Skip to content


Avvoltoi su L’Aquila

da: Umanità nova, settimanale anarchico, n.26
del 5 luglio 2009,
anno 89,
Tutti G8 per terra, Speciale Abruzzo.


Il terremoto è un evento naturale le cui conseguenze possono
però essere, ricorrendo talune circostanze, tragiche. Tra le
circostanze che più concorrono a trasformare quest’evento
naturale in tragedia, la principale è l’ingordigia degli uomini.
Il terremoto avvenuto alle 3:32:29 del 6 aprile 2009 a L’Aquila non si
è sottratto a questa regola, cerchiamo di vederne in dettaglio
alcuni perchè.
Innanzi tutto questo dell’Aquila è stato un terremoto annunciato
e chi aveva la responsabilità di avvertire la popolazione e di
prevenire la catastrofe si è ben guardato dal farlo.
Che L’Aquila fosse a forte rischio sismico lo si sapeva da sempre.
I terremoti hanno una loro storia, studiata perché i terremoti
tendono a ripetersi nelle stesse zone e con modalità simili. Il
primo terremoto di cui si ha notizia all’Aquila dovrebbe essere
dell’849, registrato a Roma, ma con epicentro in Abruzzo. Dalle scarse
notizie di allora a quelle più complete degli episodi sismici
successivi, si sa che tutti i terremoti nell’Aquilano di una certa
entità (ce ne sono documentati nel 1315, 1456, 1461, 1498, 1646,
1731,1786, 1791, 1809, 1848, 1849, 1887, 1916, 1958 e 1985) si sono
presentati come periodi sismici più o meno lunghi con molte
scosse, proprio come quest’ultimo.
In Italia, dal 1961 ad oggi, ci sono stati 13 terremoti con magnitudo
superiore a 5,5. Tra gli studiosi ci si aspettava che si verificasse, a
breve, un nuovo evento sismico. Per questo motivo era stata elaborata
una mappa con la distribuzione delleprobabilità, in base alle
aree, degli eventi sismici di magnitudo superiore a 5,5 che si
sarebbero potuti verificare in Italia tra il 2008 e il 2012. La zona
con la maggiore probabilità (30%) era proprio quella di L’Aquila
e provincia. La mappa, resa pubblica in un convegno di geologi a Napoli
a metà aprile, girava da inizio 2008 tra gli addetti ai lavori.
Uno studio del 1998 dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
(INGV) aveva realizzato una mappa dell’Italia dividendo le zone in base
al rischio sismico (l’avrete probabilmente vista: è una mappa
con l’Italia dipinta in verde, giallo, arancione e rosso). L’Aquila era
considerata tra le zone a massimo rischio (colore rosso). Di questo
studio non se ne è curato nessuno fino al 2002 quando, dopo il
terremoto a San Giuliano di Puglia dove morirono 26 bambini nel crollo
della loro scuola elementare, è scattata in Italia l’ennesima
"emergenza terremoti" e si è deciso di adottare la mappa
dell’INGV per prescrivere, in base al rischio sismico della zona,
particolari cautele nella realizzazione delle costruzioni.
Nell’ordinanza della presidenza del consiglio dei ministri 3274/2003,
L’Aquila però ridiventa a rischio "2" (come le zone arancioni
della mappa). Questo perché le zone a rischio "1" hanno vincoli
estremamente rigidi. Non si possono costruire case con più di un
piano, bisogna usare particolari rinforzi di cemento armato, mettere
più ferro e più cemento nelle mescole ed avere
particolari accorgimenti architettonici. La Regione Abruzzo, che deve
recepire l’ordinanza, è una delle pochissime regioni italiane a
non modificare in modo più restrittivo la mappa governativa.
Intanto, nel 2004, l’INGV realizza una nuova mappa e L’Aquila rimane di
colore rosso. Una nuova ordinanza governativa (3519/2006) fa
ridiventare L’Aquila a rischio "1", ma la regione Abruzzo fa finta di
non accorgersene e lascia tutto così com’era.  
Inoltre a L’Aquila erano mesi che si susseguivano scosse telluriche,
anche di qualche entità. La popolazione era allarmata, spesso
qualcuno trascorreva la notte in macchina e si stavano aprendo crepe
nei muri delle case.
Infine, giusto la settimana precedente, un geologo, Gioacchino
Giampaolo Giuliani, che effettua studi sulla prevedibilità dei
terremoti usando il radon, aveva previsto, a Sulmona (dopo che la
mattina c’era stata una scossa di magnitudo 4) un evento sismico molto
violento nel pomeriggio, determinando il panico tra i sulmonesi.
Dati questi precedenti gli aquilani avevano ottime ragioni per essere
preoccupati, così quando il 29 marzo scorso si era verificata
una scossa un po’ più violenta delle altre, Bertolaso aveva
fatto riunire in gran fretta, il giorno successivo, la Commissione
Grandi Rischi proprio a L’Aquila per tranquillizzare la popolazione.
La Commissione Grandi Rischi, a cui tutti i dati sopra citati erano
noti, ha preferito fare finta di nulla, considerare "improbabile che ci
sia a breve una scossa come quella del 1703" e raccomandare controlli a
"controsoffittature, camini, cornicioni in condizioni precarie".
Insomma, invece di dire, secondo un normale principio precauzionale,
che c’era la possibilità di un terremoto, anche violento,
invitando a mettere in sicurezza i palazzi a rischio e magari
raccomandando l’inserimento di L’Aquila in zona "1" per il rischio
terremoti, si è limitata a dire di fare attenzione alla
possibile caduta di qualche intonaco!
Ovviamente la responsabilità per cui un terremoto di magnitudo 6
in Giappone non fa una vittima ed uno di magnitudo più bassa a
L’Aquila fa trecento morti non è solo di questi esimi luminari,
che hanno sottovalutato il pericolo.
Questi signori sanno bene che, più che alla scienza, devono la
pagnotta quotidiana ai buoni rapporti con il potere politico di cui
sono ben attenti ad ascoltarne i desideri. Ed il potere politico da
sempre utilizza le catastrofi e le "emergenze" per specularci sopra.
Un esempio di come vengono gestite le emergenze in Italia c’è
stato con il recentissimo scandalo (denominato, in modo un po’
triviale, tengen-topa) che ha visto coinvolto Berlusconi, non nella
veste di attempato pedofilo con la minorenne di turno (quello era lo
scandalo precedente), ma in quella, a lui più abituale, di
puttaniere.
Alla ricerca dei motivi per cui un signore pugliese dovesse portare
delle prostitute nel letto del presidente del consiglio, i giudici
pugliesi sono incappati in una grossa società pugliese, la Sma,
che si occupa, ma guarda tu il caso, di sistemi e servizi per la
protezione ambientale e la gestione di rischi naturali.
Il proprietario di questa società (Enrico Intini) ha pagato una
consulenza di 150.000 Euro ad una società di Giampaolo Tarantini
(il procacciatore di "escort" per l’"utilizzatore finale" Berlusconi).
Il motivo per cui questa consulenza sarebbe stata resa era quello di
far entrare la società di Intini nella lista di società a
cui la protezione civile si rivolge (senza gare d’appalto e senza
riferimento ai prezzi di mercato) per risolvere le emergenze italiane.
La consulenza poi si sarebbe concretizzata con una riunione, alla fine
del 2008, nella sede del Dipartimento della Protezione Civile, in cui
Tarantini avrebbe accompagnato Intini da Bertolaso.
Siccome poi non ci sono state commesse per la società di Intini,
Bertolaso non è entrato (per lo meno finora) in quest’inchiesta.
Incidentalmente segnaliamo un tratto comune tra Tarantini e Bertolaso:
entrambi riescono ad avere ottimi rapporti con i politici, di qualunque
schieramento siano.
Intini, oltre che di Berlusconi, di Greco e di Matarrese, è
intimo di Giuseppe Tedesco, ex assessore della Giunta Vendola, dimesso
perché coinvolto in una truffa alla sanità regionale e
neo parlamentare del Partito Democratico. Bertolaso è transitato
indenne dalla prima alla seconda repubblica, vedendo passare, rimanendo
fermo al Dipartimento protezione Civile, tutti i governi che si sono
succeduti in Italia negli ultimi 15 anni.
Non volendo divagare sulla cosa, ci limitiamo a rilevare come questa
vicenda sia indicativa della totale discrezionalità adottata
nella scelta delle società fornitrici della Protezione Civile.
Il fatto che le ditte che gestiscano le emergenze in Italia siano
scelte in questo modo, fa capire perché in Italia  vengano
gestite come "emergenze" anche eventi assolutamente prevedibili, come i
mondiali di nuoto, le olimpiadi di ciclismo o la gestione dei monumenti
a Roma. Per non parlare delle emergenze, come quella dei rifiuti che
durano per 15 anni, senza che ci sia nessuna volontà di
risolverle, visto che hanno creato un’economia dell’emergenza, con
migliaia di famiglie che vivono proprio di questo.
Questi precendenti non fanno sperare nulla di positivo per gli abitanti de L’Aquila che vivono sfollati.
Ad oggi ci sono 22.870 persone censite in 142 tendopoli. Altri 30.500
aquilani sono ospitati nelle strutture alberghiere lungo la costa
(21.000) o in case private.
Le promesse di Berlusconi, confermate anche di recente da Bertolaso,
sono di realizzare alloggi in legno per 15.000 persone prima del nuovo
anno.
Ora, le prime nevi, a L’Aquila, ci sono a settembre e si annuncia in
ogni caso un autunno sotto la neve per tutti i terremotati ed
aldilà della banale constatazione che di case non ne è
stata ancora costruita neanche una, mi sembra che ci sia qualche conto
che non torna. Gli sfollati (i dati sopra citati sono della protezione
civile) sono 53.370. Le persone cui daranno casa sono 15.000. Ma che
fine fanno gli altri 38.370 terremotati? O forse Berlusconi pensa di
ripromettere, a natale, di ospitare le persone nelle sue case (a
proposito, mi piacerebbe sapere chi, tra le tante persone portate a
villa Certosa con l’aereo di stato, fosse un terremotato abruzzese) o
di mandare in crociera tutti?
L’unica cosa che potrà garantire un inverno non all’addiaccio ai
terremotati aquilani sarà la lotta in prima persona, per
ottenere il diritto di vivere con dignità.


Fricche

Posted in Generale.