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VIA DALLA LIBIA! VIA DALL’AFRICA!

VIA DALLA LIBIA!
VIA DALL’AFRICA!
La Camera dei Deputati ha approvato il rifinanziamento delle missioni militari all’estero con solo due contrari e due astenuti. Fra le missioni finanziate c’è la cooperazione con la cosiddetta guardia costiera libica, per la caccia a chi si mette in mare verso le coste meridionali dell’Europa: la maggioranza perso una trentina di voti, ma la missione è stata approvata, senza curarsi della condanna delle Nazioni Unite.
In realtà la Libia è solo la ciliegina sulla torta una torta fatta da ben 17 missioni militari in Africa, fra cui l’operazione Takuba, nel Sahel, in sostegno alla Francia, impegnata in quei paesi da anni con la missione Barkhane, missione che ha già provocato molte vittime civili. Le operazioni militari in Africa sono la manifestazione dell’imperialismo italiano in quel continente: il governo Draghi parla esplicitamente di Mediterraneo allargato, riferendosi a uno spazio geografico di forma grosso modo triangolare che ha i propri vertici nella Libia a nord, nel Golfo di Guinea a ovest e nel Corno d’Africa ad est. Questo triangolo definisce l’area in cui si sviluppano le operazioni militari italiane, gli obiettivi delle quali sono sostenere la ricerca l’approvvigionamento di materie prime da parte delle multinazionali come l’ENI, mettere in mostra i prodotti militari italiani per trovare nuovi acquirenti, svolgere un controllo capillare dei confini per gestire i flussi migratori.
Le 40 missioni militari all’estero, tante sono quelle approvate dalla Camera, si incardinano profondamente nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: il comunicato stampa del ministero della Difesa, dopo che il Governo aveva dato il via libera alle missioni, ribadisce il ruolo delle Forze Armate quale contributo e stimolo essenziale alla crescita del “sistema Paese”. D’altra parte le Forze Armate saranno fra le principali beneficiarie dei fondi del PNRR, sia attraverso l’innovazione digitale, sia attraverso la transizione ecologica.
È ora di dar vita ad una mobilitazione unitaria e di massa contro il militarismo e l’imperialismo italiano, per il ritiro immediato di tutte le missioni militari italiane in Africa, per una politica di pace e di collaborazione con i popoli, non con i governi e con le multinazionali.
Ritiro immediato di tutte le missioni di guerra!
Basta con l’imperialismo italiano!
Solidarietà internazionalista con i popoli in lotta per la propria emancipazione!
FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE

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La solidarietà abbatte i muri! Lesvos, Atene e le rotte del mediterraneo

La solidarietà abbatte i muri!
Lesvos, Atene e le rotte del mediterraneo
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Giovedì 22 luglio
Presso la Federazione Anarchica Livornese
Nel giardino di Via degli asili 33-35, Livorno
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Dalle ore 18.30 dibattito con Giacomo Sini e Dario Antonelli, che hanno recentemente svolto un reportage tra Atene e Lesvos
Saranno proiettate le foto del reportage
A seguire dalle 20.30 aperitivo e musica
Il ricavato della serata sarà destinato a progetti di solidarietà
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L’isola prigione di Lesvos è diventata negli anni simbolo delle politiche assassine degli stati europei contro i rifugiati che attraversano le frontiere dell’Europa. Intanto la UE annuncia nuovi accordi con la Turchia che riceverà altri miliardi per trattenere i rifugiati sul proprio territorio. Intanto aumentano i respingimenti nell’Egeo e dalle isole ad Atene si innalzano nuovi muri e si creano nuovi campi di internamento.
In Grecia, come lungo tutta la rotta balcanica, è la solidarietà concreta che può eliminare muri lager e confini.
Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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Processo “Prefettura”. Vendetta è fatta! Rilanciamo la solidarietà!

Processo “Prefettura”. Vendetta è fatta! Rilanciamo la solidarietà!

Sono passati quasi 9 anni da quando il 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012 la città di Livorno visse tre giorni di vera e propria “follia”.

Tre giorni di provocazioni e violente cariche da parte della Polizia in assetto antisommossa con diversi feriti.

Tutto iniziò da una semplice contestazione pacifica durante un comizio del Partito Democratico alla stazione marittima il 30 novembre. In quell’occasione ci furono diverse cariche a freddo contro i manifestanti.

Il giorno successivo, 1 dicembre, manifestando con un presidio itinerante nel centro della città, varie realtà politiche sociali e sindacali denunciarono le cariche della sera prima, con interventi al megafono. Al termine del presidio, proprio mentre al megafono veniva annunciata la conclusione della manifestazione, i funzionari della questura fecero schierare polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Dopo aver minacciato i manifestanti venne ordinata senza alcun preavviso una carica illegittima e indiscriminata che attraversò metà piazza, colpendo ripetutamente anche con le radio tutte le persone che si trovavano là, una violenza in cui si trovarono coinvolte anche passanti e persone che si erano fermate ad ascoltare gli interventi. Questa grave prepotenza della polizia, in una delle principali piazza del centro, nel pieno del passeggio del sabato, provocò fin da subito una grande indignazione in città. E molte persone già dopo la carica si fermarono per esprimere il proprio sostegno ai manifestanti.

Per il giorno successivo, domenica 2 dicembre fu immediatamente convocata una manifestazione contro la violenza della polizia. Una grande manifestazione di massa fu la risposta della città e impedì il susseguirsi di altre violenze. Una manifestazione che dimostrò, ancora una volta, come questa città non sia disposta ad accettare le prepotenze di chi vuole impedire con la violenza la libertà di espressione e di manifestazione, di chi in quella occasione fece di tutto per provocare disordini così come durante il cosiddetto “assalto alla Prefettura”

Per quei fatti oltre 20 attivisti e attiviste andarono a processo. Individuati “chirurgicamente” tra gli appartenenti a strutture politiche e sindacali e accusati anche di responsabilità morale.

A distanza di 9 anni si sono conclusi i tre gradi di giudizio e le condanne sono diventate definitive. La stessa giustizia che assolve gli assassini della strage di Viareggio così come i responsabili di centinaia di omicidi sul lavoro ma che non ha scrupoli a colpire attivisti*e sindacalist* da anni impegnati in lotte sociali a fianco di migliaia di cittadini e lavoratori in difficoltà. Alcuni di loro giovanissimi all’epoca dei fatti.

Le condanne comminate sono molto pesanti. La Cassazione, confermando una prassi ormai consolidata in questi e in altri casi, ha deciso di considerare inammissibile in ricorso presentato dagli avvocati. Tutto ciò nonostante vi fossero gravi irregolarità procedurali nella sentenza di appello. 5 attivisti rischiano materialmente il carcere nei prossimi mesi. Tra risarcimenti e ammende in 20 dovranno pagare quasi centomila euro. Ad uno degli imputati è già stato notificato il pignoramento della prima casa.
Consideriamo questa sentenza un fatto gravissimo. Una sentenza politica per punire chi ha affermato la libertà di manifestazione. Una vendetta inutile, che  non è riuscita a bloccare le lotte sociali e il radicamento nel tessuto cittadino di chi con la propria attività ha costruito e continua a costruire una reale opposizione sociale, a fianco di tutte le lavoratrici, i lavoratori,i  soggetti in difficoltà, contro la marginalizzazione e lo sfruttamento, contro il saccheggio del territorio. Proprio per sostenere questo impegno costante, che non si è mai fermato né con la repressione né
con la pandemia, c’è bisogno di solidarietà. Per questo chiediamo di sostenere anche economicamente, oltre che politicamente, le compagne e i compagni colpiti dalla repressione attraverso un contributo di sostegno alle ingenti spese legali.
Perché ora come allora: Livorno non si piega!

Oppure tramite bonifico:
IBAN- IT67J0308301610000000018331
N.Conto-
00018331
Intestatario-
CANESSA GABRIELE
Banca-

UBI Banca Private Investment

 

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Soluzioni immediate per l’edilizia scolastica

Soluzioni immediate per l’edilizia scolastica

La Federazione Anarchica Livornese esprime il proprio sostegno alla lotta di student* e lavorator* del Liceo Enriques che giustamente pretendono soluzioni adeguate e sicure per risolvere il problema della mancanza di aule. La protesta in atto contro la nuova succursale in Via Filzi porta di nuovo alla luce le gravi mancanze dell’edilizia scolastica in città, di cui il Liceo Enriques è solo l’esempio attualmente più eclatante, mostra le responsabilità delle amministrazioni provinciale e comunale che, garantendo gli interessi della rendita e dei proprietari, non solo non provvedono a proporre nuovi spazi adeguati, ma negli ultimi decenni hanno eroso il patrimonio di edilizia scolastica esistente. Questo quadro locale si inserisce in una situazione disastrosa a livello nazionale, che la pandemia ha solo reso più evidente. Sosteniamo la lotta di student* e lavorator* del Liceo Enriques, perché sia trovata una soluzione idonea al problema delle aule, sosteniamo una ripresa della mobilitazione nelle scuole nei prossimi mesi, perché possano avere direttamente voce in capitolo coloro che a scuola studiano e lavorano.

Federazione Anarchica Livornese

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STRAGE DI LAVORATOR* SFRUTTAT*. BASTA.

STRAGE DI LAVORATOR* SFRUTTAT*. BASTA.

Appena pochi giorni fa, nel tardo pomeriggio del 24 giugno, a Tuturano, nella piana del brindisino Camara Fantamadi, un operaio agricolo maliano di 27 anni è stato stroncato da un malore. Immediatamente i media hanno parlato di un malore dovuto al caldo insostenibile di quei giorni e, in generale dell’estate in questa zona del Mediterraneo. Sappiamo che è una mezza verità. Camara è morto di sfruttamento. Si è accasciato alla fine di un turno ininterrotto di 4 ore sotto un sole cocente, in una frazione che raggiungeva in bicicletta da La Rosa di Brindisi, dove era ospite dal fratello.
All’indomani della sua morte, il Comune di Nardò ha rinnovato la già esistente ordinanza, che vieta il lavoro agricolo nelle ore più calde (dalle 12:30 alle 16) e molte realtà sindacali di base stanno facendo campagne affinché questa misura preventiva sia estesa anche alle altre zone dove si raggiungono temperature che mettono a repentaglio la salute e la vita.
Sono misure di contenimento minime, ma non sufficienti a risolvere una situazione di sfruttamento generalizzato e capillare.
Questo perché questi provvedimenti vanno a aggiungersi alla già esistente legge sul caporalato, criticata già dalle stesse organizzazioni sindacali e di braccianti, sappiamo benissimo quindi che esistono ampie zone di lavoro del tutto sottratte alla possibilità di contrattualizzazione in chiaro. Nessun lavorator* sfruttat* attraverso questi canali avrà mai la possibilità di avvalersi di questi strumenti senza incorrere nel licenziamento o, peggio, in pesanti ritorsioni.
Non è un problema circoscritto solo al sud dell’Italia, ma riguarda tutto il suolo nazionale; anche nelle toscane Val di Cornia e Chianti senese, emersero situazioni di sfruttamento e caporalato, già riconosciute e condannate dalla magistratura negli ultimi anni.
Un report del ragusano e numerose interviste ai lavorator* di quelle zone raccontano di giornate lavorative che superano le 10-12 ore al minimo sindacale di appena 6€/h, di pause troppo corte, un paio d’ore tra le 12:00 e le 14:00, di temperature sopra i 40°C, che nelle serre raggiungono i 50°C, di abbassamenti di pressione e svenimenti frequenti senza che venga dato il tempo necessario di recuperare.
Inoltre i presidi sanitari sono lontani dai luoghi di lavoro e non facilmente raggiungibili, si lavora un zone dove l’approvvigionamento idrico è scarso e spesso malsano, i braccianti sono costrett* a bere acqua dei pozzi inquinati e spesso incorrono in infezioni batteriche con il risultato che si disidratano ulteriormente.
Molte delle condizioni sopraelencate mettono un* lavorator* a rischio anche in un orario diverso.
A tutto questo solo la mobilitazione diretta e il protagonismo di questi lavorator* sfruttat* che negli ultimi anni è sempre più forte può dare delle risposte e delle soluzioni, fermare la strage che sta avvenendo quotidianamente sui luoghi di lavoro – ricordiamo anche Antonio Valente, 35 anni, morto in quei giorni a Galatina mentre distribuiva volantini sotto il sole – e mettere fine allo sfruttamento.

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

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Padroni assassini! Siamo tutt* Adil! Basta sfruttamento!

“Padroni assassini! Siamo tutt* Adil! Basta sfruttamento!”
Nel tardo pomeriggio del 20 giugno abbiamo affisso questo striscione di fronte al supermercato Lidl di Via Ippolito Nievo per esprimere solidarietà alle compagne e ai compagni di Adil Belakhdim, coordinatore SI Cobas di Novara ucciso il 18 giungo mentre partecipava al picchetto davanti ai magazzini Lidl di Biandrate, nella giornata di sciopero nazionale della logistica.
Dal Novarese al lodigiano fino a Prato la violenza padronale contro gli scioperanti si inasprisce.
Adil non è morto per caso, è stato investito da un camion che ha tentato di forzare il picchetto degli scioperanti.
Adil vive! Basta sfruttamento! Continuiamo a lottare!

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Primo antifascismo – “La battaglia di Livorno” – presentazione libro e aperitivo

LA BATTAGLIA DI LIVORNO

Cronache e protagonisti del primo antifascismo (1920-1923)

di Marco Rossi

BFS Edizioni 2021

Venerdì 25 giugno

presso la Federazione Anarchica Livornese

in Via degli Asili 33

ore 18 presentazione del libro con l’autore

ore 20:30 aperitivo

L’iniziativa si terrà nel giardino di Via degli Asili 35-33

La storia del primo antifascismo è la storia della lotta contro la reazione monarchica e padronale alla prospettiva rivoluzionaria che il movimento operaio stava rendendo concreta in Italia e in Europa negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale.

Anche a Livorno questa lotta venne condotta giorno per giorno contro le squadracce “tricolorate”, specie nei quartieri popolari e sovversivi, da donne e uomini pronte a combattere per la libertà.

Negli ultimi anni con varie iniziative abbiamo cercato di sviluppare conoscenza, confronto e memoria su quelle vicende e sul ruolo svolto dal movimento anarchico in quel contesto. Nel centenario della nascita degli Arditi del popolo nel 1921, presentiamo il nuovo libro di Marco Rossi, ricercatore che si è occupato del periodo intorno al primo conflitto mondiale, in particolare di antimilitarismo, arditismo e antifascismo, sia a livello nazionale sia nella città di Livorno.

Federazione Anarchica Livornese

federazioneanarchica.org

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico.noblogs.org

collettivoanarchico@hotmail.it

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Dal sito dell’editore, quarta di copertina e indice

https://www.bfs.it/edizioni/libro.php?id=242

Marco ROSSI

LA BATTAGLIA DI LIVORNO

Cronache e protagonisti del primo antifascismo (1920-1923)

Fra il 1920 e il 1923 anche le strade di Livorno videro l’inizio di una lunga guerra civile in cui le differenze ideali tra quanti si affrontarono furono nette e l’ostilità profonda, anticipando quella combattuta un ventennio dopo.

Negli anni precedenti la Marcia su Roma e l’avvento del regime, il fascismo livornese incontrò infatti nei quartieri popolari una decisa opposizione, così come emerge dall’impressionante cronologia dei conflitti in quegli anni.

Oltre a quella degli Arditi del popolo, fu una quotidiana resistenza di uomini e donne, nel segno dell’appartenenza di classe e dello storico sovversivismo, disposte ad impugnare le armi per contrastare lo squadrismo “tricolorato” e la reazione padronale, in difesa delle libertà sociali.

Soltanto nell’agosto 1922, grazie all’intervento dell’esercito e con lo stato d’assedio disposto dal governo, i fascisti e i nazionalisti poterono imporre le dimissioni del sindaco Mondolfi e dell’amministrazione “rossa”, democraticamente eletta.

Il marchese Dino Perrone Compagni che assieme a Costanzo Ciano aveva guidato le squadre fasciste toscane, seminando morte e devastazione, inviò un telegramma al segretario nazionale del Partito fascista per comunicare la “caduta” di Livorno, ammettendo che: «Fra le mie battaglie questa più faticosa».

Indice

7 Per una storia in atto

9 «Ribelle sempre a tirannia»

19 «La nazional canaglia all’opera»

25 «Ostile la città»

31 «La piccola Russia»

39 «Ma nei sobborghi non potete andare»

49 «Vi sono gli arditi»

57 «Armati di ferro e di vendetta»

67 «Con le armi alle armi»

73 «Carne della nostra carne»

79 «In stato d’assedio»

97 «Son l’armata dei diseredati»

107 Cronache della guerra civile

155 Principali organizzazioni sindacali e politiche

157 Sigle utilizzate

Appendice

159 1. Una proposta: Arditi rossi

160 2. La rivolta del maggio 1920

164 3. Ipotesi su una bandiera

167 Indice dei nomi

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STOP TAKUBA! Assemblea dibattito antimilitarista

STOP TAKUBA!

Assemblea dibattito antimilitarista

Venerdì 11 giugno

h 18 presso la FAL

in Via degli Asili 33

Fermiamo le spese militari, fermiamo le missioni militari all’estero.

Via subito le truppe e le navi dall’Africa.

La missione Takuba è un’operazione militare a cui partecipano vari stati europei, fra cui anche l’Italia, in appoggio alla Francia che si è impantanata, con l’operazione Barkhane, in una guerra nei paesi del Sahel (Mauritania, Niger, Ciad, Burkina Faso e Mali). La presenza militare francese, ora europea, contribuisce a mantenere lo stato di guerra in quei paesi, ne accresce la miseria, rafforza il ruolo degli eserciti e delle formazioni armate, anche di ispirazione religiosa, costringendo gli abitanti ad emigrare.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), voluto dal governo Draghi e sostenuto da tutte le forze politiche, non porterà benefici ai comuni cittadini, agli sfruttati, ai disoccupati, ai pensionati.

Uno dei settori che si avvantaggerà sarà il comparto militare industriale. Nel 2021 la spesa dello stato italiano per le forze armate sfiora i 25 miliardi, con un aumento dell’8,1% rispetto al 2020. Altri soldi sono in arrivo con il PNRR, sotto le voci della svolta ecologica e dell’innovazione digitale, adeguandosi all’attività di lobby in corso già da mesi nei confronti del governo.

L’aumento della spesa militare si accompagna all’accentuarsi dell’azione imperialista italiana all’estero, in particolare in Africa. Delle cinque nuove missioni militari approvate dal Consiglio dei ministri nel 2020, quattro si situano fra la sponda africana del Mediterraneo e il Golfo di Guinea. L’interesse dello Stato italiano per l’Africa ha tre motivi fondamentali: la protezione dell’attività estrattiva dell’ENI e degli interessi ad essa collegati; lo spiegamento di mezzi e materiali militari per aumentare l’esportazione del complesso militare industriale italiano; il controllo delle frontiere per la gestione dei flussi di persone e merci.

Queste missioni rappresentano un altro aspetto del vincolo internazionale che lega lo Stato italiano alle oligarchie imperialiste, e che è cresciuto con l’approvazione del PNRR.

Venerdì 11 alle 18,00,

presso la Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33

parliamo con Daniele Ratti:

Il ruolo dell’ENI tra il Sahel ed il Mediterraneo.

I nuovi scenari energetici confermano le ragioni dei vecchi conflitti e contemporaneamente fanno emergere inedite alleanze e nuovi equilibri geopolitici.

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Solidarietà alla popolazione palestinese!

Solidarietà alla popolazione palestinese!

Dal 13 aprile nel quartiere di Sheik Jarrah a Gerusalemme Est la popolazione palestinese si sta ribellando al tentativo delle truppe d’occupazione israeliane di sfrattare circa 300 persone dalle abitazioni in cui vivono. Ciò si inserisce nel tentativo del governo israeliano guidato da Netanyahu di creare una coesione tra le fazioni nazionaliste a sostegno del governo, perseguendo il folle obiettivo di fare di Gerusalemme la capitale dello Stato di Israele. Perciò in questa provocazione alle prepotenze dei coloni e alla violenza della polizia e dell’esercito si sono unite le aggressioni razziste dell’estrema destra israeliana. Solo dopo il lancio di razzi da Gaza i principali media europei hanno dato attenzione alla vicenda, in modo però completamente distorto, spesso sostenendo apertamente la politica del governo israeliano.

Esprimiamo la nostra solidarietà alla popolazione palestinese e arabo-israeliana, vittime di una politica di segregazione etnica voluta dal colonialismo britannico e continuata dallo Stato di Israele.

L’attuale governo israeliano, sostenuto da forze politiche che hanno le radici in organizzazioni criminali e terroriste come la Banda Stern, che aveva scelto di allearsi con i nazifascisti durante la seconda guerra mondiale, continua la sua politica fascista, terrorista e di suprematismo etnico nei confronti della popolazione araba.

Alzare la tensione in Palestina è la via scelta da Netanyahu per rafforzare il proprio potere traballante, e per nascondere le conseguenze di una crisi economica che si sta avvitando su se stessa. Contrapporre arabi ed ebrei è la via seguita dal potere politico e dalle classi privilegiate per impedire che i vari interessi degli sfruttati di origine e cultura diverse portino a riconoscere i comuni nemici: lo Stato, il capitale, la religione. Quanto è avvenuto in questi anni dimostra che la soluzione “due popoli, due stati” non porta alla pace. Con il suo intervento, Hamas, tenta di rafforzare il proprio ruolo militare e di potere. Si tratta di una ribellione in realtà molto più ampia, nata dalle proteste della popolazione di Gerusalemme represse con la violenza dal governo israeliano.

Tuttavia tentare di soffocare le voci conflittuali non elimina il conflitto ma, come dimostrano i fatti di questi giorni, rende solo più violenta la sua manifestazione.

Quanto è successo nelle scorse settimane a Gerusalemme dimostra che l’unica speranza di pace è nel successo della ribellione popolare: ribellione arabo-palestinese contro i vertici dell’Autorità Palestinese e di Hamas, ribellione della popolazione israeliana, araba ed ebrea, contro il governo Netanyahu. Tutti costoro fanno della prosecuzione della guerra la base del proprio potere.

Quanto avviene oggi in Palestina parla direttamente alla nostra realtà. Non solo perché i governi e le forze politiche, con diverse gradazioni, esprimono la propria solidarietà ad Israele, e quindi ritengono la politica di segregazione perfettamente compatibile con i famosi “valori occidentali”. Parla alla nostra realtà perché negli ultimi venti anni sono state messe in atto nelle nostre città molte tecnologie, protocolli e tattiche di controllo sociale e repressione applicate su vasta scala dallo Stato di Israele. Perché la segregazione la viviamo ogni giorno, con l’occupazione militare delle città, con i rastrellamenti, con le “morti accidentali” dei non garantiti e degli emarginati.

Il sostegno a Netanyahu fa il pari con il sostegno ad Erdogan. Entrambi dimostrano il carattere autoritario e sanguinario di tutti i governi, anche di quelli tecnici o di sinistra. Ribelliamoci contro tutti i governi! Sosteniamo chi si oppone alla segregazione, al razzismo, al colonialismo, all’oppressione!

Federazione Anarchica Livornese

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Basta velENI! Basta sfruttamento!

Basta velENI! Basta sfruttamento!

Mercoledì 12 maggio

ore 15:30

di fronte alla Raffineria ENI di Stagno

Mercoledì 12 maggio alle 15:30 davanti alla raffineria ENI di Stagno si terrà una manifestazione lanciata da Ecologia Politica Pisa e da Fridays For Future Pisa in occasione della giornata di mobilitazione contro ENI in cui si terranno iniziative di piazza in molte città in Italia.

Abbiamo seguito il percorso di costruzione dell’iniziativa a Stagno e saremo present* ancora una volta davanti all’ingresso della raffineria che da oltre 80 anni avvelena e sfrutta la popolazione e il territorio.

L’alluvione del 2017 ha reso evidente il disastro ecologico e sociale che quotidianamente la raffineria provoca. I fumosi annunci di “riconversione”, i progetti di trattamento oli esausti o di incenerimento-gassificazione di CSS e plastiche non riciclabili, sono falsamente rappresentati come prospettive “green”. In realtà questi progetti riguardano produzioni comunque dannose, che non andranno tra l’altro a sostituire l’attività di raffinazione, e che sono utilizzati per non spendere soldi né nella manutenzione e nella sicurezza della raffineria, né nella bonifica del territorio. Ricordiamo che qualche settimana fa con il rinnovo degli appalti per le ditte che lavorano alla manutenzione dello stabilimento, sono stati licenziati proprio due lavoratori che lavoravano agli impianti di controllo del percolato.

L’ENI ha un ruolo centrale nelle guerre che il nuovo colonialismo italiano sta combattendo in Africa, dalla Libia al Sahel fino alla Nigeria. Ma anche in Italia la guerra è già presente. Un generale è stato nominato dal governo per gestire l’attuale crisi sociale e sanitaria, mentre da anni l’esercito è schierato nelle strade, con migliaia di soldati che pattugliano le città. Per difendere progetti che devastano i territori e la salute di lavorator* e abitanti, il governo schiera mezzi blindati e migliaia di agenti armati che sparano lacrimogeni ad altezza uomo, per uccidere.

Lo scandalo KEU dimostra quanto chi detiene il potere disprezzi le nostre vite. I rifiuti tossici sepolti a Empoli e in mezza toscana rendono evidente quanto sia urgente rilanciare la lotta per la salute in una nuova prospettiva ecologica. Attivandosi in prima persona, con l’autogestione delle lotte, senza delegare la tutela della nostra salute a quelle istituzioni che per mantenere il potere devono garantire i profitti di chi ci avvelena

Contro i disastrosi progetti dell’ENI, per le bonifiche, e in solidarietà ai lavoratori licenziati.

Contro il governo Draghi e i piani per arricchire i padroni dei veleni e delle armi

Per una rivoluzione sociale ed ecologica

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

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