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VENERDI’ 28 GENNAIO 2011: UNO SCIOPERO GENERALE DIVERSO DAL SOLITO

VENERDI’ 28 GENNAIO 2011:
UNO SCIOPERO GENERALE DIVERSO DAL SOLITO

Quella del 28 gennaio prossimo è la data scelta dalla FIOM (i
metalmeccanici della CGIL) per scioperare contro gli accordi capestro
di Marchionne a Mirafiori e Pomigliano: questi accordi riguardano
tutti, visto che intaccano democrazia, rappresentanza, contratto
nazionale e diritto di sciopero, legalizzando gli attacchi ai diritti
dei lavoratori portati avanti negli ultimi 20 anni.

TUTTI POSSONO
SCIOPERARE IL 28 GENNAIO: per quel giorno, infatti, il sindacalismo di
base ha indetto lo sciopero generale di tutte le categorie del lavoro
pubblico e privato, per chi vorrà essere “concretamente” a fianco dei
metalmeccanici, contro la brutalità dell’aut aut deciso da Marchionne:
vuoi lavorare o vuoi conservare i diritti sopravvissuti in questi
ultimi anni?

Se per lavorare si deve “volontariamente” accettare il
ricatto di condizioni di lavoro di tipo schiavistico forse è giunto il
momento di dire BASTA e di dirlo come se quella stessa proposta fosse
fatta a tutti. Per questo il 28 gennaio non vogliamo lasciarli soli
contro Marchionne.
Questa volta non proponiamo uno sciopero per
rivendicare diritti e aumenti contrattuali per un singolo settore
lavorativo . Oggi proponiamo di dare allo sciopero un significato
preciso: dire NO al ricatto di Marchionne e a tutto ciò che a cascata
ne potrà venire.

I 2120 operai di Mirafiori hanno avuto il coraggio di
rinunciare ad una promessa di lavoro, noi chiediamo di rinunciare ad
una giornata di lavoro per dire che non vogliamo contribuire a far
passare nel silenzio e nella rassegnazione questo ulteriore attacco
alla condizione lavorativa dei dipendenti pubblici e privati. Se
ammalarsi a Mirafiori diventa una colpa da pagare a suon di euro, se
scioperare comporterà sanzioni disciplinari fino al licenziamento, chi
può seriamente pensare che anche altrove non si possa pensare di fare
altrettanto? Di questo passo cosa può impedire a lorsignori di
applicare per tutti i lavoratori e per tutti i settori gli stessi
meccanismi imposti da Marchionne contro i contratti nazionali, contro i
diritti e contro la dignità di chi lavora?

Un’attacco ,portato dal
padronato e dal governo, che arriva dopo quello alla scuola e
università con i decreti Gelmini, dopo il collegato lavoro, dopo il
blocco degli stipendi e del turn over nel pubblico impiego .Tutto
questo necessita di una risposta forte e incisiva, per questo anche a
Livorno va cercata la più ampia e convinta mobilitazione , collegando
la risposta a questo ulteriore , alla situazione di una città che vive
la crisi in modo drammatico con la perdita di posti di lavoro, la
cassaintegrazione e la disoccupazione.
Per questo Venerdi 28 gennaio
insieme ai metalmeccanici, indetto dall’insieme dei Sindacati di base,
dagli studenti ,da movimenti sociali a Livorno ci sarà una giornata di
sciopero generale con :

CORTEO DI LAVORATORI E STUDENTI CONCENTRAMENTO
ORE 9,00 PIAZZA CAVOUR

Comitato per il diritto al Lavoro
Hanno dato l’
adesione ed organizzano la giornata di sciopero generale a Livorno:
Confederazione Cobas, Confederazione USB Livorno, C.I.B.Unicobas, ,
Coordinamento studentesco Livornese. Coordinamento precari della scuola

Altre adesioni arrivate fino ad adesso : la CGIL che vogliamo di
Livorno, L’Internazionale, Sinistra Critica, P.C.L., F.A.I., Collettivo
Anarchico Libertario, Circolo 1921.Centro sociale Godzilla

MIRAFIORI
SIAMO TUTTI NOI

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Fiat. Schiavo o disoccupato?

ricevuto e pubblicato

Fiat. Schiavo o disoccupato?

Sabato 15 gennaio dalle ore 10
al Balon – via Borgodora angolo via Andreis
punto info sull’accordo alla Fiat

Di seguito il volantino distribuito alla fiaccolata di mercoledì sera in
via Garibaldi

Schiavo o disoccupato? Rifiuta la scelta, scegli la lotta!

A forza di chiudere gli occhi si finisce a terra. Di ricatto in ricatto di
cedimento in cedimento ci si ritrova a scegliere tra schiavitù e
disoccupazione. Nei paesi poveri questo è l’amaro pane quotidiano, nei
paesi ricchi la mediazione socialdemocratica ha creato la pericolosa
illusione che ci fosse un pezzettino di torta anche per chi lavora.
L’appetito vien mangiando e quello dei padroni è insaziabile: perché
accontentarsi di averci piegati quando possono metterci in ginocchio?
Perché accontentarsi di pagarci poco quando possono pagarci ancora meno?

Vi ricordate della Zastava? La chiamavano la “Fiat dei Balcani”.
Nell’aprile del 1999 venne distrutta dai bombardamenti NATO sulla Serbia.
Ancora oggi là si muore di leucemia per le bombe all’uranio impoverito.
Gli aerei che distrussero la fabbrica montavano componentistica Fiat. Il
governo che ordinò i bombardamenti era retto dal democratico D’Alema. Oggi
in quella fabbrica gli operai lavorano a testa bassa per 400 euro al mese.
E si considerano fortunati.
È lì che Marchionne farà la nuova monovolume, la “L0”. Come sempre la
politica – e l’economia – sono la continuazione della guerra. Con altri
mezzi. A volte non meno micidiali.
La resistenza e la solidarietà operaia seguono altre strade. Tanti
metalmeccanici, in quel lontano 1999, raccolsero fondi per gli operai
serbi. Anche a Mirafiori.
Oggi i padroni, che lucrano su tutte le guerre e non hanno altro interesse
che il loro profitto, giocano ancora una volta la carta di volere gli
operai nemici di altri operai.
Il padrone dice “o lavori come dico io, o ti chiudo la fabbrica”. Quando
ci sono i “picchi” ti possono imporre di lavorare 7 giorni su 7 per 10
ore; quando fa comodo vai in cassa e campi d’aria e fantasia; quando va
bene lavori anche il sabato e la domenica notte; quando va di lusso stai a
casa il lunedì.
Marchionne vuole imporre il definitivo disciplinamento dei lavoratori:
niente garanzie, riduzione del salario, zero conflitto. Peggio che negli
anni ’50. E non vale oggi piangere perché Marchionne taglia fuori chi non
firma, perché questo modello di relazioni sindacali è stato avallato per
anni anche da chi oggi è ne divenuto vittima.
In cambio – e non si sa sino a quando – la produzione di eccellenza – una
jeep e un suv – resta in Italia. Un paese dove i salari sono tra i più
bassi del ricco nord del pianeta.
Loro guadagnano e chi lavora sta sempre peggio. Ci chiedono sacrifici
perché c’è la crisi, ma i soldi, quelli veri, ai ricchi non li chiedono
mai. Blaterano di “bene comune”, dicono che padrone e l’operaio, il ricco
ed il povero, stanno tutti nella stessa barca. Già, qualcuno sempre ai
remi e qualcun altro sempre al timone.
E tra i rematori i lavoratori stranieri pagano doppio. Se perdono il
lavoro perdono anche il permesso di soggiorno, rischiano di finire in quei
lager chiamati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e poi di
essere espulsi. I padroni ed i loro cani da guardia, fascisti e leghisti,
fanno di tutto perché i lavoratori italiani si incazzino con i lavoratori
stranieri, anziché con i padroni. Ma, facendosi la guerra tra poveri, si
finisce con lo stare tutti peggio e i padroni ci sguazzano da anni. Se gli
stranieri sono obbligati da leggi razziste a chinare la testa, diventa più
facile ricattare anche tutti gli altri.
I padroni ci vogliono nemici degli immigrati e dei poveracci serbi,
brasiliani, polacchi, perché in troppi hanno dimenticato che i lavoratori,
uniti, possono fare male al padrone, molto male.
Il nemico, quello vero, siede sui banchi del governo, nei consigli di
amministrazione di banche e aziende.
Possiamo fare a meno di loro. Lasciamo in eredità ai nostri figli un mondo
senza padroni, sfruttamento, guerre. Che senso ha scegliere tra il
licenziamento e la schiavitù? C’è un solo modo di rispondere al ricatto di
Marchionne: rispedirlo al mittente, facendo sì che la paura cambi di
campo, che siano i padroni a temere per i loro profitti. La proprietà
privata delle fabbriche non è un diritto ma un furto.
Marchionne vuole andarsene in Canada? Che ci vada! Chi lo ferma? Le
fabbriche sono di chi ci lavora: prendiamocele! I lavoratori possono fare
da soli e meglio, perché mirano alla qualità della vita di tutti non al
mercato.
Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa. Alziamola,
invece, la testa e iniziamo a lottare per un mondo di liberi ed eguali. In
Italia e ovunque nel mondo.

Prossime iniziative:
Venerdì 21 gennaio ore 21
in corso Palermo 46
conferenza/dibattito
Gli affari del buon dio. Quanto ci costa mantenere la chiesa cattolica?
Interviene Pippo Guerrieri, autore de “La piovra vaticana”.

Nove miliardi di euro l’anno: questo è quanto tutti i cittadini italiani,
credenti o non credenti, debbono pagare per mantenere preti, suore, scuole
confessionali, insegnanti di religione.
La Chiesa cattolica è molto brava nell’accumulare le enormi ricchezze che
le consentono di realizzare la propria vocazione più forte, quella al
potere, che accresce sempre più acquisendo il controllo di importanti
settori dell’economia, dell’informazione, della politica e della società.
Per corroderne influenza non bastano le argomentazioni filosofiche o
morali, serve una lotta quotidiana contro uno dei più solidi pilastri
dello sfruttamento umano.
Organizzano
Federazione Anarchica Torinese e
Circolo di Circolo di cultura e iniziativa Gay, Lesbica, Bisessuale,
Transgender e Queer Maurice

Federazione Anarchica Torinese
Corso Palermo 46
Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21
fai_to@inrete.it – 338 6594361

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ASSEMBLEA PUBBLICA: INDIETRO NON SI TORNA

INDIETRO NON SI TORNA
SABATO 15 GENNAIO ALLE ORE 17.00
ASSEMBLEA PUBBLICA
PRESSO LA SEDE DI VIA DEGLI ASILI 33 – LIVORNO
Il 2010 si è chiuso con una ripresa del conflitto sociale: le lotte nelle università sono state il punto di maggior rilevanza mediatica dell’azione di lotta dal basso.
Da mesi i lavoratori della scuola sono in lotta contro i tagli alla scuola pubblica, i migranti sono in lotta contro la sanatoria truffa, ultima tappa della politica razzista del Governo, i lavoratori delle aziende in crisi sono in lotta per difendere il proprio reddito e il posto di lavoro.
La risposta del Governo è la repressione, il Collegato Lavoro, i tagli a ripetizione provocati dalle continue ruberie dei politici e dei militari.
Il comportamento di Marchionne, l’amministratore delegato della FIAT, dimostra che cosa c’è dietro l’uso capitalistico della crisi: la volontà dei capitalisti di “ridurre a discrezione” la
classe operaia, attraverso il ricatto della disoccupazione.
Di fronte alla volontà dei capitalisti si pone la volontà degli operai, con le loro
organizzazioni e le loro lotte: le leggi economiche non sono che il risultato del continuo scontro di classe, dei rapporti fra le classi contrapposte.
Sposare questa o quella interpretazione che gli economisti danno dell’attuale situazione significa nascondere la causa delle miserevoli condizioni del proletariato: la proprietà privata dei mezzi di produzione.
La convinzione che l’attuale ordinamento giuridico consentisse un miglioramento illimitato delle condizioni della classe operaia è stato smentito dai fatti: oggi appare chiaro che il mantenimento dell’apparato statale e della proprietà privata può avvenire solo a prezzo di
continui sacrifici proletari.
Questa verità comincia a farsi strada anche nei settori di avanguardia, che cercano confusamente una soluzione politica: l’unica soluzione politica possibile deve avere caratteristiche rivoluzionarie.

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE
Via degli Asili 33 – Livorno
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

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In 300 fuori dalle Sughere ad urlare la propria rabbia per la morte di Yuri

da senza soste.it

Questa volta Livorno ha risposto. Forse sempre la solita parte, ma oggi fuori dalle Sughere c’era veramente tanta gente. I parenti di Yuri, gli amici, il Csa Godzilla, i compagni del movimento, i collettivi politici di Pisa e Viareggio che lavorano sui temi carcerari e tante altre persone accorse per dire basta.

Ma in particolare c’erano Maria Ciuffi, la madre di Marcello Lonzi morto nel medesimo carcere nel 2003 e Cira, la madre di Daniele Franceschi, il ragazzo di Viareggio morto quest’estate nelle carceri francesi in mezzo a omissioni e insabbiamenti. Le due mamme sono subito andate ad esprimere la propria solidarietà alla sorella di Yuri.

I manifestanti hanno appeso uno striscione sull’ingresso principale del carcere con scritto “Si vive di ingiustizie, si muore di carcere. Basta omicidi di Stato”. Perchè la posizione comune è una sola: a prescindere da cosa sia successo, non importa essere per forza essere morti per percosse per affermare che esiste una responsabilità penale, politica e morale da parte dell’aministrazione penitenziaria. Un giovane di 28 anni non può morire in carcere e se ciò avviene è perchè qualcuno ha delle responsabilità.

sughere_targa_carcereE i primi dubbi sorgono proprio dal modo misterioso con cui vengono gestite queste morti. Dopo due giorni e mezzo un alone di mistero continua ad avvolgere tutto come conferma la sorella: “Yuri è entrato alle Sughere sano, era un ragazzo forte e robusto. Abbiamo messo un perito perchè alcune cose non ci quadrano e probabilmente non quadrano nemmeno agli inquirenti”. La sorella alla fine del suo intervento ha ringraziato tutte le persone venute al presidio. Prima di lei era stata la volta di Maria Ciuffi e Cira Franceschi che hanno ribadito la loro critica al sistema carcerario, la loro non fiducia nella giustizia e la loro solidarietà alla famiglia.

Poi i manifestanti si sono spostati in corteo ed hanno percorso tutto il quadrato esterno del carcere, anche nelle zone interdette, scandendo slogan contro polizia e carceri e tirando petardi all’interno del perimetro.

Sia gli amici che molti dei manifestanti hanno espresso la volontà di andare fino in fondo per scoprire i motivi di questa morte e denunciare le condizioni di inciviltà ai limiti della sopravvivenza che si vivono all’interno ddlle carceri. Nessuno vuole compiere l’errore di credere alle versioni ufficiali o di svegliarsi tardi come è successo con il caso Lonzi. Il Comitato verità per Yuri andrà dunque avanti e sosterrà sia la famiglia sia iniziative al riguardo.

Il carcere è sempre più il luogo degli ultimi, di coloro deboli fuori e dentro al carcere, di coloro che vengono distrutti e sedati con psicofarmaci e che vengono ammassati nelle celle.

Al riguardo consigliamo la lettura di questo documento redatto dal collettivo Zone del Silenzio di Pisa

Il video dell’inizio del presidio

red. 8 gennaio 2011

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YURI…UICCISO DALLO STATO

Il giorno 5 gennaio 2010 muore, nel carcere sughere di Livorno, Yuri, un ragazzo di 28 anni. Un’altra morte “sospetta” e inaspettata, come quella ad esempio di Marcello Lonzi. Tutte morti spacciate per “naturali”, tutte giustificate dalle forze dell’ordine, le quali sono appoggiate dal “nostro” stato che le lascia impunite.

Negli ultimi 10 anni sono state 20 le morti dentro il carcere livornese, e 98 in tutta la nazione, alcune spacciate per suicidi, altre per morti naturali…ma la verità è che l’unica causa è attribuibile ad una divisa e ad un sistema carcerario che non può essere riformato ma solo abbattuto.

Ed ecco che questa è l’ennesima bugia da parte delle “nostre” forze dell’ordine, che come ci ricorda la storia, ad esempio con Giorgiana Masi, riescono a tenere il loro segreto…che non è altro che l’omicidio di una persona.

Oggi non siamo soltanto qui per pretendere la verità, ma per non rivivere ancora nel futuro queste stragi da parte delle forze dell’ordine né in una cella né in una piazza. Affinché l’omicidio di Yuri, non rimanga nel silenzio, affinché ogni carcere, luogo di omicidi, abusi sessuali e violenze…sia definitivamente macerie…

OGGI URLIAMO IL NOSTRO ODIO, IL NOSTRO RANCORE E IL NOSTRO DISPREZZO NEI CONFRONTI DELLO

STATO E DEI SUOI SERVI

Collettivo anarchico libertario. Livorno

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Basta omicidi di Stato. Verità per Yuri. Sabato ore 15 presidio fuori dalle Sughere

DA SENZASOSTE.IT

Un’altra morte nel carcere delle Sughere di Livorno. L’ennesima per un carcere diventato da record per decessi e “suicidi”. Negli ultimi 10 anni sono stati 20 i morti, una carneficina. Il 2011 si è aperto con un’altra morte, quella di Yuri Attinà 28 anni residente nel quartiere Shangai che da pochi giorni era rientrato in carcere. La versione ufficiale dell’amministrazione carceraria è quella dell’infarto, un gioco del destino e un triste presagio visto che nel luglio del 2003 nel carcere delle Sughere moriva Marcello Lonzi anch’egli 28enne, anch’egli ufficialmente morto per infarto e la cui vicenda non si è ancora chiusa fra omissioni, omertà e perizie mediche contrastanti.

sughere_veirt_per_yuri_2

Rimane un dato di fatto: di carcere si muore e questo è a prescindere un altro omicidio di stato. Uno stato che non sa tutelare chi finisce in prigione con l’aggravante di dubbi e omissioni rispetto a continui pestaggi di cui i detenuti sono vittime come ultimamente i casi Bianzino e Cucchi hanno dimostrato. Nel 2010 nelle carceri italiane sono morti 98 detenuti.

Il carcere delle Sughere nella nostra città è sempre stato lontano dagli interessi delle istituzioni e dagli occhi della cittadinanza e al suo interno si continua a morire. E quasi sempre a finire in carcere e a morire sono i figli dei quartieri più poveri, delle classi più deboli e che spesso fuori non hanno nessuno.

sughere_verita_per_yuriE’ giunta l’ora di dire basta. Non lasciamo che anche Yuri venga sepolto senza che siano individuati omissioni e responsabili, senza che la città si prenda le proprie responsabilità, senza che chi gli voleva bene sappia cosa sia successo.

Per questo saremo sabato 8 gennaio alle ore 15 fuori dal carcere delle Sughere per gridare verità per Yuri e per non lasciare che un’altra morte venga bollata e insabbiata con false e retoriche frasi di circostanza.

Comitato Verità per Yuri

SABATO 8 GENNAIO ORE 15 – PRESIDIO FUORI DAL CARCERE DELLE SUGHERE

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Ancora morti alle Sughere: ucciso giovane di 28 anni

da senza soste.it

Il carcere della morte continua a mietere vittime. E’ morto ieri pomeriggio Yuri Attinà, giovane livornese residente nel quartiere Shangay e molto conosciuto in città.

Motivo ufficiale del decesso è l’infarto ma gli stessi inquirenti stanno indagando con “estremo riserbo” su ciò che è accaduto all’interno del carcere delle Sughere nella giornata di ieri. Anche perchè l’infarto e la giovane età non possono che rimandare alla morte di Marcello Lonzi e a tutte le varie omissioni e “deviazioni” d’indagine che furono messe in atto proprio nelle prime ore della morte tanto che i familiari furono avvertiti solo dopo un giorno.

Qualunque sia il motivo della sua morte deve essere chiaro che si tratta dell’ennesimo omicidio di Stato all’interno del “Gulag  Sughere” (così Il Tirreno lo scorso marzo definì il carcere dei 20 morti in 10 anni, 2 l’anno), un carcere che ha sempre goduto dell’omertà delle istituzioni locali e di una certa extraterritorialità visto che la città di Livorno ha sempre vissuto questo luogo come qualcosa di lontano.

Solo il caso Lonzi e le conseguenti iniziative in città culminate nella grande manifestazione di un anno fa contro gli omicidi di stato hanno risvegliato un’attenzione verso questa piaga cittadina. Ma oggi siamo qui a commentare un nuovo decesso, di un ragazzo di appena 28 anni ucciso nel carcere delle Sughere.

Conoscevamo Yuri, così come era ben conosciuto in città per i suoi tanti anni trascorsi allo stadio e perchè fino a pochi mesi fa era ogni sera in giro per La Venezia a frequentare i principali luoghi di ritrovo e cercare un contatto i ragazzi della sua età.

Ora la città deve pretendere la VERITA’ e deve iniziare a interrogarsi se quel carcere della morte è un corpo estraneo al territorio da trattare con indifferenza oppure è una piaga da affrontare.

Infine una parola sul Garante dei Detenuti Marco Solimano. Da quando è diventato garante, non senza polemiche a nostro avviso inutili e sterili da destra e anche qualche malumore da sinistra, non lo abbiamo mai letto sulla stampa cittadina. Tuttavia il carcere della morte continua ad essere sovraffollato e le condizioni di vita sono al limite della sopportazione. Se la sua figura serve a qualcosa questo è il momento di dimostrarlo, a tutta la cittadinanza. Sennò è meglio asservarsi i soldi per pagare il funerale al prossimo morto.

red. 6 gennaio 2010

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IL COLPO DI STATO NATALIZIO DI MARCHIONNE/PHILIP MORRIS

da:  http://www.comidad.org/dblog/

Meno male che ci sono rimasti i pacchi bomba, altrimenti il governo
non avrebbe più nulla con cui trastullarsi e di cui chiacchierare. Poco
prima di natale infatti Sergio Marchionne, “director” di Philip Morris
ed anche Amministratore Delegato della FIAT, ha siglato un “accordo”,
insieme con le organizzazioni sindacali alle sue dipendenze, per attuare
una nuova disciplina delle relazioni industriali in Italia, il tutto su
base extra-legale, anzi illegale: in pratica un colpo di stato.
L’estromissione della FIOM dalla rappresentanza sindacale rappresenta
l’effetto più vistoso del cosiddetto accordo, ma le conseguenze più
rilevanti riguardano la totale delegittimazione sia del governo come
istituzione, sia del ruolo dell’associazionismo imprenditoriale, a
cominciare da Confindustria.

Grazie al precedente di questo “accordo” di Mirafiori, in futuro
potrebbe persino considerarsi depenalizzato il racket delle estorsioni
sulle piccole/medie imprese, dato che, senza contratto collettivo e
senza criteri di rappresentatività sindacale, nulla più impedirà che le
organizzazioni criminali possano agire sotto la copertura di sigle
sindacali di comodo per ricattare i piccoli/medi imprenditori, i quali
saranno così ancora più facile preda delle sirene che gli prospettano
l’approdo nel “paradiso” delle delocalizzazioni.

Nel mondo della piccola/media impresa italiana già la gran parte dei
lavoratori si trova praticamente senza garanzie e senza diritti, con
imprese che nascono e muoiono in brevi archi di tempo, spesso lasciando i
dipendenti con mesi di salario non percepiti. Non si trattava quindi di
colpire diritti del lavoro che ormai non esistono più, ma di cancellare
il quadro delle relazioni industriali della piccola/media impresa, per
attuare più agevolmente le delocalizzazioni, cioè la rapina coloniale
del patrimonio di impianti e tecnologie, oltre che di immobili, che la
piccola/media impresa italiana detiene.

Che il business delle delocalizzazioni nell’Europa dell’Est sia gestito
proprio dalla cordata guidata dalla multinazionale Philip Morris, di cui
Marchionne è “director”, costituisce ovviamente una pura coincidenza.
Quel propagandista ufficiale degli interessi delle multinazionali che è
il senatore del PD Pietro “Inchino”, ci aveva spiegato che i lavoratori
di Pomigliano dovevano scegliere fra Marchionne e la camorra, ma non ci
aveva detto che Marchionne e camorra erano la stessa cosa. Del resto i
rapporti stabili ed organici della Philip Morris con le organizzazioni
malavitose sono documentati, ed agli atti del Parlamento italiano, nella
Relazione della Commissione Antimafia del marzo 2001.

http://www.publicintegrity.org/investigations/tobacco/assets/pdf/Antimafia%20Tobacco%20final%20report%20Mantovano%20March%2001.pdf

Il “paradiso” delle delocalizzazioni quindi è tale solo per la Philip
Morris, dato che per i piccoli/medi imprenditori si tratta di trovarsi
completamente legati mani e piedi al carro controllato da questa
multinazionale del crimine organizzato.

Il ministro del Welfare (?) Sacconi si è trovato ovviamente scavalcato e
delegittimato dal cosiddetto accordo di Mirafiori, dato che doveva
presentare lui un DDL sulla questione. Dopo alcuni giorni di imbarazzato
silenzio, Sacconi si è accodato al plauso di Berlusconi all’accordo,
aggiungendosi anche lui alla claque entusiastica che accompagna
Marchionne nelle sue gesta. Insomma, Sacconi si è adeguato in pieno al
punto di vista delle multinazionali.

Ma Berlusconi è giustificato dal fatto di essere fuori di testa, mentre
Sacconi ha dovuto fare sfacciatamente finta di ignorare che il Prodotto
Interno Lordo in Italia non lo fa la FIAT, ma le imprese piccole e
medie, che ora si trovano polverizzate nei loro rispettivi territori a
dover affrontare pericoli ignoti. Chi governa sulle relazioni
industriali, governa anche sul PIL, quindi sull’economia e, in
definitiva, sul Paese. Il vero governo oggi in Italia è Marchionne, o
meglio, la Philip Morris.

La Philip Morris già dominava su Roma, tramite il “sindaco” Gianni
Alemanno, il quale, all’epoca in cui era stato ministro
dell’Agricoltura, aveva svolto il ruolo di uomo di fiducia della
multinazionale, al punto che la Coldiretti è stata vincolata, per pochi
spiccioli, ad una serie di accordi-capestro con la stessa Philip Morris;
accordi che sono diventati anche il pretesto per il governo per
elargire favori alla multinazionale sul prezzo delle sigarette.

http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:jATDnkbdAhwJ:yesmoke.eu/it/blog/gianni-alemanno-coglione/+alemanno+philip+morris&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it
http://www.affaritaliani.it/roma/aurelio_regina_grande_tessitore_di_roma_personaggio250510.html

Dopo l’agricoltura italiana e dopo la Capitale, adesso l’ultimo regalo
di natale per Philip Morris è stato il controllo sulla piccola/media
impresa italiana. Il solito Pietro “Inchino” ci aveva anche raccontato
che le multinazionali non vengono ad “investire” in Italia per colpa dei
troppi diritti del lavoro. Invece le multinazionali come la Philip
Morris si sono già insediate in Italia da parecchi anni, ovviamente non
per “investire” (cosa che non fanno mai da nessuna parte), ma per
rapinare.

Per dimostrare di avere ancora uno scopo nella vita, Sacconi è andato a
prendersela con i genitori italiani, colpevoli secondo lui di voler far
laureare i figli, invece di fargli imparare un mestiere. Anche Sacconi
vorrebbe “liquidare il ’68”, come la Gelmini; ma in realtà l’Università
semi-gratuita e di massa era già stata congedata silenziosamente venti
anni fa, quindi questi sono i soliti slogan che dimostrano che l’intero
governo ufficiale è diventato solo una sorta di sotto-ministero della
Provocazione/Confusione, un’agenzia che ha l’esclusivo compito di
produrre fumo mediatico, mentre il governo vero, quello delle
multinazionali, pensa ad organizzare il business.

In silenzio invece è rimasto per lungo tempo il Partito Democratico, che
aveva accondisceso al diktat di Marchionne a Pomigliano, a patto che
non costituisse un “modello”, ed invece l’accordo-Mirafiori ha superato
di gran lunga il cosiddetto “modello”. Il segretario del PD, Bersani,
non è completamente ottenebrato come i Veltroni e i Fassino, e
probabilmente si rende conto delle conseguenze che l’accordo di
Mirafiori comporterà per le sue dilette piccole/medie imprese, se non
altro perché glielo ha in parte spiegato il sociologo Luciano Gallino
sulle colonne de “La Repubblica”.
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:bMkEmVXfz-0J:www.repubblica.it/economia/2010/12/24/news/commento_gallino-10558506/+luciano+gallino+accordo+mirafiori+marchionne&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it.

Bersani ha  paventato un effetto a valanga e la prospettiva di una
disarticolazione di tutto il sistema delle relazioni industriali in
Italia, ma poi non ha trovato di meglio che invocare la solita
“riforma”. Una “riforma” per rispondere ad un colpo di Stato? Bah!

L’aspetto paradossale della vicenda è che oggi la FIOM si trova
oggettivamente a svolgere un ruolo nazionale di difesa del sistema
industriale italiano nel suo complesso contro la rapina coloniale; e ciò
senza che la Confindustria, e neppure la Confapi, se ne dimostrino
consapevoli, guidate come sono sempre e soltanto dall’odio di classe
contro il lavoro. Sarebbe quindi ingenuo da parte di Cremaschi e della
Camusso continuare a fare appello alla dignità, al senso di
responsabilità nazionale, al rispetto della legalità da parte delle
associazioni imprenditoriali, dato che quelli sono tutti concetti che il
padronato non può neanche sapere dove stiano. La destra intende il
concetto di “ordine” in senso del tutto pre-legale e addirittura
pre-civile: “ordine” solo nel senso che i padroni devono fare i padroni
ed i servi devono rimanere servi.

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OCCUPATA LA EX CASERMA DEL FANTE

PRENDIAMOCI LE

CASE!

SVEGLIA! OCCUPIAMOCI DEI NOSTRI DIRITTI!!

Di fronte alla situazione di grave emergenza abitativa presente nella nostra città, nel pomeriggio di oggi, 18 Dicembre, noi del gruppo “precari e precarie senza tetto” abbiamo occupato l’ex caserma Del Fante, in via Adriana.

Abbiamo scelto questo luogo, fra i tanti spazi abbandonati di Livorno, dato il suo alto valore simbolico. Questa caserma, infatti, lasciata vuota per anni ed ormai in rovina, a differenza di quanto dichiarato dal Sindaco, potrebbe essere riconvertita per scopi sociali. Basterebbe che le autorità competenti elaborassero dei progetti concreti per recuperare questo edificio. Ci sono numerose strutture come questa, che devono essere sottratte ad ogni speculazione e restituite alla popolazione, attraverso una riconversione ad uso sociale e abitativo. É proprio il problema delle abitazioni che colpisce questa città oltre alle altre conseguenze della crisi e dello sfruttamento che subiamo. Infatti, gli sfratti per morosità superano il migliaio e proprio nelle ultime settimane la situazione è divenuta insostenibile per decine di famiglie. Esiste una larga fascia di persone che non hanno possibilità di accedere a nessuna graduatoria per le case popolari né tanto meno si possono permettere un affitto privato od un mutuo.

A parere del sindaco l’unica soluzione è quella dell’affitto concordato. Al di là del fatto che non esiste ancora una graduatoria di questo tipo, questo strumento non sarebbe assolutamente in grado di cambiare la situazione, poiché è frutto di un’impostazione che mette avanti l’interesse privato a quello collettivo.

Dicono che è necessario fare dei sacrifici, che i soldi mancano…ma i soldi ci sono!!!

In questi anni di “crisi” sono stati spesi miliardi e miliardi di euro per finanziare le spese militari. Per riconvertire le caserme dismesse si sta forse aspettando la prossima speculazione?!

Noi non staremo di certo a guardare, è per questo che abbiamo deciso di riappropriarci direttamente di questo luogo utilizzando la pratica dell’occupazione e dell’azione diretta.

Siamo convinti che sia arrivato il tempo di svegliarsi e dire basta!!!

La nostra è un’iniziativa di denuncia che vuole coinvolgere chiunque si sia stancato di essere preso in giro da chi tra mille promesse continua a speculare sulla pelle della gente.

Per questo invitiamo tutti e tutte all’assemblea pubblica sulla questione abitativa ed anche solo a passare da questo spazio, che per due giorni sarà aperto alla città.

Sono previste varie iniziative all’interno dell’occupazione:

SABATO 18 DICEMBRE 2010

aperitivo popolare, ore 19:30

concerto “LSD” + “Dj Piombo”, ore 22:00

DOMENICA 19 DICEMBRE 2010

braciata popolare, ore 13

assemblea pubblica, ore 15

precari e precarie senza tetto

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NO ALLO STATO DI POLIZIA!

Dopo la rivolta di Roma, lo stato sembra attrezarsi per respingere un malcontento diffuso di fronte al quale non ha la forza né di reprimere né di cedere.

da rainews24.it

Daspo anche per la piazza

Roma, 17-12-2010

Estendere il ‘daspo’ alle manifestazione di piazza.

E’ la proposta avanzata dal sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano “per contare – spiega all’ANSA – su uno strumento in più sul piano della prevenzione” che “permette di conoscere preventivamente, e non sulla base di mere informative, i soggetti da tenere distanti dalla piazza, nell’interesse stesso dei manifestanti con intenzioni pacifiche”.
Maroni al Senato
“Non userò più il termine di bombe carta perché si tratta di bombe, questa è la realtà”. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni riferisce in Senato sugli scontri di Roma ed espire piena solidarietà alle forze dell’ordine. Che, assicura, hanno agito con equilibrio di fornte a “professionisti della vilenza” che gli studenti dovrebbero isolare.

Tutti fuori
Sulla decisione di rimettere in libertà i manifestanti fermati per gli scontri avvenuti lo scorso 14 dicembre a Roma, Maroni ha detto di “rispettarla ma di non condividerla”.
Maroni, nella informativa in Aula al Senato, ha aggiunto che questo consente “a questi violenti la possibilità di reiterare le violenze”, alludendo ai timori di nuovi incidenti in occasione del voto a Palazzo Madama sulla riforma Gelmini dell’università.

Sarebbe stato meglio confermare i provvedimenti restrittivi, ha detto Maroni, “evitando il rischio di reiterazione dei reati”.

Il complotto che non c’è stato
“Sono destituite da ogni fondamento le illazioni sulla presenza
di infiltrati negli scontri di martedi’ scorso a Roma: sono ipotesi offensive nei confronti delle forze dell’ordine”, ha affermato Maroni.

“La verità – ha aggiunto il ministro – è che gli agenti hanno agito con senso di responsabilità esemplare per tutelare l’esercizio delle istituzioni dall’attacco di violenti, di veri e propri delinquenti. Solo grazie a loro – ha aggiunto – non ci
sono state nè vittime nè feriti gravi”.

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