da senzasoste.it
Il presidio lanciato dall’Assemblea 8 marzo Livorno che si è svolto questo pomeriggio in piazza Attias ha visto la partecipazione di decine di donne e uomini. Tanti sono stati i contenuti portati in piazza. La mercificazione dei corpi delle donne e della vita in generale di uomini e donne, la drammatica situazione che si trovano a vivere le donne migranti, la precarietà come nodo fondamentale per una reale liberazione e autonomia delle donne.
Un presidio che chiede di superare la strumentalizzazione in atto da parte del centrosinistra delle questioni di genere. In questo senso si ribadiva in uno dei tanti interventi fatti dal megafono, “il problema non è solo Berlusconi, ma chi si scopre femminista dell’ultim’ora, quando in passato ha permesso il varo di leggi che hanno determinato la progressiva precarizzazione del mondo del lavoro. La precarietà, così come il taglio alle spese sociali, per le donne si traduce in schiavitù”
Uno striscione in solidarietà alle lavoratrici della Omsa di Faenza è stato srotolato nei pressi del negozio Golden Point ed è stato effettuato un volantinaggio per sostenere la campagna di boicottaggio che arriva direttamente dalla fabbrica italiana, in procinto di essere smantellata e trasferita in Serbia.
Insieme all’iniziativa di Terror di questa notte, questo 8 marzo possiamo dire che non sia passato inosservato. Certo è che questa è un’iniziativa di piazza, decisamente una proposta altro tipo rispetto alla “sbicchierata” che l’associazionismo filo-istituzionale ha organizzato sempre per questa sera al The Cage. (red.)
Ecco il volantino distribuito:
GIU’ LE MANI DAI CORPI DELLE DONNE, PER UN 8 MARZO DI LOTTA
Smascheriamo le strumentalizzazioni in difesa dell’autodeterminazione delle donne
Le manifestazioni del 13 febbraio del “Se non ora quando?” hanno dimostrato limiti e potenzialità. Le potenzialità stanno tutte nella grande partecipazione, segnale vero di necessità di rottura, nonostante i limiti, evidenti e rilevati da più parti, fossero palesi nei contenuti della convocazione: un’identificazione della donna nei ruoli familistici e patriarcali di madre e sposa, rigorosamente eterosessuale, assunti come modello di dignità. Su questi stereotipi, da sempre proposti dalla cultura patriarcale, è stato costruito l’appello a manifestare per la dignità delle donne scegliendo di puntare sulla valorizzazione delle donne di successo, delle donne in divisa, delle donne che esprimono l’identità nazionale e religiosa, delle donne che s’identificano con le istituzioni patrie. E’ dunque necessario fare un netto distinguo con questa sinistra istituzionale che gioca sui corpi delle donne la propria battaglia politica contro Berlusconi riscoprendosi paladini dell’emancipazione femminile.
Non ci dimentichiamo il loro sistematico appoggio a politiche di tagli al sociale e di finanziamento alle guerre. Dove erano quando venivano varate le leggi sul lavoro che ci condannano al precariato a vita? E dove sono quando nei Cie le donne sono sistematicamente violentate? Non permettiamo più che si speculi sulle nostre vite. Non lasciamoci ingannare da chi oggi trasforma le lotte per l’autodeterminazione delle donne in un carrozzone mediatico solo per rivendicare le pari opportunità di soldi e carriera.
Le nostre istanze sono altre. Chiedere parità di accesso e di diritti al mondo del lavoro, significa prima di tutto denunciare le condizioni di vita che ci vengono imposte. Prime fra tutte le continue ingerenze del Vaticano con il sistematico attacco alla legge sull’interruzione di gravidanza ponendo in discussione il diritto alla salute, all’autodeterminazione e in generale ad un’educazione sessuale libera e consapevole. In Italia, è doveroso ricordare, che la prima causa di morte per le donne tra i 15 e i 30 anni è l’omicidio da parte del marito o del fidanzato.
Inoltre, un nuovo e nascosto sistema di welfare è affidato alle donne migranti, che lavorano chiuse in casa ad accudire anziani 24 ore su 24 magari in nero o comunque sottoricatto per il rinnovo del permesso di soggiorno. Obbligate ad accettare qualsiasi tipo di lavoro. Private d’identità, come lo dimostra la questione del ricongiungimento familiare che è concesso esclusivamente a titolo di membro della struttura familiare.
E’ fuori discussione che l’insicurezza occupazionale colpisce particolarmente le donne: difficoltà di accesso al lavoro, precarietà, imposizione di contratti atipici, mancati rinnovi di contratto, licenziamenti. Le cosiddette politiche di sostegno alle donne lavoratrici sono in realtà forme di sfruttamento e di ricatto: la flessibilità è il congegno per mantenere la donna lavoratrice legata alla conservazione del ruolo tradizionale all’interno della famiglia eterosessuale e per imporre l’erogazione di quei servizi che a livello sociale vengono tagliati.
In questa giornata vogliamo esprimere solidarietà alle lavoratrici della Omsa dello stabilimento di Faenza che oggi si vedono portare via reddito e quindi la possibilità di autonomia per colpa di politiche scellerate e capitaliste che trasferiscono la loro azienda – in attivo – a produrre e sottopagare altre donne in Serbia.
Ribadiamo che l’identità delle donne si costruisce prima di tutto attraverso il rifiuto dei modelli che ci impongono, attraverso la negazione di una presunta natura femminile a cui ci vorrebbero sottomettere per rinchiuderci nei ruoli che altri hanno storicamente scelto per donne e uomini. Diciamo basta a questo sistema sociale razzista, omofobo, sessista e misogino.
Non c’è liberazione della donna senza rivoluzione
Non c’è rivoluzione senza liberazione della donna
Assemblea 8 marzo 2011 Livorno
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