione anticlericale “I nemici di Dio”. Alcuni incidenti si registrarono durante il corteo, soprattutto al passaggio davanti alla questura, tanto che al termine della giornata si contò un’altra quindicina di feriti, tra i quali otto donne.

L’ambasciatore inglese avrebbe annotato che “la città era stata per due giorni quasi completamente in mano ai rivoltosi”.

 

emmerre

 

 

 

Fonti.

Per la ricostruzione dei fatti sono state utilizzate le cronache pubblicate su «La Gazzetta Livornese» del 7-8 maggio 1920, su «Il Telegrafo» del 4 maggio e su «Umanità Nova» del 6, 7, 8 maggio 1920. Importante anche la ricerca di Tobias Abse, ‘Sovversivi’ e fascisti (1918-1922), pp. 75-11. Inoltre un riferimento è rintracciabile in Mimmo Franzinelli, Squadristi, p. 288. Al contrario è risultato del tutto inattendibile il racconto di Dino Frangioni che, in Il prezzo della libertà, riferisce di un “Eugenio Mazzantini ucciso tra i primi, ad opera delle guardie regie, durante una manifestazione antifascista”

 

Da Umanità Nova n.40 del 23 dicembre 2012

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Livorno reagisce alla politica del manganello

da: Umanità Nova n.38 del 9 dicembre 2012

Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso la Libreria Belforte in Via della Madonna e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20)

Livorno reagisce alla politica del manganello

Repressione e rivolta

La settimana si è chiusa a Livorno con la riaffermazione da parte dei settori più combattivi della città del diritto a manifestare.

E’ bene riepilogare i fatti.

Venerdì 30 novembre si teneva a Livorno il comizio di Bersani, in occasione delle elezioni primarie del PD. La sede scelta era il Terminal Crociere, un edificio isolato all’interno di un parcheggio nella zona portuale, a cui si accede attraverso alcuni gradini.

Un gruppo di aderenti alla ex-caserma occupata decide di recarsi al Terminal Crociere per contestare pacificamente la presenza di Bersani, in solidarietà con le vittime degli arresti e delle perquisizioni nei confronti di membri del movimento No TAV. Giunti sul posto trovano un gruppo di lavoratrici della Sodexo di Pisa in lotta per il posto di lavoro. Ma trovano anche il servizio d’ordine del PD spalleggiato dalla DIGOS al gran completo e da un reparto antisommossa. I tentativi di entrare si concludono con tre cariche ed alcuni compagni contusi.

L’Ex-Caserma Occupata convoca un presidio per sabato 1° dicembre, con lo scopo di denunciare le cariche della sera precedente, presidio a cui partecipano anche la Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico e Libertario.

I compagni presenti (circa una quarantina) decidono di dar vita ad un presidio itinerante che, dopo alcune soste nel centro della città, si conclude in Piazza Cavour, nella zona pedonale. Poco prima dello scioglimento arrivano i reparti antisommossa di Polizia e Carabinieri che fronteggiano i manifestanti ed intimano di sciogliere il presidio; senza porre tempo in mezzo e senza che ci fossero state reazioni da parte dei manifestanti parte la carica, brutale e violenta come non ce n’erano mai state a Livorno. Nella carica vengono manganellati alla rinfusa manifestanti e passanti: due persone finiscono all’ospedale. Ma, dopo un primo sbandamento, il presidio si ricompone e i compagni rimangono a fronteggiare la polizia, mentre passanti solidali arrivano a dar man forte alle vittime della violenza. Appena la situazione si fa meno tesa e la polizia arretra, il presidio si scioglie e viene riconvocato per il giorno successivo, domenica alle ore 17, sempre in piazza Cavour, per riprendersi la libertà di di manifestazione e per dimostrare che non ci si piega di fronte alla repressione e alla violenza poliziesca.

Gli anarchici livornesi hanno subito rilevato l’estrema gravità dei fatti di sabato, un’aggressione a freddo di polizia e carabinieri nei confronti di manifestanti pacifici: scene a cui i cittadini di Livorno non sono abituati; la storica presenza anarchica, nutrita e radicata, la componente antagonista e antiistituzionale hanno garantito nei fatti una notevole agibilità politica; agibilità che evidentemente disturba il manovratore. Per citare il comunicato sui fatti di sabato: “è proprio l’anomalia Livorno che va normalizzata in un momento in cui le direttive governative sono chiaramente indirizzate in senso repressivo verso qualsiasi tipo di manifestazione di dissenso, dagli studenti, agli ambientalisti, agli operai, in un momento in cui va avanti la fascistizzazione dello stato e sotto la maschera della legalità si porta avanti la brutalità della repressione e del soffocamento dei diritti più elementari”. Nella giornata di sabato, le forze dell’ordine hanno fatto vedere ai livornesi un po’ di Val Susa, sia per la brutale violenza esercitata contro manifestanti pacifici, sia per l’atteggiamento da truppe di occupazione che hanno tenuto: il pattuglione che ha effettuato la carica si guardava soprattutto da possibili reazioni dei curiosi, e già dopo pochi minuti dopo la carica si trovava circondato da una folla ostile.

Domenica 2 dicembre l’annunciato presidio che era stato indetto in Piazza Cavour, si è trasformato in un corteo che è andato crescendo durante il percorso, fino a raggruppare più di mille persone, che esprimevano ad alta voce la loro protesta contro la polizia, contro il PD, contro il Governo. Livorno si è stretta solidale attorno alle vittime della repressione, e le pratiche messe in opera domenica pomeriggio, come la reazione popolare di fronte alla prefettura, sono il risultato del comportamento delle forze dell’ordine e delle scelte dei tutori dell’ordine pubblico.

A Livorno si registrano i più alti tassi di miseria, disoccupazione, inquinamento, suicidi: hanno tentato di togliere anche il diritto di manifestare, e la reazione è scattata immediata: anziché arrampicarsi sui tetti, o andare in giro con le mani alzate, domenica pomeriggio in centro non si vedeva una divisa, fuorché quella dei vigili urbani, e anch’essi a debita distanza dalla manifestazione.

Il corteo è partito dalla piazza teatro della violenza della polizia, Piazza Cavour, per snodarsi attraverso le vie cittadine fino alla Questura e alla Prefettura dove, la provocatoria presenza della polizia e i cancelli lasciati aperti hanno fatto da catalizzatore alla rabbia, e si sono avuti lanci di oggetti di vario tipo, che hanno costretto a chiudere i cancelli della Prefettura. Il corteo è poi proseguito fino a raggiungere di nuovo Piazza Cavour, dove si è sciolto, lasciando ai partecipanti la convinzione che la prossima volta polizia e carabinieri ci penseranno due volte prima di caricare un presidio pacifico.

Ora le istituzioni locali, dopo aver taciuto sulle violenze della polizia, si schierano a difesa delle istituzioni governative, dimostrando quanto i palazzi del potere, locali e nazionali, siano lontani dai sentimenti dei ceti popolari livornesi. Partiti e mezzi di comunicazione riprendono il vecchio ritornello della legalità: quando protestano i lavoratori, gli studenti, i precari, gli attivisti in difesa del territorio c’è sempre qualcosa di irregolare, di illegale. Il Governo intanto si fa beffe si questo ritornello, torce e viola la sua stessa legalità, quella Costituzione su cui ha giurato, se c’è da difendere un privilegio di quelle classi che gli garantiscono il consenso sociale, illudendosi di gestire le ricadute sociali sulla gran massa degli sfruttati con i reparti antisommossa e il manganello. Quanto è accaduto domenica a Livorno è un brusco risveglio per chi si culla in queste illusioni.

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BASTA SACRIFICI!

Negli ultimi 4 anni i governi Berlusconi e Monti hanno varato 10 manovre: 330 miliardi fra maggiori tasse e tagli alla spese; però sono state aumentate le spese militari, con i programmi per nuove armi (F35, fregate, elicotteri, ecc), sono stati mantenuti i privilegi per la Chiesa, esenzione IMU, sono state salvate le banche, 85 miliardi per ripianare i buchi, sono state ridotte le tasse alle grandi imprese (IRAP e IRES).

A pagare sono sempre i soliti

Servizi pubblici. Sono stati puntualmente soppressi molti servizi di pubblica utilità particolarmente nella sanità (tra il 2010 e il 2014 tagli al servizio sanitario per 26 miliardi, iposti letto diminuiti di 18mila, ticket aumentati di 2 miliardi nel solo 2012. Basti pensare che a Livorno i tagli sulla sanità comporteranno, tra le altre cose, anche l’ampliamento della pausa natalizia di sospensione degli interventi non urgenti ).Pesante anche la situazione della scuola (aumento del numero degli alunni per classe, taglio al sostegno dei disabili, tagli alle spese per la sicurezza degli edifici, taglio del personale docente e non docente, aumento dei finanziamenti alle scuole private, in gran parte cattoliche).

Prima si distruggono i servizi pubblici e poi si sostiene che vanno privatizzati perché non funzionano.

Precarizzazione. Oggi otto nuovi occupati su dieci sono precari, cioè guadagnano poco e sono facilmente ricattabili.

Disoccupazione. La disoccupazione ha raggiunto il 10,8% senza contare coloro che hanno rinunciato anche solo a cercarlo il lavoro. Fra i giovani la disoccupazione è oggi al 34%, il 50% in più del 2008.

Povertà. La povertà colpisce 8,3 milioni di italiani, il 20% sono under 35

Guerra di classe dei ricchi contro i poveri

Il governo di “tecnici” sta adottando misure tipiche dei tempi di guerra. In effetti siamo in guerra, una guerra di classe dei ricchi contro poveri. Il Governo sostiene i padroni in questa guerra, perché ha bisogno di una classe economicamente potente che lo appoggi in cambio della protezione legale e materiale che ne riceve. Per questo il Governoagisce per impoverire ma anche per impaurire, intimidire, reprimere milioni di sfruttati.

Fra il 1990 e il 2005 i salari, al netto dell’inflazione, erano aumentati del 4,8% mentre i profitti di tutte le imprese erano aumentati del 15,5%, i profitti delle grandi imprese del 63,5% e i profitti delle 1400 imprese più grandi del 90%; però quando nel 2008 è scoppiata una crisi economica devastante gli Stati invece di prelevare le risorse da chi aveva accumulato enormi ricchezze hanno deciso di tagliare i servizi sociali e di aumentare le tasse ai più poveri.

Come uscirne

Ci avviamo verso un mondo di guerre e di rivoluzioni, se non vogliamo essere travolti dalle prime e perdere le seconde dobbiamo, da subito:

  • lottare per aumenti salariali e diminuzione dell’orario di lavoro,

  • socializzare i mezzi di produzione e la terra attraverso il loro controllo da parte di chi ci lavora e di chi ci vive accanto, ed usare in modo razionale le risorse e i cicli produttivi nel rispetto dell’ambiente e della salute,

  • sviluppare l’autogestione e le forme di autoorganizzazione

 

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO

 

Umanità Nova- settimanale anarchico- in vendita presso edicola P.zza Grande (lato bar Sole), edicola P.zza Damiano Chiesa, libreria Belforte v. della Madonna

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LIVORNO NON SI PIEGA! I COMUNICATI IN ORDINE CRONOLOGICO PER RICOSTRUIRE GLI ULTIMI GIORNI

LIVORNO NON SI PIEGA!

I COMUNICATI IN ORDINE CRONOLOGICO PER RICOSTRUIRE GLI ULTIMI GIORNI

 

 

La Polizia carica chi contesta Bersani (fatti avvenuti venerdì 30/11)

 

Il Collettivo Anarchico Libertario e la Federazione Anarchica Livornese denunciano la violenza usata da polizia e carabinieri contro studenti e lavoratori che venerdì (30 novembre) sera hanno contestato il segretario del PD Pierluigi Bersani.

 

Carabinieri e polizia hanno caricato più volte una manifestazione pacifica, organizzata dalla Ex-Caserma Occupata in solidarietà con il movimento NO TAV, alla quale hanno preso parte decine di persone, tra cui una delegazione di lavoratrici della Sodexo che da oltre un mese lottano contro i licenziamenti nei servizi di pulizia all’ospedale di Cisanello a Pisa.

Alcuni ragazzi che tenevano lo striscione sono stati colpiti alla testa dalle manganellate.

Da anni a Livorno non venivano manganellati i manifestanti.

L’ultima volta accadde il 12 febbraio del 2007 quando a Livorno venne proprio Bersani!

Allora, in una serata simile a quella di venerdì, fredda e piovosa, i carabinieri sgomberarono con la violenza i due sit-in dei contestatori che protestavano contro il rigassificatore.

Le “forze dell’ordine” proteggono sempre il più forte. Venerdì sera hanno difeso il potere locale del PD, che sfrutta, saccheggia e inquina sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici. Hanno difeso chi sostiene il governo Monti nei tagli e nelle politiche di macelleria sociale.

Basta repressione! Basta sacrifici!

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

 

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LIVORNO MANGANELLI SUI MANIFESTANTI

 

Sabato 1 dicembre a Livorno viene convocato, da parte della Ex Caserma Occupata, un presidio a cui partecipano anche la Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario per denunciare le cariche della polizia avvenute la sera precedente durante una contestazione a Pierluigi Bersani.

 

Fino da subito è evidente una presenza importante di celere e carabinieri determinati ad impedire la manifestazione. Il presidio diventa itinerante e si sposta del tutto pacificamente in alcuni punti della città fino ad approdare, dopo un brevissimo corteo, in piazza Cavour, zona pedonale, dove il presidio viene mantenuto attorno alla statua e sul marciapiede, senza intralci per il traffico. Immediatamente celere e carabinieri fronteggiano i manifestanti e, in assetto antisommossa, intimano di sciogliere il presidio.

 

Quindi, senza intervalli di tempo e senza interventi di mediazione, senza che ci siano state nel frattempo azioni da parte dei manifestanti, parte, in modo del tutto immotivato, una carica in cui vengono manganellati alla rinfusa manifestanti e passanti. Due persone finiscono all’ospedale.

 

Di fronte alla brutalità della polizia, molte sono le persone che ingrossano il presidio solidarizzando con i manifestanti e chiedendo a gran voce l’allontanamento della polizia. Finita la carica, per tre quarti d’ora manifestanti e polizia rimangono a fronteggiarsi: da una parte c’è chi afferma la libertà di riunirsi e manifestare, dall’altra ci sono i manganelli e gli scudi. Appena la situazione si fa meno tesa e la polizia arretra, il presidio si scioglie e viene riconvocato per il giorno successivo, domenica alle ore 17, sempre in piazza Cavour, per affermare la libertà di di manifestazione e per protestare contro la repressione e la violenza poliziesca.

 

I fatti accaduti nel pomeriggio di sabato, sono di una gravità estrema :quella a cui abbiamo assistito è stata una vera e propria aggressione a freddo da parte di polizia e carabinieri, qualcosa a cui la città di Livorno non è certo abituata: una netta tradizione di sinistra, una storica radicata e nutrita presenza anarchica, una forte componente antagonista e antiistituzionale hanno sempre di fatto garantito una notevole agibilità politica. Ma forse è proprio l’anomalia Livorno che va normalizzata in un momento in cui le direttive governative sono chiaramente indirizzate in senso repressivo verso qualsiasi tipo di manifestazione di dissenso, dagli studenti, agli ambientalisti, agli operai, in un momento in cui va avanti la fascistizzazione dello stato e sotto la maschera della legalità si porta avanti la brutalità della repressione e del soffocamento dei diritti più elementari.

 

Per questo motivo, rispondendo all’appello dell’Ex Caserma Occupata, gli anarchici domani saranno ancora in piazza, per difendere la libertà di manifestare, nostra e di tutti coloro che si oppongono alla violenza dello stato e dei suoi apparati, a Livorno come altrove.

 

Facciamo appello ai compagni delle località più vicine ad essere presenti domenica 2 dicembre alle ore 17 in piazza Cavour

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

 

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A Livorno è stata riaffermata la libertà di manifestare

 

Dopo due giorni di violenza poliziesca caratterizzata da cariche e manganellate, finalmente nella giornata di domenica (2 dicembre) a Livorno è stato riaffermata la libertà di espressione e manifestazione. Il presidio raccoltosi in piazza Cavour, scenario delle cariche del sabato pomeriggio, ha dato vita ad un corteo partecipatissimo dalla cittadinanza, che si è andato ingrossando man mano che sfilava per le vie del centro.

 

Un migliaio di persone hanno sfilato per le strade di Livorno, solidarizzando senza preclusioni con chi era stato oggetto di repressione, riprendendosi con la pratica la libertà di manifestazione e l’agibilità politica. Polizia e carabinieri con l’atteggiamento repressivo e provocatorio adottato nelle giornate di venerdì e sabato hanno dato prova di saper solo alimentare il disordine e la tensione sociale.

 

Livorno è tra le città che registrano i più alti tassi di povertà, disoccupazione, inquinamento. Hanno tentato di togliere anche il diritto di manifestare: la risposta era prevedibile.

 

Partiti e istituzioni si appellano alla legalità contro le manifestazioni di questi giorni, ma quel che si vede è un Governo che ogni giorno torce e viola le sue stesse regole, la legalità, la Costituzione a cui ha giurato fedeltà, per il vantaggio dei pochi privilegiati, illudendosi di gestire le ricadute sociali sulla grande massa degli sfruttati con la celere e il manganello

 

La città ha reagito dimostrando vivacità politica e grande determinazione, mostrando di saper dare rappresentazione concreta ad un malcontento diffuso e all’insofferenza verso qualsiasi sopraffazione e limitazione delle libertà.

 

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Comunicato sul corteo di domenica: A Livorno è stata riaffermata la libertà di manifestare

Dopo due giorni di violenza poliziesca caratterizzata da cariche e manganellate, finalmente nella giornata di domenica a Livorno è stato riaffermata la libertà di espressione e manifestazione. Il presidio raccoltosi in piazza Cavour, scenario delle cariche del sabato pomeriggio, ha dato vita ad un corteo partecipatissimo dalla cittadinanza, che si è andato ingrossando man mano che sfilava per le vie del centro. Un migliaio di persone hanno sfilato per le strade di Livorno, solidarizzando senza preclusioni con chi era stato oggetto di repressione, riprendendosi con la pratica la libertà di manifestazione e l’agibilità politica. Polizia e carabinieri con l’atteggiamento repressivo e provocatorio adottato nelle giornate di venerdì e sabato hanno dato prova di saper solo alimentare il disordine e la tensione sociale.
Livorno è tra le città che registrano i più alti tassi di povertà, disoccupazione, inquinamento. Hanno tentato di togliere anche il diritto di manifestare: la risposta era prevedibile.
Partiti e istituzioni si appellano alla legalità contro le manifestazioni di questi giorni, ma quel che si vede è un Governo che ogni giorno torce e viola le sue stesse regole, la legalità, la Costituzione a cui ha giurato fedeltà, per il vantaggio dei pochi privilegiati, illudendosi di gestire le ricadute sociali sulla grande massa degli sfruttati con la celere e il manganello.
La città ha reagito dimostrando vivacità politica e grande determinazione, mostrando di saper dare rappresentazione concreta ad un malcontento diffuso e all’insofferenza verso qualsiasi sopraffazione e limitazione delle libertà.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

3/12/2012

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LIVORNO: MANGANELLI SUI MANIFESTANTI – DOMENICA 2/12 ORE 17 IN PIAZZA CAVOUR

LIVORNO MANGANELLI SUI MANIFESTANTI
Sabato 1 dicembre a Livorno viene convocato, da parte della Ex Caserma Occupata, un presidio a cui partecipano anche la Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario per denunciare le cariche della polizia avvenute la sera precedente durante una contestazione a Pierluigi Bersani. Fino da subito è evidente una presenza importante di celere e carabinieri determinati ad impedire la manifestazione. Il presidio diventa itinerante e si sposta del tutto pacificamente in alcuni punti della città fino ad approdare, dopo un brevissimo corteo, in piazza Cavour, zona pedonale, dove il presidio viene mantenuto attorno alla statua e sul marciapiede, senza intralci per il traffico. Immediatamente celere e carabinieri fronteggiano i manifestanti e, in assetto antisommossa, intimano di sciogliere il presidio. Quindi, senza intervalli di tempo e senza interventi di mediazione, senza che ci siano state nel frattempo azioni da parte dei manifestanti, parte, in modo del tutto immotivato, una carica in cui vengono manganellati alla rinfusa manifestanti e passanti. Due persone finiscono all’ospedale. Di fronte alla brutalità della polizia, molte sono le persone che ingrossano il presidio solidarizzando con i manifestanti e chiedendo a gran voce l’allontanamento della polizia. Finita la carica, per tre quarti d’ora manifestanti e polizia rimangono a fronteggiarsi: da una parte c’è chi afferma la libertà di riunirsi e manifestare, dall’altra ci sono i manganelli e gli scudi. Appena la situazione si fa meno tesa e la polizia arretra, il presidio si scioglie e viene riconvocato per il giorno successivo, domenica alle ore 17, sempre in piazza Cavour, per affermare la libertà di di manifestazione e per protestare contro la repressione e la violenza poliziesca.
I fatti accaduti nel pomeriggio di sabato, sono di una gravità estrema :quella a cui abbiamo assistito è stata una vera e propria aggressione a freddo da parte di polizia e carabinieri, qualcosa a cui la città di Livorno non è certo abituata: una netta tradizione di sinistra, una storica radicata e nutrita presenza anarchica, una forte componente antagonista e antiistituzionale hanno sempre di fatto garantito una notevole agibilità politica. Ma forse è proprio l’anomalia Livorno che va normalizzata in un momento in cui le direttive governative sono chiaramente indirizzate in senso repressivo verso qualsiasi tipo di manifestazione di dissenso, dagli studenti, agli ambientalisti, agli operai, in un momento in cui va avanti la fascistizzazione dello stato e sotto la maschera della legalità si porta avanti la brutalità della repressione e del soffocamento dei diritti più elementari.
Per questo motivo, rispondendo all’appello dell’Ex Caserma Occupata, gli anarchici domani saranno ancora in piazza, per difendere la libertà di manifestare, nostra e di tutti coloro che si oppongono alla violenza dello stato e dei suoi apparati, a Livorno come altrove.
Facciamo appello ai compagni delle località più vicine ad essere presenti domenica 2 dicembre alle ore 17 in piazza Cavour
Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

 

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POLIZIA CARICA UN PRESIDIO: DOMANI A LIVORNO ORE 17 IN PIAZZA CAVOUR

OGGI LA POLIZIA HA CARICATO UN PRESIDIO PACIFICO SUL MARCIAPIEDE
MANDANDO ALL’OSPEDALE UN RAGAZZO E UNA DONNA
DOMANI TUTT* IN PIAZZA A LIVORNO ORE 17 IN PIAZZA CAVOUR
CONTRO LA BRUTALE VIOLENZA DELLA POLIZIA
PER LA LIBERTA’ DI MANIFESTARE

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