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Profughi, galere, affari

da: http://senzafrontiere.noblogs.org/

Il tempo è galantuomo e, prima o poi, il conto lo si paga sempre. Oggi l’Europa si trova a fronteggiare un brusco aumento dei flussi migratori dai paesi del Nordafrica, ovvero quei paesi incendiati nelle ultime settimane da rivolte popolari inedite, contro il caro-vita, per la libertà, contro l’autoritarismo di regimi pluridecennali foraggiati proprio dalle classi dirigenti occidentali.
Tunisia ed Egitto, su tutti. Ma anche Algeria, Yemen, Bahrein, Libia. Popoli incredibilmente giovani rispetto alle medie anagrafiche di un’Europa vecchia e malconcia, e altrettanto affamati di futuro. Dopo la caduta di Ben Alì in Tunisia e di Mubarak in Egitto, a tremare sono gli altri dittatori del Maghreb. Anche il colonnello Gheddafi, una vecchia conoscenza del governo italiano, comincia a sudare freddo e reagisce con la ferocia che lo contraddistingue.
Sono più di 5.000 gli immigrati, per lo più tunisini, approdati in Sicilia e nelle sue isole minori come Lampedusa e Pantelleria. Un esodo massiccio e abbastanza prevedibile dopo le rivolte dei giorni scorsi. In particolare, la situazione politica e sociale in Tunisia è in continuo mutamento: i sostenitori di Ben Alì non mollano ed è palpabile la sensazione che possano innescarsi meccanismi da guerra civile se la transizione non riuscirà a fare piazza pulita dei residui del vecchio regime. La gente comune è spaventata, e tenta il tutto per tutto. L’Italia rappresenta, oggi più di ieri, il primo passo per spiccare il volo verso il futuro in Europa. Come al solito, la risposta del governo italiano è in linea con la miseria dei suoi esponenti.
Il ministro dell’Interno Roberto Maroni parla di emergenza umanitaria, ma i dispositivi che si stanno predisponendo – con l’immarcescibile Protezione civile – fanno pensare a una gestione da internamento di massa davvero inquietante. Maroni parte dal presupposto che le migliaia di immigrati che stanno arrivando in Italia sono tutti “clandestini” e, in quanto tali, vanno trattati alla stregua dei criminali. Pertanto, il governo sta procedendo alla individuazione di strutture per la “accoglienza” di queste persone purché queste strutture siano controllabili, fuori dai centri abitati e impermeabili a tentativi di evasione.
Un concetto di accoglienza, quello di Maroni, che conosciamo benissimo. Per far fronte all’emergenza, è stato riaperto il Centro d’Identificazione ed Espulsione di Lampedusa. Poi sarà riaperto il CIE di Caltanissetta con annesso Centro per richiedenti asilo, una struttura che era stata praticamente messa fuori uso un anno e mezzo fa da una durissima rivolta di immigrati. Anche Trapani viene mobilitata con il suo piccolo, ma famigerato, lager – il CIE “Serraino Vulpitta” – con il più capiente centro per rifugiati di contrada Salinagrande, e con molte altre strutture sparse in provincia e saldamente controllate dalla Caritas.
Nel resto della Sicilia, saranno utilizzati conventi, strutture ecclesiastiche, alberghi in disuso. A Palermo si prevede l’impiego dell’area in cui sorgeva la Fiera del Mediterraneo: capannoni e edifici che un tempo ospitavano la famosa (e fallimentare) fiera campionaria, potrebbero contenere 200 persone. Ma è nella Sicilia orientale che il governo ha davvero superato se stesso. A parte l’ipotesi agghiacciante di allestire delle tendopoli nel ragusano e nel siracusano, in provincia di Catania il governo vorrebbe impiegare il Villaggio degli aranci, un complesso residenziale che ospitava i militari di stanza nella base Usa di Sigonella. Settemila posti in un’area rigorosamente militarizzata e facilmente controllabile. Settemila posti per altrettanti richiedenti asilo che vivono in tutta Italia e che verrebbero convogliati a Mineo, nella piana di Catania, sradicati dai territori in cui – a grande fatica – stanno rifacendosi una vita. Un’ipotesi davvero allucinante ma che rappresenterebbe un’occasione ghiotta per il proprietario del residence, l’azienda parmigiana Pizzarotti, che proprio non sapeva come fare per utilizzare quelle 404 villette dopo il rifiuto del governo Usa a rinnovare il canone d’affitto. Adesso pagherà il governo italiano, sicuramente con i soldi che Maroni ha chiesto, pestando i piedi, all’Unione europea.
Insomma, con l’aumento degli sbarchi aumentano anche le occasioni di profitto per chi lucra su un modello di gestione dei flussi migratori che non ha niente a che fare con l’accoglienza. Dopo aver investito tutto sulla repressione e sulla criminalizzazione dei migranti e del loro status di clandestini, il governo italiano deve fare i conti con migliaia di persone che avrebbero tutto il diritto di chiedere il permesso di soggiorno per motivi umanitari alla luce delle condizioni sociali e politiche in cui versano i loro paesi di origine. Per loro, il trattenimento nei Centri di Identificazione ed Espulsione, e il successivo rimpatrio, sarebbero un abuso giuridico ancora più intollerabile, così come l’internamento coatto in qualunque altra struttura circondata e guardata a vista da poliziotti, preti e militari.

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Appello per l’8 marzo

APPELLO PER L’8 MARZO

La recente giornata di mobilitazione delle donne del 13 febbraio ha dimostrato limiti e potenzialità. I limiti, evidentissimi e rilevati da più parti, erano palesi nei contenuti dell’appello nazionale: una identificazione della donna nei ruoli familistici e patriarcali di madre, sposa etc, assunti come modello di dignità; un incitamento al moralismo legato alla valorizzazione delle donne perbene, alla negazione del corpo e della sessualità . Questi gli stereotipi, da sempre proposti dalla cultura patriarcale- religiosa e fortemente combattuti dal femminismo, su cui si è costruito l’appello a manifestare per la dignità delle donne. Accanto a questi, “nuovi” stereotipi, legati ad una società sempre più violenta e maschilista, alla logica di uno stato razzista e in guerra: la valorizzazione delle donne di successo, delle donne in divisa, delle donne che esprimono l’identità nazionale e religiosa, delle donne che si identificano con le istituzioni patrie.

Un appello che ha generato però anche critiche e dibattito. Una giornata rigidamente pianificata all’interno della campagna antiberlusconiana, che però, in molte città, ha dovuto fare i conti con presenze vivaci, critiche e demistificatorie. Quindi il 13 febbraio ha espresso anche delle potenzialità, o almeno una voglia di essere in piazza anche con contenuti diversi da quelli

canonicamente determinati

A Livorno la liturgia della manifestazione del 13 febbraio è stata quella della recita scolastica: poesiole, intervento delle autorità, canzoncine e lancio di palloncini. La giornata è stata costruita evitando accuratamente di attivare un percorso che avrebbe potuto portare ad una partecipazione di massa, ma che avrebbe potuto anche dare spazio a voci critiche.

Consapevoli della necessità di intervenire su un terreno irrinunciabile come quello della autodeterminazione delle donne, di dare voce ad un lavoro e ad un’elaborazione che che tante e tanti di noi non hanno mai trascurato, di denunciare le politiche sessiste che la chiesa e i vari governi hanno attuato negli anni, lanciamo un appello per costruire , a livello locale, una iniziativa nella giornata dell’otto marzo. Ci rivolgiamo a collettivi, gruppi, associazioni, organizzazioni politiche e sindacali, singole e singoli che condividano le seguenti tematiche e che le vogliano arricchire con ulteriori contributi:

– contro la riproposizione moralistica dei ruoli patriarcali e del familismo

– contro la mortificazione del corpo femminile, per la libertà sessuale e per il diritto all’autodeterminazione

– per denunciare le politiche sessiste dello stato, della chiesa, di questo e di altri governi

– per denunciare la cultura della gerarchia, della violenza,del dominio maschile sul corpo femminile

– per denunciare qualsiasi strumentalizzazione politica delle donne (vedi attuale campagna antiberlusconi, ma anche recente campagna razzista sugli stupri commessi da stranieri precedente all’approvazione del pacchetto sicurezza)

– contro la politica di tagli sulle spese sociali che lega sempre più le donne ai ruoli tradizionali

– contro l’imposizione della crisi e della precarietà che si scaricano sui settori sociali più deboli, limitando ulteriormente la loro autonomia

per altro ancora

proponiamo di incontrarci per avviare la discussione e la costruzione di un’iniziativa a Livorno l’8 marzo

giovedì alle ore 9.30 presso la saletta riunioni dell’Unicobas via Pieroni 27, terzo piano.

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

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SABATO 19 PRESIDIO ANTIRAZZISTA

SABATO 19 FEBBRAIO

ORE 17 PIAZZA GRANDE (angolo via pieroni)

PRESIDIO ANTIRAZZISTA

CONTRO LA CAMPAGNA RAZZISTA DEL GOVERNO

Decine di morti in mare, dispersi, centinaia di persone trattenute con la forza a Lampedusa, molte già imprigionate nei Centri di Identificazione ed Espulsione o nei Centri per richiedenti asilo. Un finanziere italiano apre il fuoco su un’imbarcazione carica di gente, sfiorando la strage.

Questo è il bilancio di poche settimane di sbarchi a Lampedusa. Circa cinquemila persone, soprattutto di origine tunisina, hanno raggiunto le coste di Lampedusa e della Sicilia.

Il ministro dell’interno Maroni ha subito dato il via alla campagna razzista, lanciando un inesistente allarme “invasione” dalle coste di Tunisia ed Egitto, dove nell’ultimo mese le rivolte hanno fatto cadere i governi dittatoriali in carica.

Quando in un paese avviene un radicale sconvolgimento politico, è normale che si sviluppino dei fenomeni migratori. Ci possono essere profughi, rifugiati politici, persone che cercano una vita migliore. Qui non ci troviamo di fronte all’ ”esodo biblico” di cui parla il governo.

Se pensiamo che nel 2008 le donne e gli uomini sbarcati in Sicilia furono oltre 34000, questi cinquemila non rappresentano certo una “invasione”.

E’ con questa campagna razzista che il governo alimenta la paura. Maroni rilancia la sua guerra e propone addirittura di inviare un contingente italiano in Tunisia per bloccare le partenze.

Intanto viene riaperto il C.I.E. di Lampedusa, mentre altre strutture di “accoglienza” vengono improvvisate.

I primi arrivati vengono smistati nei vari Centri di Espulsione esistenti. La propaganda parla di accoglienza, ma nel C.I.E. di Torino scatta lo sciopero della fame ed a Gradisca d’Isonzo scoppia una vera e propria rivolta.

Nel canale di Sicilia, dopo le decine di morti e le imbarcazioni disperse, al posto dei soccorsi arriva FRONTEX, l’agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere, una vera e propria polizia europea con il ruolo di contrasto dell’immigrazione.

In questo momento è necessario rompere il muro della propaganda razzista del governo.

Affermare la libertà di circolazione delle donne e degli uomini, opporsi a tutti i Centri di Espulsione, veri e propri lager e strumenti di ricatto ed oppressione.

CHIUDERE TUTTI I CENTRI DI ESPULSIONE

Assemblea contro i Centri di Espulsione – Livorno

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CIE: rivolta a Gradisca, sciopero della fame a Torino

Dopo un periodo di relativa calma la rabbia degli immigrati torna a
esplodere nella struttura gradiscana.
Non sappiamo quando sia iniziata la rivolta.
Un’attivista antirazzista che passava di lì riferisce che intorno alle 20
al di là delle mura si vedeva un gran fumo. Poi sono arrivati i vigili del
fuoco e un’ambulanza.
L’onda lunga delle proteste che investono da giorni numerosi CIE, da Bari a Restinco, da Modena a Torino, è arrivata anche a Gradisca.
Proprio ieri, trasferiti con un volo speciale da Lampedusa, erano arrivati 50 tunisini. Trenta richiedenti asilo sono stati portati al CARA, gli
altri sono stati rinchiusi nel CIE.
La situazione potrebbe diventare ancora più incandescente, perchè le
migliaia di tunisini approdati in pochi giorni in Italia potrebbero essere l’avanguardia di un esodo molto più ampio.

Al CIE di Torino gli immigrati sono in sciopero della fame da sabato sera.
La maggior parte di loro viene dalla Tunisia. Sono preoccupati per le
famiglie, non riescono a mettersi in contatto e temono per la loro sorte.
Tutti sentono il vento di libertà che viene dal nordafrica.
La sezione delle donne è stata svuotata per far posto agli immigrati
approdati a Lampedusa.
Domenica notte un gruppetto di antirazzisti ha fatto un veloce saluto ai reclusi: petardi, battitura di ferri, slogan. Da dentro si è levato un
gran fragore.

Mercoledì 16 febbraio alle 18 presidio al CIE. Appuntamento all’incrocio tra corso Brunelleschi e via Monginevro.

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CONTRO OGNI RICATTO!!

il seguente volantino sarà distribuito al corteo per lo sciopero generale che si terrà domani, 28 gennaio, a Livorno.

CONTRO OGNI RICATTO!

LOTTA, SOLIDARIETA’, AUTOGESTIONE

Il Collettivo Anarchico Libertario esprime la sua piena solidarietà a quelle categorie sociali colpite dagli attacchi portati avanti dal governo e dal padronato. Sostiene tutti i lavoratori in sciopero e aderisce al corteo cittadino promosso dal Comitato di lotta per il lavoro dal Coordinamento Studentesco, dai movimenti e dai sindacati di base che hanno proclamato lo sciopero generale.

Il 2010 ha chiuso i suoi battenti con una forte ripresa del conflitto sociale: Ne è dimostrazione la lotta portata avanti dagli studenti universitari e medi , dai ricercatori universitarie dai lavoratori delle scuole contro i tagli al sistema d’istruzione pubblico, le battaglie dei lavoratori delle aziende in crisi per la difesa del proprio posto di lavoro e la forte opposizione dei migranti contro l’ultima sanatoria truffa .
Il governo risponde alle mobilitazioni con una dura repressione e continuando con “la politica della forbice”. I padroni si nascondono dietro la maschera della crisi riuscendo a massimizzare il loro profitto, sfruttando la forza lavoro disponibile utilizzando tattiche di ricatto “se vuoi lavorare , in questo periodo di crisi, lavori come dico io e secondo le mie regole, sennò ti licenzio”.
Il comportamento dell’amministratore delegato della FIAT, Marchionne, è il massimo esempio di questo utilizzo della crisi, al fine di trarne massimo profitto; imporre un definitivo “disciplinamento” dei lavoratori, in modo da portare avanti la produzione senza interruzioni “sgradevoli”. Nessuna garanzia sul posto di lavoro, nuovi orari più pesanti, nessun tipo di conflitto ed una ulteriore riduzione drastica del salario; chi non firma questo tipo di contratto viene tagliato fuori e si ritrova disoccupato.
Quello che sta avvenendo in FIAT a Torino, non è però una novità in Italia. Basti pensare a ciò che avviene in situazioni industriali periferiche, come nel territorio livornese, dove il famoso “modello Marchionne” è già stato utilizzato con l’assenso totale di quei sindacati come la CGIL e la FIOM locale (caso TRW), definendo al tempo l’accordo come “uno dei migliori accordi difensivi d’Italia”.
Oggi la CGIL assume una posizione di dissociazione nei confronti della giornata di mobilitazione generale, avvalendosi della medesima logica del ricatto utilizzata dai padroni nei confronti dei lavoratori mediante la formula: ” se scioperi con i sindacati di base a Livorno, devi prendere un giorno di ferie!”.
Nonostante le posizioni della CGIL, in tutta Italia sarà giornata di mobilitazione generale; lo sciopero del 28 prenderà le forme di una protesta collettiva al di fuori d’ogni logica concertativa, esprimendo caratteri diversi in ogni città della penisola ed assumendo una natura di forte radicalità per ogni categoria stufa del comportamento degli industriali e dei suoi sindacati lacchè.
Di fronte alle volontà dei padroni e del governo si deve opporre la fermezza delle classi oppresse di non voler cedere ai ricatti ed alla trappola del referendum che è solamente un artificio creato dal capitale per liquidare il conflitto di classe, che senso ha scegliere tra licenziamento e schiavitù?

C’è solo un modo per rispondere alle coercizioni padronali: la lotta!
Basta con chi ci dice di abbassare la testa , alziamola e facciamo tremare il capitale mediante la riappropriazione dei posti di lavoro che son di chi vi lavora e delle scuole, che son di chi vi studia, per l’autogestione e l’autorganizzazione
Per un mondo di liberi ed uguali, per un mondo senza padroni

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

http://collettivoanarchico.noblogs.org

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VENERDI’ 28 GENNAIO 2011: UNO SCIOPERO GENERALE DIVERSO DAL SOLITO

VENERDI’ 28 GENNAIO 2011:
UNO SCIOPERO GENERALE DIVERSO DAL SOLITO

Quella del 28 gennaio prossimo è la data scelta dalla FIOM (i
metalmeccanici della CGIL) per scioperare contro gli accordi capestro
di Marchionne a Mirafiori e Pomigliano: questi accordi riguardano
tutti, visto che intaccano democrazia, rappresentanza, contratto
nazionale e diritto di sciopero, legalizzando gli attacchi ai diritti
dei lavoratori portati avanti negli ultimi 20 anni.

TUTTI POSSONO
SCIOPERARE IL 28 GENNAIO: per quel giorno, infatti, il sindacalismo di
base ha indetto lo sciopero generale di tutte le categorie del lavoro
pubblico e privato, per chi vorrà essere “concretamente” a fianco dei
metalmeccanici, contro la brutalità dell’aut aut deciso da Marchionne:
vuoi lavorare o vuoi conservare i diritti sopravvissuti in questi
ultimi anni?

Se per lavorare si deve “volontariamente” accettare il
ricatto di condizioni di lavoro di tipo schiavistico forse è giunto il
momento di dire BASTA e di dirlo come se quella stessa proposta fosse
fatta a tutti. Per questo il 28 gennaio non vogliamo lasciarli soli
contro Marchionne.
Questa volta non proponiamo uno sciopero per
rivendicare diritti e aumenti contrattuali per un singolo settore
lavorativo . Oggi proponiamo di dare allo sciopero un significato
preciso: dire NO al ricatto di Marchionne e a tutto ciò che a cascata
ne potrà venire.

I 2120 operai di Mirafiori hanno avuto il coraggio di
rinunciare ad una promessa di lavoro, noi chiediamo di rinunciare ad
una giornata di lavoro per dire che non vogliamo contribuire a far
passare nel silenzio e nella rassegnazione questo ulteriore attacco
alla condizione lavorativa dei dipendenti pubblici e privati. Se
ammalarsi a Mirafiori diventa una colpa da pagare a suon di euro, se
scioperare comporterà sanzioni disciplinari fino al licenziamento, chi
può seriamente pensare che anche altrove non si possa pensare di fare
altrettanto? Di questo passo cosa può impedire a lorsignori di
applicare per tutti i lavoratori e per tutti i settori gli stessi
meccanismi imposti da Marchionne contro i contratti nazionali, contro i
diritti e contro la dignità di chi lavora?

Un’attacco ,portato dal
padronato e dal governo, che arriva dopo quello alla scuola e
università con i decreti Gelmini, dopo il collegato lavoro, dopo il
blocco degli stipendi e del turn over nel pubblico impiego .Tutto
questo necessita di una risposta forte e incisiva, per questo anche a
Livorno va cercata la più ampia e convinta mobilitazione , collegando
la risposta a questo ulteriore , alla situazione di una città che vive
la crisi in modo drammatico con la perdita di posti di lavoro, la
cassaintegrazione e la disoccupazione.
Per questo Venerdi 28 gennaio
insieme ai metalmeccanici, indetto dall’insieme dei Sindacati di base,
dagli studenti ,da movimenti sociali a Livorno ci sarà una giornata di
sciopero generale con :

CORTEO DI LAVORATORI E STUDENTI CONCENTRAMENTO
ORE 9,00 PIAZZA CAVOUR

Comitato per il diritto al Lavoro
Hanno dato l’
adesione ed organizzano la giornata di sciopero generale a Livorno:
Confederazione Cobas, Confederazione USB Livorno, C.I.B.Unicobas, ,
Coordinamento studentesco Livornese. Coordinamento precari della scuola

Altre adesioni arrivate fino ad adesso : la CGIL che vogliamo di
Livorno, L’Internazionale, Sinistra Critica, P.C.L., F.A.I., Collettivo
Anarchico Libertario, Circolo 1921.Centro sociale Godzilla

MIRAFIORI
SIAMO TUTTI NOI

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Fiat. Schiavo o disoccupato?

ricevuto e pubblicato

Fiat. Schiavo o disoccupato?

Sabato 15 gennaio dalle ore 10
al Balon – via Borgodora angolo via Andreis
punto info sull’accordo alla Fiat

Di seguito il volantino distribuito alla fiaccolata di mercoledì sera in
via Garibaldi

Schiavo o disoccupato? Rifiuta la scelta, scegli la lotta!

A forza di chiudere gli occhi si finisce a terra. Di ricatto in ricatto di
cedimento in cedimento ci si ritrova a scegliere tra schiavitù e
disoccupazione. Nei paesi poveri questo è l’amaro pane quotidiano, nei
paesi ricchi la mediazione socialdemocratica ha creato la pericolosa
illusione che ci fosse un pezzettino di torta anche per chi lavora.
L’appetito vien mangiando e quello dei padroni è insaziabile: perché
accontentarsi di averci piegati quando possono metterci in ginocchio?
Perché accontentarsi di pagarci poco quando possono pagarci ancora meno?

Vi ricordate della Zastava? La chiamavano la “Fiat dei Balcani”.
Nell’aprile del 1999 venne distrutta dai bombardamenti NATO sulla Serbia.
Ancora oggi là si muore di leucemia per le bombe all’uranio impoverito.
Gli aerei che distrussero la fabbrica montavano componentistica Fiat. Il
governo che ordinò i bombardamenti era retto dal democratico D’Alema. Oggi
in quella fabbrica gli operai lavorano a testa bassa per 400 euro al mese.
E si considerano fortunati.
È lì che Marchionne farà la nuova monovolume, la “L0”. Come sempre la
politica – e l’economia – sono la continuazione della guerra. Con altri
mezzi. A volte non meno micidiali.
La resistenza e la solidarietà operaia seguono altre strade. Tanti
metalmeccanici, in quel lontano 1999, raccolsero fondi per gli operai
serbi. Anche a Mirafiori.
Oggi i padroni, che lucrano su tutte le guerre e non hanno altro interesse
che il loro profitto, giocano ancora una volta la carta di volere gli
operai nemici di altri operai.
Il padrone dice “o lavori come dico io, o ti chiudo la fabbrica”. Quando
ci sono i “picchi” ti possono imporre di lavorare 7 giorni su 7 per 10
ore; quando fa comodo vai in cassa e campi d’aria e fantasia; quando va
bene lavori anche il sabato e la domenica notte; quando va di lusso stai a
casa il lunedì.
Marchionne vuole imporre il definitivo disciplinamento dei lavoratori:
niente garanzie, riduzione del salario, zero conflitto. Peggio che negli
anni ’50. E non vale oggi piangere perché Marchionne taglia fuori chi non
firma, perché questo modello di relazioni sindacali è stato avallato per
anni anche da chi oggi è ne divenuto vittima.
In cambio – e non si sa sino a quando – la produzione di eccellenza – una
jeep e un suv – resta in Italia. Un paese dove i salari sono tra i più
bassi del ricco nord del pianeta.
Loro guadagnano e chi lavora sta sempre peggio. Ci chiedono sacrifici
perché c’è la crisi, ma i soldi, quelli veri, ai ricchi non li chiedono
mai. Blaterano di “bene comune”, dicono che padrone e l’operaio, il ricco
ed il povero, stanno tutti nella stessa barca. Già, qualcuno sempre ai
remi e qualcun altro sempre al timone.
E tra i rematori i lavoratori stranieri pagano doppio. Se perdono il
lavoro perdono anche il permesso di soggiorno, rischiano di finire in quei
lager chiamati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e poi di
essere espulsi. I padroni ed i loro cani da guardia, fascisti e leghisti,
fanno di tutto perché i lavoratori italiani si incazzino con i lavoratori
stranieri, anziché con i padroni. Ma, facendosi la guerra tra poveri, si
finisce con lo stare tutti peggio e i padroni ci sguazzano da anni. Se gli
stranieri sono obbligati da leggi razziste a chinare la testa, diventa più
facile ricattare anche tutti gli altri.
I padroni ci vogliono nemici degli immigrati e dei poveracci serbi,
brasiliani, polacchi, perché in troppi hanno dimenticato che i lavoratori,
uniti, possono fare male al padrone, molto male.
Il nemico, quello vero, siede sui banchi del governo, nei consigli di
amministrazione di banche e aziende.
Possiamo fare a meno di loro. Lasciamo in eredità ai nostri figli un mondo
senza padroni, sfruttamento, guerre. Che senso ha scegliere tra il
licenziamento e la schiavitù? C’è un solo modo di rispondere al ricatto di
Marchionne: rispedirlo al mittente, facendo sì che la paura cambi di
campo, che siano i padroni a temere per i loro profitti. La proprietà
privata delle fabbriche non è un diritto ma un furto.
Marchionne vuole andarsene in Canada? Che ci vada! Chi lo ferma? Le
fabbriche sono di chi ci lavora: prendiamocele! I lavoratori possono fare
da soli e meglio, perché mirano alla qualità della vita di tutti non al
mercato.
Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa. Alziamola,
invece, la testa e iniziamo a lottare per un mondo di liberi ed eguali. In
Italia e ovunque nel mondo.

Prossime iniziative:
Venerdì 21 gennaio ore 21
in corso Palermo 46
conferenza/dibattito
Gli affari del buon dio. Quanto ci costa mantenere la chiesa cattolica?
Interviene Pippo Guerrieri, autore de “La piovra vaticana”.

Nove miliardi di euro l’anno: questo è quanto tutti i cittadini italiani,
credenti o non credenti, debbono pagare per mantenere preti, suore, scuole
confessionali, insegnanti di religione.
La Chiesa cattolica è molto brava nell’accumulare le enormi ricchezze che
le consentono di realizzare la propria vocazione più forte, quella al
potere, che accresce sempre più acquisendo il controllo di importanti
settori dell’economia, dell’informazione, della politica e della società.
Per corroderne influenza non bastano le argomentazioni filosofiche o
morali, serve una lotta quotidiana contro uno dei più solidi pilastri
dello sfruttamento umano.
Organizzano
Federazione Anarchica Torinese e
Circolo di Circolo di cultura e iniziativa Gay, Lesbica, Bisessuale,
Transgender e Queer Maurice

Federazione Anarchica Torinese
Corso Palermo 46
Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21
fai_to@inrete.it – 338 6594361

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ASSEMBLEA PUBBLICA: INDIETRO NON SI TORNA

INDIETRO NON SI TORNA
SABATO 15 GENNAIO ALLE ORE 17.00
ASSEMBLEA PUBBLICA
PRESSO LA SEDE DI VIA DEGLI ASILI 33 – LIVORNO
Il 2010 si è chiuso con una ripresa del conflitto sociale: le lotte nelle università sono state il punto di maggior rilevanza mediatica dell’azione di lotta dal basso.
Da mesi i lavoratori della scuola sono in lotta contro i tagli alla scuola pubblica, i migranti sono in lotta contro la sanatoria truffa, ultima tappa della politica razzista del Governo, i lavoratori delle aziende in crisi sono in lotta per difendere il proprio reddito e il posto di lavoro.
La risposta del Governo è la repressione, il Collegato Lavoro, i tagli a ripetizione provocati dalle continue ruberie dei politici e dei militari.
Il comportamento di Marchionne, l’amministratore delegato della FIAT, dimostra che cosa c’è dietro l’uso capitalistico della crisi: la volontà dei capitalisti di “ridurre a discrezione” la
classe operaia, attraverso il ricatto della disoccupazione.
Di fronte alla volontà dei capitalisti si pone la volontà degli operai, con le loro
organizzazioni e le loro lotte: le leggi economiche non sono che il risultato del continuo scontro di classe, dei rapporti fra le classi contrapposte.
Sposare questa o quella interpretazione che gli economisti danno dell’attuale situazione significa nascondere la causa delle miserevoli condizioni del proletariato: la proprietà privata dei mezzi di produzione.
La convinzione che l’attuale ordinamento giuridico consentisse un miglioramento illimitato delle condizioni della classe operaia è stato smentito dai fatti: oggi appare chiaro che il mantenimento dell’apparato statale e della proprietà privata può avvenire solo a prezzo di
continui sacrifici proletari.
Questa verità comincia a farsi strada anche nei settori di avanguardia, che cercano confusamente una soluzione politica: l’unica soluzione politica possibile deve avere caratteristiche rivoluzionarie.

FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE
Via degli Asili 33 – Livorno
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

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In 300 fuori dalle Sughere ad urlare la propria rabbia per la morte di Yuri

da senza soste.it

Questa volta Livorno ha risposto. Forse sempre la solita parte, ma oggi fuori dalle Sughere c’era veramente tanta gente. I parenti di Yuri, gli amici, il Csa Godzilla, i compagni del movimento, i collettivi politici di Pisa e Viareggio che lavorano sui temi carcerari e tante altre persone accorse per dire basta.

Ma in particolare c’erano Maria Ciuffi, la madre di Marcello Lonzi morto nel medesimo carcere nel 2003 e Cira, la madre di Daniele Franceschi, il ragazzo di Viareggio morto quest’estate nelle carceri francesi in mezzo a omissioni e insabbiamenti. Le due mamme sono subito andate ad esprimere la propria solidarietà alla sorella di Yuri.

I manifestanti hanno appeso uno striscione sull’ingresso principale del carcere con scritto “Si vive di ingiustizie, si muore di carcere. Basta omicidi di Stato”. Perchè la posizione comune è una sola: a prescindere da cosa sia successo, non importa essere per forza essere morti per percosse per affermare che esiste una responsabilità penale, politica e morale da parte dell’aministrazione penitenziaria. Un giovane di 28 anni non può morire in carcere e se ciò avviene è perchè qualcuno ha delle responsabilità.

sughere_targa_carcereE i primi dubbi sorgono proprio dal modo misterioso con cui vengono gestite queste morti. Dopo due giorni e mezzo un alone di mistero continua ad avvolgere tutto come conferma la sorella: “Yuri è entrato alle Sughere sano, era un ragazzo forte e robusto. Abbiamo messo un perito perchè alcune cose non ci quadrano e probabilmente non quadrano nemmeno agli inquirenti”. La sorella alla fine del suo intervento ha ringraziato tutte le persone venute al presidio. Prima di lei era stata la volta di Maria Ciuffi e Cira Franceschi che hanno ribadito la loro critica al sistema carcerario, la loro non fiducia nella giustizia e la loro solidarietà alla famiglia.

Poi i manifestanti si sono spostati in corteo ed hanno percorso tutto il quadrato esterno del carcere, anche nelle zone interdette, scandendo slogan contro polizia e carceri e tirando petardi all’interno del perimetro.

Sia gli amici che molti dei manifestanti hanno espresso la volontà di andare fino in fondo per scoprire i motivi di questa morte e denunciare le condizioni di inciviltà ai limiti della sopravvivenza che si vivono all’interno ddlle carceri. Nessuno vuole compiere l’errore di credere alle versioni ufficiali o di svegliarsi tardi come è successo con il caso Lonzi. Il Comitato verità per Yuri andrà dunque avanti e sosterrà sia la famiglia sia iniziative al riguardo.

Il carcere è sempre più il luogo degli ultimi, di coloro deboli fuori e dentro al carcere, di coloro che vengono distrutti e sedati con psicofarmaci e che vengono ammassati nelle celle.

Al riguardo consigliamo la lettura di questo documento redatto dal collettivo Zone del Silenzio di Pisa

Il video dell’inizio del presidio

red. 8 gennaio 2011

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YURI…UICCISO DALLO STATO

Il giorno 5 gennaio 2010 muore, nel carcere sughere di Livorno, Yuri, un ragazzo di 28 anni. Un’altra morte “sospetta” e inaspettata, come quella ad esempio di Marcello Lonzi. Tutte morti spacciate per “naturali”, tutte giustificate dalle forze dell’ordine, le quali sono appoggiate dal “nostro” stato che le lascia impunite.

Negli ultimi 10 anni sono state 20 le morti dentro il carcere livornese, e 98 in tutta la nazione, alcune spacciate per suicidi, altre per morti naturali…ma la verità è che l’unica causa è attribuibile ad una divisa e ad un sistema carcerario che non può essere riformato ma solo abbattuto.

Ed ecco che questa è l’ennesima bugia da parte delle “nostre” forze dell’ordine, che come ci ricorda la storia, ad esempio con Giorgiana Masi, riescono a tenere il loro segreto…che non è altro che l’omicidio di una persona.

Oggi non siamo soltanto qui per pretendere la verità, ma per non rivivere ancora nel futuro queste stragi da parte delle forze dell’ordine né in una cella né in una piazza. Affinché l’omicidio di Yuri, non rimanga nel silenzio, affinché ogni carcere, luogo di omicidi, abusi sessuali e violenze…sia definitivamente macerie…

OGGI URLIAMO IL NOSTRO ODIO, IL NOSTRO RANCORE E IL NOSTRO DISPREZZO NEI CONFRONTI DELLO

STATO E DEI SUOI SERVI

Collettivo anarchico libertario. Livorno

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