Skip to content


Sosteniamo le lotte studentesche

SOSTENIAMO LE LOTTE STUDENTESCHE

A Livorno come in tutto il paese il movimento studentesco nato nelle scuole superiori sta portando nelle ultime settimane nelle piazze un nuovo protagonismo delle generazioni più giovani. L’opposizione all’alternanza scuola lavoro, ai tagli all’istruzione, al nuovo esame di stato, oltre al tema dell’edilizia scolastica che è esploso in questi due anni di pandemia, sono alcune delle questioni al centro delle lotte di questi giorni.

Manganellate a chi manifesta, divieti per i cortei, denunce, sgomberi violenti delle scuole occupate, minacce e ricatti. Le autorità – presidi o questori a seconda dei casi – hanno provato ad usare il pugno duro contro le proteste. Anche a Livorno non sono mancati i violenti tentativi repressivi delle istituzioni, per delegittimare, ridicolizzare e intimidire chi sta portando avanti questa lotta.

Per questo esprimiamo solidarietà verso lə studentə in lotta livornesi che si sono vistə negare la libertà di manifestare in piazza, hanno dovuto subire minacce di presidi e questore durante le occupazioni di queste settimane. L’apice di questo clima repressivo si è visto al liceo Enriques dove venerdì 11 si sono presentate le camionette del reparto mobile di Firenze per sgomberare la scuola occupata.

La prefettura, la questura, la provincia e il provveditorato, insieme ai dirigenti scolastici sono gli artefici di questo tentativo di reprimere il movimento studentesco. Sono gli unici responsabili di un clima di tensione nelle scuole che non si è mai visto in questa città negli ultimi decenni, almeno in modo così generalizzato.

Lə studentə in lotta hanno già dato una lezione a questi signori, non facendosi intimidire e proseguendo le iniziative di protesta.

La morte di Lorenzo Parrella e Giuseppe Lenoci nei tanti percorsi di formazione lavoro che incatenano le più giovani generazioni alla precarietà e allo sfruttamento già prima dei 18 anni, è il risultato dell’asservimento della scuola agli interessi delle aziende con le riforme degli ultimi 30 anni, sostenute da tutti i partiti che ora siedono in parlamento. È ora di dire basta alla scuola dello sfruttamento e dell’autoritarismo.

Le lotte studentesche di queste settimane danno indicazioni valide per tuttə: riprendiamoci tempi e spazi di libertà per confrontarci e creare legami solidali, blocchiamo la produzione, rovesciamo i divieti, organizziamoci per lottare e cambiare dal basso la società.

Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese
18/02/2022

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro, Repressione, Scuola/Università.

Tagged with , , , , , , , , , , , , .


Roberto Traverso “Kabuy”. Un ricordo.

pubblicato sul settimanale Umanità Nova n. 4 del 13 febbraio 2022

Roberto Traverso “Kabuy”. Un ricordo.

Venerdì 21 gennaio ci ha lasciato Roberto Traverso detto Kabuy, portatoci via all’età di 46 anni da un male devastante che in poco meno di due mesi lo ha condotto alla morte. Kabuy aveva iniziato a frequentare gli anarchici da giovanissimo, quando poco più che quattordicenne bazzicava i locali occupati dagli anarchici in via San Martino 108 (dove allora aveva sede anche la Biblioteca Franco Serantini) e non aveva mai più abbandonato le idee libertarie e l’attivismo politico e sociale, partecipando attivamente a tutti i movimenti di lotta e di liberazione che negli ultimi trent’anni hanno rischiarato l’infinita notte neoliberista.

Coi suoi capelli folti, lunghi e scompigliati, la barba da vichingo, i suoi occhi luminosi e il suo sorriso gentile e sempre un po’ sorpreso che lo facevano assomigliare a una qualche creatura del Piccolo Popolo, Kabuy c’era sempre. Alle manifestazioni, ai presidi, alle Critical Mass (dalle CM pisane a cui aveva partecipato sin dalla prima fatta nel 1999 alla Ciemmona romana di fine maggio che per lui era un appuntamento immancabile), al G8 di Genova, in Val Susa, a pulire alla fine dei free parties di Canapisa molto dopo l’alba (ai tempi in cui ai free parties di CAnapisa partecipavano più di 10mila persone e i free parties finivano a notte fonda) alle manifestazioni di Non Una Di Meno e a quelle di Fridays For Future.

Appartenente alla generazione che faceva le scuole superiori ai tempi dell’esplosione del movimento dei centri sociali, Kabuy aveva partecipato molto attivamente in particolare all’esperienza di Rebeldia, prima nelle sedi dell’Ex Etruria e di via Battisti in cui insieme ad altr* attivist* della CM pisana ha dato vita alla Ciclofficina (che tuttora continua al Circolo Anarchico di Vicolo Del Tidi) e poi nelle occupazioni dell’ex Colorificio e dell’ex Distretto Militare. Era stato poi uno degli occupanti del Galeone, insieme ad un gruppo di compagne e compagni dell’area del Garage Anarchico, fino allo sgombero nell’estate del 2019. Più recentemente, era entrato a far parte del Cantiere Sanbernardo insieme agli altri membri di Istanti Sonori, un’associazione di musicisti dediti all’improvvisazione più estrema che da alcuni anni organizza un appuntamento mensile a Sanbernardo e di cui era stato uno dei fondatori. Kabuy, infatti, era anche un talentuoso batterista: il piccolo metallaro che aveva iniziato a frequentare San Martino 108 si era trasformato in un cultore del free jazz e della musica sperimentale.

Era una persona che nella vita era stato segnato anche da tutta una serie di traversie che però aveva sempre saputo affrontare senza rassegnazione, in qualche modo sempre indomabile con uno spirito curioso e ribelle che non abbandonava neanche nei momenti più difficili. Tra di noi le chiamavamo poi Le Avventure del Kabuy, perché era una persona capace di una grande ironia in ogni circostanza.

L’ultima avventura, purtroppo, ora però è finita male e lunedì 24 si sono tenuti i funerali di Roberto in forma civile, che hanno visto la partecipazione di tantissime persone ritrovatesi a ricordare, a piangere e ad onorare un compagno buono, intelligente e generoso e che sono stati chiusi da una performance di Istanti Sonori e dal coro di Addio Lugano bella. Che la terra Ti sia lieve, fratello, compagno, amico!…

rb

Posted in Anarchismo, Generale.

Tagged with , , .


Africa occidentale: L’Italia fa la guerra coi golpisti

pubblicato sul n. 3 di Umanità Nova del 6 febbraio 2022

Africa occidentale: L’Italia fa la guerra coi golpisti

Il 24 gennaio c’è stato un colpo di stato militare in Burkina Faso. Si tratta del terzo colpo di stato militare in solo sette mesi nell’Africa occidentale. In Mali il 24 maggio 2021 una fazione dell’esercito ha deposto il governo militare instaurato solo pochi mesi prima, il 20 agosto 2020, con un altro colpo di stato. In Guinea il 5 settembre 2021 una sollevazione militare ha posto fine al potere del presidente Condé che stava avviando il suo terzo mandato consecutivo alla guida del paese.

Sono eventi molto gravi che non possono essere ignorati e devono essere anzi tenuti bene in conto nel considerare la situazione che ci troviamo di fronte in questo periodo di rilancio della lotta antimilitarista. Il nostro impegno infatti è almeno in larga parte concentrato sull’opposizione alle missioni italiane in quella regione. Innanzitutto alla partecipazione dell’Italia alla Task Force Takuba nel Sahel con l’invio di uomini e mezzi in un contesto di guerra vera proprio tra Mali, Burkina Faso e Niger, basti pensare che il 23 gennaio scorso la base operativa avanzata di Gao in Mali, dove si trovano anche alcuni militari italiani, è stata attaccata con colpi di mortaio ed un soldato francese è morto nel bombardamento. Ma anche alla missione bilaterale in Niger MISIN, che ha stabilito la prima base militare esclusivamente italiana nella regione. E infine alla missione aeronavale nel Golfo di Guinea. Sono queste le tre principali missioni – ve ne sono altre di portata minore e ruolo diverso – con cui lo stato italiano rilancia la propria proiezione militare all’estero, inasprendo il carattere imperialista, aggressivo e predatorio della propria politica estera.

Questi colpi di stato avvengono dunque in una regione in cui c’è una significativa presenza militare dell’Italia e in paesi con cui lo stato italiano sta proprio in questi anni costruendo nuovi rapporti. Basti pensare ai trattati stipulati dal 2017 con vari paesi dell’area come Niger, Ciad e Burkina Faso o all’apertura tra 2018 e 2020 di nuove ambasciate proprio in Niger, Burkina Faso e Guinea.

Sappiamo bene che lo scontro per l’influenza nella regione è di portata globale, il Sahel è uno dei luoghi dove le potenze combattono quello che chiamano il nuovo “scramble for Africa”, la Russia, la Cina, le monarchie del Golfo hanno ormai consolidato il loro intervento imperialista nell’area, con la Francia, gli stati europei e l’UE stessa, che cercano di rinnovare le forme del loro tradizionale dominio coloniale per non perdere le posizioni. Non è quindi facile capire se questa sequenza di colpi di stato sia opera di una o più potenze o se sia la risposta delle élite militari locali al contesto di guerra continua. Certamente però l’impegno militare dell’Italia nella regione non è stato messo minimamente in discussione dal governo italiano – almeno non pubblicamente – in seguito a questi gravi rivolgimenti politici, anzi il governo è intenzionato a incrementare il numero di militari assegnati alle missioni nel Sahel. Una prospettiva che non fa che gettare l’Italia nel vicolo cieco della guerra. Dopotutto ormai dal 2020 in Mali governano gli ufficiali golpisti ed è con questa dittatura militare che lo stato italiano – nel silenzio – collabora nella “lotta al terrorismo” e nella “gestione dei flussi migratori”. Premesse che potrebbero condurre ad orrori ben peggiori di quelli che si verificano in Libia. Dopo il colpo di stato in Burkina Faso, condannato solo dall’ECOWAS e dall’Unione Africana, tutto lascia pensare che la guerra dell’Italia nel Sahel continuerà, nel silenzio, al fianco di una nuova dittatura militare.

«Il Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione ha deciso di assumersi le proprie responsabilità» ha dichiarato in televisione il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba annunciando la deposizione di Kaboré, il presidente del Burkina Faso in carica dal 2015. La costituzione è stata sospesa, il governo e il parlamento sono stati sciolti e le frontiere sono state chiuse. La nuova giunta militare – affermano gli ufficiali – sarà solo un governo transitorio per garantire “sicurezza”, “unità nazionale” e una efficace “lotta al terrorismo jihadista”.

Le stesse parole si trovano nelle dichiarazioni pubbliche dei golpisti in Mali e in Guinea, ma la corrispondenza non è solo dovuta al fatto che le formule con cui si presenta il potere eccezionale siano più o meno ovunque le stesse. È chiaro che c’è un legame tra questi colpi di stato, che sono parte dei processi in corso nel più ampio contesto della regione.

Il colpo di stato a Ouagadougou ha suscitato una certa attenzione a livello internazionale imponendo a media, osservatori e analisti di dare una lettura a questa sequenza di sollevazioni militari.

Molti hanno sottolineato come nei tre paesi le giunte militari siano guidate da giovani ufficiali. Altri evidenziano il carattere “populista” di questi governi, con particolare riferimento a come in Guinea e in Burkina Faso gli ufficiali affermino di avere il mandato del popolo per deporre politici corrotti e generali irresoluti. E alcuni pongono attenzione a come queste iniziative dei militari abbiano saputo approfittare del malcontento sociale causato dalla crescente disoccupazione e povertà, dall’insofferenza nei confronti dei vertici politici e militari, dovuto non solo alla corruzione ma anche al protrarsi della guerra. Altri guardano alla partita che stanno giocando le potenze per il controllo delle risorse, dalla bauxite al litio, dalle terre rare all’uranio.

Tutte queste letture possono aiutare a comprendere quello che sta succedendo, ma nessuno pone al centro la questione delle missioni militari, della presenza di eserciti e mercenari da tutto il mondo in quei paesi. È chiaro che l’inserirsi di potenze estere nella guerra tra i governi centrali di questi stati e le truppe principalmente islamiste ma non solo che ne minacciano il potere, non ha fatto che estendere e rendere più violento questo conflitto anziché risolverlo. La guerra diviene un elemento strutturale, le necessità militari sono in costante aumento e le relazioni con l’estero, la cooperazione e gli aiuti internazionali si muovono in misura sempre maggiore sui canali della difesa e della sicurezza, in questo modo gli eserciti vedono crescere il proprio potere, assumono un ruolo sempre maggiore nella società. Mentre i governi civili vedono restringere la propria legittimità fino ad essere deposti. La strategia della Francia, condotta principalmente attraverso l’operazione Barkhane, è fallita ed era destinata a fallire perché l’inasprimento del conflitto che essa ha deteriminato, ha armato nuove forze, ha dato opportunità a nuove potenze di scendere in campo, ha dato all’esercito un potere immenso. Adesso non potrà che inasprirsi ulteriormente la situazione in questi paesi dal momento che sono gli eserciti al potere a trattare direttamente gli accordi militari, le forniture di armamenti, le forme di cooperazione nel settore della difesa.

Con falsa ingenuità alcuni esponenti del think tank italiano si chiedono come mai l’Italia, e soprattutto l’UE non intervengano per condannare queste forme di “accesso illegittimo al potere”, e preferiscano la tutela dell’ormai assoluto “interesse nazionale” a creare le prospettive di “buon governo” che sarebbero alla base della politica in Africa dell’UE. Ma proprio nel Sahel si sta mettendo in atto il primo vero intervento di “difesa comune” dell’Europa, in quei paesi si trova spiegato di fatto l’esercito europeo che sulla carta deve ancora vedere davvero la luce. L’Unione Europea che è accorsa in aiuto della Francia, ormai impantanata in questa guerra, ha quindi una responsabilità centrale in questo conflitto e quindi anche nei rivolgimenti autoritari in atto.

Probabilmente la soluzione delle giunte militari è l’unica possibilità per chi vuole continuare la guerra nel Sahel. La situazione sociale disastrosa, l’ostilità verso gli eserciti stranieri e soprattutto verso le truppe francesi, l’avversione nei confronti dei governi e dei presidenti ormai compromessi dalla collaborazione con la Francia e dalla corruzione potevano rischiare di rallentare il conflitto e i grandi affari da cui tutte le potenze, indipendentemente dagli schieramenti che sostengono, alla fine traggono profitto. La guerra è garantita. Non si fermerà da sola, sta a noi fermarla iniziando a pretendere il ritiro delle missioni militari italiane in Africa e nel Sahel.

Dario Antonelli

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Antirazzismo, Generale, Internazionale.

Tagged with , , , , , , , , , , .


Vecchio scarpone: Anche l’Italia partecipa all’escalation in Europa Orientale

pubblicato sul n. 3 di Umanità Nova del 6 febbraio 2022

Vecchio scarpone

Anche l’Italia partecipa all’escalation in Europa Orientale

Sono stato indeciso se rendere pubbliche o meno queste mie riflessioni sulla crisi in Ucraina, da una parte per non aggregarmi alla variopinta schiera degli estimatori di Putin, dall’altra per non sbilanciarmi in affrettate previsioni che possono essere sempre smentite dall’evoluzione degli avvenimenti.

La recente presa di posizione del presidente ucraino Zelensky lancia più di un’ombra sulla campagna allarmistica in atto negli USA e in Europa a proposito della minaccia di invasione russa. In una conferenza stampa con i media stranieri, il leader ucraino affermato che la minaccia di invasione russa non è più alta oggi che nel 2021, e non si vede un’escalation russa. La priorità per le autorità di Kiev è la stabilità interna e soprattutto la stabilizzazione dell’economia.

Il reportage sull’Ucraina pubblicato su “Avvenire”, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, del 30 gennaio si apre con le parole “il fronte orientale”. Al di là delle dichiarazioni ufficiali della gerarchia e del pacifismo a corrente alternata di “Avvenire”, la Chiesa si mostra una delle fonti che alimentano la tensione internazionale.

Il ruolo della Russia all’interno della politica internazionale è ben diverso da quello dell’URSS fino a più di trent’anni fa. E questo non solo per lo scompaginamento territoriale e per lo sgretolamento delle alleanze di cui l’Unione Sovietica era al centro. Ora Mosca è perfettamente integrata nel sistema di potere dell’imperialismo anglo-americano, dopo l’adesione al Fondo Monetario Internazionale e all’Organizzazione Mondiale del Commercio, organismi internazionali controllati da Washington. La successiva adesione della Cina a questi organismi ha segnato la fine del mercato mondiale, costituito da scambi basati sull’oro, divenuto mercato domestico USA costituito da scambi basati sul dollaro.

Lo spazio di autonomia della Russia è quindi più ristretto di quello della vecchia Unione Sovietica, se Putin si trova a svolgere il ruolo del “vilain” nel teatrino della politica estera USA è perché ha tutte le caratteristiche del personaggio e non solo perché i media occidentali lo dipingono così. I recenti allori conseguiti in Kazakistan, grazie ai massacri dei ribelli, il sostegno a dittatori a giro per il mondo, dalla Bielorussia, alla Siria, all’Egitto, il clima di dura repressione interna caratterizzano il regime personificato da Putin come marcatamente autoritario.

Perché allora gli USA hanno bisogno di alimentare il clima di guerra con la Russia?

È bene ricordare gli avvenimenti che hanno accompagnato l’elezione di Sleepy Joe alla presidenza degli Stati Uniti. La convalida del voto, all’indomani della scomposta manifestazione dei sostenitori dell’ex-presidente Trump, si è svolta in condizione di stato di emergenza proclamato dal sindaco di Washington per 15 giorni, con la sede del congresso circondata da contingenti della Guardia Nazionale della Virdinia, del Mariland e del Distretto di Columbia e con l’ombra del tradimento che aleggiava sugli oppositori del presidente eletto. L’insediamento di Biden, per cui si prevedevano nuove clamorose proteste, è stato preceduto da un pronunciamiento dello Stato Maggiore Congiunto, organo che riunisce i capi di stato maggiore di ciascun ramo delle forze armate USA e il capo dell’Ufficio della Guardia Nazionale, in cui i fatti del 6 gennaio erano condannati come insurrezione e sedizione, invitando inoltre i membri delle Forze Armate a sostenere e difendere la costituzione e il processo costituzionale (che aveva portato all’elezione Joe Biden nda); il 20 gennaio 2021, giorno dell’insediamento di Biden, erano schierati a Washington oltre 25 mila militari. La protezione dei militari ha quindi garantito il passaggio dei poteri fra l’amministrazione Trump e quella Biden.

Le ragioni di questo favore sono presto dette: il budget per la Difesa, preparato dall’amministrazione Trump per l’anno fiscale 2021, non prevedeva aumenti; il presidente Trump in persona ava posto il veto, il 20 dicembre 2020, sulla legge approvata dal Congresso che autorizzava le spese del Dipartimento della Difesa per il 2021, che aveva portato il budget dai 705 previsti dalla Casa Bianca a 740 miliardi di dollari. Il veto metteva in pericolo il pagamento dell’indennità di rischio delle truppe, i progetti di nuove costruzioni militari, quelli per la sicurezza informatica ecc.. Il primo Budget per la Difesa, approvato dal -congresso sotto l’amministrazione Biden, è stato definito come la più ampia autorizzazione di spesa nella styoria, dopo quello del 2011, che aveva visto il picco nell’impiego di truppe statunitensi in Iraq e in Afghanistan. L’importo di spesa passa da 740 a 768 miliardi di dollari.

L’aumento di spesa per oltre la metà va agli appaltatori, alle corporations del complesso militare-industriale, che si occupa di tutto, dalla logistica al lavoro d’ufficio, dall’intelligence alla sicurezza privata. Secondo Open Secrets, l’industria bellica ha speso quasi 100 milioni di dollari in attività di lobbyng per condizionare le scelte del Congresso. Non c’è da stupirsi, il complesso militare-industriale plasma Washington da oltre un secolo.

C’è inoltre da tener presente che il 2022 per gli USA è un importante anno elettorale: con le elezioni di mid-term, in cui vengono eletti la Camera dei rappresentanti e un terzo dei membri del Senato. Il partito democratico rischia di perdere il controllo di entrambi i rami del Congresso, con inevitabili ripercussioni per Joe Biden e la possibilità di portare avanti la sua politica. La Lockheed-Martin, una delle cinque più grandi compagnie statunitensi impegnate nell’industia bellica, ha impianti in ogni Stato: una politica di aumento delle spese militari, di aumento dei guadagni delle grandi compagnie si può quindi tradurre in consenso elettorale, non solo a livello centrale, ma anche nei singoli Stati che mandano i loro rappresentanti al Congresso.

Anche se gli esperti della sicurezza nazionale della Casa Bianca vedono nella Cina la minaccia più urgente, è comprensibile che Biden cerchi una vittoria, anche solo diplomatica, nei confronti di un osso che crede meno duro, che faccia dimenticare il pandemnio scatenato dalla ritirata in Afghanistan. D’altra parte l’elevarsi della tensione mediatica internazionale giustifica l’espansione delle basi militari Usa attorno al mondo, ed in Europa Orientale in particolare, soddisfacendo i famelici interessi dei militari e dell’industria delle armi.

Il settore dell’energia non va dimenticato. Gas e petrolio hanno avuto un ruolo fondamentale nel processomdi accumulazione capitalistico negli Stati Uniti a partire dalla fine del XIX secolo. Dal 2014 la produzione di gas e petrolio ha conosciuto una nuova espansione, dopo la crisi degli anni ‘70 del secolo scorso e la conseguente recessione. Nonostante le promesse elettorali, l’amministrazione Biden non ha alcuna intenzione di porre limiti all’espansione delle perforazioni, siano esse in terraferma o sui fondali marini. Oltre a questo il recente aumento del prezzo del petrolio ha rimesso sul mercato le costose tecnologie di produzione di petrolio e gas da scisto, il cosiddetto fracking. D’altra parte, proprio alla fine del 2021 la Commissione UE ha dato via libera a gas e nucleare come fonti utili per la transizione verde. Questa scelta potrebbe aprire un nuovo mercato per i combustibili fossili USA, ma al momento attuale rischia di legare ancora di più l’Unione Europea alla Russia, maggiore e più economico fornitore di gas, rendendo inutili gli investimento fatti nei rigassificatori, che permetterebbero di utilizzare il costoso GNL, gas naturale liquefatto, naturalmente made in USA.

Nell’attività diplomatica attorno all’attuale crisi ucraina è quindi entrato anche il gasdotto North Stream 2. Il nuovo gasdotto fornirà all’Unione Europea 55 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno. Corre parallelo al già esistente North Stream, e permetterebbe al gas russo di raggiungere l’Europa senza attraversare Polonia, Ucraina e Bielorussia; i rispettivi governi vengono quindi esclusi dai diritti di transito e nn possono sospendere il transito del gas per mettere pressione alla Russia e all’Unione Europea. L’amministrazione USA non è contenta che siano bypassati sia gli stati baltici, sia quelli del gruppo di Vysegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria) principale centro di pressione dell’imperialismo anglo-americano all’interno dell’Unine Europea.

La crisi ha pesanti contraccolpi all’interno dell’Unione Europea, oltre che nei singoli Stati che la compongono, ma non interrompe la marcia verso una struttura unificata di difesa, nell’ottica di costituire la terza gamba, oltre agli USA e al Regno Unito, della NATO.

L’Italia si conferma paese di punta dell’impegno militare europeo: come scrive “Il Fatto Quotidiano”, in un articolo del 25 gennaio, truppe italiane sono in Lettonia, con carri armati e cingolati da neve, nell’ambito della missione “Baltic Guardian” della NATO; nei pressi di Costanza (Romania) è presente una squadriglia di 4 caccia Typhoon nell’ambito della missione “Air Black Storm”; mentre nel Mar Nero sono presenti la fregata FREMM Margottini e il cacciamone Viareggio. Ad essi si aggiungerà la portaerei “Cavour” con gli F-35, nell’ambito delle ennesime manovre NATO che si svolgeranno nelle prossime settimane, assieme alla portaerei francese De Gaulle e alla statunitense Truman.

Questo spiegamento di forze è stato autorizzato con uno stanziamento di 78 milioni di euro, che sicuramente il governo dovrà incrementare. Non si può escludere che lo scostamento di bilancio di cui si sta discutendo serva proprio ad incrementare la presenza militare italiana nello scacchiere.

Le crescenti spese militari sono giustificate con la nostra sicurezza, ma nessuno dice che sicurezza è soprattutto educazione e sanità, reddito garantito per tutti, non la guerra fra le dune infuocate o nelle steppe gelate.

Anche se forse nessuno vuole realmente la guerra oggi, le continue dimostrazioni di forza, la corsa agli armamenti, la concorrenza commerciale continuano a gettare benzina sul fuoco della crisi internazionale.

Solo un fronte proletario internazionale può fermare la corsa verso la guerra, combattendo tutti gli imperialismi a partire dal proprio imperialismo.

Basta missioni militari all’estero!

Tiziano Antonelli

Posted in Anarchismo, Antimilitarismo, Generale.

Tagged with , , , , , , , .


La salute è un lusso per ricchi!

La salute è un lusso per ricchi!

I numeri della Pandemia non dicono quello che non è stato fatto per arginarli

L’attuale governo è in continuità con i precedenti: scellerate politiche di privatizzazione e di taglio del personale e delle infrastrutture ospedaliere. Infermieri, personale medico strutturato, assistenti sanitari hanno subito una riduzione numerica drastica. Chi è ancora in attività è costretto a turni massacranti. I posti letto sono calati del 30% tra il 2000 e il 2017. Era chiaro fin dal principio che il sistema sanitario non avrebbe mai potuto reggere il colpo. Eppure nulla è stato fatto per invertire la rotta. La logica che i governanti hanno seguito è stata sempre quella di salvaguardare la produzione e la circolazione di merci, assecondando le imprese e i loro interessi. In compenso sono stati più di 400.000 gli interventi chirurgici rimandati per impossibilità di tenere sotto osservazione pazienti in convalescenza postoperatoria. Tra questi, malati di tumore o con problemi cardio-vascolari, o altri divenuti inoperabili a causa dell’attesa prolungata. A questo si sono aggiunte cancellazione o sospensione di visite ed esami diagnostici. Numeri veramente impressionanti che si sommano alle mancate prestazioni sanitarie. Una diminuzione delle attività programmate dell’80%.
Ma salute non significa solo assenza di malattia, non è “solo” una domanda di posti letto in ospedale, di finanziamenti o di tamponi, ma riguarda anche le condizioni sociali e materiali delle persone nel loro complesso. La privatizzazione e la destrutturazione dei servizi territoriali, la riduzione dei consultori a ambulatori burocratici erogatori di servizi e non più spazi di ascolto, vicini a chiunque ne abbia bisogno, quartiere per quartiere sono problematiche già presenti prima della pandemia

La salute è sempre più un lusso per pochi

e soprattutto per ricchi

L’imposizione del green pass da parte del governo Draghi non ha mai avuto come obiettivo il contenimento del contagio. Si tratta di uno strumento di controllo da una parte e di distrazione sociale dall’altra, dal momento che il vaccino – misura sanitaria importante e necessaria – riduce la mortalità ma non è ad ora in grado di immunizzare totalmente.
La gestione criminale dell’emergenza pandemica, la scelta arbitraria di non garantire prevenzione e cura, preferendo investire ingenti somme di denaro nel comparto bellico, nelle grandi opere, nel sostegno alle imprese a discapito della spesa sociale, è sotto gli occhi di tutti.
Alla tutela della salute viene anteposta la logica del profitto a tutti i costi. “Produci, consuma, crepa” è il paradigma dominante.
Le nostre vite contano solo all’interno dell’ingranaggio del sistema statale e capitalista che ci vuole obbedienti e produttivi. È sempre più urgente innescare percorsi di solidarietà e lotta che sappiano sottrarre alle grinfie del controllo statale e della speculazione privata, i servizi necessari alla collettività. La costruzione di spazi di autogestione della vita e della salute, sono l’unica reale via d’uscita dall’incubo nel quale ci troviamo a vivere.

Le nostre vite valgono più dei loro profitti

Federazione Anarchica Livornese – FAI

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro, Nocività-Salute.

Tagged with , , , , , , , , , .


La scuola-azienda uccide Solidarietà allə studentə in lotta!

Student* in piazza stamani anche a Livorno
Manifestazione organizzata dal Collettivo Scuola di Carta dalle ore 9.30 in P del Municipio
Sostegno anche delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola, che stamani hanno scioperato in molti istituti scolastici, le porte del Liceo Enriques sono rimaste chiuse stamani per sciopero.

La scuola-azienda uccide
Solidarietà allə studentə in lotta!

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario esprimono piena solidarietà alle lotte studentesche e sostengono la proteste di chi lotta contro una scuola che riesce solo ad essere un luogo in cui la cultura è imposta a colpi di autorità, in cui si sprecano risorse per progetti e iniziative di stampo aziendalista, in cui si riproduce la divisione classista della società, in cui si propaganda la cultura della competizione e del servilismo. Ammassati in classi pollaio a scuola, sbattuti in alternanza fuori dalla scuola. Consegnati allo sfruttamento, addestrati alla precarietà, scaraventati spesso dall’alternanza scuola lavoro  n quelle medesime situazioni lavorative in cui ogni giorno muoiono 4 lavoratori. Per Lorenzo Parelli, 18 anni, studente di un corso di formazione professionale, è stato così. La storia dell’alternanza conta una lunga serie di “incidenti”: studenti che precipitano da cestelli elevatori, travolti da strutture di ferro, che riportano amputazioni e lesioni per crolli o cedimenti di strutture meccaniche. Una sequenza di incidenti non casuali, dovuti alla mancanza di sicurezza dettata dalla ricerca del profitto che non risparmia nessuno,  nemmeno uno studente che in quel momento dovrebbe stare da tutt’altra parte, non certo a lavorare gratis in situazione di estremo sfruttamento e di pericolo. Eppure fino ad ora il modello di alternanza scuola lavoro non è stato seriamente riconsiderato. Oggi gli studenti mettono sotto accusa il sistema dell’ alternanza scuola lavoro e il modello di scuola in cui si trovano a studiare. Allo stesso tempo vengono messi al centro i problemi strutturali, la speculazione edilizia che mantiene le scuole in condizioni fatiscenti e degradate, talvolta anche nocive, se si pensa ad esempio a tutte le scuole in cui ancora è presente amianto. Niente risorse per le reali necessità della scuola, nemmeno in periodo di pandemia. Così come non ci sono risorse per la sanità. Scuola e sanità pubblica affossate, a fronte di foraggiamenti del settore privato e di risorse sempre più ingenti per il settore militare, l’unico che vergognosamente non conosce crisi.
Da mesi in molte scuole di varie città italiane si stanno svolgendo occupazioni e proteste studentesche contro un modello di scuola fallimentare. Proteste che testimoniano un malcontento e una voglia di ribellione espressa anche dal mondo del lavoro, più o meno formale, animato da scioperi, picchetti, assemblee contro licenziamenti e sfruttamento; proteste espresse anche da  fasce popolari e da ampi settori sociali contro sfratti, carovita e caro bollette. La gestione securitaria dell’emergenza sanitaria, la medesima che vieta manifestazioni a lavoratori e studenti, la medesima che aziona i manganelli di solerti funzionari contro studenti, come è successo a Roma domenica scorsa, non riesce a sopire il malcontento e l’opposizione sociale. Sosteniamo queste mobilitazioni, diamo forza alle proteste, uniamo le lotte presenti nella scuola nel mondo del lavoro e nei contesti sociali.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

Posted in General.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , .


Manifestazione 29 gennaio: Solidarietà ai lavoratori MT

Solidarietà ai lavoratori MT
Basta sfruttamento, prendiamo in mano le nostre vite!

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario parteciperanno alla manifestazione di sabato 29 indetta in solidarietà con i lavoratori MT dell’appalto Bertani, a fianco di tuttə quellə che combattono quotidianamente nei posti di lavoro contro l’arroganza dei padroni e delle istituzioni.
La responsabilità della crisi occupazionale che attraversa oggi l’Italia è in primo luogo delle scelte del governo Draghi, che ha deciso prematuramente di sospendere il blocco dei licenziamenti, appoggiato dai dai sindacati collaborazionisti.
Al di là delle cause contingenti delle singole crisi aziendali, l’attuale fase produttiva si caratterizza per una costante diminuzione della richiesta di forza lavoro.
Questa trasformazione strutturale ha un impatto inevitabile sull’occupazione e sul reddito dei ceti popolari. Siamo convinti che sia possibile trasformare questo fenomeno da una minaccia in una opportunità, a condizione che nasca un movimento operaio autonomo e organizzato, un movimento di lotta per la riduzione del tempo di lavoro a partire dalla abbassamento dell’età pensionabile, un movimento di lotta per il reddito a partire dal reddito garantito per tuttə.
E noi ci si venga a dire che non ci sono soldi: basta mettere fine alle infinite regalie (finanziamenti, crediti di imposta, tariffe agevolate, rimborsi e chi più ne ha più ne metta) a favore di attività commerciali ormai fallite, piccole e grandi, industriali, agricole, finanziarie. Non sono le singole aziende ad essere fallite, è il modo di produzione capitalistico ad aver fatto bancarotta.
Spetta alle lavoratrici e ai lavoratori organizzati riprendere in mano la propria vita.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , .


Solidarietà senza frontiere! Striscioni al consolato francese e ai 4 mori

DALLA MANICA AL MEDITERRANEO

BASTA SGOMBERI E VIOLENZE DEI GOVERNI!

SOLIDARIETÀ ALLE PERSONE MIGRANTI!

BASTA MORTI NEI CPR, CHIUDERE I NUOVI LAGER!

LIBERTÀ PER EMILIO!

Ci uniamo alle iniziative di solidarietà e di lotta contro le frontiere che in questi giorni si tengono in tutto il mondo. Come ogni anno la giornata del 18 dicembre mostra come solo l’azione diretta, il mutuo appoggio, la solidarietà possano spezzare la catena di violenza, sfruttamento e oppressione che schiaccia le vite di milioni di persone migranti nel mondo. Non possono certo farlo le Convenzioni delle Nazioni Unite che restano lettera morta per oltre 30 anni, non possono essere gli Stati che – come l’Italia – neanche firmano queste convenzioni, e che sono responsabili ogni anno della morte, della deportazione e dell’internamento di migliaia di persone. In questi giorni, come sempre, siamo con chi nel mondo grida “Libertà di movimento per tutt*!”, “Nessun* è illegale!”

Solidarietà con chi è costretto dalle politiche razziste e autoritarie dei governi a compiere viaggi pericolosi per attraversare un confine. Solidarietà a chi è internato nei centri di detenzione per senza documenti, con chi è costretto a vivere nell’isolamento, nell’emarginazione a causa delle violenze e dei ricatti delle forze di polizia, del razzismo di stato, dello sfruttamento selvaggio sul lavoro, delle politiche di separazione sociale. Solidarietà a chi lotta per la libertà da Lampedusa a Calais in Francia, da Melilla in Spagna a Byalistok in Polonia!

Chiudere i CPR, i centri di permanenza per il rimpatrio in cui in Italia vengono rinchiusi coloro che non hanno i documenti in regola, è sempre più urgente. Il 28 novembre Wissem Ben Abdellatif, 26 anni, tunisino, è morto in contenzione psichiatrica, legato, all’ospedale San Camillo di Roma. Era rinchiuso nel CPR di Ponte Galeria, dove era stato inserito in un percorso psichiatrico da cui non è uscito vivo. Domenica 5 dicembre, R., del Marocco è morto mentre era rinchiuso nel CPR di Gradisca d’Isonzo. Il governo vuole aprire nuovi CPR, rilanciamo la lotta per chiudere ovunque tutti i nuovi lager!

A Calais, sulla Manica, la repressione del governo contro le persone migranti che cercano di attraversare il mare per raggiungere l’Inghilterra è sempre più violenta, sgomberi quotidiani delle tendopoli nei boschi, distruzione e sequestro illegale delle tende e degli averi di chi vive negli insediamenti. Droni, sensori di calore, filo spinato, pallottole di gomma, gas e cani. Queste sono solo alcune delle armi che la Francia usa per fare la guerra alla popolazione migrante. Lo scorso 27 novembre sono morte 27 persone in mare, a poche centinaia di chilometri da Londra e Parigi, dove i governi stanno trattando come meglio trarre profitto dalla Brexit, in un gioco di potere tra gli stati fatto sulla pelle delle persone. Solidarietà con tutte le persone migranti, e con tutti coloro che lottano contro le frontiere sulle coste della Manica!

La solidarietà è lo strumento più forte che abbiamo, soprattutto davanti alla collaborazione tra i governi nelle politiche razziste e repressive. Il 26 novembre a Roma è stato firmato da Macron e Draghi il nuovo Trattato d’amicizia tra Italia e Francia. È un trattato di amicizia tra i governi per portare insieme la guerra in Mali e in Libia, per far fare più grassi profitti alla grande industria, per militarizzare la società con il servizio universale obbligatorio per i giovani, per chiudere ancora di più i confini, per cooperare sempre di più nella repressione dei movimenti di lotta. Gli stati europei, al di là delle divergenze politiche, collaborano strettamente nella repressione. La vicenda di Emilio è emblematica. Storico militante NO TAV della Val di Susa, vicino al confine con la Francia, è stato estradato in Francia in conseguenza di un Mandato d’Arresto Europeo emesso dalla magistratura di Gap accusato ingiustamente di aver aggredito un gendarme francese lo scorso maggio durante una manifestazione No border a Clavière. Emilio è chiuso nel carcere di Aix Luynes per la sua attvità di solidarietà. Libertà per Emilio!

Collettivo Anarchico Libertario collettivoanarchico@hotmail.it // collettivoanarchico.noblogs.org

Federazione Anarchica Livornese cdcfedanaarchicalivornese@virgilio.it // federazioneanarchica.org

 

Posted in Anarchismo, Antirazzismo, Generale, Iniziative, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , .


Contro tutti i confini! Sosteniamo i no borders in Polonia!

Contro tutti i confini
Solleviamoci in solidarietà!
Sosteniamo i no borders in Polonia!
Come Federazione Anarchica Livornese e Collettivo Anarchico Libertario rispondiamo all’appello alla solidarietà internazionalista lanciato dal No Borders Team attivo sul confine tra Polonia e Bielorussia in solidarietà concreta con coloro che cercando di passare il confine sono schiacciati dalle politiche assassine dell’Unione Europea, dei governi polacco e bielorusso. Abbattiamo le frontiere! Nostra patria è il mondo intero!
Di seguito l’appello:
Il movimento no borders in Polonia fa appello per una settimana di azioni di solidarietà dal 6 al 13 dicembre, invitando le realtà che lottano per un mondo senza frontiere a dar vita a iniziative coordinate. Di seguito l’appello del No Borders Team sostenuto anche dalla Federazione Anarchica Polacca.
APPELLO ALLE AZIONI DI SOLIDARIETÀ
dal 6 al 13 dicembre
Da diversi mesi stiamo assistendo a un gioco politico tra Unione Europea, Russia, Polonia e Bielorussia. Come spesso è già avvenuto negli scorsi anni, le persone private delle loro case e in cerca di una vita migliore, sono diventate strumento delle autorità statali.
Trattate come strumenti in questo conflitto, ne sopportano i costi diretti. Muoiono alla frontiera, vengono torturate, picchiate, violentate e abusate in ogni modo possibile. La situazione in cui si trovano è il risultato diretto della politica anti-immigrazione dell’Unione Europea, che viene usata senza scrupoli dal regime di Lukashenka.
Come movimento no borders in Polonia, vogliamo invitare ad attività coordinate tutti i gruppi in Europa che condividono l’idea di un mondo senza frontiere.
Vogliamo fare pressione sulle autorità della Polonia e dell’Unione Europea ed esprimere solidarietà a tutte le persone in viaggio. La decisione sulla forma da dare alle vostre azioni, la lasciamo prendere a voi. Manifestazioni davanti alle ambasciate e ai consolati polacchi, accensione di candele, campagne di graffiti, striscioni, feste di solidarietà, benefit, incontri e tutte le altre attività, dovrebbero diventare parte della nostra opposizione alla militarizzazione delle frontiere e alla restrizione del diritto di movimento.
Anche se stiamo agendo contro una grande macchina che ha soldati, polizia, tribunali e media al suo servizio, crediamo che grazie alla solidarietà transnazionale saremo in grado di opporci efficacemente a questo sistema.
Settimana di azioni dal 6 al 13 dicembre 2021
Se hai domande, suggerimenti, idee o vuoi contattarci,
scrivi a: no_borders_team@riseup.net
No Borders Team (Polonia)

Posted in Anarchismo, Antirazzismo, Generale, Iniziative, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , .


NO DRAGHI DAY!

f

Mobilitiamoci per mandare a casa il governo della guerra, della pandemia, della miseria, della disoccupazione

4 dicembre: no Draghi day

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario appoggiano la mobilitazione del sindacalismo di base e conflittuale contro il governo Draghi, per questo partecipano e invitano a partecipare al presidio organizzato a Livorno dai sindacati di base e conflittuali il 2 dicembre in Piazza Grande alle ore 17.

La legge di bilancio che il governo ha inviato al Parlamento prevede tagli solo per i ceti popolari, dalle pensioni al reddito di cittadinanza, a vantaggio dei finanziamenti alle imprese.

L’assegno unico per i figli a carico è uno squallido bluff, che riduce i contributi per famiglie fino a due figli a carico, che sono la maggioranza.

Il taglio dell’IRPEF va a vantaggio dei redditi medio-alti; per i senza reddito e per gli incapienti, cioè per chi ha un reddito tanto basso da non poter beneficiare delle detrazioni, non avranno niente.

Le spese militari continuano ad aumentare, ben più dell’inflazione e dell’aumento del Prodotto Interno Lordo, trainate anche dalle missioni militari all’estero. Le misure che potrebbero colpire i ceti privilegiati e la gerarchia clericale, come la patrimoniale o il nuovo catasto, sono riposte nel cassetto.

La ripresa economica, di cui il governo si vanta, è costruita sui sacrifici delle classi sfruttate. Il numero delle per sone in povertà assoluta è cresciuto da 4 milioni a 5 milioni e 600 mila nel 2020, mentre la disoccupazione resterà alta per tutto il 2022, secondo il Centro Studi Confindustria. I nuovi contratti di lavoro non fanno che aumentare le varie forme di precariato. Aumentano gli incidenti sul lavoro, gli omicidi bianchi aumentano del 41% nello stesso periodo dell’anno precedente. La sicurezza reale viene completamente ignorata, mentre il governo spacia per sicurezza quella che è invece una gestione autoritaria e poco efficace dell’emergenza sanitaria

La giornata del 4 dicembre è un’ulteriore tappa del percorso unitario intrapreso dal sindacalismo di base e conflittuale, che ha già visto il successo dello sciopero generale dell’11 ottobre. Questo percorso si interseca con la mobilitazione antimilitarista che ha avuto un importante appuntamento il 20 novembre a Torino, con la manifestazione contro il Defense and Aerospace Meetings. La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario sostengono queste iniziative di lotta e auspicano che il sindacalismo di base e conflittuale possa costruire ulteriori scadenze di sciopero per contrastare gli effetti della legge di bilancio.

Federazione Anarchica Livornese

federazioneanarchica.org

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico.noblogs.org

collettivoanarchico@hotmail.it

Posted in Anarchismo, Generale, Iniziative, Lavoro.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , .