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Le responsabilità dell’armatore, le menzogne dei politici: MOBY PRINCE 33 ANNI DOPO

Le responsabilità dell’armatore, le menzogne dei politici

MOBY PRINCE 33 ANNI DOPO

[articolo pubblicato su Umanità Nova numero 15 del 28/04/24]

Sono passati 33 anni dalla strage che uccise mio padre ed altre 139 persone – perché è bene chiamare le cose con il loro nome, non tragedia ma strage – siamo costretti nuovamente a dover parlare di fatti indecenti, e non di verità.
Quattro mesi fa l’ennesima sentenza vergognosa della corte d’appello di Firenze rispetto alla causa avviata da noi familiari contro il Ministero della Difesa e quello delle Infrastrutture, già
persa in primo grado.

Qua alcuni passaggi della sentenza sintetizzati:

– “Nel presente giudizio civile, la sentenza  irrevocabile di assoluzione, pronunciata dalla Corte di Appello di Firenze, Sez. terza penale, del  05.02.1999 n. 415, ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento che il fatto non sussiste e conseguentemente rigettare la domanda di parte attrice perché inammissibile..”

– “Dichiarare il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Difesa e conseguentemente rigettare la domanda di parte attrice nei confronti dello stesso”

– “In via principale, rigettare l’istanza di condanna generica, formulata da parte attrice, perché inammissibile in quanto non fondata su elementi probatori idonei a giustificare la stessa e, in subordine, in via riconvenzionale, accertare in negativo l’esistenza del danno subito..rigettare la domanda di parte attrice perché infondata”

– Dichiarare che la transazione già stipulata dagli odierni attori con NAVARMA abbia efficacia estintiva di ogni pretesa risarcitoria anche nei confronti dei Ministeri..”

Sono stufo ma anche stanco. Stanco di ripetere sempre le stesse cose.
La rabbia che è montata a Dicembre non si è estinta e non so più che parole usare per poterla descrivere. Rabbia per la durezza nei punti espressi che ribadiscono la posizione immutata da parte del sistema giudiziario italiano dopo 33 anni di battaglie.

Si sottolinea quanto la nostra richiesta sia “inammissibile in quanto NON fondata su elementi probatori idonei a giustificare la stessa”. Si ripete poi successivamente “infondata”. Esiste quindi la volontà di bloccare ogni tentativo di affermare che abbiamo prove fondate accusatorie, venute a galla grazie solo alla nostra tenacia. “E soprattutto ‘accertare l’inesistenza del danno subito’”, viene detto. Per lo stato non abbiamo subito alcun danno. La nuova sentenza sembra “punitiva”. Una sorta di nuovo monito da pagare(realmente) per quanto abbiamo fatto negli ultimi anni.
La fondatezza di aver ucciso 140 persone ancora una volta però esiste, e sta nelle vostre parole.

di Negli ultimi anni grazie all’attività continua dei familiari organizzati, con l’aiuto di una potente e strutturata attività di solidarietà di varie organizzazioni dal basso, sono stati fatti grandi passi avanti. Innanzitutto si è dovuti procedere all’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare che, proprio per la volontà da parte dell’apparato giudiziario italiano di non fare giustizia, ha ricevuto vari anni fa una risposta ghiacciante, tacciandola come esclusivamente politica e di nessuna valenza giudiziaria. Una commissione che definiva le negligenze occorse in materia di soccorso da parte della capitaneria di porto, le condotte non pienamente doverose del comando della petroliera e la sua posizione in divieto d’ancoraggio.

Inoltre ci si soffermava sull’ procedimento penale parallelo a quello della strage Moby Prince, concernente il tentativo di occultamento delle condizioni del timone effettuato da un dipendente della NAVARMA (Ciro Di Lauro) salito a bordo con D’Orsi per mano della NAVARMA, questione fondamentale in materia di responsabilità di vari attori nella strage.

La seconda commissione, rielaborando il lavoro della prima, ha svolto un lavoro diverso. Rimango molto perplesso e colpito dalla totale assenza nella relazione finale di responsabilità in materia di “navigazione sicura” della compagnia armatrice “Navarma” Seppur venga sottolineato nuovamente “l’unicum” dell’ambiguo “accordo assicurativo tra Navarma e ENI”.
Le indagini della seconda Commissione, che hanno affermato di voler insistere su “ciò che successe quella notte”, si fermano solamente ad analizzare “Il sistema delle eliche a passo variabile” ed i “sistemi di comando”, affermando che “fossero in piena efficienza”.
Com’è possibile non considerare le varie accuse che negli anni abbiamo mosso, con fatiche, con studi, con testimonianze di marittimi della compagnia NAVARMA in merito alle condizioni del traghetto? Ci rendiamo conto che in fase istruttoria il GIL decide di archiviare le posizioni dell’armatore di Navarma, Achille Onorato, e del comandante dell’Agip Abruzzo, Renato Superina? Guarda caso due degli attori principali in gioco e legati indissolubilmente allo stato: ENI ed una compagnia navale che portava profitti ed ingrossava le casse dello stato.

Con Loris Rispoli, presidente dell’associazione di Livorno “140”( oggi colpito da una malattia ed inabilitato a presenziare) e molti altri familiari abbiamo ripetuto con insistenza negli anni che una nave non può navigare con l’impianto Splinkler spento perché, come sosteneva un ex funzionario della Navarma, raccontandolo alla magistratura “gocciolava, le tubature erano guaste, perdevano acqua, per cui l’armatore aveva ordinato di lasciare disattivato l’impianto”.
Ce lo dice anche L’ingegnerie La Malfa, chiamato in causa nella prima commissione d’inchiesta “Vi potrei far vedere un filmato dove, per esempio, se si attiva l”impianto sprinkler ci si salva. Io ve l’ho lasciato e se poi lo volete vedere” Se acceso, gli ambienti si sarebbero probabilmente raffreddati e qualcun* non sarebbe bruciato viv*.

Negli anni abbiamo sottolineato come l’impianto radio VHF del Moby Prince avesse cali di tensione e quindi non funzionasse adeguatamente.
Ce lo dice anche Tomasin, ex marconista del Moby Prince prima della strage rispondendo ad un PM, asserendo come “Per un periodo il VHF abbia “avuto dei problemi: c’erano falsi contatti tra due fili e la saldatura, a causa delle vibrazioni o degli scossoni, non era ben fatta e non reggeva”. Il traghetto collide con la petroliera, e se solamente per una “vibrazione o uno scossone la saldatura non è ben fatta e si creano falsi contatti tra fili che portano al calo di tensione”. Immaginiamoci quindi per uno scontro tra il traghetto e la petroliera cosa può accadere.

Io non smetto mai di ascoltare quel segnale “May Day” così debole e sono amareggiato da come nell’ultima commissione venga ribadito più volte che il problema radio non fosse relativo al traghetto ma alle “modalità di registrazione di Livorno radio”. Non sono un tecnico, ma le parole di Tomasin in merito all’apparecchiatura radio riguardano problemi interni al traghetto – accuratamente definiti non come “avarie semplici”, ma danni riparati saltuariamente. Non si parla di massimi sistemi di comunicazioni radio, ma di VHF del traghetto.

E che dire invece degli impianti radar sul traghetto? Sappiamo con certezza che la Moby ne montava tre, dei quali solo uno in funzione ed un altro difettoso, mai riparato.
Ce lo dice Bachechi, dipendente “Telemar” che chiamato sul Moby prince per una riparazione ammette “arrivai ad un certo punto del lavoro per cui occorrevano parti di ricambio, dei pezzi che non erano disponibili per cui non potevamo ultimare questa riparazione, poi non c’è stato un seguito perché al tempo l’obbligo prevedeva che solo un radar dovesse funzionare. Quel radar portava l’immagine dalla parte opposta, è come se l’osservatore lo guardasse dal di dietro. Come rappresentazione è come se si spostasse tutta l’immagine di 180°”. Un problema che non mi sembra di poco conto per uno dei radar in funzione, ma nonostante ciò, il traghetto quella terribile notte parte ugualmente.

Ritornando al sabotaggio/manomissione del timone compiuto dal nostromo Ciro di Lauro a seguito della strage insieme ad un ispettore tecnico della Navarma, auto-accusandosi esprimeva come l’ ordine di sabotare i comandi della Moby Prince glielo avesse ha dato un superiore della Navarma. Solo questo fatto poteva portare la compagnia di navigazione ad essere al centro dell’attenzione come responsabile rispetto a tutta la strage, una modalità d’azione utilizzata per coprire responsabilità della compagnia ed addossare tutta la colpa all’equipaggio tentando di spostare la manopola del timone da comando manuale ad automatico.
Un padrone che chiede di far ricadere la colpa sui lavoratori e sulle lavoratrici, vecchio gioco, un qualcosa di terribile, coperto e graziato da quella che viene chiamata “giustizia”.

Ed invece venne fatto un processo separato ed i due colpevoli vennero assolti perché “il fatto fu così qualificato come «reato impossibile»”. La prima commissione ha ritenuto che ”Il procedimento penale non abbia contribuito a chiarire le motivazioni sottese al gesto compiuto, ne ́ abbia valutato eventuali responsabilità connesse”. Dove è finito questo fatto? Come si fa a non riprendere in mano una tale questione che rimetterebbe in gioco la Navarma come tra le responsabili concrete della vicenda? Alla luce di tutto questo, mi sembra alquanto palese la responsabilità della Navarma. Sul traghetto oltre ai passeggeri/e lavoravano tanti/e tante marittimi/e. La nostra strage è stata la più grande della marineria civile italiana e non è possibile che il nome “Navarma” scompaia quasi del tutto dalla vicenda. In tutte le stragi e tragedie che ahimè ancora occorrono la responsabilità primaria è da attribuire spesso a mancate misure di sicurezza opportune, prese dalle direzioni, per un ambiente lavorativo. Ce lo insegnano la Thyssen Group e Viareggio. Se nelle stragi seguite alla Moby prince i parenti coinvolti hanno sempre puntato il dito – anche a seguito della nostra vicenda e sulla scia della solidarietà portataci negli anni – contro grandi ditte imprenditoriali responsabili primarie di uccisioni e morti sul lavoro, noi dobbiamo portare avanti la nostra ferma posizione sulla Navarma.

Ed allora lo esigo anche io oggi, nuovamente. A commissione riaperta, voglio vedere inserita la compagnia armatrice tra le responsabili della vicenda, se si va verso questa direzione allora potrò dire che abbiamo provato ad arrivare ad una verità ufficiale. Noi i colpevoli, i loro nomi, le loro responsabilità le sappiamo, le abbiamo gridate, dette, ci siamo esposti. Se questa nuova commissione tenterà di lavorare seguendo ciò che è stato fatto in 33 anni, allora si ricomincino a mettere i bastoni tra le ruote a Navarma, si rifaccia quel nome, sennò significherà che alla verità non ci si e’ voluti arrivare e le nostre strade si separano. Significherà che si è voluto coprire un responsabile e se molti si sentiranno assolti con una mezza verità, avendo svolto il loro dovere istituzionale, saranno sempre coinvolti.

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