Dissociamoci dalle forze armate
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– Marzo 20, 2011
La Russa: “Da oggi nostri aerei compiranno azioni”
- dalla diretta su Repubblica.it
- 14:51
- La Russa: “Da oggi nostri aerei compiranno azioni” 66 –
- Gli otto aerei italiani messi a disposizione dall’Italia per le operazioni in Libia “si aggiungono agli altri assetti forniti da tutte le altre nazioni che partecipano e da oggi compiranno le loro azioni sotto un unico comando, che è a Napoli”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intervenendo a “in 1/2 h” di Lucia Annunziata su Rai Tre
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– Marzo 20, 2011
La guerra in Libia
Attacco francese, si combatte a Bengasi e Misurata. Ormai è guerra senza quartiere
Una colonna di carri armati, per iniziare. Questo il primo obiettivo colpito dai caccia bombardieri francesi, che sono arrivati sulla Libia qualche minuto dopo la fine della riunione a Parigi tra la nuova coalizione dei volenterosi. Poi la pioggia di razzi su Tripoli, sparati dalle navi della marina Usa.
A Bengasi si combatte con le truppe lealiste in città, almeno trenta morti. Civili in fuga verso l’Egitto. Almeno questo dice al-Jazeera, alla quale andrà dedicata un’analisi a parte, alla fine di questa rivoluzione nel mondo arabo. Al-Jazeera dice, tutti riprendono. Il caccia abbattuto sui cieli di Bengasi, in poche ore, è diventato un velivolo mal manovrato dai ribelli e non un caccia di Gheddafi. Per ore, però, tutti l’hanno raccontata così. Al-Jazeera dice, tutti ripetono. L’Europa si lancia in guerra, come avviene sempre più spesso dopo la caduta del muro di Berlino.
No fly zone, si dice. Quindi rendere inefficaci i caccia bombardieri libici, ma anche – come visto – colpire i mezzi a terra. E quindi rendere inoffensivi anche eventualmente le strutture militari di Gheddafi, che in parole povere significa bombardare Tripoli. Dopo? Nessuno lo dice, tutti spergiurano che mai si entrerà via terra, mentre Gheddafi prende sempre più la cera di un grottesco Nerone e minaccia tutti.
Questa giornata di guerra ci restituisce un protagonista, anzi due. Il presidente Nicholas Sarkozy e la repubblica francese. Dopo la vergogna di aver offerto, ancora a poche ore prima che Ben Alì scappasse all’estero, le loro truppe speciali per sedare la rivolta. Anche trecento tunisini erano stati massacrati, ma l’Eliseo pensava a tener salda una dittatura amica. Con Gheddafi no, bisognava rilanciare l’immagine di Parigi e di Sarkozy. Nell’imbarazzo cronico degli italiani, che potrebbero trovarsi bersaglio di armi che loro stessi hanno regalato a Gheddafi neanche un paio di anni fa.
Sarà ancora una volta una scelta selettiva, che nessuno sentirà il bisogno si spiegare. Perché, a Manama, in Bahrein, le truppe saudite marciano per tenere saldo il trono di un emiro che massacra gli sciiti? perché a Sana’a, in Yemen, nessuno ritiene di dover fermare il presidente Saleh che manda i corpi speciali contro gli studenti? Troppe domande, non si sentono risposte, mentre Sarkozy fissa la camera con il suo stile aggressivo e chiede a francesi e cittadini di tutto il mondo come potrebbe l’Europa girarsi dall’altra parte?
Bengasi terrà, a questo punto. La guerra diventerà uno stillicidio, se non ci sarà una nuova risoluzione per truppe di terra. La cosa si complica enormemente. Una situazione imbarazzante, ottenuta ad hoc però. Lasciando che Gheddafi riconquistasse campo, città dopo città. In modo che l’aspetto emotivo fosse troppo forte e non puzzasse di Iraq e di petrolio.
Adesso comincia la terza fase di questa crisi. Prima la rivolta, senza un sostegno evidente. Poi la riscossa di Gheddafi, senza un sostegno ai ribelli, né evidente né nascosta. Adesso ‘arrivano i nostri’, dopo un mese di attesa e dopo sette anni – dal 2003 – di criminale complicità con Gheddafi. E domani si sentirà chiedere: “Cosa diranno i pacifisti?”, come se la colpa fosse degli unici che dal 2003 – e da sempre – denunciavano i crimini di Gheddafi e di coloro, anche più colpevoli di lui, che lo trattavano da statista.
Christian Elia
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– Marzo 20, 2011
Inizia la guerra, pronti anche aerei italiani
da: http://www.radiondadurto.org
Notizia scritta il 19/03/11 alle 12:12. Ultimo aggiornamento: 19/03/11 alle: 18:36
LIBIA: SCONTRI A BENGASI E ZENTEN, GLI AEREI OCCIDENTALI SULLA LIBIA. QUELLI ITALIANI PARTITI (ANCHE) DA GHEDI.
Ore 18 – I caccia francesi hanno sganciato i primi missili su un imprecisato “veicolo militare libico”. A dirlo il Ministero della Difesa di Parigi. E’ di fatto il primo atto conosciuto di questa nuova guerra. A terra, intanto, proseguono gli scontri. Secondo gli insorti sarebbero stati respinti gli attacchi lealisti a Bengasi, Misurata e Zenten. Decine i morti. Secondo Al Arabya, ma manca conferma al riguardo, pure gli aerei italiani avrebbero sorvolato la Libia. Intanto a Torino, Milano e Brescia primi presidi spontanei contro la guerra e a favore delle rivolte popolari arabe. A Brescia il presidio, inizialmente convocato per contestare la fiera armiera Exa attesa dal 9 al 12 aprile nel capoluogo, si è riformato nel tardo pomeriggio unendo la contestazione alla filiera armiera bresciana a quella verso l’ennesimo intervento occidentale in nome di “pace” e “diritti umani”. Momenti di tensione in piazza con le forze dell’ordine, come ci racconta Sauro, nostro collaboratore in piazza questo pomeriggio a Brescia.
Ore 17 – Ghedi e la provincia di Brescia, quindi, sono ancora tristemente in prima fila anche in quest’ennesima “guerra umanitaria”. Sul ruolo della base Nato a sud di Brescia, e più in generale della filiera armiera della nostra provincia abbiamo sentito Sauro, nostro collaboratore presente questo pomeriggio al presidio contro la fiera armiera “Exa” prevista fra poco a Brescia.
Ascolta l’intervista a Sauro cliccando qui.
Ore 16 – Terminato il vertice di Parigi, Sarkozy ha dato via libera alle azioni militari in Libia dicendo che i caccia occidentali “starebbero già impedendo i raid aerei di Gheddafi su Bengasi”, dove comunque si combatte aspramente come a Misurata.
Sono stati rischierati intanto a Trapani i caccia Tornado dell’Aeronautica militare che potrebbero essere impiegati sulla Libia: si tratta dei Tornado ECR di Piacenza, specializzati nella distruzione delle difese missilistiche e radar, e dei Tornado EDS del sesto stormo di Ghedi (Brescia), con capacità di attacco. Insieme ai Tornado, sono stati schierati nella stessa base anche i caccia Eurofighter di stanza a Grosseto, assieme a F-16,
Awacs e aerei di rifornimento della Nato.
Ore 13 – Scontri e bombardamenti si registrano questa mattina, sabato 19 marzo 2011, a Bengasi dopo l’entrata in città delle forze pro-Gheddafi. Al Jazira, che ha diffuso la notizia, afferma che colpi di artiglieria sono esplosi sia dalla costa che da sud anche nella centrale Gamal Abdel Nasser Street. Abbattuto un aereo militarie degli insorti. Attraverso l’agenzia ufficiale Jana la risposta del governo libico: “le bande di al Qaida hanno attaccato le unita’ delle forze armate libiche ferme a ovest di Bengasi, hanno usato un elicottero e un aereo da combattimento per bombardarci, in flagrante violazione della no-fly zone imposta dall’Onu, abbiamo risposto per autodifesa”. Bombe ed esplosioni anche sulla città occidentale di Zenten. Oggi pomeriggio, a Parigi, un vertice internazionale potrebbe dare il via libera agli aerei occidentali, in partenza pure dalle base del nostro Paese.
La situazione, quindi, sembra essere ormai sull’orlo del precipizio: come in un film terribilmente già visto, tornano nelle bocche dei politici occidentali parole come “interventi mirati”, “bombardamenti chirurgici” e altro ancora, con il tradizionale e sanguinoso corollario di “effetti collaterali”. E’ tutto già scritto, quindi? Sentiamo l’analisi di Manlio Dinucci, analista di questioni geopolitiche
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– Marzo 19, 2011
Da Lampedusa a Mineo. Frontiere d’odio
da: http://senzafrontiere.noblogs.org/
Venerdì 18 marzo. A Lampedusa si susseguono gli sbarchi, il centro di accoglienza è al collasso. Nonostante le contestazioni che hanno accolto la visita di due campioni dei diritti umani quali Mario Borghezio e Marine Le Pen, nell’isola soffia forte il vento dell’odio e della paura. In queste ore un centinaio di isolani ha cercato di impedire l’attracco di una barca carica di immigrati.
A Mineo ha aperto i battenti il Villaggio della Solidarietà. Il governo ha deciso di concentrarvi tutti i residenti asilo dei CARA, per poter velocemente riconvertire a CIE i CARA. Nuova linfa per la premiata ditta galera e deportazione. I primi tre sono giunti in auto da Trapani, altri 157 li hanno deportati da Bari.
Di seguito la cronaca dell’ultima settimana curata da TAZ – Laboratorio di Comunicazione Libertaria
In un Mediterraneo in fiamme, la questione dell’immigrazione continua a svelare la criminalità della classe dirigente europea, messa di fronte ai disastri che essa stessa ha prodotto negli ultimi decenni. Il Nordafrica delle rivolte presenta il conto, e le partenze dalla Tunisia di barconi carichi di immigrati sono oggettivamente aumentate, anche se è sempre scorretto parlare in termini di emergenza. L’emergenza, in realtà, viene creata a tavolino. Non solo sui media, ma anche nella gestione dell’accoglienza (se così si può dire) sempre all’insegna delle leggi e delle procedure razziste.
Lunedì 14 marzo, a Lampedusa è andata in scena una brutta farsa. Gli europarlamentari Marine Le Pen – Fronte Nazionale francese – e Mario Borghezio – Lega Nord – si sono recati sull’isola per farsi la campagna elettorale sulla pelle degli sventurati. I toni sono stati ammantanti dell’ipocrita retorica umanitaria vista da destra ma, in sostanza, il messaggio era chiaro: l’Europa non può e non deve accogliere gli immigrati. Quindi? Quindi, vanno assistiti in mare senza farli sbarcare: distribuzione massiccia di viveri e medicine sui loro barconi purché non tocchino terra. Sembra uno scherzo, ma hanno detto proprio così. La notizia però è un’altra. I due esponenti razzisti hanno trovato al loro arrivo in aeroporto un comitato di accoglienza formato da una cinquantina di attivisti del locale circolo Arci Askàvusa e di Legambiente che hanno esposto striscioni contro il razzismo e il fascismo. I due politicanti hanno dovuto sgattaiolare da un’uscita laterale rinunciando pure alla conferenza stampa prevista nel palazzo del Municipio, il cui principale inquilino – giova ricordarlo – è quell’altro grottesco personaggio che risponde al nome di Bernardino De Rubeis, sindaco di Lampedusa, già indagato per corruzione, e più recentemente per istigazione all’odio razziale dopo un’ordinanza che disponeva il divieto di utilizzare i luoghi pubblici come “siti di bivacco e deiezione”. De Rubeis si riferiva proprio agli immigrati, i quali – aveva dichiarato pochi giorni prima – «importunano le nostre donne, fanno i propri bisogni dietro le case, davanti le scuole, di fronte ai bambini. Camminano a gruppi impedendo la vita sociale normale dei lampedusani». Addirittura.
In realtà, dovrebbero essere gli italiani a vergognarsi. Quelli che, per intenderci, stanno ai piani alti dei ministeri. Il Centro di accoglienza di Lampedusa è un lager. Duemilaseicento gli immigrati ammassati come bestie in una struttura angusta che ne potrebbe ricevere solo ottocento. Condizioni igieniche pessime: scarseggia il cibo e manca l’acqua ma, nonostante tutto, il morale è alto. Per tutte queste persone, essere arrivati vivi in Italia è già un gran bel traguardo. Solo l’altro giorno, infatti, un cadavere è stato restituito dalle onde sulla costa di Pantelleria, altra isola in mezzo al Canale di Sicilia. Un tratto di mare che il maltempo dei giorni scorsi ha spazzato violentemente con esiti tragici. Nella notte tra il 14 e il 15 marzo, infatti, un barcone si è ribaltato ed è andato a fondo. Una quarantina i morti, mai recuperati, mentre in cinque si sono salvati aggrappandosi a dei legni e lottando tutta la notte contro il freddo, il buio e i pesci che gli mordevano le mani.
Di fronte a tutto questo orrore, il governo italiano risponde miseramente. A Lampedusa si vorrebbero fare due tendopoli, da cinquecento posti ciascuna, e per fare questo è stato inviato l’esercito. La popolazione locale si è opposta fermamente perché tutti i lampedusani, dai più progressisti ai più sensibili alle ragioni del quieto vivere, scorgono in questa operazione il pericolo di una trasformazione dell’isola in un lager a cielo aperto: una prospettiva nefasta sia per chi ha a cuore i diritti umani, sia per chi bada al portafogli e teme gravi ripercussioni sulla stagione turistica in un territorio in cui praticamente tutti vivono di questo. In questa miscela esplosiva si innesta l’atavica frustrazione di una comunità che si è sempre sentita ignorata dallo Stato centrale, e che oggi torna a sentirsi sfruttata solo come terra di frontiera. Nel momento in cui scriviamo, infatti, un centinaio di lampedusani sta addirittura impedendo l’attracco di una motovedetta della Capitaneria di porto con a bordo 116 immigrati soccorsi al largo.
In Sicilia, infine, è stato inaugurato il “Residence degli aranci” a Mineo, in provincia di Catania. Vi troveranno posto duemila richiedenti asilo (o forse più). Le prime deportazioni a Mineo saranno fatte dai Centri di Caltanissetta, Trapani, Crotone, Bari, Foggia. Un’enorme struttura, quella di Mineo, ipocritamente ribattezzata “Villaggio della Solidarietà”, in cui convogliare tutti i richiedenti asilo che vivono nei centri Cara di tutta Italia. L’obiettivo? Convertire quei centri in Cie – Centri di Identificazione ed Espulsione – dove internare i tunisini di Lampedusa.
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– Marzo 19, 2011
COME I TARPONI IL FASCISTA TOSI VIENE A LIVORNO
testo del volantino distribuito in centro a Livorno martedì 15 marzo, mentre nella sede della Provincia si teneva l’incontro tra il sindaco di Livorno Cosimi ed il sindaco di Verona Tosi.
COME I TARPONI
IL FASCISTA TOSI VIENE A LIVORNO
Oggi il sindaco Cosimi incontra il sindaco di Verona Tosi nel Palazzo della Provincia.
Flavio Tosi, è uno degli esponenti leghisti più legati alla destra neofascista e al tradizionalismo cattolico. Tosi è il sindaco che andò a trovare in carcere i fascisti che nel 2008 avevano assassinato Nicola Tommasoli, giovane veronese, colpevole di non aver loro offerto una sigaretta. Tosi è stato condannato per propaganda di idee razziste e per questo non può partecipare a manifestazioni pubbliche. Tosi partecipò nel 2005 ad una processione contro gli omosessuali. Tosi è anche quello che mise lo scorso anno un fascista a dirigere l’Istituto Storico della Resistenza e che fece la propaganda elettorale con i tifosi della curva dell’Hellas e con Fiamma Tricolore. Ci limitiamo a questo, ma ci sarebbe ancora molto da dire su questo personaggio.
L’incontro previsto per oggi alle 18 dovrebbe essere un momento di confronto sulle politiche delle amministrazioni in merito a sicurezza e viabilità. Non stupisce che un sindaco PD come il Cosimi, si incontri con uno dei modelli di sindaco sceriffo come Tosi che ha portato avanti a Verona provvedimenti razzisti e di negazione di ogni libertà. In molte città infatti Lega e PD vanno sempre più a braccetto nelle politiche “per la sicurezza”, politiche razziste e di militarizzazione del territorio.
Il problema quindi non è Tosi, il problema sta nel tentativo di deviare ogni malcontento popolare con la paura del diverso, con la paura dello straniero. E’ il campo del delirio securitario quello sul quale si svolge l’incontro di oggi tra Cosimi e Tosi. Il campo in cui si decide come scaricare paura e violenza sui migranti, sui lavoratori, sui precari, su chi è sfruttato, in modo da disinnescare ogni conflitto sociale.
Questo incontro avrebbe dovuto svolgersi inizialmente il 28 gennaio, in seguito alla mobilitazione degli antifascisti livornesi l’incontro venne annullato. Oggi, alla zitta e senza pubblicità, di nascosto come i tarponi, si terrà l’incontro. Sono costretti a organizzare le cose in questo modo, con un esagerato spiegamento di forze, per gestire un semplice incontro tra due sindaci.
Nonostante la notizia dell’incontro sia giunta oggi all’improvviso, noi siamo comunque in piazza, come sempre, come lo saremo anche domani quando Tosi se ne sarà andato.
SEMPRE IN PIAZZA
CONTRO OGNI RAZZISMO
CONTRO OGNI FASCISMO
PER LA RIPRESA DELLE LOTTE
Livorno Antifascista e Antirazzista
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– Marzo 18, 2011
Riunione Anarchici Toscani
Sabato 19 alle ore 14:30 è convocata la riuinione degli Anarchici Toscani.
La riunione si terrà presso il Circolo Anarchico Fiorentino in via dei Conciatori a Firenze.
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– Marzo 18, 2011
Rompere le gabbie aprire le frontiere
da: http://senzafrontiere.noblogs.org/
Parma 14 e 15 maggio 2011
Rompere le gabbie aprire le frontiere
Incontro su immigrazione, lavoro, CIE
L’immigrazione dal sud al nord del pianeta ha allargato e reso più feroce il fronte della guerra ai poveri. L’arrivo di lavoratori stranieri è la leva potente con cui è stato sferrato un attacco senza precedenti ai “diritti” acquisiti dai lavoratori in decenni di lotte durissime.
Chi emigra, sia coloro che fuggono da paesi dove la sopravvivenza è una sorta di roulette russa, sia chi si mette in viaggio nella speranza di migliorare la propria condizione, è costantemente sotto ricatto.
Il disciplinamento dei lavoratori immigrati, indispensabile a mantenerli sottomessi perché ricattabili, si è articolato in una lunga teoria di provvedimenti legislativi e conseguenti pratiche repressive, che passo dopo passo, hanno posto le basi per un diritto diseguale nel nostro paese come nel resto d’Europa.
Se la disuguaglianza è sancita per legge, se l’accesso alla cittadinanza e finanche a quella sublime astrazione chiamata “diritti umani” diviene carta straccia, l’universalità della norma – sia pure meramente formale – si infrange.
È un viaggio senza ritorno. Un parziale accesso ai diritti è subordinato a condizioni quasi impossibili per i più. Una corsa ad ostacoli piena di trucchi ed inganni. In questi anni, l’incrudirsi della crisi e il peggiorare dei rapporti di forza tra capitale e lavoro, oltre ad una martellante campagna di criminalizzazione degli stranieri ha reso più difficile la solidarietà tra chi mantiene qualche tutela e chi non ne ha mai avute, rendendo più duro il fronte della guerra di classe. Non sono mancate tuttavia importanti esperienze di lotta comune tra lavoratori immigrati e lavoratori italiani: piccoli ma importanti segnali che occorre amplificare.
L’universalità delle libertà formali è oggi più che mai la maschera grottesca della democrazia reale.
Fatta di muri. Sempre più spessi, sempre più alti. Su questi muri si infrangono le vite di chi fugge la guerra, le persecuzioni, la miseria. C’è chi muore in viaggio, chi in un cantiere senza protezioni, chi si impicca per evitare la deportazione. Una lunga strage di Stato.
Il diritto legale di vivere nel nostro paese è riservato solo a chi ha un contratto di lavoro, a chi accetta di lavorare come qui nessuno più era obbligato a fare. Oggi i migranti, con permesso o in nero, sono i nuovi schiavi di quest’Europa fatta di confini e filo spinato.
I CIE, Centri di Identificazione ed espulsione, sono le galere che lo Stato italiano riserva a quelli che non servono più. Sono posti dove finisci per quello che sei, non per quello che fai. Come nei lager nazisti. Nei CIE rinchiudono chi ha perso il lavoro e, quindi, anche le carte, oppure chi un lavoro regolare non l’ha mai avuto e quindi nemmeno i documenti.
Chi resta, dopo aver ricevuto un decreto di espulsione, rischia la galera perché – da un anno in Italia – l’immigrazione clandestina è un reato penale.
Da sempre nei CIE soprusi, pestaggi, cure negate, sedativi nel cibo sono pane quotidiano. Le lotte degli immigrati rinchiusi nei CIE hanno segnato l’ultimo decennio. Una lunga resistenza, spesso disperata, fatta di braccia tagliate, bocche cucite, lamette o pile ingoiate. Qualcuno ha preferito la morte alla deportazione e l’ha fatta finita. In tanti si sono ribellati, bruciando materassi, distruggendo suppellettili, salendo sul tetto. Un po’ ovunque ci sono stati tentativi di fuga.
Nell’ultimo anno sono andate in fumo camerate, stanze e anche interi CIE: la protesta degli immigrati sta mettendo in seria difficoltà il governo. Il ministro dell’Interno, il leghista Maroni, si vanta di aver “fermato l’invasione”. In realtà non ci sono barriere, filo spinato, uomini in armi che possano fermare chi si mette in viaggio per fuggire guerre, miseria, oppressione. Gli accordi italo-libici per i respingimenti in mare hanno fatto sì che si aprissero altre rotte.
Il governo vuole costruire quattro nuovi CIE ma non ha nemmeno i soldi per ristrutturare quelli danneggiati durante le rivolte dell’ultima estate.
Le reti di solidarietà con gli immigrati si sono moltiplicate. In alcuni casi le lotte sono riuscite a mettere in difficoltà il governo.
Siamo convinti che oggi ci siano le condizioni per mettere in crisi il sistema delle deportazioni: dai respingimenti in mare e alle frontiere, al sostegno di chi lotta nei CIE, all’apertura di crepe nel consenso verso le leggi razziste.
Nell’ultimo anno si sono moltiplicate ed estese le lotte dei lavoratori immigrati contro la sanatoria truffa, il permesso a punti, il contratto di soggiorno, la schiavitù del lavoro nero, i soprusi della polizia.
Il governo ha risposto con botte, denunce, deportazioni.
Siamo convinti che il mostruoso apparato repressivo che tiene sotto scacco la vita degli immigrati non basterà a fermare le lotte. Anzi. La crisi che pure morde la vita di tutti ha colpito in modo durissimo gli immigrati.
Siamo convinti che le lotte comuni tra lavoratori immigrati e lavoratori italiani possano dare dei bei grattacapi a chi lucra sulle vite di tutti, scommettendo sulla guerra tra poveri.
A Parma il 14 e 15 maggio vogliamo ripercorrere la rotta degli schiavi, il loro cammino attraverso il deserto, i mercanti d’uomini, il lavoro nero, i caporali, i CIE, la deportazione.
Vogliamo altresì mettere a confronto esperienze, idee e proposte di chi, giorno dopo giorno, lotta contro il razzismo di stato e la guerra ai poveri.
Nell’auspicio che si possano tessere reti sempre più solide.
Sabato 19 marzo a Milano incontro del Coordinamento Antirazzista della FAI.
Dalle 11 in viale Monza 255
La commissione antirazzista della FAI
Per contatti:
fai-antiracism@libero.it
faiantirazzisti@autistici.org
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– Marzo 18, 2011
Tra Sicilia e Libia. L’invasione che non c’è e quella che potrebbe esserci
da: http://senzafrontiere.noblogs.org/
Il governo italiano manda l’esercito in Sicilia, per fronteggiare l’invasione che non c’è – qualche migliaio di tunisini non sono un esodo. Semplicemente molti approfittano di un’occasione che potrebbe non ripetersi più. La via chiusa dagli accordi per i respingimenti in mare tra il governo italiano e quello libico sono saltati, dopo la rivolta in Cirenaica.
Di seguito il comunicato di TAZ laboratorio di comunicazione libertaria.
C’era da aspettarselo. Il prefetto di Palermo, commissario del governo per l’emergenza immigrazione, ha annunciato l’invio dell’esercito a Lampedusa. Cento militari presidieranno l’isola siciliana per supportare, con compiti di polizia, le forze dell’ordine. L’esercito a Lampedusa dovrebbe essere operativo a partire dal 16 marzo, ma questa data non è ancora sicura. Quel che è sicuro è che la militarizzazione della Sicilia non si ferma qui: altri cinquanta soldati saranno mandati a Mineo, in provincia di Catania, dove entro questa settimana dovrebbero cominciare ad arrivare i richiedenti asilo provenienti da tutta Italia e che saranno portati nel Residence “Villaggio degli aranci”, una struttura utilizzata in passato dai militari Usa della vicina base di Sigonella.
L’invio dell’esercito in Sicilia per “affrontare” gli immigrati è davvero una delle mosse più vergognose che questo governo potesse mettere in campo.
D’altra parte, si continua a parlare della crisi in Nordafrica solo in termini catastrofisti agitando lo spettro di un’emergenza che non c’è. Non sapendo che pesci prendere (così come il resto dei paesi occidentali, tutti spiazzati di fronte la crisi libica), il governo preferisce dare in pasto all’opinione pubblica la solita sbobba fatta di paura, allarmismi e paranoia sicuritaria. È vero: nelle ultime settimane gli sbarchi si sono intensificati a seguito delle rivolte in Tunisia, ma è del tutto ingiustificato parlare di “invasione” specialmente in riferimento alla Libia. Nessun libico, infatti, è approdato sulle coste siciliane in questi giorni convulsi.
Intanto in Libia, tra gli oppositori al regime di Gheddafi serpeggia il timore di un’invasione vera di truppe statunitensi e italiane. Su Fortresse Europe un’interessante corrispondenza telefonica da Tripoli e Zawiyah.
Riportiamo il testo posto in calce all’intervista nel quale, con grande onestà intellettuale, Del Grande scrive: “Uso il condizionale in tutte queste affermazioni perché non essendo sul posto è difficile verificare, pur riponendo la massima fiducia nella fonte citata, trattandosi di un esponente dell’opposizione berbera, da anni impegnato nell’attività di opposizione al regime libico. L’impressione infatti è che l’approssimazione di certo giornalismo, unitamente alla ricerca della scoop e alla strumentalizzazione di certi poteri politici, stia portando a una distorsione dei fatti, che prepara il terreno alla giustificazione di una ennesima guerra umanitaria, guarda caso in un paese dove si giocano gli interessi petroliferi di molti paesi, Italia compresa. Così le stragi dei ribelli, un migliaio di morti in tutto il paese dall’inizio della rivoluzione, diventano un genocidio. Una decina di tombe di un cimitero non meglio identificato diventano una fossa comune. Qualche migliaio di tunisini arrivati a Lampedusa diventano l’invasione dalla guerra civile in Libia (ad oggi nessun libico è giunto a Lampedusa, vale la pena ricordarlo). Mettere in guardia dai rischi di una guerra umanitaria non significa non condannare le violenze del regime libico, che al contrario Fortress Europe denuncia da cinque anni. Come pure non significa appellarsi all’immobilismo internazionale. Ma tra il non fare niente e il dichiarare guerra alla Libia, ci sono molte strade intermedie. Soprattutto se il fronte degli interventisti è formato dagli stessi politici e affaristi che fino a ieri flirtavano con Gheddafi. E che in testa hanno un solo obiettivo: difendere i propri interessi strategici.
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– Marzo 17, 2011
Firenze: No allo sgobero di Via dei Conciatori
24 MARZO: NON CONSEGNAMO VIA DEI CONCIATORI ALLA SPECULAZIONE !! NO ALLO SFRATTO, SI ALL’USO PUBBLICO !!
Lo storico immobile comunale di via dei Conciatori, già sede delle antiche concerie e del deposito centrale della nettezza urbana fino al 1980, da trenta anni utilizzato da varie realtà sociali e politiche e per questo divenuto importante luogo di aggregazione in città, è stato aggiudicato con l’asta del 13 dicembre scorso ad una società di intermediazione immobiliare: 1.912.000 euro per 1646 mq (circa 1150 euro al mq in piena Santa Croce), una scelta che prelude sicuramente ad una nuova speculazione in un quartiere che, invece, ha bisogno di spazi e servizi sociali.
In vista del contratto di (s)vendita al privato, l’Amministrazione Comunale ha fissato per il prossimo 24 marzo lo sgombero forzato di via dei Conciatori, nonostante che un ampio movimento di abitanti, associazioni, realtà politiche e di base, riunito in “Progetto Conciatori”, dalla primavera del 2010 rivendichi l’uso pubblico ed il recupero del palazzo per fini sociali, in alternativa alla vendita.
Nello scorso dicembre anche il Consiglio di Quartiere 1 ha preso posizione in questo senso, chiedendo di togliere via dei Conciatori dal piano delle vendite.
“Progetto Conciatori” ha presentato al Comune ed alla Regione due precise e concrete proposte, tra loro strettamente collegate, chiedendo l’apertura di un confronto pubblico:
– il ritorno nel centro storico della residenza pubblica, come già avvenuto alle Murate, ad esempio con una esperienza di cohousing sociale;
– un progetto di autorecupero per creare spazi di aggregazione e servizi destinati al quartiere, laboratori, sedi per movimenti e associazioni, a cura dei soggetti interessati.
Negli ultimi mesi sono cresciute in via dei Conciatori le attività autogestite per dimostrare l’importanza di uno spazio pubblico nel quartiere: laboratori, consulenza, servizio residenze, apertura dei locali della “Casa dei Popoli”, assemblee, momenti di festa e di aggregazione.
E’ possibile fermare lo sgombero e la vendita del palazzo, impedire la fine di questa importante esperienza!
Facciamo appello agli abitanti del quartiere, a tutte le realtà che si battono per la difesa degli spazi pubblici e dei beni comuni, per la promozione dei diritti sociali, a sostenere e partecipare in prima persona alle iniziative di “Progetto Conciatori”:
– ogni mercoledì ore 18 in via Conciatori assemblea aperta
– giovedì 10, venerdi 11, giovedì 17, venerdi 18 marzo nel pomeriggio e sabato 12 marzo al mattino tavoli informativi con volantinaggio, raccolta firme e cartelli in piazza Sant’Ambrogio
– sabato 19 marzo dalle 18 alle 23.30 spazi aperti in via Conciatori con musica e illustrazione dei progetti: una festa per opporsi allo sgombero!
– mercoledì 23 dalle ore 18 e giovedì 24 marzo dalle ore 8 assemblea e presenza in via dei Conciatori contro lo sfratto e la vendita del palazzo.
PARTECIPIAMO !!
PROGETTO CONCIATORI
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– Marzo 17, 2011