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Non è che l’inizio, continuiamo la lotta!

Articolo tradotto dal giornale anarchico mensile “Meydan” del gruppo turco DAF – Devrimci Anarşist Faaliyet (Azione Anarchica Rivoluzionaria)

10 giugno 2013

Non è che l’inizio, continuiamo la lotta!

Questa è una rivolta

I progetti di trasformazione urbana stanno da molto tempo minacciando gli spazi vitali degli abitanti di Istanbul. Prima le demolizioni dei quartieri poveri, poi 63 milioni di metri quadrati di foresta da devastare per il terzo ponte, un centro commerciale dopo l’altro, hotel di lusso, e mentre continua il progetto di pedonalizzazione è giunto il momento di Gezi Park. Gli abitanti di Istanbul continuano a resistere a tutti questi progetti che minacciano la loro vita. Fino a quando gli escavatori sono venuti a Gezi Park e hanno sradicato gli alberi. “Un pugno di contestatori marginali” ha rivendicato gli alberi e la loro ombra ed ha detto “Non sradicate gli alberi, non costruite centri commerciali a Gezi Park”. Questa protesta era condotta come un’azione “pacifica ed ecologica”. La polizia ha condotto un’operazione di sgombero alle prime luci del mattino ed ha asfissiato la zona del parco con i gas. Lo Stato deve avere “molto” da guadagnare dal momento che sta cercando di abbattere questa protesta pacifica nel modo più duro possibile. La violenza della polizia è salita negli ultimi mesi e i manifestanti l’hanno subita in modo inaspettato. Deputati dei partiti di opposizione e artisti sono venuti a Gezi Park per contestare questo e per sostenere i manifestanti, ma hanno avuto pure loro quota di terrore di Stato.

Nel primo giorno di demolizione lo Stato non ha potuto ottenere ciò che voleva a causa di questa situazione. I manifestanti sono restati in Gezi Park durante la notte. Non si sa se si aspettassero un attacco per la mattina seguente, ma tutti i manifestanti sono stati cacciati dal parco con l’irruzione della polizia la mattina. La polizia ha bruciato le tende, le coperte e tutte le cose dei manifestanti. I video dei manifestanti sottoposti al continuo lancio delle bombe lacrimogene e arrestati con violenza dalla polizia, hanno suscitato rabbia in chiunque li abbia visti.
Ovviamente questa non è la rabbia per una singola manifestazione. La rabbia è stata accumulata. Accumulata dalla crescente violenza della polizia.

Sono stati gli attacchi con le bombe lacrimogene, manganelli e armi che hanno generato questa rabbia. È stato il divieto del Primo Maggio, Dilan, Şerzan, Metin Lokumcu, Aydin Erdem… Non sono due giornate ad aver generato la rabbia. È stata la crescente oppressione, le restrizioni, la censura, lo sfruttamento economico. Quello che ha creato questa rabbia è lo Stato che esercita il suo potere in modo sprezzante ed accanito, senza chiedere alcuna legittimazione.

Chi descrive la “Rivolta del Popolo” come un fenomeno post-moderno deve capirlo chiaramente. La gente è scesa spontaneamente per le strade perché percepisce l’oppressione sociale, politica ed economica in modo molto forte. Gli eventi non sono né un affare degli ultimi giorni come dicono i media ciechi e sordi, né incidenti orchestrati da gruppi “marginali” come dice il potere statale. È il momento di liberare i nostri occhi da ogni velo. Questa è una rivolta. È la reazione popolare contro il terrorismo di Stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista. Questa è la fine della legittimità del nuovo potere dello Stato che aveva conquistato il sostegno di altri paesi, delle organizzazioni internazionali, delle multinazionali.

La democrazia della marginalizzazione, della sprezzante indifferenza e della creazione del nemico.

È molto importante che la rivolta sia scoppiata nel momento in cui la propaganda di Stato è centrata sull’immagine della “Turchia Democratica”. Con questa reazione al terrorismo di Stato, la gente ha abbattuto ogni immagine “democratica” dello Stato. La gente è scesa in strada in un contesto in cui la libertà popolare era ignorata, le persone venivano torturate ed uccise in modo arbitrario, tutti i media ufficiali erano sintonizzati sulla propaganda governativa, lo Stato stava preparando la guerra contro un paese vicino e nel farlo uccideva il suo popolo con le sue stesse mani.

La rivolta da Istanbul si è diffusa ad altre città nel secondo giorno. La rabbia comune contro il terrorismo di stato ha iniziato a bruciare ovunque nelle strade. La gente era nelle strade non per le parole dei principali partiti d’opposizione o di qualche leader, ma per propria volontà. Per rispondere a tutto questo, insorta contro la violenza della polizia e il terrorismo di stato. Con questa coscienza, hanno attaccato la polizia, i palazzi dello stato e i templi dello sfruttamento capitalista. Quelli che lo hanno fatto non erano gruppi “marginali”. Questa è stata anche una rivolta contro la creazione dell’“altro”, del “nemico”, contro la criminalizzazione e l’isolamento di coloro che non obbediscono al potere dello stato. Inoltre il governo non ha nessuno con cui accordarsi o trattare. Questa rivolta è stata un’azione diretta.

Lo stato ha ignorato la rivolta fin dall’inizio. È stata bandita dalle televisioni, dai giornali e dagli altri media. Non era solo a Taksim. La gente è affluita da Beşiktaş, Harbiye e altre zone di Istanbul. Lo Stato ha chiuso Gezi Park e Piazza Taksim con tutti gli agenti di polizia che aveva a disposizione. Gli sontri sono continuati tutto il giorno. La rabbia è aumentata ad ogni bomba lacrimogena, ad ogni pomba sonora, ad ogni arresto. Hanno resistito alla violenza della polizia con determinazione. Quasi un milione di persone ha riempito Taksim senza fare un passo indietro. Per dire che eravamo là contro l’ostentata e sprezzante indifferenza dello stato.

Nel mattino del secondo giorno, la violenza della polizia è stata più intensa che mai ed abbiamo avuto notizia di morti e feriti tra i manifestanti. Lo stato ha terrorizzato senza preoccuparsi di legittimazione, né di diritti umani, né di democrazia. In due giorni di rivolta, lo stato ha gettato via ogni maschera di ideali e valori dietro la quale si stava nascondendo. Lo stato ha mostrato il suo vero volto al suo popolo. Il monopolio della violenza ha terrorizzato non solo in Istanbul, ma in ogni luogo in cui si sono svolte azioni di solidarietà con Istanbul. Le notizie di morti, feriti e arrestati sono aumentate.

Per quaranta ore… Dopo circa quaranta ore di scontri i manifestanti hanno preso Piazza Taksim da Via Istiklal. I poliziotti sono scappati con tutti i mezzi blindati. Quaranta ore sono diventate quarant’anni, la piazza per noi è diventata il mondo. È stata la libertà della rivolta. Il nostro dolore erano gli amici che erano feriti e che avevano perso la propria vita.

Gezi Park, poi Gümüşsuyu, poi Beşiktaş, e poi Sakarya, Kocaeli, Ankara, İzmir, Adana, Dersim…

In questa rivolta che sta ancora continuando, il motivo più importante che ha permesso di mantenere la spontaneità è stata la condivisione e la rivolta. Lavoratori della sanità hanno formato volontariamente centri sanitari civili per i manifestanti che erano stati colpiti dalla violenza della polizia. Organizzazioni come associazioni di legali, BAR (ordine avvocati), Associazione per i Diritti Umani, hanno sostenuto i manifestanti in stato di fermo o in condizioni simili. Organismi come l’Associazione della Camera degli Ingegneri Meccanici Turchi hanno trasformato le proprie sedi in ospedali. La gente ha aperto le proprie case e posti di lavoro, ha dato sostegno con cibo e bevande. Ciascuno ha condiviso con gli altri informazioni sui social media, la gente ha creato i propri mezzi di comunicazione, nonostante il silenzio dei media ufficiali. Ogni luogo e ogni persona sono diventati la rivolta contro il terrorismo di stato e la violenza della polizia. La solidarietà e il mutuo appoggio hanno funzionato quando lo stato ha abbandonato le persone, e tuttora continuano a funzionare.

Cosa aspettarsi dalla Rivolta

I media che sono diventati “muti” all’inizio della rivolta, ora cercano di dare una spiegazione alla rivolta. Certo, la spiegazione che vuole il loro padrone. Dicono che è individualista, avventata, post-moderna, urbana, laica. Hanno affermato che la gente ha inondato le strade con questi concetti. La hanno collegata alla Rivoluzione di Velluto di Praga, stanno cercando di togliere ogni valore a una rivolta contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista.

I settori che sono danneggiati dal partito al potere e dal suo governo a causa di interessi politici ed economici diversi e contrastanti (molti dei quali appartenenti a classi alte e medio-alte) hanno iniziato a scendere in strada nei giorni successivi. Questi settori che erano sostenitori dei precedenti governi hanno enfatizzato il carattere antigovernativo della protesta anziché quello contro il terrore di stato e la violenza della polizia. Bisogna fare attenzione ad evitare che forti rivendicazioni riformiste da parte di questo settore possano bloccare questa nuova lotta degli oppressi contro il terrorismo di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista. Questi settori possono provare a manipolare la lotta indirizzandola verso i propri interessi economici e politici.

I partiti di opposizione possono cercare di uscire dalla scena portando a casa dei risultati, come in tutte le “primavere”. Il loro appello a stare lontani dai gruppi “marginali” mentre stanno valutando la rivolta, è la prova più chiara che stanno parlando il linguaggio del potere. Come nelle rivolte in altri paesi, questi partiti che cercano di conquistare il potere usando la rivolta, cercheranno di fermare la gente che è insorta spontaneamente, senza leader e senza partiti.

Dal momento che questi settori non sono gli organizzatori del movimento, essi non possono imporre i propri caratteri socio-economici alla gente. Quindi non possono dirigere le azioni. D’altra parte i loro continui interventi contro i “gruppi marginali” sono rivolti contro coloro che li disturbano ma che sono anche i veri motori della rivolta.

Inoltre, essi sono coscientemente ciechi al fatto che altri oppressi da diversi settori stanno resistendo non solo in centri come Taksim e Beşiktaş ma anche in zone circostanti. Sì, la rivolta ha un’ideologia, ma non è un’ideologia che i media, i partiti di opposizione ed i vari gruppi di pressione economica possano provare ad egemonizzare o a depoliticizzare. Questa ideologia della rivolta è la coscienza dell’individuo che percepisce il crescente terrore di stato e l’azione dell’individuo per lottare contro di esso.

Questa rivolta è iniziata contro il terrore di stato, la violenza della polizia e lo sfruttamento capitalista come abbiamo specificato sin dall’inizio. Noi auspichiamo che questa cresca con scioperi generali e porti nelle strade la maggior parte degli oppressi, è con questa speranza che noi stiamo alimentando la rivolta. Andando avanti potrebbero realizzarsi alcune nostre riserve nei confronti della rivolta, questa potrebbe ridursi ad una lotta per il potere tra partiti opposti. Ma non siamo oracoli. I rivoluzionari non fanno predizioni senza speranza, seduti nell’angolo. Noi sappiamo bene che rivolte come queste sono momenti di mobilitazione sulla strada della rivoluzione sociale. La nostra lotta anarchica continuerà ad abbracciare la rivolta con tutta la passione possibile.

http://meydangazetesi.org/gundem/2013/06/bu-daha-baslangic-mucadeleye-devam/

Posted in Anarchismo, Antifascismo, Generale, Internazionale, Repressione.

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