FUORI ALFREDO DAL 41 BIS
GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO
ORE 17:30
PIAZZA CAVOUR
Collettivo Anarchico Libertario – Livorno
Posted in Generale, Iniziative, Repressione.
Commenti disabilitati su PRESIDIO A LIVORNO: FUORI ALFREDO DAL 41 BIS
– Febbraio 1, 2023
20 anni di Balkan Anarchist Bookfair:
Oltre i muri del nazionalismo e della guerra!*
Presentazione del progetto e dell’evento della BAB a Ljubljana (7-9 luglio 2023)
Sabato 4 febbraio
presso la Federazione Anarchica Livornese
in Via degli Asili 33, Livorno
alle 20 cena buffet
dalle 21 Presentazione con compagn* di Ljubljana dell’assemblea organizzativa della BAB 2023
La Balkan Anarchist Bookfair – Fiera del libro anarchico dei Balcani – è un progetto ventennale che si tiene quasi ogni anno in diversi paesi del Balcani. Iniziato a Ljubljana, in Slovenia, nel 2003, torna a Ljubljana per il suo 20esimo compleanno, dal 7 al 9 luglio 2023.
Per noi il concetto di BAB non ha mai riguardato solo i libri. Lo abbiamo sempre inteso come uno strumento per rafforzare i nostri gruppi, organizzazioni, relazioni e reti a livello locale, regionale e internazionale. Lo intendiamo come uno spazio in cui scambiare le nostre idee, analisi, prospettive e confrontare le nostre pratiche, i nostri modelli di organizzazione e le nostre esperienze di lotta, le nostre partecipazioni ai movimenti sociali e l’inserimento delle nostre idee in essi.
L’assemblea organizzativa della BAB 2023 sta preparando una serie di presentazioni del progetto ai nostri più vicini compagni nella regione, seguendo la decisione dell’assemblea di confermare le nostre relazioni con gruppi più o meno formali, reti e individui che vorrebbero partecipare all’evento nell’estate del 2023.
Presenteremo la storia della fiera del libro, parleremo dei nostri principi organizzativi, delle nostre speranze e dei nostri piani per l’evento a Ljubljana e per il futuro del movimento anarchico e antiautoritario.
Saremmo contenti di ricevere pensieri, idee, commenti sul programma dell’evento, così come di sviluppare una più ampia discussione sul ruolo delle fiere del libro nel movimento anarchico, localmente o internazionalmente.
Ci piacerebbe in particolare incontrare progetti editoriali autoorganizzati, che siano piccoli o grandi, saltuari o periodici, collettivi o individui a cui piacerebbe prendere parte alla fiera del libro, oltre a gruppi politici, organizzazioni, attivisti.
Nessuna nazione ci unisce, nessuna guerra ci dividerà!
Potete trovare maggiori informazioni sulla pagina web e facebook che aggiorneremo regolarmente
https://bab2023.espivblogs.net/
https://www.facebook.com/BalkanAnarchistBookfair
*slogan del movimento anarchico della ex-Yugoslavia che fu usato nelle mobilitazioni antimilitariste e antinazionaliste contro le guerre degli anni ‘90, e che fu anche il nome della testata anarchica che fu pubblicata all’epoca dai compagni di diversi paesi della ex-Yugoslavia
Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Iniziative.
Commenti disabilitati su Presentazione della Balkan Anarchist Bookfair 2023
– Gennaio 25, 2023
Venerdì 20 gennaio
ROOTS AND CULTURE
SERATA BENEFIT PER IL SETTIMANALE ANARCHICO UMANITÀ NOVA
Al Cantiere San Bernardo, Via Pietro Gori
Dalle ore 18
“Fermiamo le armi, e iniziamo da qui!
La guerra e il nostro territorio”
Dibattito con la partecipazione del Coordinamento Antimilitarista di Livorno
Il territorio tra Pisa e Livorno è segnato da una forte militarizzazione. La presenza della Folgore, della Accademia Navale, della 46a Brigata aerea e delle forze speciali dell’esercito e dei carabinieri fanno di questa zona un nodo strategico per le politiche di guerra dello stato italiano. Sta a noi rompere questa dinamica a partire dall’opposizione alla nuova base militare del Tuscania a Coltano e dall’ampliamento di Camp Darby. L’aeroporto di Pisa e il porto di Livorno hanno un ruolo sempre più importante nel trasporto di materiale bellico anche verso l’Ucraina. Per solidarizzare con i disertori ucraini e russi quindi, e sostenere una coerente posizione antimilitarista e internazionalista contro Putin e contro la Nato dobbiamo cominciare da qui. La solidarietà internazionale parte innanzitutto dalle inziative contro le piattaforme della guerra sul nostro territorio. La recente campagna contro l’azienda Cheddite le cui munizioni sono state usate dalla polizia iraniana, per sparare fucilate sui manifestanti, è un esempio. Opporsi alla produzione bellica, al traffico di armi, alle basi, alla militarizzazione del territorio è un primo passo per inceppare gli ingranaggi del militarismo e della guerra.
Intendiamo costruire su questa base una discussione circolare con tuttx lx interessatx
Dalle ore 20
Apericena vegetariana e
Dj Set ReggaeRootsDub
strettamente su vinile
RootsMilitantHiFi
(RankingTeo-VbraOne-Rastantò)
Circolo Anarchico Vicolo del Tidi
Cantiere San Bernardo
Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Iniziative.
Commenti disabilitati su PISA Venerdì 20: BENEFIT Umanità Nova + Dibattito “Fermiamo le armi, e iniziamo da qui! La guerra e il nostro territorio”
– Gennaio 19, 2023
Da venerdì è in edicola a Livorno il primo numero di Umanità Nova del 2023
Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative.
Commenti disabilitati su Da venerdì è in edicola a Livorno il primo numero di Umanità Nova del 2023
– Gennaio 17, 2023
articolo pubblicato sull’ultimo numero di Umantià Nova dello scorso anno, il numero 32 del 18 dicembre 2022
Tra gli anniversari che hanno segnato questo anno 2022 che si sta andando a concludere, tra tante vicende storiche, uno riguarda un fatto che dieci anni fa fece poca notizia, ma che diede avvio ad un processo, ancora in corso, che ha suscitato negli anni enorme attenzione per aver liberato un grande potenziale rivoluzionario in una zona segnata da uno dei più violenti conflitti interimperialisti degli ultimi decenni.
Il 19 luglio del 2012 iniziava quella che è conosciuta come Rivoluzione del Rojava. Nel contesto della guerra civile siriana, nel vuoto di potere lasciato dal regime di Assad che si trovava indebolito, le Unità di Difesa del Popolo (YPG), milizia del Partito dell’Unità Democratica (PYD), assunsero il controllo della città di Kobanê, lungo il confine tra Siria e Turchia, occupando gli edifici governativi e le vie di accesso alla città. Da quel momento, in quella parte settentrionale della Siria che i curdi chiamano Rojava, il Kurdistan Meridionale in territorio siriano, si avvia un vero e proprio processo rivoluzionario. Le forze delle autorità centrali vengono esautorate e allontanate, le YPG e le YPJ assumono il controllo del territorio e il Movimento per una Società Democratica (TEV-DEM), organizzazione ombrello creata dal PYD, riorganizza la società con l’obiettivo di applicare il confederalismo democratico. Il confederalismo democratico è il nuovo paradigma ideologico elaborato in seno al movimento curdo e adottato dal Movimento delle Comunità Curde (KCK) negli anni 2000. Del KCK fa parte il PYD ma anche il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) attivo nel Bakur, il Kurdistan Settentrionale in territorio turco e i corrispettivi partiti attivi nelle aree segnate dalla presenza curda in territorio iraniano e iraqeno. È il movimento che fa riferimento ad Abdullah Öcalan, fondatore del PKK in carcere dal 1999, e che dichiara di aver abbandonato tra gli anni ‘90 e gli anni 2000 l’ideologia marxista-leninista per abbracciare il confederalismo democratico, un paradigma ideologico eclettico, che assumendo anche riferimenti libertari propone una prospettiva ecologista, femminista e democratica. Ma il principale cardine del confederalismo democratico è il rifiuto dello stato-nazione, un nodo chiave per un partito che si fa portavoce di una minoranza, quella curda, in una regione, quella mesopotamica, marcata dalla presenza di stati di matrice fortemente nazionalista, come la Turchia, la Siria, l’Iran e l’Iraq. Dopo decenni di guerriglia con l’obiettivo dell’indipendenza, per la costruzione di una nuova entità statale basata sull’identità curda, la prospettiva cambia radicalmente. Viene abbandonata l’idea di indipendenza attraverso un nuovo stato-nazione con propri confini, e viene sostituita dalla creazione di forme di autogoverno territoriale che possano rappresentare la pluralità culturale dei diversi popoli della regione, senza confini predeterminati, senza un’unica identità linguistica, etnica o culturale. È in questa prospettiva che il TEV-DEM avvia la costituzione di forme di autogoverno: cooperative, case del popolo, case delle donne, un sistema politico decentrato su più livelli, dal consiglio di quartiere, al cantone, fino al livello più alto, un sistema che non è mai divenuto nel corso degli anni monopartitico.
Questo processo si inseriva in un contesto molto particolare. Nel 2011 il Mediterraneo è una delle aree in cui è più forte il conflitto tra le istituzioni e i movimenti di contestazione nati nel quadro della grande crisi economica globale del 2007/2008. Ma se in Europa i movimenti di classe non riescono a scalfire le politiche di macelleria sociale e la contestazione della classe politica non fa che generare nuove forme di legittimazione del potere più autoritarie, lungo la costa sud del Mediterraneo invece un vero e proprio ciclo insurrezionale travolge le dittature. Dopo Tunisia, Libia ed Egitto anche la Siria viene toccata da questo dirompente movimento che viene chiamato “primavere arabe”. Le potenze globali e regionali per evitare che questi processi possano mettere in discussione l’ordine neocoloniale e con esso lo stesso ordinamento sociale, decidono di intervenire sia con l’impegno militare diretto, sia con l’appoggio a “nuovi” gruppi di potere, sia creando bande ed eserciti “controrivoluzionari” o comunque incaricati di assicurare sul campo gli interessi del governo che li arma. Questo porta in Siria alla guerra civile. Nel momento in cui la guerra spazza via dallo scenario della Siria ogni possibilità di una trasformazione sociale dal basso, l’autogoverno del Rojava rappresenta, non senza contraddizioni, uno spazio in cui dare concretezza alle aspirazioni di libertà che animavano i movimenti di quegli anni.
La situazione interna della Turchia giocò anch’essa un ruolo importante. Con la sanguinosa repressione tra la primavera e l’estate del 2013 dell’ampio movimento di protesta che era nato a Gezi Park ad Istanbul contro il modello autoritario e affaristico del governo conservatore religioso guidato dall’AKP di Erdoǧan, la sinistra rivoluzionaria e l’opposizione in genere cercano una strategia per il rovesciamento del blocco di potere al governo. Quando si chiude ogni margine per le trattative di pace tra il governo di Ankara e il movimento curdo, la prospettiva diviene chiara: unire la forze per il cambiamento da una parte e dall’altra del confine, tra Turchia e Rojava. Tra il 2014 e il 2015 questa prospettiva cresce e matura insieme alla solidarietà internazionale che conosce, tra l’esodo della popolazione Ezida dalle montagne di Shengal e l’assedio di Kobanê, il momento di massima attenzione. Dal 2015 fino al 2016, con lo stragismo e la guerra interna lo stato turco scatena una repressione feroce per eliminare fisicamente le opposizione e impedire con la forza lo sviluppo concreto di una prospettiva comune di liberazione tra Siria e Turchia.
Negli anni il processo rivoluzionario è stato sempre sotto attacco da più parti e molti sostengono che si sia di fatto arrestato. Spesso anche su queste pagine, come in molte iniziative pubbliche, abbiamo affrontato, anche su un piano critico, i limiti e le contraddizioni di quella che non si è comunque mai qualificata come “rivoluzione anarchica”, ma che senza dubbio rappresenta un esperimento di trasformazione sociale eccezionale in tempi come questi, e non può non suscitare non solo il nostro interesse ma anche il nostro impegno solidale. La guerra portata dalla Turchia, per procura o in forma diretta, con le successive invasioni di Afrin nel 2018, di Serekaniye nel 2019 e oggi con i bombardamenti su Kobanê. La necessità di portare guerra allo Stato Islamico e alle varie gang controrivoluzionarie della regione. Gli intrighi militari e diplomatici delle potenze presenti sul campo, dagli USA alla Russia, all’Iran, fino alle stesse truppe di Damasco, hanno spesso isolato l’esperienza del Rojava, dimostrando come stati formalmente nemici trovino facilmente un accordo quando si tratta di assestare un colpo a una pericolosa prospettiva rivoluzionaria. La guerra continua ha certamente indebolito la prospettiva di profondo cambiamento sociale oltre che politico. È uno dei problemi più classici della storia dei movimenti rivoluzionari, quello della contraddizione tra guerra e rivoluzione. Ma le contraddizioni, gli elementi da discutere sono molti. La questione della proprietà privata in un’economia prevalentemente agricola e disastrata dalla guerra, la questione dell’estrazione delle risorse fossili, la costituzione della Amministrazione Autonoma della Siria del Nord Est e lo spettro della cristallizzazione delle istituzioni statali che potrebbe rendere ineffettive le forme di autogoverno, l’amministrazione della giustizia, la gestione delle migliaia e migliaia di prigionieri di guerra cittadini di paesi europei che si rifiutano di riprenderli, preferendo lasciarli come elemento destabilizzante in Rojava. Elementi che non potrebbero essere riassunti in un breve articolo, che non renderebbe il debito spazio a questioni così importanti e a come si sono sviluppate nel corso di un decennio.
Ma una cosa è certa, se anche questa esperienza dovesse spaventosamente finire con una guerra, se anche le contraddizioni dovessero prendere il sopravvento e bloccare il processo di trasformazione, il Rojava avrebbe comunque uno straordinario esempio da dare al mondo. Il rifiuto dell’egemonia e il riconoscimento della natura plurale della società è probabilmente il messaggio più originale e importante di questo processo. Uno dei più visibili risvolti concreti di questo assunto è la costruzione di forme di convivenza, cogestione, cooperazione tra le diverse identità, popolazioni e culture presenti in quella regione. Questo è un aspetto che non è mai venuto meno nell’esperienza del Rojava, non è mai arretrato, anzi è cresciuto e si è sviluppato nel tempo. Molti solidali quando si iniziò a parlare del Rojava, con uno sguardo non sempre libero da lenti neocoloniali, esaltavano l’importanza di queste pratiche di convivenza e tolleranza in una terra da sempre segnata da conflitti settari, religiosi ed etnici, dal massacro delle minoranze, dalla guerra “tribale”, dall’oppressione delle donne, dal dominio di sangue di un gruppo sull’altro. Ma la vera importanza di tutto questo penso che l’abbiamo potuta capire solo adesso. Mentre nella civile Europa si torna a combattere in nome del nazionalismo etnico e linguistico, e le menzogne sull’identità culturale e di sangue diventano, di nuovo, un discrimine tra “amici” e “nemici”. Nel contesto di guerra in Europa persino alcuni soggetti tra quelli che sostenevano politicamente la rivoluzione in Rojava oggi si schierano a sostenere il “diritto alla difesa” di un popolo, che parli ucraino o russo. Superare l’idea di popolo come unità linguistica ed etnica che costituisce una nazione, riconoscere la pluralità della composizione culturale di una regione, la divisione in classi delle società, il ruolo oppressivo degli stati, sembra essere diventato difficile nell’Europa di oggi. Possiamo trovare delle risposte proprio in quelle terre che molti ritenevano “tribali”. La prospettiva del confederalismo democratico propone delle possibili strade, rifiutando lo stato nazione, riconoscendo la pluralità, rifiutando la polarizzazione imposta dalla guerra e sviluppando una terza via. Dopotutto il movimento curdo approda al confederalismo democratico dopo la feroce guerra che nei primi anni ‘90 provocò massacri e devastazione dei villaggi nel Kurdistan Settentrionale in territorio turco. Il confederalismo democratico fu il tentativo di costruire una strategia di pace. Non intesa come assenza di guerra o come accordo tra i governi, ma come solidarietà tra le classi oppresse e sfruttate. Un aspetto spesso trascurato che ci mostra il valore rivoluzionario della pace.
Dario Antonelli
Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Internazionale.
Commenti disabilitati su 2012 – 2022 L’esempio del Rojava
– Gennaio 12, 2023
Posted in Antirazzismo, Generale, Iniziative.
Commenti disabilitati su Presidio di solidarietà e benvenuto per i naufraghi
– Dicembre 22, 2022
Posted in Antirazzismo, Generale, Iniziative.
Commenti disabilitati su IL GOVERNO OSTACOLA I SOCCORSI IN MARE – LIVORNO SOLIDALE E ANTIRAZZISTA SALUTA L’ARRIVO DELLA LIFE SUPPORT E DELLA SEA EYE 4
– Dicembre 22, 2022
Oggi insieme al Coordinamento Livornese per il ritiro delle missioni militari all’estero di cui facciamo parte, alla Comunità iraniana di Pisa e a tante altre realtà eravamo di fronte alla Cheddite di Livorno, dove vengono prodotti i proiettili con cui la polizia iraniana spara sui manifestanti. Una importante iniziativa di solidarietà internazionalista e di denuncia per sostenere chi in questi mesi si rivolta in Iran e per fermare la produzione e il traffico di armi. Con la solidarietà, l’iniziativa unitaria e l’azione diretta possiamo fermare il traffico di armi.
Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale, Iniziative, Internazionale.
Commenti disabilitati su CHEDDITE ARMA LA DITTATURA IRANIANA – Immagini dal presidio
– Dicembre 15, 2022
CHIUDERE IL 41BIS
LIBERTÀ PER TUTTX
Solidarietà con Alfredo, Anna, Juan e Ivan
VENERDÌ 16 DICEMBRE
PRESSO LA FAL
In Via degli Asili 33, Livorno
Ore 20 cena aperitivo
Ore 21 dibattito
Interverrà l’avvocato Sauro Poli de foro di Firenze, tra i promotori dell’appello contro la deriva repressiva antianarchica
Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario
Posted in Anarchismo, Carcere, Generale, Iniziative, Repressione.
Commenti disabilitati su CHIUDERE IL 41BIS LIBERTÀ PER TUTTX – Dibattito il 16 dicembre alla FAL
– Dicembre 13, 2022
PROIETTILI LIVORNESI SPARATI SUI MANIFESTANTI IN IRAN!
BASTA INVIO D’ARMI ALLA TEOCRAZIA IRANIANA E AI REGIMI AUTORITARI E MILITARISTI!
SOLIDARIETÀ CON CHI SI RIVOLTA IN IRAN! STOP AL COMMERCIO DI ARMAMENTI!
LIVORNO SIA CITTÀ DI PACE, NON COMPLICE DI TEOCRAZIE E IMPERIALISMI
È notizia di qualche giorno fa: la polizia in Iran spara sui manifestanti con proiettili prodotti qui. Nella capitale dell’Iran, a Teheran, e in molte delle principali città, sono state rinvenute, dopo che la polizia era intervenuta sparando con i fucili sui manifestanti, cartucce recanti il marchio 12*12*12*12* utilizzato solo dall’azienda Cheddite.
La Cheddite è un’azienda italofrancese con sede a Livorno che produce cartucce per armi leggere. Non è la prima volta che le cartucce Cheddite sono utilizzate nelle strade sui manifestanti, ne era già stato denunciato il diffuso impiego l’anno scorso da parte del regime militare birmano. Dal 2014 risulta registrata al Registro del Ministero della Difesa per le imprese esportatrici di armamenti ai sensi della Legge 185/90. In quanto produttrice di proiettili leggeri e da caccia le esportazioni della Cheddite possono essere sottoposte a controlli meno rigorosi rispetto alle armi da guerra, in base alla legge 110/75. Tuttavia la vendita di armi anche leggere all’Iran è illegale dal momento che già dal 2011 il paese è sottoposto all’embargo totale della vendita di ogni tipo di arma utilizzabile per la repressione delle proteste di piazza.
L’ipotesi più probabile è che queste armi siano state vendute all’impresa turca Zsr Patlayici Sanayi A.S. e che in seguito questa abbia “triangolato” verso l’Iran. Un passaggio simile pare essersi verificato già nel 2021 verso la Birmania. Dal 2011 l’Italia ha esportato 85,8 milioni di euro di cartucce alla Turchia, che a sua volta nello stesso periodo ha esportato 7,06 milioni di euro di cartucce all’Iran. (Fonte: Domani del 30 novembre 2022).
Siamo pienamente solidali con la rivolta in Iran contro il Governo religioso di Raisi. È il protagonismo delle classi sfruttate e oppresse, dei giovani, delle donne, che sta aprendo percorsi di liberazione e possibilità rivoluzionarie nella regione, mentre le sanzioni del Governo USA hanno contribuito a fortificare la parte più reazionaria della società e della politica iraniana, colpendo le classi popolari e le fasce più fragili della popolazione.
Vogliamo chiarezza su questa vendita di armi, punta dell’iceberg di un export di armi diretto verso fulgide democrazie come l’Egitto, la Turchia o l’Arabia Saudita, che è proseguito senza variazioni sensibili tanto durante i Governi Conte, quanto durante il Governo Draghi e l’attuale Governo Meloni. L’impunità di cui gode la lobby degli armaioli italiani è arrivata al punto tale che Guido Crosetto, ex presidente dell’Aiad, la Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza affiliata a Confindustria, è ora Ministro della Difesa del Governo Meloni.
I governi Draghi e Meloni e i partiti che li hanno sostenuti hanno fatto carta straccia della legge 185/90 che vieta la vendita e la cessione di armi a paesi in guerra inviando ingenti rifornimenti di armamenti all’Ucraina.
La città di Livorno, dove oltre alla Cheddite ha sede la Leonardo-Finmeccanica, importante porto di transito internazionale, a due passi dalla base militare americana di Camp Darby, non vuole essere un luogo di produzione e transito di strumenti di morte e repressione.
PRETENDIAMO L’IMMEDIATO STOP DELLE ESPORTAZIONI DELLA CHEDDITE VERSO LA TURCHIA
STOP ALL’ESPORTAZIONE DI ARMI VERSO LA TURCHIA E GLI ALTRI PAESI AUTORITARI E/O IN GUERRA, COME PREVISTO DALLA LEGGE 185/90
NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI DI GUERRA E REPRESSIONE! COSTRUIAMO PACE, DISARMO E SOLIDARIETÀ!
GIOVEDÌ 15 DICEMBRE H 12 PRESIDIO DAVANTI ALLA CHEDDITE
Coordinamento livornese per il ritiro delle missioni militari
Posted in Antimilitarismo, Generale, Iniziative, Internazionale.
Commenti disabilitati su Giovedì 15 ore 12 PRESIDIO ALLA CHEDDITE – STOP ARMI PER LA REPRESSIONE IN IRAN
– Dicembre 12, 2022