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volantino: autorganizzazione delle lotte per l’autogestione della società

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Crisi: i governi sono il problema, non la soluzione

 

Il ministro delle finanze della Germania, Schauble, ha affermato che bisogna tenere sotto pressione l’Italia altrimenti non farà le riforme; non a caso, aggiungiamo noi, la speculazione è stata innescata dalle vendite di BTP in Germania.

In poche parole viene svelato tutto l’arcano dell’emergenza, della crisi economica, del baratro che attenderebbe tutta l’Europa.

Sono i governi che mantengono alta la tensione sui mercati finanziari per imporre quelle “riforme”, per imporre quel peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e dei ceti popolari che da anni cercano di far passare.

La crisi finanziaria è una scusa per farci piegare la testa. I governi sono il problema, non la soluzione. Il debito pubblico negli ultimi anni è esploso in tutti gli Stati più avanzati per le spese straordinarie dovute alle guerre di aggressione condotte in ogni parte del mondo con la scusa della lotta al terrorismo: chi paga le “missioni umanitarie”, chi paga i bombardamenti sulla Libia?

II debito è cresciuto non per finanziare le spese sociali o le pensioni, come vorrebbero farci credere, ma per garantire proventi alla corruzione dilagante e non solo nelle regioni che sono in mano alle mafie spalleggiate dal ceto politico, il debito è cresciuto anche perché l’evasione fiscale non è l’eccezione ma la regola codificata da decenni di condoni, il debito è cresciuto perché lo Stato finanzia in modo incredibile il sistema delle imprese.

Il governo Monti, nella sua frenesia contabile, si è ben guardato dal toccare le spese militari come i privilegi della Chiesa (vedi ICI), come non si toccano neppure gli interessi del grande capitale e delle mafie, che oggi sono pieni di liquidità che non sanno dove mettere.

I lavoratori sanno sulla propria pelle che il peggioramento continua da anni; dal 2000 al 2009 i redditi proletari sono diminuiti di più di 5.000 euro l’anno, grazie alla concertazione salariale e al mancato recupero del fiscal drag. La concertazione non è frutto della crisi, ma dell’accordo interconfederale del 1992, siglato da CGIL, CISL e UIL e a cui questi sindacati si sono attenuti nelle piattaforme contrattuali. Per le pensioni abbiamo già dato; dal 1998 l’INPS ha risparmiato 141 miliardi di euro sulle nostre pensioni.

E’ importante che proseguano e si estendano le mobilitazioni di questi giorni: le manifestazioni, gli scioperi sono fondamentali, ad essi vanno aggiunte iniziative concrete che facciano capire al Governo che non crediamo più alle bugie, che non siamo disposti a fare un passo indietro.

Ma non basta manifestare: il movimento si deve dare obiettivi di immediata comprensione e che può gestire in prima persona: la difesa del redditto, attraverso forti aumenti salariali e delle pensioni, la lotta contro il carovita, a cominciare dall’aumento dell’IVA, sono prioritari.

Occorre una svolta, occorre cambiare l’economia. Sono in molti a dirlo, ma spesso solo per proporre un nuovo cartello elettorale. I lavoratori, anche in questo caso, devono essere protagonisti, devono acquisire la coscienza di produttori: attraverso i loro organismi di base, attraverso il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, attraverso l’autogestione delle lotte, dovranno prepararsi a fare quello che nessun governo, nessun parlamento potrà fare per loro: preparare l’autogestione della produzione e l’esproprio dei capitalisti.

 

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

http://collettivoanarchico.noblogs.org

 

Federazione Anarchica Livornese – F.A.I.

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

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Cronache di un 17 novembre di lotta

da Umanità Nova, n.34, 27 novembre 2011

Milano
la Bocconi non si tocca

Grande e vivace manifestazione studentesca quella che giovedì ha attraversato le strade del centro di Milano.
Diverse migliaia di studenti (10.000 ?), prevalentemente della secondaria superiore, si sono dati appuntamento in Largo Cairoli, insieme ai lavoratori della Confederazione Unitaria di Base (CUB)  della Confederazione Cobas e del Comitato Migranti che avevano indetto una giornata di sciopero inizialmente contro le misure del governo Berlusconi e poi, in considerazione degli sviluppi della situazione politica, anche contro il neogoverno Monti e dei suoi banchieri di dio.
Non sono mancati subito i motivi di attrito tra le diverse anime che popolano ed orientano il movimento degli studenti, attrito che è sfociato in un duro scontro fisico per la testa del corteo: purtroppo certe logiche e certe pratiche sono dure a morire e si ripresentano periodicamente nonostante i cambi generazionali.
Il corteo con il gruppo dei ‘Corsari’ alla testa,  si è poi snodato nelle vie del centro tra slogan, lanci di uova e scritte su mura e vetrine di varie banche all’insegna del ‘salvate le scuole non le banche’ e ‘noi la crisi non la paghiamo’. Giunti all’altezza di via Molino delle Armi, all’incrocio tra la cerchia dei Navigli e Corso Italia il corteo è stato bloccato dai soliti tutori del disordine statale che hanno impedito, manganelli alla mano, che esso potesse dirigersi in direzione della Università Bocconi, come ampiamente preannunciato. Ne sono seguiti ovviamente degli scontri con un bilancio di un paio di studenti feriti ai quali si aggiunge un cronista de ‘Il fatto quotidiano’ che stava riprendendo gli incidenti con una videocamera.
In seguito, ricomposta la situazione, il corteo si è scisso in due, con i ‘corsari’ che hanno puntato a sinistra della cerchia dei Navigli per tentare un’altra incursione in direzione della Bocconi, ma anche qui all’altezza di Santa Sofia, celerini e carabinieri hanno bloccato il passo, mentre gli studenti del Coordinamento dei collettivi studenteschi e del Cantiere giravano a destra in direzione di Cadorna dove la manifestazione sarebbe finita tra assemblee e riunioni di piazza. Con loro anche lo spezzone degli studenti anarchici con striscione e bandiera. CUB e Cobas hanno seguito questo secondo pezzo del corteo. Riguardo a questi ultimi occorre segnalare lo striscione sostenuto dai Cobas scuola di Milano e Varese che sollecitava la libertà per gli arrestati di Roma del 15 ottobre ed i numerosi striscioni dei vari settori della CUB – dalla Sanità alla ‘veneranda fabbrica del Duomo’ –
, a conclusione della giornata,
ha valutato come buona la partecipazione allo sciopero nei settori dell’industria, del commercio, dei servizi, della sanità, del pubblico impiego e nei trasporti, malgrado le metropolitane milanesi, per permettere la partecipazione e il deflusso al corteo, abbiano saltato il primo turno di sciopero dalle 8.45 alle 15,00.

m.v.

Torino
una giornata deludente

“Non pagheremo il loro debito”: ecco lo slogan che più sintetizza le convinzioni che hanno  portato gli studenti torinesi in piazza il 17 ottobre.
Il corteo ha visto la partecipazione di collettivi studenteschi e universitari, e dei lavoratori aderenti allo sciopero indetto da CUB e COBAS. Nel complesso in piazza c’erano circa 4 000 persone. Una giornata che conferma i numeri di tutte le precedenti mobilitazioni locali, già bassi e stentati.
Sin dall’inizio il corteo si divide: gran parte degli universitari e degli studenti medi si dirige verso la periferia, per poi rientrare in centro e proseguire il corteo fino alla sede di Confindustria; l’altra parte di manifestanti -composta da studenti e sindacati di base- si dirige subito verso Confindustria per poi tentare di “occupare” la sede torinese della Banca d’Italia.
Proprio questo secondo corteo è stato quello che è rimbalzato sulle pagine dei giornali: le cariche della polizia hanno respinto più volte i manifestanti nel tentativo di avvicinarsi alla Banca.
Modalità di piazza assurde, atte più a rappresentare lo scontro, che non a viverlo realmente si sono dimostrate totalmente compatibili con il sistema vigente. Ancora una volta il conflitto mediatico si è imposto sullo quello reale, ancora una volta il ruolo dello Stato come “paciere” delle situazioni calde si è rivelato marginale rispetto a quello svolto egregiamente dagli organizzatori del corteo.
Ma all’interno del corteo “movimentato” alcuni spezzoni hanno sviluppato anche temi importanti, come quello del  diritto alla casa per tutti. Un gruppo di manifestanti ha infatti portato simbolicamente le sue istanze sotto il palazzo dell’Assessorato alle politiche per l’ambiente e per la casa ridicolizzando, di fatto, questa istituzione.
La giornata si è poi conclusa con l’occupazione simbolica della Mole Antonelliana per alcune ore.
E lì le bandiere Europea e Italiana sono state ammainate: al loro posto è stata issata la bandiera NO TAV.
Il bilancio della giornata: 4 denunciati e pochi fatti concreti.
Ma c’è anche una nota positiva: molti studenti medi, alla fine del corteo sono tornati a scuola anziché a casa. Infatti i licei Gobetti, Gioberti ed Einstein di Torino si sono dichiarati in occupazione.
Una giornata che segna la difficoltà di costruire un movimento di opposizione sociale radicale, seppure tra timidi ma importanti tentativi.

CAST (Collettivo Anarchico Studentesco Torinese)

Firenze
sciopero e corteo

Il 17 novembre, in occasione dello sciopero generale proclamato daalcuni sindacati alternativi (Cub e Cobas a livello nazionale e USI Toscana a livello regionale) e della giornata di mobilitazione studentesca, un corteo unitario di oltre mille studenti e lavoratori  ha attraversato il centro di Firenze.
Un corteo combattivo e comunicativo che si è caratterizzato oltre che per i consueti slogan, striscioni, bandiere e sound system anche per alcune azioni simboliche contro il Potere economico e finanziario che sfrutta e affama le classi subalterne.
In particolare è stata incatenato il portone della Banca d’ Italia ed è stato affisso sulla sede della locale Confindustria uno striscione certamente “privo di sfumature”: <<basta morti sul lavoro: ora tocca a voi>>.
La componente studentesca che ha sfilato in testa era certamente superiore alla metà del corteo, mentre la presenza dei lavoratori è stata leggermente al di sotto degli standard fiorentini ma comunque numericamente e qualitativamente decorosa
Lo spezzone dei Cobas è stato sicuramente il più numeroso.
Significativa la presenza dell’USI e dell’area libertaria, dietro al grosso striscione dell’Unione con il gatto selvaggio.
L’USI Toscana che è stata coorganizzatrice del corteo aveva proclamato lo sciopero regionale con una piattaforma che conteneva oltre ai punti rivendicativi nazionali (per la libertà di sciopero, no ai licenziamenti facili, no ai tagli alla spesa sociale, abolizione del precariato e delle spese militari, ecc.) anche un punto rivendicativo locale contro gli sgomberi selvaggi di decine di famiglie, praticata dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, ed in difesa degli spazi occupati autogestiti di via dei Conciatori, attualmente sotto minaccia incombente di sgombero e presidiati giorno e notte dai compagni.
Dietro lo spezzone dell’USI ha sfilato uno spezzone del movimento Occupy Firenze che da oltre una settimana si è accampato con le tende nella storica Piazza Santissima Annunziata, trasformando la piazza stessa in un luogo pubblico di discussione collettiva permanente e di protesta.
Tra l’altro in questa settimana la piazza ha portato una concreta solidarietà alla realtà occupata del Progetto Conciatori instaurando una positiva dinamica di mutuo sostegno tra le due realtà.
Dietro Occupy Firenze ha chiuso il corteo lo spezzone della CUB con la presenza dei lavoratori delle Civette (una RSA per anziani con malattie psichiatriche ed anziani) in lotta contro la dismissione della propria struttura attualmente in corso da parte della ASL fiorentina.
Il corteo si è concluso con i classici interventi finali.

Claudio Strambi

Trieste
occupy the streets!

Oltre duecento persone, in prevalenza studenti medi, hanno sfilato in città contro le politiche di privatizzazione dei servizi pubblici, quelle in materia di istruzione e formazione e contro il nuovo governo Monti. La settimana prima centinaia di studenti avevano tentato di occupare un’ex banca, senza riuscirci, e la polizia aveva reagito caricando coloro che si trovavano nelle prime file: un ragazzo era stato ricoverato in ospedale. La partecipazione è stata inferiore alle previsioni, probabilmente anche a causa del fatto che la manifestazione, diversamente da altre volte, si è svolta nel pomeriggio. Nonostante questo il corteo è stato colorato e vivace. Numerosi studenti hanno preso la parola durante il percorso, mentre il corteo passava dai luoghi-simbolo della recente mobilitazione: Piazza Unità, dove alcune settimane fa si è svolta un’”acampada” e dove si trova il palazzo comunale e la sede dell’Acegas, che gestisce la fornitura di acqua, gas ed energia elettrica ed alla quale – insieme al Comune- è stata richiesta già da tempo da parte degli studenti una moratoria per evitare gli stacchi agli utenti insolventi. A Trieste, come in tutte le città medie e grandi, sono migliaia le persone che hanno debiti con le società di servizi e rischiano ogni giorno il taglio del gas o della luce. Ciò significa, specialmente nel periodo invernale, rimanere al freddo e non poter cucinare. Per questo la richiesta di moratoria è stata accolta con favore da gran parte della cittadinanza e il Sindaco e l’Acegas hanno dovuto fare “buon viso a cattivo gioco”. Successivamente il corteo si è fermato di fronte alla Regione (dove i poliziotti schierati davanti all’ingresso hanno impedito che fosse consegnato un “pacco dono” ai consiglieri) e davanti alla Provincia, per poi concludersi con una cena sociale. Massiccio lo schieramento di poliziotti e carabinieri al seguito. Anche a Gorizia e a Udine si sono svolte manifestazioni studentesche, contro le leggi sull’istruzione e per la creazione di spazi sociali autogestiti.

red_ts

Palermo e Trapani
cariche e occupazioni

Il 17 novembre, giornata internazionale studentesca e di sciopero del sindacalismo di base in Italia, il Collettivo Studentesco Antiautoritario di Palermo è sceso in piazza con le sue bandiere e un massiccio volantinaggio nel corteo indetto da Cobas e Cub che partiva da piazza Croci. Nello stesso giorno, si sono svolti altri due cortei organizzati dalle diverse realtà studentesche palermitane. Durante uno di questi si sono verificati degli scontri tra studenti e forze dell’ordine che presidiavano istituti bancari presi di mira dai manifestanti con lanci di vernice o tentativi di occupazione. Durante le cariche, un uomo di 47 anni è stato ferito alla testa da una manganellata mentre cercava di difendere i manifestanti dalle aggressioni dei celerini. Alla fine della giornata diversi studenti hanno occupato piazza Verdi, davanti il Teatro Massimo, con tende e sacchi a pelo. L’occupazione continua tra assemblee e autogestione. Purtroppo, la mobilitazione palermitana – divisa in tre cortei che hanno comunicato poco o niente tra loro – non ha raccolto una partecipazione all’altezza della scadenza di lotta. A Trapani, il Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo” ha partecipato alla manifestazione convocata dalla locale Unione degli Studenti con una fitta distribuzione di materiale informativo. Un centinaio i manifestanti che hanno partecipato al corteo e al presidio con interventi finali al microfono.

FAI Palermo e Trapani

Roma
gli studenti si riprendono le strade

Il corteo di studenti medi e universitari, che doveva fare i conti con lo sciopero dei mezzi pubblici e il corteo “non autorizzato”, partito verso le ore 11 da piazzale Aldo Moro, davanti alla Sapienza, per cercare di arrivare al Senato della Repubblica, è finito solidarizzando con l’occupazione della sala Vittorio Arrigoni (ex Cinema Palazzo di San Lorenzo, quartiere popolare antifascista di Roma),  sottratto sette mesi fa da un comitato di cittadini, artisti, e compagni (e ora sotto sgombero), a una speculazione della Camene Spa che vuole farne un casinò per introdurre gioco d’azzardo e tutti i suoi derivati: riciclaggio, impoverimento sociale ed economico del territorio.
I protagonisti assoluti per partecipazione, fin dalla mattina prestissimo, sono stati gli studenti delle scuole superiori, che hanno dato vita a diversi cortei spontanei per raggiungere la Sapienza, e che poi si sono rimessi in marcia con striscioni colorati (e anche una A cerchiata). Un’intera giornata per le strade di Roma, quasi a recuperare il tempo e i chilometri di cortei perduti a causa dell’ordinanza anti-manifestazione del comune di Roma. In un videomessaggio, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha voluto spiegare il perché di nuova ordinanza anti-cortei: “Il corteo di giovedì è una sorta di prova del nove: se ci sarà una paralisi della città sarà la dimostrazione che l’ordinanza che scatta il 18 è assolutamente necessaria”. Peccato che la tanto paralisi della città, coronata dallo spettro della “devastazione” proclamata dai media, non c’è stata, eppure la nuova ordinanza sui cortei, scelti arbitrariamente in base ad un ipotetico impatto su commercio e traffico, e che non riguarderà manifestazioni sportive e religiose, è entrata in vigore lo stesso. Questo metodo repubblicano di applicare leggi anche quando i fatti le smentiscono hanno portato gli studenti a non chiedere l’autorizzazione di manifestare e non dare neanche il preavviso alla questura. “Ci siamo ripresi pienamente la libertà di manifestare: è sempre più evidente a tutta la città, e anche alle istituzioni, come la testardaggine di Alemanno a emettere una nuova ordinanza sia frutto solo della volontà politica di limitare l’agibilità in città, magari recuperando qualche voto presentandosi come ‘l’uomo dell’ordine’” si urla dal megafono su un camioncino nel corteo. Con la dimostrazione di Roma, e con quelle in molte altre città, gli studenti hanno sancito la nascita di un’opposizione di piazza e sociale al programma del professor Monti, che si è trovato, mentre parlava in pompa magna in Senato, migliaia di studenti ad assediarlo simbolicamente, anche se non si è riusciti nell’intento di raggiungere il Senato, con decine di camionette a sbarrare ogni accesso da piazza Sant’Andrea della Valle. Proprio li, all’imbocco del corso Rinascimento, il momento catartico, mentre “book block” studenteschi e “blue block” polizieschi si trinceravano dietro i rispettivi scudi, un compagno anarchico in carrozzina si posizionava eroicamente tra i due schieramenti e impavido denunciava lo Stato di polizia: “giustizia, uguaglianza, solidarietà!”.
Gli studenti, però, proprio per un’età media molto bassa, hanno scelto di non forzare il blocco e tornano indietro, evitando rischi o cariche feroci. Hanno comunque fatto sentire la loro voce, denunciato di subire i luoghi che invece dovrebbero vivere, in quanto luoghi di cultura. Loro che subiscono i ritmi imposti che non permettono di metabolizzare quello che studiano, ne la formazione di una coscienza critica, vengono plasmati semplicemente in una forma più adatta per essere sfruttati nel ciclo produttivo. L’università immaginata come luogo di formazione della classe dirigente o come ascensore sociale, espressione di una società fortemente classista, in quanto ingranaggio del sistema capitalistico, non può che rispecchiare le sue contraddizioni e gli studenti ne subiscono quotidianamente le conseguenze: tasse sempre più alte, corsi universitari specialistici che vengono tagliati, personale in pensione che non viene sostituito. Peggiora il servizio ma costa di più! Il lavoro precario e la disoccupazione sono linfa vitale del mercato del lavoro e del profitto, la possibilità economica di distaccarsi dalla famiglia è pressoché inesistente: il futuro che si prospetta è incerto, ed è normale che una protesta possa nascere su rivendicazioni rispetto al miglioramento delle condizioni che li unisce, ma è importante anche riuscire ad allargare l’analisi, affrontare con senso critico ciò che viene imposto ogni giorno e capire effettivamente quali possano essere le pratiche che possono interrompere le cause che lo determinano, capire, cioè, quale sia la risposta da dare ad un sistema che vuole automi costretti a vivere secondo modelli di vita preimpostati.

‘Gnazio

Bologna
occupazioni e cortei

Sgombero
All’alba di martedì 15 novembre il Community Center, ovvero l’occupazione del centralissimo ex cinema Arcobaleno [vedi UN n. 33] ha  avuto fine. La polizia è intervenuta portando fuori di peso e identificando oltre una cinquantina di compagne e compagni che hanno opposto resistenza passiva. Il cinema, chiuso da cinque anni, voleva essere una piazza coperta sul modello dei presidi permanenti in Spagna e negli Stati Uniti: un luogo dove elaborare e costruire risposte concrete alle problematiche quotidiane imposte dall’attacco violento ai diritti di tutti.
L’intervento della polizia non ha però scoraggiato gli occupanti: da quel giorno ci sono stati diversi cortei, partecipati da centinaia di persone, che hanno ribadito il diritto all’insolvenza in giro per il centro città. Inoltre sono continuate le assemblee pubbliche e i laboratori serali nell’altrettanto centrale Sala Borsa.
Studenti
Migliaia, almeno tremila, gli studenti in grandissima parte delle medie superiori, che hanno dato vita a cortei selvaggi il  17 novembre, data anch’essa lanciata dal movimento Occupy Wall Street, come era stata l’11 novembre. Durante la mattinata sono stati bloccati i viali di circonvallazione in diversi punti. I ragazzi hanno ancora una volta dimostrato un entusiasmo e una volontà di lotta superiore agli studenti delle superiori e ai lavoratori in genere. Le loro proteste hanno paralizzato il traffico per ore e sono state colpite simbolicamente le banche, simbolo del continuo attacco al diritto ai saperi. Le agitazioni in queste settimane stanno prendendo la forma di occupazione di diverse scuole. Sempre occupata rimane anche la facoltà di lettere di via Zamboni 38.
Carcere
Venerdì 18 un detenuto di 48 anni è stato trovato morto, con una corda al collo. È la cinquantanovesima vittima dall’inizio dell’anno al carcere della Dozza. Si calcola che solo in Emilia-Romagna ci siano duemila detenuti in più rispetto ai posti previsti, e alla Dozza i detenuti sono 1091, più del doppio della capienza, 63% dei quali stranieri in attesa di giudizio o condannati per reati minori.
CIE
Sabato 19 alcuni reclusi hanno scardinato una porta cercando con questa di forzare le sbarre, ma sono stati fermati da militari e secondini. Nella notte altri hanno tentato l’evasione con una corda fatta di lenzuola. Sorpresi dagli agenti, dopo una colluttazione, sono stati ricondotti in cella. Intanto nella sezione femminile le prigioniere hanno acceso fuochi in diversi punti della struttura.
Fascisti
Alla fine di un’intensa settimana provano a fare capolino i fascisti. Era da qualche mese che se ne stavano rintanati. Ora, mimetizzata dietro la solita associazione pseudo-culturale, rispunta Casa Pound che nel pomeriggio di sabato 19 intendeva fare un’assemblea pubblica in una sala del quartiere Barca. Gli antifascisti, chiamati a raccolta dal circolo di quartiere Ikbal Masih, hanno denunciato pubblicamente la cosa e dato vita a un presidio all’esterno della sala comunale e all’occupazione “preventiva” dei locali. Il sindaco si è trovato costretto a revocare in extremis la sala ai fascisti, che se ne sono tornati quatti quatti nelle loro fogne. Per uscirne solo di notte e strappare striscione e rosse bandiere del circolo dei compagni.

RedB

Livorno
in piazza

A Livorno sin da inizio novembre si è avviato, attraverso una pratica assembleare pubblica ed aperta anche ai singoli interessati, un percorso unitario per creare una continuità tra le scadenze autunnali di mobilitazione.
Questo percorso ha dato vita inizialmente ad #occupylivorno, con una partecipata assemblea cittadina nella Piazza del Municipio nella giornata di mobilitazione globale dell’11 novembre. Altre assemblee in piazze del centro cittadino si erano tenute lunedì 13 e martedì 15.
Anche se con un progressivo calo di partecipazione, queste iniziative sono state importanti momenti di confronto e di mobilitazione.
In questo contesto si è svolto il corteo organizzato dal Coordinamento Studentesco Livornese il 17 novembre, nella giornata internazionale di mobilitazione studentesca e dello sciopero generale indetto da CUB e Cobas.
Al concentramento in Piazza Cavour presenti quasi esclusivamente studenti medi, il breve corteo di un centinaio di manifestanti, aperto dallo striscione “save school, not banks” ha attraversato le vie del centro per poi dar vita ad una assemblea in Piazza Grande. Decisa opposizione al neonato governo Monti, necessità di continuare a scendere in piazza e di uscire da un’ottica studentista, no alle spese militari, queste sono solo alcune delle posizioni affermate negli interventi che si sono susseguiti al microfono.
Alcuni compagni del Collettivo Anarchico Libertario presenti al corteo hanno diffuso un volantino dal titolo “ Autorganizzazione delle lotte per l’autogestione della società”.
Nel volantino distribuito si afferma la necessità di ribellarsi alla propaganda della crisi, alla retorica della “coesione nazionale” come giustificazione di quei “sacrifici” che si traducono nel quotidiano attacco alla libertà, ai salari, alle pensioni e alle condizioni di vita della maggior parte della popolazione , mentre governanti, capitalisti e banchieri cercano di difendere e aumentare i propri profitti ed i propri privilegi.
“Di fronte alla necessità di respingere questi attacchi – così conclude il volantino – diventa importante organizzarsi, dal basso, con un metodo orizzontale e rilanciare dei percorsi di lotta che vadano al di là delle singole scadenze acquisendo una prospettiva più ampia.
Sono i lavoratori, gli studenti, i precari, i disoccupati, i pensionati e i migranti che possono farlo, riprendendo nelle proprie mani la lotta, preparandosi a prendere nelle proprie mani l’organizzazione di una società libera dallo sfruttamento e dall’oppressione.”

Pisa
contro la crisi

Dopo la manifestazione studentesca dell’11 novembre e l’assemblea d’ateneo del 14, il 17 novembre si è svolta anche a Pisa una giornata di mobilitazione contro la crisi e il pagamento del debito.
Il corteo composto da diverse centinaia di studenti medi ed universitari, dopo aver attraversato le vie del centro compiendo azioni simboliche di fronte alle banche ed aver appeso uno striscione all’INPS, è poi andato ad unirsi al presidio dei lavoratori in sciopero organizzato dai Cobas.
Il corteo si è poi diviso. Una parte del corteo si è fermata in assemblea in Piazza Garibaldi mentre l’altra ha proseguito andando ad occupare una ex-banca in via la pergola, in piena zona universitaria, dando inizio all’esperienza di #OccupyPisa.
Pur essendo stata una importante giornata di mobilitazione, il 17 a Pisa ha fatto emergere, soprattutto con la scarsa partecipazione al corteo, i problemi che sta attraversando il movimento studentesco.
Per rilanciare la mobilitazione è necessario innanzitutto partire da metodi assembleari orizzontali, esigenza emersa nella partecipata assemblea d’ateneo del 14 novembre, ma ignorata dalla maggior parte delle “strutture” e dei collettivi universitari.

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Val di Vara – Ma l’emergenza è finita?

Da Umanità Nova n° 34 del 27 novembre 2011

 

Domenica 20 il Gruppo Germinal di Carrara si è spinto fino nell’alta Val di Vara per consegnare le ultime cose raccolte. Siamo andati nel cuore dell’alluvione, a Brugnato, a Borghetto, a Pignone. La situazione è ancora desolante e tutto ha preso un aspetto ancor più amareggiante quando abbiamo saputo che…. l’emergenza è finita. Ma come è finita? Ci siamo guardati intorno, cumuli di terra, strade interrotte, case ancora danneggiate e inabitabili. Ma per la Protezione Civile e lo Stato l’emergenza è finita. Il centro di soccorso a Borghetto è deserto. I vigili del fuoco hanno lasciato la zona (a Pignone proprio in mattinata ci dicono). In giro solo un paio di macchine della polizia ferme lì, a controllare.

Scendiamo a Borghetto. Chiediamo dove possiamo creare un punto di raccolta per quello che abbiamo portato in modo che poi tutti possano andare a prendersela. Inizialmente ci indirizzano verso un punto della Croce Verde, che però è chiuso, riaprirà lunedì per la distribuzione. Noi gli facciamo capire che non abbiamo alcuna intenzione di passare attraverso questo sistema, allora ci indicano gli uffici, oramai vuoti, delle poste. Non riescono a capire come sia possibile che vogliamo lasciare la merce lì, a disposizione, “Ma bisogna passare dalla Croce Verde” ci ripetono un paio di anziani. Poi, finalmente, uno di loro esordisce “Ma è meglio così, là tutte le volte sembra di andare a chieder l’elemosina, almeno qua possiamo prendere quello che ci serve” E comincia a spargere la voce in paese. Lasciamo Borghetto, vogliamo raggiungere Memola, un borgo nel comune di Pignone, ancora isolato, ma prima una frana sull’Aurelia e poi una nella stradina che porta al paese, ci impediscono il passaggio. Altra direzione, passiamo da Cassana, Casale e raggiungiamo Pignone. Lungo la strada stesso scenario di distruzione. Non c’è un rigagnolo che non sia esondato e che non sia portato dietro pezzi di territorio. Canali intubati esplosi come sotto un bombardamento. Una volta a Pignone organizziamo un punto di raccolta nella piazzetta. Anche lì ci raccontano. La gente ha voglia di far sapere, ma di far sapere ciò che è accaduto veramente, non quello che è passato dalle veline della protezione Civile. Martedì 25 ottobre l’alluvione. I primi soccorsi arrivano mercoledì sera e sono operativi da giovedì: 8 vigili del fuoco. Questi i soccorsi inviati. Il paese tutto nel frattempo si era mobilitato, chiunque avesse un mezzo, un attrezzo che potesse essere utilizzato lo ha messo a disposizione, dalla roncola alla motosega, dal trattore al camion. Si sono immediatamente organizzati portando soccorsi anche nelle frazioni più isolate. Intanto di Protezione Civile (quella con p e c maiuscole) poco e niente. In compenso tanti volontari, da La Spezia, i lavoratori del porto, gli ultras dello Spezia e tanta gente comune che andava su spontaneamente. Ci dicono che un sabato hanno persino dovuto chiudere la strada perché ne avevano troppi e non sapevano più come gestirli. Una solidarietà partita dal basso, dalla naturale propensione della gente all’aiuto, svincolata da sovrastrutture e organizzazioni.

Ci raccontano anche della benzina. Dopo sei giorni, con i mezzi quasi a secco, hanno dovuto fare una colletta, aiutati anche dai comuni vicini, per poter comprare la benzina e rifornire i mezzi che gli abitanti di Pignone avevano mezzo a disposizione e venivano utilizzati per portare aiuto.

Intanto l’emergenza è finita, domenica mattina i vigili del fuoco hanno lasciato il paese, ma Casale, una frazione a monte, è ancora senza acqua potabile. Noi ci stiamo organizzando e in settimana rifaremo un viaggio su a portare acqua.

L’emergenza comincia ora, quando, dopo essere stati sommersi da acqua, fango e promesse, gli abitanti della Val di Vara saranno abbandonati.

 

RedC

 

 

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Esperienze di autogestione

riceviamo e pubblichiamo

Giovedì 24 novembre alle 19h presso il circolo anarchico di vicolo del Tidi, vicino al cinema Lumier; si terrà la presentazione del progetto Conciatori e a seguire spuntino libertario..
Il progetto Conciatori nasce e si sviluppa nella realtà fiorentina del quartiere Santa Croce.
Il progetto unisce diverse associazioni, gruppi e collettivi provenienti da sensibilità politiche e culturali diverse; attraverso il metodo assembleare e attraverso l’autogestione dei locali in cui attualmente si trova organizza eventi culturali, dibattiti politici e porta avanti da tempo, la resistenza allo sgombero dei locali occupati che il comune vorrebbe imporre.
Il manifestino dell’iniziativa puoi vederlo qui:
http://www.kronstadt-toscana.org/2011/11/20/esperienze-di-autogestione/

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AUTORGANIZZAZIONE DELLE LOTTE PER L’AUTOGESTIONE DELLA SOCIETA’

Gli appelli alla “coesione nazionale” e la favola dei “sacrifici” condiscono una ormai collaudata retorica della crisi, che da semplice propaganda si fa sempre più ideologia dominante che cerca di mascherare la realtà a chi già vive di sfruttamento ed oppressione. Si dice che è necessario pagare il debito, che “siamo tutti sulla stessa barca”, si dice che bisogna accettare la macelleria sociale, perché è l’unico modo per superare la crisi e ritornare a “livelli di crescita”. Certo, la “crescita” dei profitti per chi da sempre ci sfrutta.

Dietro questo velo di propaganda, ben diversa è la realtà che viviamo.

La libertà, i salari, le pensioni, le condizioni di vita della maggior parte della popolazione sono quotidianamente sotto attacco, mentre governanti, capitalisti e banchieri cercano di difendere e aumentare i propri profitti ed i propri privilegi.

Non esistono “governi tecnici”.

Il neonato governo Monti sarà anzi un governo estremamente “politico”.

Esso avrà infatti il ruolo tutto politico di difendere gli interessi di capitalisti e banchieri, portando avanti le misure di macelleria sociale, affondando ancora di più le mani nelle tasche dei lavoratori e dei ceti popolari, cercando con la violenza e con il ricatto di disinnescare ogni tipo di malcontento, protesta, reazione popolare.

Non può esistere “equità” in queste scelte politiche, i “sacrifici” in ogni caso serviranno sempre a finanziare le spese militari, le guerre, le grandi opere, gli apparati repressivi, ad affermare ancora il profitto e lo sfruttamento.

Non si può quindi pensare al governo italiano, a quello spagnolo, a quello greco o portoghese, come a tutti gli altri governi europei, come a dei governi impotenti, in mano al potere bancario. Le direttive di macelleria sociale infatti vengono da quella Commissione Europea che è formata da membri nominati dagli stessi governi europei.

E’ chiaro allora che il ruolo dello Stato, dei governi, per difendere gli interessi di pochi capitalisti e banchieri, sarà quello di mettere in campo tutta la propria struttura di potere, controllo e violenza per attuare queste politiche.

Di fronte alla necessità di respingere questi attacchi, diventa importante organizzarsi, dal basso, con un metodo orizzontale e rilanciare dei percorsi di lotta che vadano al di là delle singole scadenze acquisendo una prospettiva più ampia.

Sono i lavoratori, gli studenti, i precari, i disoccupati, i pensionati e i migranti che possono farlo, riprendendo nelle proprie mani la lotta, preparandosi a prendere nelle proprie mani l’organizzazione di una società libera dallo sfruttamento e dall’oppressione.

 

Collettivo Anarchico Libertario

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Creiamo solidarietà! Sosteniamo le popolazioni alluvionate.

Abbiamo tutti visto e vissuto più o meno da vicino la tragedia delle scorse settimane. Città, paesi, borghi devastati. Dalla Lunigiana alla Val di Vara, dalle Cinque terre a Genova, fino all’Isola d’Elba.
Abbiamo già sentito troppe volte di fronte a morte e distruzione, parlare di incidenti, di calamità naturali, della fatalità della catastrofe. Una storiella sempre accompagnata dal controllo e dalla militarizzazione dei territori colpiti, dal business delle ricostruzioni.

Cementificazione, speculazione edilizia e industriale, morte e sfruttamento. Questa è l’altra faccia della Toscana degli yacht, del turismo, della produzione di beni di lusso. La realtà da Genova all’Isola d’Elba, come altrove, è quella della devastazione del territorio, dello sfruttamento. È la realtà degli omicidi sul lavoro, degli “incidenti” senza colpevoli, della disoccupazione giovanile, della rapina quotidiana da parte di chi ci governa.

A fronte di questo è importante rafforzare i legami di solidarietà.
La solidarietà tra gli sfruttati. Tra tutti quei lavoratori, proletari, precari, disoccupati, studenti, pensionati e migranti che, di giorno in giorno, si vedono spogliati del salario, della pensione, della libertà. Le “catastrofi”, che si chiamino crisi, debito, alluvioni, terremoti, incidenti navali o ferroviari, non sono mai delle catastrofi per i governi e per i capitalisti.

Creiamo solidarietà!
Sosteniamo la raccolta per le popolazioni alluvionate organizzata a Carrara dal Gruppo Germinal-FAI Carrara, dal Circolo Anarchico G. Fiaschi, dal Circolo Ludovici Vico e dall’USI/AIT sezione di Carrara.

I beni richiesti sono:
sapone per la persona (semplice), detersivi per panni e piatti, disinfettanti (amuchina o altro), latte a lunga conservazione, biscotti (semplici), stivali, pale, candele, torce elettriche con pile, carriole.

Per rendere possibile l’acquisto di grandi quantità dei beni sopra elencati, si possono donare anche soldi, con le stesse modalità di raccolta.

Tutto ciò che viene raccolto, sarà consegnato ai compagni ed alle compagne di Carrara che provvederanno nella settimana successiva a distribuire i beni direttamente alla popolazione delle zone colpite.

La raccolta è organizzata presso la F.A.L. in Via degli Asili 33, Livorno
– giovedì 17/11 dalle h18
– venerdì 18/11 dalle h18 alle h20
– sabato 19/11 dalle h10 alle h12
per informazioni: 3331091165

Collettivo Anarchico Libertario
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Federazione Anarchica Livornese – F.A.I.
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Assemblea Pubblica “Dalla crisi del capitalismo alla trasformazione sociale: un percorso di lotta”

I sindacati di base, riuniti in due diversi cartelli, hanno indetto due scioperi generali in due date diverse ma su piattaforme sostanzialmente simili. Il 17 novembre è stato indetto lo sciopero generale da Cobas e Confederazione Unitaria di Base, il 2 dicembre da Unione Sindacale di Base, Unicobas, Slai-Cobas e Snater.
I sindacati di Stato hanno fatto la voce grossa sulla lettera inviata da Berlusconi alla Commissione Europea, ma oggi, seguendo i propri padrini politici, CGIL, CISL e UIL si prostrano di fronte a Mario Monti, proconsole della stessa Commissione in Italia.
Supermario metterà le cose a posto: un po’ più di soldi nelle tasche di capitalisti e banchieri, tanti di meno nelle tasche dei proletari e dei ceti popolari; i privilegi della Chiesa, dei militari, dei magistrati e dei governanti non saranno toccati.
Chi si batterà per difendere salari e pensioni, per il reddito della maggior parte della popolazione, sarà accusato di essere corporativo, mentre chi si batterà per i profitti e gli interessi di pochi capitalisti e banchieri sarà considerato salvatore della nazione.
La crisi capitalistica continuerà ad avvitarsi su sé stessa, finché i lavoratori e i ceti popolari non riprenderanno nelle proprie mani la lotta, preparandosi a prendere nelle proprie mani l’organizzazione della produzione e della società.

Sabato 19 novembre 2011 alle ore 17.00 assemblea pubblica presso la Federazione Anarchica Livornese – Via degli Asili 33 Livorno.
Partecipano:
Jacopo Anderlini della redazione di Umanità Nova;
Claudio Galatolo, segretario regionale dell’Unicobas;
Tiziano Antonelli della Federazione Anarchica Livornese.

Federazione Anarchica Livornese – F.A.I.
Collettivo Anarchico Libertario

 

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La “Comune” di Oakland e le altre

da: Umanità Nova, n.31 del 13 novembre 2011

Indignati d’America

La libertà di espressione, anche quella di chi protesta in modo pacifico, è apprezzata, incoraggiata e consentita solo se viene esercitata altrove, magari in un paese lontano, dove al potere c’è un governo poco simpatico. Così, tutti quelli che si sono fatti in quattro per mostrarsi solidali con chi protestava in Egitto, Tunisia o Siria, hanno tutto un altro comportamento quando gli “accampamenti” sono piazzati proprio sotto le loro finestre. Lo stanno imparando a loro spese i cittadini statunitensi che da metà settembre hanno iniziato ad occupare spazi pubblici in numerose città del Nord America.
Il cartellone con la scritta “Comune di Oakland” ha fatto per due settimane bella mostra di sé, accanto al più classico “Combatti il Potere”, all’entrata dell’accampamento situato proprio nel parco davanti al palazzo municipale della città californiana. Una delle tante iniziative nate sull’onda di “occupy Wall-Street”. Questo presidio alle 4 del mattino del 25 ottobre è stato circondato dalla polizia e sgomberato dopo una breve resistenza durata fino alle 6; nel corso dell’operazione dettata, tanto per cambiare, da problemi “igienici e di ordine pubblico” sono state arrestate 75 persone. La stessa sera, un corteo di un migliaio di persone riunitesi per protestare contro lo sgombero è stato disperso dalla polizia a colpi di lacrimogeni e granate anti-sommossa, i manifestanti hanno risposto prevalentemente con la resistenza passiva. Alla fine si sono contati altri 30 arresti ed almeno un ferito grave. Il Sindaco, che si è dichiarato “simpatetico” con le proteste degli “indignati”, ha promesso che la piazza prima occupata resterà a disposizione come spazio per esprimere liberamente le proprie opinioni, ma solo durante l’orario di apertura del parco, dalle 6 alle 22. La replica dell’assemblea di “occupy Oakland” è stata la proposta di uno “sciopero generale” cittadino per il 2 novembre. Come risposta alla violenta repressione di Oakland, alcune centinaia di persone di “occupy Wall-Street” hanno marciato il 26 ottobre in un caotico “corteo” notturno nel centro di New York, concluso con il solito intervento poliziesco a base di spintoni e arresti.
Anche “occupy Atlanta”, che si era installata in un parco pubblico della omonima città, è stata attaccata all’una di notte del 26 ottobre, dopo che il giorno prima la polizia aveva fatto recintare la zona con delle transenne metalliche, rinchiudendo il presidio in un vero e proprio recinto. La resistenza passiva non è servita ad evitare la repressione e decine persone sono state arrestate durante l’operazione di polizia. Con un corteo, organizzato nel pomeriggio del giorno seguente ed una conferenza stampa gli occupanti hanno fatto sapere che non intendono mollare così facilmente ed hanno già iniziato ad organizzarsi per una nuova occupazione.
A Baltimora, dove l’accampamento di Piazza McKeldin dura dal 4 ottobre, l’assessorato ai parchi cittadini ha fatto sapere che sarà consentito un presidio solo nelle ore diurne, che di notte potranno restare in quell’area al massimo 2 persone e che potrà essere occupata solo una piccola parte dell’intera area. Gli attivisti hanno ricevuto anche un vero e proprio ultimatum che, almeno per il momento, non è stato rispettato e continuano a pubblicare sul loro sito web i menu (rigidamente veg-veg) della cena serale.
Tra sabato e domenica della scorsa settimana ci sono stati altre decine di arresti a Portland, Denver e Nashville e cortei contro la repressione a Oakland e San Francisco.
Ma ogni tanto c’è anche qualche buona notizia: i 75 partecipanti ad “occupy Sacramento”, arrestati all’inizio di ottobre, non saranno accusati di alcun reato, almeno secondo la dichiarazione rilasciata dal procuratore distrettuale. A Cleveland, alla terza settimana di occupazione, sono riusciti a vincere una causa in tribunale contro l’amministrazione municipale per avere l’autorizzazione a restare in una piazza pubblica anche dopo le dieci di sera.
Davanti alla repressione statale, la differenza fra la resistenza attiva e la non-violenza, si riduce spesso ad una mera questione tattica: gli arresti ed i maltrattamenti dei manifestanti non sono sempre influenzati da come tengono la piazza, almeno non così tanto quanto si potrebbe credere. Scegliere di accamparsi è un metodo di protesta sicuramente valido anche se piuttosto pesante e selettivo e questo per ovvie ragioni. Solo chi ha molto tempo da dedicare al movimento, può permettersi di stabilirsi giorno e notte in un accampamento e, alla lunga, una situazione di “assedio” del genere ha bisogno di una solidarietà e di una partecipazione superiore a quella che serve a marciare in un corteo. Inoltre, le previsioni meteorologiche rischiano di essere più determinanti degli agenti di polizia, visto le condizioni del tempo a New York in questi giorni.
Come già scritto in un precedente articolo, l’unica possibilità che questo movimento ha per resistere è quello di crescere e di estendersi, cosa che – almeno in parte – sta accadendo. Sgomberi ed arresti vanno messi nel conto e non sono particolarmente indicativi, specialmente se per un accampamento che viene chiuso in una città ne nascono altri due in quelle vicine.

Pepsy

Fonti
http://www.occupyoakland.org/
http://occupyatlanta.org/
http://www.occupybmore.org/
http://www.news10.net/news/local/article/160106/2/DA-Will-not-charge-arr…
http://occupycleveland.com/

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11 novembre: I martiri di Chicago

L’11 novembre del 1887 a Chicago, negli Stati Uniti, quattro operai, quattro organizzatori sindacali, quattro anarchici furono impiccati per aver organizzato il Primo Maggio dell’anno prima uno sciopero e una manifestazione per le otto ore di lavoro.

Il 20 agosto fu emessa la sentenza del tribunale: August Spies, Michael Schwab, Samuel Fielden, Albert R. Parsons, Adolph Fisc…her, George Engel e Louis Lingg furono condannati a morte; Oscar W. Neebe a reclusione per 15 anni.
Otto uomini condannati per essere anarchici, e sette di loro condannati a morte nella libera e felice Repubblica Federale Nordamericana. Ecco qui il risultato finale di una commedia infame nella quale non si considerò indegno un processo in cui ci si appellava liberamente alla falsità ed allo spergiuro.
La vista del tetro patibolo non commosse minimamente l’animo sereno di Spies, Parsons, Engel e Fischer, che dedicarono il loro ultimo pensiero alla causa tanto amata.Le ultime parole pronunciate dai nostri amici furono:
Spies: Salute, verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che oggi soffocate con la morte!
Fischer: Hoc die Anarchie! (Viva l’anarchia!)
Engel: Urrà per l’anarchia!
Parsons, la cui agonia fu terribile, riuscì appena a parlare, perché il boia strinse immediatamente il laccio e fece cadere la trappola. Le sue ultime parole furono queste: Lasciate che si senta la voce del popolo!
L’11 novembre del 1887 la borghesia di Chicago riposò tranquilla. Quattro uomini impiccati, un suicida e altri tre cittadini incarcerati avevano soddisfatto il suo brutale odio e la sua sete di vendetta. L’anarchia era stata distrutta. Ma il capitalismo era cieco e non vide che quell’ideale cresceva con forza nella massa dei lavoratori che tante volte aveva applaudito i martiri, che aveva fatto ogni tipo di sforzo per cercare di salvarli dal patibolo e che si sarebbe lanciata risolutamente a salvare i prigionieri se non fosse stata trattenuta dagli appelli di quegli stessi uomini che furono impiccati come criminali.
Pochi giorni dopo il sacrificio, i lavoratori di Chicago tennero un’imponente manifestazione di lutto, a prova che le idee socialiste non erano affatto morte.
Pietro Gori, ancora studente all’università di Pisa, scrisse un’epigrafe in memoria dei Martiri di Chicago. Per quella epigrafe fu incarcerato per la prima volta, perché il procuratore lo considerò l’istigatore dei disordini che si verificarono a Livorno appena si diffuse la notizia dell’assassinio degli esponenti anarchici. In quella occasione i popolani livornesi si rivolsero prima contro le navi statunitensi ancorate nel porto, e poi contro la Questura, dove si diceva che si fosse rifugiato il console USA.

 

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