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Nello specchio della storia LIVORNO 1920: ASSEDIO ALLA QUESTURA

Nello specchio della storia

LIVORNO 1920: ASSEDIO ALLA QUESTURA

 

Il 4 maggio 1920 Livorno fu teatro di gravi conflitti a carattere insurrezionale, repressi nel sangue dalla forza pubblica, durante cui venne attaccato il palazzo della questura .

A differenza di Torino e Pola dove le forze dell’ordine aveva ucciso sei lavoratori, la giornata del Primo Maggio era appena trascorsa senza incidenti, con un corteo sindacale per le vie del centro conclusosi con un comizio al teatro Politeama dove erano intervenuti il socialista massimalista Nicola Bombacci e il segretario della Camera del Lavoro Zaverio Dalberto; all’Ardenza invece era stato tenuto il comizio indetto dagli anarchici con la partecipazione del sindacalista valdarnese Attilio Sassi. Inoltre, nel pomeriggio, un’altra adunata sindacale, con i medesimi oratori di quella della mattina, si era pacificamente svolta a Colline.

Dietro a tale apparente calma però, la tensione sociale in quel periodo era già molto alta in città a seguito delle agitazioni dei disoccupati e degli scioperi dei lavoratori portuali contro il potere padronale e la politica governativa; bastò infatti la notizia degli imprevisti fatti di Viareggio a far sfociare tale tensione in aperta rivolta.

A Viareggio una banale rissa sportiva seguita alla partita di calcio tra Lucca e Viareggio era degenerata in gravi disordini e quindi aveva assunto i caratteri di uno sciopero generale e di una sollevazione sovversiva.

Tutto era iniziato il 2 maggio quando, durante una zuffa scoppiata dopo il darby calcistico, i carabinieri avevano sparato e ucciso Augusto Morganti, un guardalinee con un passato di ex-tenente degli arditi di guerra che si era messo a capo della tifoseria viareggina. Di fronte a tale uccisione, la rabbia dei proletari viareggini tra i quali era molto forte la presenza anarchica dette vita ad un vero e proprio moto insurrezionale, tale da costringere i riottosi riformisti della Camera del Lavoro e del Partito socialista a dichiarare lo sciopero generale cittadino, mentre venivano disarmati i carabinieri ed assaltate le caserme dell’Arma.

Secondo quanto riferito dal corrispondente de «Il Telegrafo»: “Le donne, non tutte, si capisce, sono le più agitate, le più infuriate. Ne vedo a frotte, scarmigliate e discinte presso la Camera del Lavoro, ove sono esposti due vessilli, uno nero e l’altro rosso”.

Una volta che l’eco della situazione viareggina giunse a Livorno, immediatamente accese e fece dilagare il risentimento popolare, tanto da indurre la Camera del Lavoro a indire uno sciopero di protesta per il 4 maggio, aderendo all’invito del Sindacato ferrovieri e vedendo la convergenza del segretario, massimalista, Zaverio Dalberto, con le consistenti componenti anarchica e repubblicana della Camera del Lavoro.

Lo sciopero risultò esteso e compatto e, nel pomeriggio, una folla di lavoratori e sovversivi si radunò sotto la Camera del Lavoro in via Vittorio Emanuele (oggi via Grande), nei pressi di piazza Colonnella, in attesa di notizie da Viareggio e delle conseguenti decisioni del Consiglio delle Leghe ivi riunito. Nonostante la comunicazione che a Viareggio era stata decisa la cessazione del movimento, peraltro rimasto circoscritto, i dimostranti continuarono a rimanere in strada, mentre dalle finestre della Camera del Lavoro, i socialisti invitavano a tornare a casa, contraddetti dagli anarchici che sollecitavano i presenti a non fidarsi del governo e a continuare la lotta.

La situazione era ancora relativamente calma, con capannelli di gente impegnata a discutere sul da farsi; finchè carabinieri e militari presenti in forze circondarono la zona effettuando diversi fermi e bloccando le vie adiacenti.

A quel punto i presenti reagirono inveendo contro la presenza della sbirraglia, mentre sconosciuti assaltavano l’antistante armeria Soldaini e l’armeria Bertelli in via della Tazza (l’odierna via Piave), pur facendo uno scarso bottino consistente in rivoltelle per lo più inservibili, qualche fucile da caccia e alcuni coltelli.

Recatisi nella vicina questura in piazza Vittorio Emanuele, i sindacalisti socialisti Dalberto e Capocchi riuscirono, faticosamente, ad ottenere il rilascio degli arrestati, ma i carabinieri continuarono nella provocazione e in via Vittorio Emanuele alle sassate dei manifestanti risposero sparando – ginocchio a terra – coi moschetti e le rivoltelle sui proletari. Presi tra due fuochi, le vittime furono numerose: il socialista Flaminio Mazzantini, operaio ebanista di 48 anni e padre di otto figli, fu mortalmente colpito da due proiettili e Vittorio Volpini venne ferito in modo grave tanto da rimanere a lungo in pericolo di vita, ma si contarono almeno altri 14 lavoratori feriti dal piombo regio.

In risposta a tale eccidio, dopo le ore 21, un folto gruppo di sovversivi sparò alcune rivoltellate e lanciò tre ordigni esplosivi rudimentali contro il cancello della questura, ferendo alcuni carabinieri; quasi contemporaneamente nei pressi del porto venne lanciata una bomba a mano SIPE all’indirizzo del presidio composto da carabinieri e soldati che presidiavano la caserma Malenchini della guardia di finanza.

A seguito dell’accaduto la giunta esecutiva della Camera del Lavoro decideva, a tarda notte, la ripresa dello sciopero per l’indomani, mentre le forze di polizia eseguivano molti arresti, soprattutto tra gli anarchici ritenuti, senza alcuna prova, responsabili dell’assalto alla questura.

Così come a Viareggio, nel porto mediceo veniva fatto entrare un cacciatorpediniere della marina militare, mentre venivano fatti affluire, via mare, circa un migliaio di carabinieri e guardie regie.

I funerali di Mazzantini si trasformarono in un’enorme manifestazione proletaria (con sessantamila persone, secondo quanto riportato da «Umanità Nova»), con la partecipazione di tutte le organizzazioni di classe, oltre a socialisti, repubblicani e anarchici. Molti negozi avevano esposto la scritta “Chiuso per lutto proletario”. Il feretro era fiancheggiato da aderenti alla Lega Proletaria dei reduci di guerra, col nastro rosso al braccio, e seguito anche dai “ciclisti rossi” di cui Mazzantini era caposquadra. Nel nutrito spezzone anarchico, «La Gazzetta Livornese» riferì della presenza del gruppo di Ardenza, della sezione femminile anarchica, del Fascio rivoluzionario operaio e dell’associazione anticlericale “I nemici di Dio”. Alcuni incidenti si registrarono durante il corteo, soprattutto al passaggio davanti alla questura, tanto che al termine della giornata si contò un’altra quindicina di feriti, tra i quali otto donne.

L’ambasciatore inglese avrebbe annotato che “la città era stata per due giorni quasi completamente in mano ai rivoltosi”.

 

emmerre

 

 

 

Fonti.

Per la ricostruzione dei fatti sono state utilizzate le cronache pubblicate su «La Gazzetta Livornese» del 7-8 maggio 1920, su «Il Telegrafo» del 4 maggio e su «Umanità Nova» del 6, 7, 8 maggio 1920. Importante anche la ricerca di Tobias Abse, ‘Sovversivi’ e fascisti (1918-1922), pp. 75-11. Inoltre un riferimento è rintracciabile in Mimmo Franzinelli, Squadristi, p. 288. Al contrario è risultato del tutto inattendibile il racconto di Dino Frangioni che, in Il prezzo della libertà, riferisce di un “Eugenio Mazzantini ucciso tra i primi, ad opera delle guardie regie, durante una manifestazione antifascista”

 

Da Umanità Nova n.40 del 23 dicembre 2012

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Livorno reagisce alla politica del manganello

da: Umanità Nova n.38 del 9 dicembre 2012

Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso la Libreria Belforte in Via della Madonna e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20)

Livorno reagisce alla politica del manganello

Repressione e rivolta

La settimana si è chiusa a Livorno con la riaffermazione da parte dei settori più combattivi della città del diritto a manifestare.

E’ bene riepilogare i fatti.

Venerdì 30 novembre si teneva a Livorno il comizio di Bersani, in occasione delle elezioni primarie del PD. La sede scelta era il Terminal Crociere, un edificio isolato all’interno di un parcheggio nella zona portuale, a cui si accede attraverso alcuni gradini.

Un gruppo di aderenti alla ex-caserma occupata decide di recarsi al Terminal Crociere per contestare pacificamente la presenza di Bersani, in solidarietà con le vittime degli arresti e delle perquisizioni nei confronti di membri del movimento No TAV. Giunti sul posto trovano un gruppo di lavoratrici della Sodexo di Pisa in lotta per il posto di lavoro. Ma trovano anche il servizio d’ordine del PD spalleggiato dalla DIGOS al gran completo e da un reparto antisommossa. I tentativi di entrare si concludono con tre cariche ed alcuni compagni contusi.

L’Ex-Caserma Occupata convoca un presidio per sabato 1° dicembre, con lo scopo di denunciare le cariche della sera precedente, presidio a cui partecipano anche la Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico e Libertario.

I compagni presenti (circa una quarantina) decidono di dar vita ad un presidio itinerante che, dopo alcune soste nel centro della città, si conclude in Piazza Cavour, nella zona pedonale. Poco prima dello scioglimento arrivano i reparti antisommossa di Polizia e Carabinieri che fronteggiano i manifestanti ed intimano di sciogliere il presidio; senza porre tempo in mezzo e senza che ci fossero state reazioni da parte dei manifestanti parte la carica, brutale e violenta come non ce n’erano mai state a Livorno. Nella carica vengono manganellati alla rinfusa manifestanti e passanti: due persone finiscono all’ospedale. Ma, dopo un primo sbandamento, il presidio si ricompone e i compagni rimangono a fronteggiare la polizia, mentre passanti solidali arrivano a dar man forte alle vittime della violenza. Appena la situazione si fa meno tesa e la polizia arretra, il presidio si scioglie e viene riconvocato per il giorno successivo, domenica alle ore 17, sempre in piazza Cavour, per riprendersi la libertà di di manifestazione e per dimostrare che non ci si piega di fronte alla repressione e alla violenza poliziesca.

Gli anarchici livornesi hanno subito rilevato l’estrema gravità dei fatti di sabato, un’aggressione a freddo di polizia e carabinieri nei confronti di manifestanti pacifici: scene a cui i cittadini di Livorno non sono abituati; la storica presenza anarchica, nutrita e radicata, la componente antagonista e antiistituzionale hanno garantito nei fatti una notevole agibilità politica; agibilità che evidentemente disturba il manovratore. Per citare il comunicato sui fatti di sabato: “è proprio l’anomalia Livorno che va normalizzata in un momento in cui le direttive governative sono chiaramente indirizzate in senso repressivo verso qualsiasi tipo di manifestazione di dissenso, dagli studenti, agli ambientalisti, agli operai, in un momento in cui va avanti la fascistizzazione dello stato e sotto la maschera della legalità si porta avanti la brutalità della repressione e del soffocamento dei diritti più elementari”. Nella giornata di sabato, le forze dell’ordine hanno fatto vedere ai livornesi un po’ di Val Susa, sia per la brutale violenza esercitata contro manifestanti pacifici, sia per l’atteggiamento da truppe di occupazione che hanno tenuto: il pattuglione che ha effettuato la carica si guardava soprattutto da possibili reazioni dei curiosi, e già dopo pochi minuti dopo la carica si trovava circondato da una folla ostile.

Domenica 2 dicembre l’annunciato presidio che era stato indetto in Piazza Cavour, si è trasformato in un corteo che è andato crescendo durante il percorso, fino a raggruppare più di mille persone, che esprimevano ad alta voce la loro protesta contro la polizia, contro il PD, contro il Governo. Livorno si è stretta solidale attorno alle vittime della repressione, e le pratiche messe in opera domenica pomeriggio, come la reazione popolare di fronte alla prefettura, sono il risultato del comportamento delle forze dell’ordine e delle scelte dei tutori dell’ordine pubblico.

A Livorno si registrano i più alti tassi di miseria, disoccupazione, inquinamento, suicidi: hanno tentato di togliere anche il diritto di manifestare, e la reazione è scattata immediata: anziché arrampicarsi sui tetti, o andare in giro con le mani alzate, domenica pomeriggio in centro non si vedeva una divisa, fuorché quella dei vigili urbani, e anch’essi a debita distanza dalla manifestazione.

Il corteo è partito dalla piazza teatro della violenza della polizia, Piazza Cavour, per snodarsi attraverso le vie cittadine fino alla Questura e alla Prefettura dove, la provocatoria presenza della polizia e i cancelli lasciati aperti hanno fatto da catalizzatore alla rabbia, e si sono avuti lanci di oggetti di vario tipo, che hanno costretto a chiudere i cancelli della Prefettura. Il corteo è poi proseguito fino a raggiungere di nuovo Piazza Cavour, dove si è sciolto, lasciando ai partecipanti la convinzione che la prossima volta polizia e carabinieri ci penseranno due volte prima di caricare un presidio pacifico.

Ora le istituzioni locali, dopo aver taciuto sulle violenze della polizia, si schierano a difesa delle istituzioni governative, dimostrando quanto i palazzi del potere, locali e nazionali, siano lontani dai sentimenti dei ceti popolari livornesi. Partiti e mezzi di comunicazione riprendono il vecchio ritornello della legalità: quando protestano i lavoratori, gli studenti, i precari, gli attivisti in difesa del territorio c’è sempre qualcosa di irregolare, di illegale. Il Governo intanto si fa beffe si questo ritornello, torce e viola la sua stessa legalità, quella Costituzione su cui ha giurato, se c’è da difendere un privilegio di quelle classi che gli garantiscono il consenso sociale, illudendosi di gestire le ricadute sociali sulla gran massa degli sfruttati con i reparti antisommossa e il manganello. Quanto è accaduto domenica a Livorno è un brusco risveglio per chi si culla in queste illusioni.

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BASTA SACRIFICI!

Negli ultimi 4 anni i governi Berlusconi e Monti hanno varato 10 manovre: 330 miliardi fra maggiori tasse e tagli alla spese; però sono state aumentate le spese militari, con i programmi per nuove armi (F35, fregate, elicotteri, ecc), sono stati mantenuti i privilegi per la Chiesa, esenzione IMU, sono state salvate le banche, 85 miliardi per ripianare i buchi, sono state ridotte le tasse alle grandi imprese (IRAP e IRES).

A pagare sono sempre i soliti

Servizi pubblici. Sono stati puntualmente soppressi molti servizi di pubblica utilità particolarmente nella sanità (tra il 2010 e il 2014 tagli al servizio sanitario per 26 miliardi, iposti letto diminuiti di 18mila, ticket aumentati di 2 miliardi nel solo 2012. Basti pensare che a Livorno i tagli sulla sanità comporteranno, tra le altre cose, anche l’ampliamento della pausa natalizia di sospensione degli interventi non urgenti ).Pesante anche la situazione della scuola (aumento del numero degli alunni per classe, taglio al sostegno dei disabili, tagli alle spese per la sicurezza degli edifici, taglio del personale docente e non docente, aumento dei finanziamenti alle scuole private, in gran parte cattoliche).

Prima si distruggono i servizi pubblici e poi si sostiene che vanno privatizzati perché non funzionano.

Precarizzazione. Oggi otto nuovi occupati su dieci sono precari, cioè guadagnano poco e sono facilmente ricattabili.

Disoccupazione. La disoccupazione ha raggiunto il 10,8% senza contare coloro che hanno rinunciato anche solo a cercarlo il lavoro. Fra i giovani la disoccupazione è oggi al 34%, il 50% in più del 2008.

Povertà. La povertà colpisce 8,3 milioni di italiani, il 20% sono under 35

Guerra di classe dei ricchi contro i poveri

Il governo di “tecnici” sta adottando misure tipiche dei tempi di guerra. In effetti siamo in guerra, una guerra di classe dei ricchi contro poveri. Il Governo sostiene i padroni in questa guerra, perché ha bisogno di una classe economicamente potente che lo appoggi in cambio della protezione legale e materiale che ne riceve. Per questo il Governoagisce per impoverire ma anche per impaurire, intimidire, reprimere milioni di sfruttati.

Fra il 1990 e il 2005 i salari, al netto dell’inflazione, erano aumentati del 4,8% mentre i profitti di tutte le imprese erano aumentati del 15,5%, i profitti delle grandi imprese del 63,5% e i profitti delle 1400 imprese più grandi del 90%; però quando nel 2008 è scoppiata una crisi economica devastante gli Stati invece di prelevare le risorse da chi aveva accumulato enormi ricchezze hanno deciso di tagliare i servizi sociali e di aumentare le tasse ai più poveri.

Come uscirne

Ci avviamo verso un mondo di guerre e di rivoluzioni, se non vogliamo essere travolti dalle prime e perdere le seconde dobbiamo, da subito:

  • lottare per aumenti salariali e diminuzione dell’orario di lavoro,

  • socializzare i mezzi di produzione e la terra attraverso il loro controllo da parte di chi ci lavora e di chi ci vive accanto, ed usare in modo razionale le risorse e i cicli produttivi nel rispetto dell’ambiente e della salute,

  • sviluppare l’autogestione e le forme di autoorganizzazione

 

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

COLLETTIVO ANARCHICO LIBERTARIO

 

Umanità Nova- settimanale anarchico- in vendita presso edicola P.zza Grande (lato bar Sole), edicola P.zza Damiano Chiesa, libreria Belforte v. della Madonna

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LIVORNO NON SI PIEGA! I COMUNICATI IN ORDINE CRONOLOGICO PER RICOSTRUIRE GLI ULTIMI GIORNI

LIVORNO NON SI PIEGA!

I COMUNICATI IN ORDINE CRONOLOGICO PER RICOSTRUIRE GLI ULTIMI GIORNI

 

 

La Polizia carica chi contesta Bersani (fatti avvenuti venerdì 30/11)

 

Il Collettivo Anarchico Libertario e la Federazione Anarchica Livornese denunciano la violenza usata da polizia e carabinieri contro studenti e lavoratori che venerdì (30 novembre) sera hanno contestato il segretario del PD Pierluigi Bersani.

 

Carabinieri e polizia hanno caricato più volte una manifestazione pacifica, organizzata dalla Ex-Caserma Occupata in solidarietà con il movimento NO TAV, alla quale hanno preso parte decine di persone, tra cui una delegazione di lavoratrici della Sodexo che da oltre un mese lottano contro i licenziamenti nei servizi di pulizia all’ospedale di Cisanello a Pisa.

Alcuni ragazzi che tenevano lo striscione sono stati colpiti alla testa dalle manganellate.

Da anni a Livorno non venivano manganellati i manifestanti.

L’ultima volta accadde il 12 febbraio del 2007 quando a Livorno venne proprio Bersani!

Allora, in una serata simile a quella di venerdì, fredda e piovosa, i carabinieri sgomberarono con la violenza i due sit-in dei contestatori che protestavano contro il rigassificatore.

Le “forze dell’ordine” proteggono sempre il più forte. Venerdì sera hanno difeso il potere locale del PD, che sfrutta, saccheggia e inquina sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici. Hanno difeso chi sostiene il governo Monti nei tagli e nelle politiche di macelleria sociale.

Basta repressione! Basta sacrifici!

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

 

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LIVORNO MANGANELLI SUI MANIFESTANTI

 

Sabato 1 dicembre a Livorno viene convocato, da parte della Ex Caserma Occupata, un presidio a cui partecipano anche la Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario per denunciare le cariche della polizia avvenute la sera precedente durante una contestazione a Pierluigi Bersani.

 

Fino da subito è evidente una presenza importante di celere e carabinieri determinati ad impedire la manifestazione. Il presidio diventa itinerante e si sposta del tutto pacificamente in alcuni punti della città fino ad approdare, dopo un brevissimo corteo, in piazza Cavour, zona pedonale, dove il presidio viene mantenuto attorno alla statua e sul marciapiede, senza intralci per il traffico. Immediatamente celere e carabinieri fronteggiano i manifestanti e, in assetto antisommossa, intimano di sciogliere il presidio.

 

Quindi, senza intervalli di tempo e senza interventi di mediazione, senza che ci siano state nel frattempo azioni da parte dei manifestanti, parte, in modo del tutto immotivato, una carica in cui vengono manganellati alla rinfusa manifestanti e passanti. Due persone finiscono all’ospedale.

 

Di fronte alla brutalità della polizia, molte sono le persone che ingrossano il presidio solidarizzando con i manifestanti e chiedendo a gran voce l’allontanamento della polizia. Finita la carica, per tre quarti d’ora manifestanti e polizia rimangono a fronteggiarsi: da una parte c’è chi afferma la libertà di riunirsi e manifestare, dall’altra ci sono i manganelli e gli scudi. Appena la situazione si fa meno tesa e la polizia arretra, il presidio si scioglie e viene riconvocato per il giorno successivo, domenica alle ore 17, sempre in piazza Cavour, per affermare la libertà di di manifestazione e per protestare contro la repressione e la violenza poliziesca.

 

I fatti accaduti nel pomeriggio di sabato, sono di una gravità estrema :quella a cui abbiamo assistito è stata una vera e propria aggressione a freddo da parte di polizia e carabinieri, qualcosa a cui la città di Livorno non è certo abituata: una netta tradizione di sinistra, una storica radicata e nutrita presenza anarchica, una forte componente antagonista e antiistituzionale hanno sempre di fatto garantito una notevole agibilità politica. Ma forse è proprio l’anomalia Livorno che va normalizzata in un momento in cui le direttive governative sono chiaramente indirizzate in senso repressivo verso qualsiasi tipo di manifestazione di dissenso, dagli studenti, agli ambientalisti, agli operai, in un momento in cui va avanti la fascistizzazione dello stato e sotto la maschera della legalità si porta avanti la brutalità della repressione e del soffocamento dei diritti più elementari.

 

Per questo motivo, rispondendo all’appello dell’Ex Caserma Occupata, gli anarchici domani saranno ancora in piazza, per difendere la libertà di manifestare, nostra e di tutti coloro che si oppongono alla violenza dello stato e dei suoi apparati, a Livorno come altrove.

 

Facciamo appello ai compagni delle località più vicine ad essere presenti domenica 2 dicembre alle ore 17 in piazza Cavour

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

 

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A Livorno è stata riaffermata la libertà di manifestare

 

Dopo due giorni di violenza poliziesca caratterizzata da cariche e manganellate, finalmente nella giornata di domenica (2 dicembre) a Livorno è stato riaffermata la libertà di espressione e manifestazione. Il presidio raccoltosi in piazza Cavour, scenario delle cariche del sabato pomeriggio, ha dato vita ad un corteo partecipatissimo dalla cittadinanza, che si è andato ingrossando man mano che sfilava per le vie del centro.

 

Un migliaio di persone hanno sfilato per le strade di Livorno, solidarizzando senza preclusioni con chi era stato oggetto di repressione, riprendendosi con la pratica la libertà di manifestazione e l’agibilità politica. Polizia e carabinieri con l’atteggiamento repressivo e provocatorio adottato nelle giornate di venerdì e sabato hanno dato prova di saper solo alimentare il disordine e la tensione sociale.

 

Livorno è tra le città che registrano i più alti tassi di povertà, disoccupazione, inquinamento. Hanno tentato di togliere anche il diritto di manifestare: la risposta era prevedibile.

 

Partiti e istituzioni si appellano alla legalità contro le manifestazioni di questi giorni, ma quel che si vede è un Governo che ogni giorno torce e viola le sue stesse regole, la legalità, la Costituzione a cui ha giurato fedeltà, per il vantaggio dei pochi privilegiati, illudendosi di gestire le ricadute sociali sulla grande massa degli sfruttati con la celere e il manganello

 

La città ha reagito dimostrando vivacità politica e grande determinazione, mostrando di saper dare rappresentazione concreta ad un malcontento diffuso e all’insofferenza verso qualsiasi sopraffazione e limitazione delle libertà.

 

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Comunicato sul corteo di domenica: A Livorno è stata riaffermata la libertà di manifestare

Dopo due giorni di violenza poliziesca caratterizzata da cariche e manganellate, finalmente nella giornata di domenica a Livorno è stato riaffermata la libertà di espressione e manifestazione. Il presidio raccoltosi in piazza Cavour, scenario delle cariche del sabato pomeriggio, ha dato vita ad un corteo partecipatissimo dalla cittadinanza, che si è andato ingrossando man mano che sfilava per le vie del centro. Un migliaio di persone hanno sfilato per le strade di Livorno, solidarizzando senza preclusioni con chi era stato oggetto di repressione, riprendendosi con la pratica la libertà di manifestazione e l’agibilità politica. Polizia e carabinieri con l’atteggiamento repressivo e provocatorio adottato nelle giornate di venerdì e sabato hanno dato prova di saper solo alimentare il disordine e la tensione sociale.
Livorno è tra le città che registrano i più alti tassi di povertà, disoccupazione, inquinamento. Hanno tentato di togliere anche il diritto di manifestare: la risposta era prevedibile.
Partiti e istituzioni si appellano alla legalità contro le manifestazioni di questi giorni, ma quel che si vede è un Governo che ogni giorno torce e viola le sue stesse regole, la legalità, la Costituzione a cui ha giurato fedeltà, per il vantaggio dei pochi privilegiati, illudendosi di gestire le ricadute sociali sulla grande massa degli sfruttati con la celere e il manganello.
La città ha reagito dimostrando vivacità politica e grande determinazione, mostrando di saper dare rappresentazione concreta ad un malcontento diffuso e all’insofferenza verso qualsiasi sopraffazione e limitazione delle libertà.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

3/12/2012

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LIVORNO: MANGANELLI SUI MANIFESTANTI – DOMENICA 2/12 ORE 17 IN PIAZZA CAVOUR

LIVORNO MANGANELLI SUI MANIFESTANTI
Sabato 1 dicembre a Livorno viene convocato, da parte della Ex Caserma Occupata, un presidio a cui partecipano anche la Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario per denunciare le cariche della polizia avvenute la sera precedente durante una contestazione a Pierluigi Bersani. Fino da subito è evidente una presenza importante di celere e carabinieri determinati ad impedire la manifestazione. Il presidio diventa itinerante e si sposta del tutto pacificamente in alcuni punti della città fino ad approdare, dopo un brevissimo corteo, in piazza Cavour, zona pedonale, dove il presidio viene mantenuto attorno alla statua e sul marciapiede, senza intralci per il traffico. Immediatamente celere e carabinieri fronteggiano i manifestanti e, in assetto antisommossa, intimano di sciogliere il presidio. Quindi, senza intervalli di tempo e senza interventi di mediazione, senza che ci siano state nel frattempo azioni da parte dei manifestanti, parte, in modo del tutto immotivato, una carica in cui vengono manganellati alla rinfusa manifestanti e passanti. Due persone finiscono all’ospedale. Di fronte alla brutalità della polizia, molte sono le persone che ingrossano il presidio solidarizzando con i manifestanti e chiedendo a gran voce l’allontanamento della polizia. Finita la carica, per tre quarti d’ora manifestanti e polizia rimangono a fronteggiarsi: da una parte c’è chi afferma la libertà di riunirsi e manifestare, dall’altra ci sono i manganelli e gli scudi. Appena la situazione si fa meno tesa e la polizia arretra, il presidio si scioglie e viene riconvocato per il giorno successivo, domenica alle ore 17, sempre in piazza Cavour, per affermare la libertà di di manifestazione e per protestare contro la repressione e la violenza poliziesca.
I fatti accaduti nel pomeriggio di sabato, sono di una gravità estrema :quella a cui abbiamo assistito è stata una vera e propria aggressione a freddo da parte di polizia e carabinieri, qualcosa a cui la città di Livorno non è certo abituata: una netta tradizione di sinistra, una storica radicata e nutrita presenza anarchica, una forte componente antagonista e antiistituzionale hanno sempre di fatto garantito una notevole agibilità politica. Ma forse è proprio l’anomalia Livorno che va normalizzata in un momento in cui le direttive governative sono chiaramente indirizzate in senso repressivo verso qualsiasi tipo di manifestazione di dissenso, dagli studenti, agli ambientalisti, agli operai, in un momento in cui va avanti la fascistizzazione dello stato e sotto la maschera della legalità si porta avanti la brutalità della repressione e del soffocamento dei diritti più elementari.
Per questo motivo, rispondendo all’appello dell’Ex Caserma Occupata, gli anarchici domani saranno ancora in piazza, per difendere la libertà di manifestare, nostra e di tutti coloro che si oppongono alla violenza dello stato e dei suoi apparati, a Livorno come altrove.
Facciamo appello ai compagni delle località più vicine ad essere presenti domenica 2 dicembre alle ore 17 in piazza Cavour
Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

 

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POLIZIA CARICA UN PRESIDIO: DOMANI A LIVORNO ORE 17 IN PIAZZA CAVOUR

OGGI LA POLIZIA HA CARICATO UN PRESIDIO PACIFICO SUL MARCIAPIEDE
MANDANDO ALL’OSPEDALE UN RAGAZZO E UNA DONNA
DOMANI TUTT* IN PIAZZA A LIVORNO ORE 17 IN PIAZZA CAVOUR
CONTRO LA BRUTALE VIOLENZA DELLA POLIZIA
PER LA LIBERTA’ DI MANIFESTARE

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Comunicato sulle cariche della polizia durante la contestazione a Bersani

Il Collettivo Anarchico Libertario e la Federazione Anarchica Livornese denunciano la violenza usata da polizia e carabinieri contro studenti e lavoratori che venerdì sera hanno contestato il segretario del PD Pierluigi Bersani.

Carabinieri e polizia hanno caricato più volte una manifestazione pacifica, organizzata dalla Ex-Caserma Occupata in solidarietà con il movimento NO TAV, alla quale hanno preso parte decine di persone, tra cui una delegazione di lavoratrici della Sodexo che da oltre un mese lottano contro i licenziamenti nei servizi di pulizia all’ospedale di Cisanello a Pisa.

Alcuni ragazzi che tenevano lo striscione sono stati colpiti alla testa dalle manganellate.

Da anni a Livorno non venivano manganellati i manifestanti.

L’ultima volta accadde il 12 febbraio del 2007 quando a Livorno venne proprio Bersani!

Allora, in una serata simile a quella di venerdì, fredda e piovosa, i carabinieri sgomberarono con la violenza i due sit-in dei contestatori che protestavano contro il rigassificatore.

Le “forze dell’ordine” proteggono sempre il più forte. Venerdì sera hanno difeso il potere locale del PD, che sfrutta, saccheggia e inquina sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici. Hanno difeso chi sostiene il governo Monti nei tagli e nelle politiche di macelleria sociale.

Basta repressione! Basta sacrifici!

 

Federazione Anarchica Livornese

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

 

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

http://collettivoanarchico.noblogs.org

 

1/12/12

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L’accordo sulla produttività: verso la fascistizzazione dello Stato

da: Umanità Nova n.37 del 2 dicembre 2012
Andare, camminare, lavorare

Andare, camminare, lavorare

L’accordo sulla produttività

Martedì 19 novembre il Governo ha ottenuto un altro successo nella sua politica di tutela degli interessi capitalistici: l’accordo sulla produttività, firmato da diverse associazioni sia di capitalisti che sindacali, e con il dissenso della CGIL il cui giudizio, come dice il segretario Camusso, “rimane negativo su alcune parti dell’accordo”. Non si tratta di una svolta, l’accordo sulla produttività si inserisce nel solco degli altri accordi che progressivamente hanno prima sterilizzato la lotta dei lavoratori e irreggimentato le loro strutture di base (1993), e poi hanno cercato progressivamente di imporre l’arbitrio padronale nei luoghi di lavoro.
Gli ultimi anelli di questa catena si chiamano riforma della contrattazione (2009) con la quale si introduce il concetto che la contrattazione aziendale può derogare dalle norme del contratto nazionale, peggiorandolo, e si lega l’adeguamento salariale non più all’inflazione programmata, ma all’indice IPCA; rappresentanza sindacale, firmato anche dalla CGIL (2011): le nuove regole certificano la rappresentanza sindacale che ha diritto a partecipare alla contrattazione.

Le linee di tendenza su cui si muovono questi accordi sono chiare: ridurre ulteriormente la possibilità di ottenere aumenti salariali reali, ridurre la tutela legale dei lavoratori spostando il peso della contrattazione sul piano aziendale, ingabbiare la rappresentanza dei lavoratori all’interno dei sindacati collaborazionisti.
L’idea di fondo dell’accordo, spostare il baricentro della contrattazione, e in particolare su questioni delicate come gli aumenti salariali, gli orari, le mansioni e la videosorveglianza, dal contratto nazionale (e dalle tutele garantite dalle leggi) alla contrattazione aziendale, ha degli aspetti di illegalità e di incostituzionalità, tanto che gli stessi contraenti si rivolgono al Parlamento per le necessarie modifiche legislative.

Entrando nel merito dell’accordo, il primo colpo di piccone viene portato al salario: le parti contraenti si impegnano a mantenere l’aumento salariale complessivo (paga base più salario di produttività da contrattare a livello aziendale) all’interno della variazione dell’indice IPCA. L’IPCA è l’ Indice di Prezzi al Consumo Armonizzato a livello Europeo depurato dai prezzi energetici, che sostituisce il riferimento all’inflazione programmata dal Governo.
Nel nuovo accordo si stabilisce che l’Indice IPCA dovrà indicare solo il tetto massimo del possibile aumento salariale (ossia che si può rimanere al di sotto), subordinando, comunque, l’aumento delle retribuzioni alla rappresentazione della situazione economica fornita da istituzioni economiche nei confronti delle quali i lavoratori non sono in grado di esercitare alcun controllo.
Si afferma che, essendo la produttività e la redditività d’impresa, obiettivo generale e condiviso, non si potranno chiedere adeguamenti salariali non considerati compatibili con quello stesso obiettivo.
Si sancisce che una quota di quanto contrattato a livello nazionale, andrà stornata a finanziare il salario di produttività da contrattare a livello locale. Cosicché la contrattazione del salario aziendale di produttività non si sommerà più alla contrattazione nazionale ma si finanzierà con una quota da individuare su quanto a livello nazionale è stato erogato a copertura (seppur parziale) dell’aumento del costo della vita.
L’applicazione di questa norma non può che portare ad una drastica riduzione del salario, che si aggiungerà al crollo del potere d’acquisto dei salari, pari al 15 per cento in meno negli ultimi cinque anni, cioè con i governi Prodi, Berlusconi e Monti.
L’accordo prevede che i lavoratori saranno compensati con riduzioni fiscali sugli aumenti salariali legati alla produttività. Su questo c’è da dire che, visto che tali aumenti sono aleatori, legati ai risultati delle imprese, i vantaggi fiscali sbandierati dai rappresentanti sindacali sono altrettanto aleatori; inoltre, visto che questo Governo e i successivi saranno costretti ad aumentare la pressione fiscale, tali riduzioni serviranno tutt’al più a far sentire meno questo aumento delle tasse; infine, c’è da tener presente che già ora la maggioranza dei lavoratori appartiene alla categoria degli incapienti, cioè cittadini il cui reddito non raggiunge il minimo di imposizione fiscale, oppure che recuperano gran parte di quanto pagato grazie al 730. Solo le categorie più alte beneficeranno delle riduzioni fiscali, mentre la riduzione del salario colpirà soprattutto quelle più basse. Lo stesso Governo è conscio di quest’imbroglio, tant’è vero che è previsto uno stanziamento di 800 milioni di euro per la detassazione; 800 milioni che divisi fra tutti i lavoratori dipendenti fanno circa 50 euro a testa. Per il 2013 si prevede già una riduzione dello stanziamento.
Per quanto riguarda gli altri temi, orario, demansionamento, privacy, sono tutti impostati nel senso di un peggioramento delle condizioni concrete dei lavoratori, ma sono di più difficile attuazioni in quanto implicano modifiche sia dello Statuto dei Lavoratori che del Codice Civile.
Quello che emerge chiaro è il ruolo preponderante svolto dal Governo. L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro di milioni di schiavi salariati; tutto l’ordinamento giuridico è indirizzato alla tutela della proprietà privata, in particolare della proprietà privata dei mezzi di produzione; ma tutto questo evidentemente al governo non basta, come non basta l’usurpazione del potere legislativo fatta con i provvedimenti straordinari, con i decreti legge. Il governo, pur di tutelare i privilegiati, i possessori dei mezzi di produzione, i capitalisti, viola la sua stessa legalità e anziché imporre alle parte sociali il rispetto della normativa vigente nella contrattazione, usa gli accordi per forzare il Parlamento a modificare la legislazione. Abbiamo già visto i membri di questo governo nella veste di bugiardi, spergiuri, violenti, ora li vediamo anche violare la loro stessa legalità: di fronte al paese reale, composto da chi lavora e produce, da chi è sfruttato e oppresso, non si contrappone più il paese legale, ma il paese illegale; un paese che fa dell’autorità di cui è investito il miglior strumento per abusi, ruberie, gozzoviglie.
E’ in questo quadro che si inserisce l’accordo sulla produttività, un altro passo verso la fascistizzazione dello Stato.

Tiziano Antonelli

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Arriva Bersani a Livorno: proteste, cariche e feriti. Foto e video

da: senzasoste.it

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Il teatrino delle primarie continua come se nulla stesse succedendo nella società reale di questo paese. Questa sera i precari, gli studenti e i disoccupati della ex caserma si sono presentati, come già fecero con Renzi, per espriemere il loro dissenso verso uno schieramento che quotidianamente garantisce la maggioranza parlamentare alle politiche disastrose del governo Monti. Oggi in particolare per gridare la propria vicinanza al movimento No Tav ed esprimere il proprio sdegno contro la repressione ad orologeria che ha colpito decine di militanti. Insieme a loro, a contestare Bersani, le lavoratrici Sodexo di Pisa in lotta contro i 78 licenziamenti delle operatrici delle pulizie dell’ospedale di Cisanello.

Guarda il video delle cariche

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Ma a differenza della passata contestazione contro Renzi, questa volta alle porte del Terminal Crociere i manifestanti hanno trovato polizia e carabinieri in assetto antisommossa che li hanno caricati. L’ennesima dimostrazione dell’arroganza e della violenza del potere a difesa di personaggi e politiche antipopolari che colpiscono quotidianamente chiunque non faccia parte dei ceti dominanti. Di seguito il comunicato della ex caserma e le foto della contestazione. red. 1 dicembre 2012

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In merito alla contestazione svoltasi al terminal crociere durante il comizio conclusivo della campagna elettorale di Pierluigi Bersani per le primarie del Partito Democratico, l’Ex Caserma Occupata, in quanto soggetto organizzatore, intende precisare la realtà dei fatti.

Stasera, 30/11/2012, come precar*, student* e disoccupat* ci siamo recati al terminal crociere per contestare pacificamente la presenza di Bersani. Già una settimana fa ci eravamo mobilitati per la presenza di Renzi.

Ci siamo presentati a entrambe le assemblee pubbliche per entrare e portare il nostro dissenso, con uno striscione da srotolare durante il comizio. Ma questa volta, al contrario di una settimana fa, abbiamo trovato l’ingresso sbarrato da digos, celere e carabinieri in assetto antisommossa con atteggiamento provocatorio.

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La volontà di non farci esprimere il nostro dissenso è stata evidente fin da subito: più di una volta siamo stati respinti senza motivo, fino a quando siamo stati caricati per tre volte a freddo. Una decina di manifestanti hanno riportato ferite e contusioni.

E’ evidente che il Partito Democratico non accetta il confronto pubblico con la popolazione livornese che vorrebbe esprimere il proprio dissenso per le politiche criminali portate avanti da un partito che da 60 anni (sotto varie forme) governa questa città come se fosse un feudo privato.

Disoccupazione, precarietà, 3 sfratti al giorno, corruzione e speculazioni di ogni tipo. E’ questo il PD Livornese.
Noi non ci fermeremo di fronte all’arroganza e alle cariche delle forze dell’ordine. Continueremo a scendere in piazza e a esprimere il nostro dissenso con ogni mezzo necessario.

Inoltre vogliamo esprimere la nostra più sentita solidarietà e complicità ai/alle no tav mess* agli arresti domiciliari ieri, 29/11/2012, a Torino. La valle non si arresta, no tav liber* subito!

Ex caserma occupata

1 dicembre 2012

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