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Ballottaggio? Non ci stiamo.

Ballottaggio? Non ci stiamo.

 
La recente tornata elettorale ha dimostrato una volta di più quanto il meccanismo delle elezioni sia di per sé inutile e dannoso. Attraverso il meccanismo elettorale non solo si consegna a qualcuno il potere di decidere al nostro posto, ma si consente ai padroni, alla chiesa, ai militari, alla mafia di attivare i loro canali di consenso e orientare voti. In occasione delle elezioni i capitali si muovono, ma non certo a vantaggio dei lavoratori e della gran parte della popolazione, che vive di sfruttamento e oppressione. È attraverso le elezioni che la miseria dei fascisti trova una rappresentazione numerica, anche se modesta, e può essere spacciata per consenso, narrata come avanzata delle destre.
 
In uno scenario post elettorale in cui tutti si dichiarano vincitori è bene uscire dalla follia creata dai media ufficiali. Considerando l’elevato dato di astensione, la Lega alle europee in Italia non ha raggiunto che il 17% dei consensi degli elettori. A livello locale, a Livorno, con le amministrative comunali, la destra non ha raggiunto risultati eccezionali: pur recuperando i voti persi nelle elezioni del 2014, si è mantenuta sul bacino di consensi che ha avuto negli ultimi 20 anni (20000/25000 voti), senza sfondare nelle periferie in cui aveva pur visto una crescita nelle politiche dello scorso anno.
 
Se le elezioni sono un gioco inutile e dannoso, il ballottaggio lo è ancora di più. La polarizzazione dello schieramento pretende di annullare qualsiasi analisi politica, qualsiasi valutazione critica, qualsiasi esperienza e pratica alternativa per collocarsi a difesa di una fortezza. Cinque anni fa lo scontro era tra un PD che aveva fatto scempio della città e un M5S che si presentava come il cambiamento, ma che era sostenuto da tutta la destra. Ora è la destra a giocare il ballottaggio con il PD, che per l’occasione si scopre antifascista e cerca di usare un richiamo irresistibile nella nostra città.
 
È curioso che lo spettro del pericolo fascista sia agitato in vista delle elezioni da una sinistra istituzionale che ha sdoganato il revisionismo storico, che ha invocato il manganello contro i partigiani no tav, che ha voluto nel 2017 l’invio di truppe di occupazione in Libia e Niger e ha votato assieme ad altre spedizioni di guerra, anche leggi razziste e repressive su sicurezza e immigrazione che hanno aperto la strada alle destre. Una sinistra istituzionale che è responsabile della riduzione dei diritti dei lavoratori, che ha modellato l’accordo sulla rappresentanza sindacale sul patto fascista di Palazzo Vidoni del 1925, e che ha messo sotto repressione giudiziaria decine di giovani livornesi colpevoli di essersi opposti al degrado politico imposto alla città.
 
L’inganno delle elezioni è evidente poi se si guarda alla vicenda della destra cittadina. Dopo oltre un anno di attività, la Lega locale, considerando i mezzi di cui può disporre essendo un partito di governo, non aveva raccolto che pochissimi attivisti e seguaci, in buona parte volti noti della destra cittadina, fondamentalisti cattolici, transfughi da vari partiti, ex MSI, poliziotti e militari. L’incapacità di creare un gruppo dirigente e il compimento del processo che ha portato la Lega da partito delle autonomie a polo della destra nazionale ha determinato a Livorno come in molte altre zone prive di una “tradizionale” presenza leghista, la scelta, imposta a livello nazionale, di puntare su candidati di Fratelli d’Italia o comunque espressione di una destra locale già in vari modi parte integrante dei poteri locali, utilizzando come volano di consensi il brand della Lega, che assicura fortune elettorali. Così anche chi ha sostenuto la riforma Fornero, anche chi ha contribuito con la Legge Biagi a portare le condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone indietro di mezzo secolo, anche chi si presenta con l’odiato simbolo della fiamma tricolore, chi deve andare al mercato scortato da centinaia di guardie, anche chi non raccoglie neanche il 4% dei consensi tra i votanti può partecipare al più grande ballottaggio di tutti i tempi sperando di vincere.
 
La legittimazione della destra e l’avanzata autoritaria ci sono, sono processi reali in corso da decenni a cui dobbiamo opporci quotidianamente, non sono spettri che compaiono solo con le votazioni. Lottiamo contro i fascisti da quasi un secolo, e la storia ha insegnato che non sono state le urne a debellarli ma la pratica della lotta antifascista.
I partiti della sinistra istituzionale usano toni forti per attaccare la destra, ma sono subito pronti a condannare chi fa opposizione reale, che, immediatamente accusato di essere violento, viene isolato e denunciato. Basta uno striscione esposto su un muro della Venezia a far saltare i nervi a tanti sedicenti antifascisti.
 
Le elezioni vorrebbero imporre una scelta: destra erede dei fascisti del MSI, accozzaglia di soggetti riciclati e impresentabili; PD e sinistra istituzionale che nonostante il tentativo di riverniciarsi con l’antifascismo, resta quella che ha in mano il potere della città, che ha portato avanti per decenni politiche di sfruttamento e repressione, anche a livello locale. Una scelta che assomiglia molto a un ricatto.
 
Non ci stiamo.
 
E siamo sicuri che come noi non ci stanno coloro che sanno che la politica è altra cosa dalle elezioni. Qualunque scenario ci doni il ballottaggio, ci troveremo di fronte il panorama desolato che già oggi domina la città. Sarà necessario riorganizzare un’opposizione sociale, di fronte alle prepotenze e alle violenze di nuovi padroni o all’arroganza dei padroni di un tempo, tornati alla ribalta con la faccia pulita. In ogni caso ci sarà da lottare per ogni centimetro di libertà contro manganelli e licenziamenti, cemento e veleni, ricatti e razzismo.
 
Se vogliamo cambiare davvero, la società e non il Sindaco, dobbiamo mettere da parte la prospettiva elettorale. Per questo non votiamo. Non dobbiamo convincere nessuno, noi non contiamo i punti alla fine della partita, perché non abbiamo squadre da tifare. Non facciamoci illudere da chi vuole ridurre la politica ad una gara in cui ci si confronta sportivamente con l’avversario. Dobbiamo avere il coraggio di immaginare un orizzonte politico più largo del conto dei seggi. Gli anarchici e le anarchiche, come tanti, lottano giorno per giorno, in qualsiasi contesto di aggregazione sociale e lavorativa, per contrastare l’autoritarismo, la repressione, la negazione degli spazi di libertà, per affermare i legami di solidarietà e spezzare la rassegnazione. Questa è l’opposizione sociale che può veramente incidere.
Federazione Anarchica Livornese – F.A.I.
Collettivo Anarchico Libertario

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Sulla deportazione dai centri di accoglienza a Livorno, una testimonianza

Circa un mese fa ha preso il via in molte città l’operazione di chiusura di centri di accoglienza con conseguente deportazione delle persone che vi vivevano. Quella che segue è la testimonianza di Franco, coordinatore dell’associazione Africa Academy Calcio, che da alcuni anni lavora con giovani stranieri nel campo dello sport e del sociale, riguardo a quello che è avvenuto a Livorno il 29 aprile.

 

Livorno ha dimenticato la sua storia fatta di accoglienza e solidarietà 

Dopo che molti Centri di accoglienza per richiedenti asilo gestiti da associazioni hanno chiuso i battenti per il Decreto Salvini, anche a Livorno, da lunedi 29 aprile, nell’indifferenza di tutte le forze politiche che in questo tempo di elezioni sbandierano il loro antifascismo, molti giovani migranti sono stati caricati su un pullman e deportati nella Val di Cornia.

Io ero presente in quell’occasione e ho visto scene che mai avrei pensato di vedere nel corso della mia vita. La sofferenza dei ragazzi con i loro bagagli e le loro poche cose mentre salire su un pullman con destinazione il niente per una vita d’inferno. Siamo tornati a quelle notti in cui gli ebrei venivano caricati sui camion tedeschi e deportati nei campi di concentramento e intorno, come ha detto sempre Primo Levi, non c’era nessuno a protestare. La polizia, come al solito, presenziava con aria minacciosa impedendo ai giovani migranti qualsiasi contatto con l’esterno.

Anche i militari tedeschi facevano così, tenevano a distanza gli “estranei” con metodi violenti. Dopo gli abbracci ai ragazzi, di cui due appartenevano ad Africa Academy Calcio, il pullman è partito. Non mi aspetto niente dalle forze politiche né dall’Amministrazione locale ma è stata una vergogna per una Livorno che si è sempre contraddistinta per il suo antifascismo non vedere nessuno a portare un po’ di solidarietà a quei ragazzi, un abbraccio, fargli vedere che comprendevamo il loro star male. La Livorno delle Livornine non esiste più,  è stata abolita dall’indifferenza!!

Dal 29 aprile il disinteresse e la mancanza di umanità hanno trionfato per la gioia di leghisti e fascisti. Sarebbe stata anche una testimonianza per coloro che vedono nella migrazione il problema dei problemi ben sapendo di fingere alla grande, perché sanno benissimo quale sarà il destino di questi di questi giovani.

Infatti molti di loro sono stati deportati alla Franciana, vecchia scuola adibita a Centro di Prima Accoglienza per rifugiati politici situata tra Piombino e Venturina.

Sono stato alla Franciana in quanto ho portato documenti sanitari ai ragazzi della Africa Academy Calcio e vestiti a tutti quanti. La cosa incredibile è che questa scuola è situata in mezzo alla campagna, isolata da tutto e da tutti.

Le aule sono state trasformate in camere dove sono stati sistemati 10 letti in cui i ragazzi dormono e mettono le loro cose in armadietti fatiscenti. La noia e la malinconia sono le condizioni con cui hanno a che fare. Privacy zero quando sono tutti in camerata. Leggere, meditare, pregare diventa veramente difficile causa il sovraffollamento.

Quando escono lo possono fare solo nelle vicinanze, non perché non possono uscire ma perché non sanno dove andare. Piombino dista 17 km e Venturina 6. Gli addetti della Croce Rossa che hanno la gestione della struttura vanno a pulire le stanze ciclicamente e il mangiare viene portato da una cooperativa di Piombino.

Il responsabile è talmente ligio al diktat della Prefettura che non lascia entrare nessuno nemmeno per una parola di conforto o la distribuzione di indumenti. Perché la paura della perdita del posto di lavoro è più forte dell’umanità che si può provare per questi ragazzi.

Davanti al cancello scorre un fosso colmo di acqua putrida e puzzolente piena anche di plastica e scartoffie. Non mi meraviglierebbe che prossimamente venisse bonificato dai ragazzi a costo zero.

D’estate le zanzare abbonderanno e saranno fastidiose. Quale speranza dunque per questi ragazzi?

Le associazioni livornesi che li ospitavano hanno detto che sono state scelte le migliori soluzioni per la loro vita.

La Franciana è una struttura deficitaria sia dal punto di vista strutturale sia perché non offre niente ai ragazzi, solo noia e abbattimento morale. I ragazzi della Africa Academy infatti dopo una settimana di permanenza in questa struttura hanno palesato problemi psicologici notevoli, perché passare da una vita fatta d’impegni ad una vita fatta di niente è drammatico.

La legge Salvini ha vanificato anche tutti gli sforzi che sono stati fatti per ricreare una armonia nella psiche di questi ragazzi che presentavano segni di problematiche dovute ai bombardamenti visti e vissuti nei luoghi di provenienza, agli stupri, agli annegamenti, alle percosse in Libia e sul nostro territorio. Riportarli in una condizione di smarrimento totale in un ambiente come la Franciana, con l’ombra minacciosa del caporalato, può portarli a peggiorare di nuovo, ben sapendo che l’abbattimento ha portato in altre realtà anche al suicidio.

Quando sono andato alla Franciana sono stato inizialmente scambiato per un caporale da alcuni che vivono là da diverso tempo, e ho pensato a quanti caporali si presenteranno o si sono già presentati in questa struttura per portare i ragazzi a lavorare nella Val di Cornia.

Il territorio agro alimentare della zona è vastissimo e penso che l’intento della Prefettura di Livorno sia stato proprio quello di mandare questi ragazzi ad alimentare la forza lavoro degli imprenditori locali che pur di realizzare il loro profitto pagheranno pochi spiccioli ai ragazzi.

È la manodopera di riserva, quella che serve ai padroni per realizzare una rete capillare di profitto di cui anche il caporalato fa parte.

La pace per questi ragazzi è davvero dura !!

Franco Marrucci

(questo articolo sarà pubblicato su Umanità Nova)

 

 

 

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Viviamo in un’enorme discarica

Volantino prodotto dal Gruppo di lavoro sulle devastazioni ambientali della FAI.

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Si cambia con la lotta, non col voto!

Alcune immagini del presidio astensionista di giovedì 23 maggio in p. Cavour

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Presidio: Li hai provati tutti? non provare più, lotta!

 

Li hai provati tutti? non provare più, lotta!

Presidio-banchetto
Piazza Cavour, Livorno
Giovedì 23 maggio, h 16

Basta inganni elettorali!
È l’ora di organizzarsi

Ancora una volta ci chiedono di votare, oggi è il turno delle comunali e delle europee.

Sappiamo bene che con il voto non cambiamo la nostra vita, non risolviamo i nostri problemi. In molti lo sanno visto che sempre meno persone vanno a votare.

Ma oltre a rifiutare l’inganno elettorale dobbiamo organizzarci, stringere nuove reti di solidarietà, prendere in mano le nostre vite e agire in prima persona.

Non affidarti a chi tradisce i tuoi interessi per sostenere banche, preti, padroni, militari e caste varie.

L’aumento dell’IVA al 25,5%, l’attacco al reddito e al salario, le politiche reazionarie e familiste, la devastazione della salute e dell’ambiente, lo sfruttamento e la precarietà, l’autoritarismo e il razzismo non si combattono cambiando Sindaco o maggioranza al Parlamento Europeo. C’è bisogno di lottare, c’è bisogno di un reale cambiamento sociale rivoluzionario.

NON VOTARE, ORGANIZZATI E LOTTA!
PER COSTRUIRE L’AUTOGOVERNO E L’AUTOGESTIONE!

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Striscioni e libertà

Striscioni e libertà

Di questi tempi si parla molto, giustamente, di striscioni sui balconi, di libertà di espressione.

A Livorno il 2 Agosto del 2018 l’antisommossa della Polizia venne a distribuire manganellate nella notte, su ordine del Questore appena arrivato, per far rimuovere dai Vigili del Fuoco uno striscione che recitava

“EFFETTO PD, LEGA, 5STELLE: 11 AGGRESSIONI IN 50 GIORNI, IL VOSTRO RAZZISMO È EMERGENZA. IL VERO CAMBIAMENTO: CASA LAVORO E REDDITO PER TUTT*! LEGA FUORILEGGE!”

L’anno precedente, il 26 luglio 2017, quando Ministro dell’Interno era Minniti, sempre a Livorno la polizia si schierò provocatoriamente e pericolosamente in mezzo alla folla con scudi, caschi e manganelli per rimuovere con l’intervento dei Vigili del Fuoco, uno striscione che riportava

“L’UNICA SICUREZZA È QUELLA SOCIALE.. UN LAVORO E UNA CASA DOVE STARE!!! ATTACCATE POVERI E MIGRANTI PER COPRIRE LE VOSTRE COLPE, IL VERO NEMICO SIETE VOI E NON CHI FUGGE DALLA FAME E DALLE BOMBE!!! MINNITI BOIA!!!”

Pochi giorni prima, il 19 luglio del 2017, Alemanno era a Livorno per presentare il proprio movimento politico in un hotel di lusso della città. Alcuni antifascisti appesero uno striscione che riportava “ALEMANNO LIVORNO TI SCHIFA”. Con il nome del noto fascista scritto a testa in giù.

Molti compagni e compagne sono indagati per questi eventi. L’attacco alla libertà di espressione è costante, non è una novità dell’era di Salvini. La legge viene fatta e disfatta da chi detiene il potere per difendere la proprietà, i privilegi e i profitti delle classi dominanti, per difendere il potere della classe politica. Per questo il ruolo dei Ministri dell’Interno e delle “forze dell’ordine” è sempre lo stesso, sia con il PD sia con la Lega, tutti ordinano manganellate e denunce esemplari contro il dissenso.

La libertà di espressione e manifestazione non è un diritto garantito. Viene continuamente ostacolata da tutti i governi. È chi scende in piazza, chi blocca una strada, chi attacca cartelli e striscioni, chi grida e fa sentire la sua voce che crea questa libertà. È una conquista da estendere e difendere quotidianamente, non sarà nessun parlamentare, nessun partito, a farlo per noi.

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

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20/05 Assemblea: Li hai provati tutti? non provare più, lotta!

Li hai provati tutti? non provare più, lotta!

Assemblea-dibattito
Presso la FAL in Via degli Asili 33, Livorno
lunedì 20 maggio, h 21

Basta inganni elettorali!
È l’ora di organizzarsi

Ancora una volta ci chiedono di votare, oggi è il turno delle comunali e delle europee.

Sappiamo bene che con il voto non cambiamo la nostra vita, non risolviamo i nostri problemi. In molti lo sanno visto che sempre meno persone vanno a votare.

Ma oltre a rifiutare l’inganno elettorale dobbiamo organizzarci, stringere nuove reti di solidarietà, prendere in mano le nostre vite e agire in prima persona.

Non affidarti a chi tradisce i tuoi interessi per sostenere banche, preti, padroni, militari e caste varie.

L’aumento dell’IVA al 25,5%, l’attacco al reddito e al salario, le politiche reazionarie e familiste, la devastazione della salute e dell’ambiente, lo sfruttamento e la precarietà, l’autoritarismo e il razzismo non si combattono cambiando Sindaco o maggioranza al Parlamento Europeo. C’è bisogno di lottare, c’è bisogno di un reale cambiamento sociale rivoluzionario.

NON VOTARE, ORGANIZZATI E LOTTA!
PER COSTRUIRE L’AUTOGOVERNO E L’AUTOGESTIONE!

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Pisa: Franco vive, i morti siete voi!

organizzato dall’Assemblea dell’Aula R di Pisa

Franco Serantini
“Anarchico ventenne, colpito a morte dalla polizia mentre si opponeva ad un comizio fascista”

Il 5 maggio del 1972 Franco Serantini partecipa ad un presidio contro il comizio del fascista Niccolai del MSI. Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia. Franco viene circondato sul Lungarno Gambacorti da un gruppo di poliziotti del I Raggruppamento celere di Roma, e pestato a sangue. Portato nel carcere Don Bosco, Franco sta male, ma le sue condizioni vengono ignorate, nonostante si aggravino rapidamente. Dopo due giorni di agonia e coma, Franco muore il 7 maggio 1972.

Franco Serantini è stato arrestato in piazza mentre faceva attività politica, e questo succede ancora ai nostri giorni.

Franco è stato pestato a sangue e portato via mentre lo Stato garantiva lo svolgimento di un comizio fascista, come succede anche oggi.

Franco è stato portato in carcere dove non riceve le cure necessarie, finisce in coma e muore in quella gabbia, come succede anche oggi.

A quarantasette anni dall’assassinio del compagno, ancora oggi tutto questo succede,

Tenere viva la memoria di Franco significa anche far sì che questo non accada più, significa lottare contro la militarizzazione e la criminalizzazione del dissenso che stiamo vivendo.

Significa lottare contro la violenza di stato che troviamo nelle piazze così come nelle carceri e in tutte le istituzioni.

Significa continuare a battersi affinché i fascismi non abbiamo spazio nelle nostre città.

Oggi come allora contro tutti i governi, contro tutti i fascismi, contro la repressione e la guerra.

E’ questo per noi il significato di commemorare, di avere memoria ed è proprio per questo ci ritroveremo lunedì 7 maggio dalle ore 16:00 in Piazza Serantini (S. Silvestro) e successivamente alle 17:45 andremo tutt al DLF—> https://www.facebook.com/events/283892209209545/

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Primo Maggio anarchico a Carrara

CARRARA, Primo maggio anarchico

ore 9.30 concentramento in piazza Battisti

ore 10 intervento dal palco di Federico Ferretti della Federazione Anarchica Italiana

ore 11 corteo per le strade del centro

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Moby Prince, 28 anni dopo: centoquaranta morti, nessun colpevole

Moby Prince, 28 anni dopo: centoquaranta morti, nessun colpevole

articolo pubblicato su Umanità Nova (umanitanova.org)

Varie centinaia di persone hanno attraversato il centro di Livorno lo scorso 10 aprile dietro allo striscione “Moby Prince: 140 morti, nessun colpevole”.

Il 10 aprile 1991, ventotto anni fa, appena uscito dal porto di Livorno, dopo aver mollato gli ormeggi alle 22:03, il traghetto Moby Prince diretto ad Olbia in Sardegna entra in collisione con la petroliera Agip Abruzzo. In seguito allo scontro si scatena un incendio in cui muoiono tutti i passeggeri e l’equipaggio, con un solo superstite. Le pessime condizioni di sicurezza in cui viaggiava la nave traghetto, di proprietà della Nav.Ar.Ma dell’armatore Onorato, la “non gestione” dei soccorsi da parte della Capitaneria di Porto di Livorno ebbero certo un ruolo determinante nella strage del Moby Prince, una delle più gravi stragi in mare e sul lavoro.

I familiari delle vittime in questi anni hanno lottato per la verità e la giustizia, contro insabbiamenti, manomissioni del relitto, depistaggi e minacce. La giustizia dello Stato in questi anni non solo non ha riconosciuto le responsabilità dell’armatore e delle autorità che avrebbero dovuto gestire i soccorsi, ma le ha coperte e tutelate. La commissione parlamentare d’inchiesta creata nel 2015 ha pubblicato nel gennaio 2018 una relazione finale che conferma quanto già emerso come verità nel corso degli anni dalla lotta condotta dai familiari delle vittime.

In occasione delle commemorazioni della scorsa settimana le associazioni dei familiari delle vittime hanno annunciato di aver presentato un esposto alla Procura di Livorno al fine di citare in giudizio i ministeri delle Infrastrutture e dei trasporti, della Difesa e la presidenza del Consiglio per omicidio plurimo aggravato con dolo eventuale e riaprire il caso.

Come ogni anno prima del corteo si è tenuta una cerimonia nella Sala consiliare del Municipio di Livorno, durante la quale sono intervenuti oltre ai rappresentanti delle associazioni, pure singoli familiari delle vittime del Moby Prince. Presenti anche con un intervento in sala gli esponenti dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Viareggio, ed è intervenuto anche Riccardo Antonini, ferroviere licenziato a causa del suo impegno per la sicurezza sul lavoro, proprio come consulente per i familiari di Viareggio.

Di seguito riportiamo l’intervento di Giacomo Sini, figlio di una delle vittime del Moby Prince e compagno del Collettivo Anarchico Libertario di Livorno.

“Sono passati 28 anni dall’ immane tragedia della Moby Prince che vide l’assassinio di mio padre ed altre 139 persone davanti alle coste della città di Livorno. Si, assassinio, perché le parole assumono un valore importante con il passare degli anni. Come “strage” al posto di “incidente”, “Negligenze e mancanze strutturali” al posto di “tragico errore umano”. “Coperture e depistaggi” al posto di “tragici errori della magistratura livornese” ed infine, ma non meno importante “Sicurezza” al posto di “distrazione dell’equipaggio”.

Quegli stessi anni nei quali le uniche verità trapelate ufficialmente dalla vicenda sono da riscontrarsi nei processi farsa, nelle manomissioni impunite del relitto del traghetto (ordinate chiaramente dallo stesso armatore della compagnia) ed un progressivo insabbiamento della tragedia. Anni nei quali abbiamo dovuto subire continui schiaffi ed offese da chi ha permesso che tale vicenda finisse nel dimenticatoio delle ufficialità, relegata in un angolo buio dei “non misteri italiani” lasciando che le parole “il fatto non sussiste” ed il “destino cinico e baro” mettessero un lucchetto definitivo alla vicenda.

Anni nei quali lo stato italiano, attraverso i suoi organi giudiziari ed in particolare nel processo in I°grado, ha voluto difendere a spada tratta gli interessi imprenditoriali di un armatore per quasi 30 anni, senza inserire la sua persona e le sue responsabilità tra i soggetti colpevoli diretti della vicenda. Anni nei quali lo stato non ha mai voluto permettersi il lusso di puntare il dito contro una sua istituzione di prim’ordine come la capitaneria di porto ed il suo apparato istituzionale, difendendone anzi l’operato e lasciando che questa potesse aprire, mediante plausibili responsabili del disastro, una commissione d’inchiesta sommaria che avrebbe influito su successivi accertamenti.

Anni nei quali chi voleva che non si facesse luce sulla strage del Moby Prince ha provato in ogni modo ad ostacolare chi ancora oggi continua a portare avanti la battaglia per la verità e la giustizia. Sono metodi ben noti, gli stessi usati per coprire le responsabilità delle stragi di stato e delle bombe fasciste. Sono gli stessi metodi usati per coprire le responsabilità di industriali e speculatori che per fare affari avvelenano ed uccidono la popolazione.

Anni nei quali si è costantemente parlato di una salvaguardia degli interessi dell’imprenditoria italiana e nella fattispecie di grandi padroni d’azienda, erogando incentivi e finanziamenti agevolati ad imprese produttive, menzionando poco la sicurezza sul posto di lavoro.

Anni nei quali sono stato assente durante svariate ricorrenze poiché per lavoro come fotogiornalista ho visto con i miei occhi e documentato il percorso di vita di chi fugge da conflitti, fame e cerca sicurezza altrove tentando spesso la via del mare. Proprio con loro e con chi ha perso amici e parenti nelle acque del mediterraneo o tra le reti di confine, ho condiviso paure, incertezze, dolori. Ho condiviso quel timore personale dell’orizzonte scuro tra le spiagge isolate della Turchia e della Grecia, comprendendo meglio quanta importanza abbia quella parola menzionata precedentemente, “sicurezza” ; perché è inconcepibile che ancora oggi si continui a morire in mare.

E’ bene ricordarsi che a causa di politiche d’ingresso in Europa altamente discriminatorie, che vedono nella “sicurezza” la propria base ideologica, migliaia di migranti sono morti davanti agli occhi di chi oggi continua imperterrito a riempirsi la bocca della necessità, ad esempio, di operare più attenzione a tale tema nei contesti di lavoro proprio all’interno dei porti ed in mare aperto. Quegli attori che con il susseguirsi dei governi grazie al continuo attacco ai diritti dei lavoratori ed ai conseguenti tagli in materia di sicurezza, strizzano sempre un occhio a chi continua ad uccidere per la salvaguardia del profitto con il beneplacito della giustizia italiana. Coloro che fanno un utilizzo criminale della frase “porti sicuri”. I porti sicuri sono solo quelli dove non si muore mentre si lavora, dove non si viene rinchiusi in un centro d’identificazione e d’espulsione o si viene torturati con la sola colpa di avere tentato un’odissea via mare cercando un qualsiasi approdo sicuro per potersi salvare la vita.

Argomentazione, quella intorno alla “sicurezza” che in Italia è divenuta centrale all’interno di un circolo propagandistico di ipocrisia che assume come suo punto significativo l’antitesi della propria essenza, come ad esempio la violenza dei respingimenti in mare, assumendo così un significato di morte. Una millantata sicurezza che per chi è riuscito a superare la barriera del mare diviene comunque secondaria, sopraffatta dal piombo dei razzisti che uccidono a sangue freddo nelle strade delle nostre città fomentati da una continua propaganda “d’odio securitario” istituzionalizzata. La sicurezza dei porti chiusi e delle responsabilità, che come nel 1991, oggi vengono invece rimbalzate tra Europa e governi nazionali sulle spalle di chi non è mai stato tratto in salvo.

Quella stessa sicurezza che attraverso vie giudiziarie tenta l’arresto e criminalizzazione di chi solidarizza attivamente con chi ha bisogno di un lido tranquillo dove potersi fermare, di chi va a salvare chi sta annegando, di chi gestisce spazi di libertà aperti a tutti, reprimendo così nella pratica coloro i quali ne manifestano un’idea reale ed universale.

Questi ultimi 28 anni sono anche quelli nei quali non è mai stata data una risposta concreta alle esigenze di verità arrivate con forza prorompente dalle nostre istanze e dalle nostre parole d’ordine supportate con solidarietà attiva da chi si è avvicinato al nostro dolore, da chi lo ha tramutato in lotta e solidarietà attiva. Una battaglia comune a difesa di chi il 10 Aprile venne ucciso dalla negligenza di vari apparati che trovarono successivamente rifugio in quel malato concetto di giustizia. Una mobilitazione continua a difesa di una ben precisa idea di giustizia e verità, affiche queste due parole non rimanessero solo slogan isolati, ma divenissero la battuta d’arresto per chi non ha a cuore la vita delle persone.

Battuta d’arresto che è arrivata infatti negli ultimi anni nei quali vi è stata una forte pressione per la costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. A mio avviso, a commissione parlamentare chiusa (e desidero ringraziare chi ne ha permesso la costituzione), credo sia quindi importante sottolineare un fattore. Dopo anni d’indifferenza da parte del governo centrale e dei suoi organi parlamentari silenti e dopo continue dichiarazioni ufficiali di rammarico per la vicenda lanciate nel vuoto, qualcosa negli ambienti istituzionali si è dovuto muovere. Come ogni battaglia storica per la conquista di determinati diritti sociali, è proprio grazie a quella costante pressione e quella determinazione nel portare avanti determinate battaglie, che possiamo dire d’essere arrivati a compiere un passo avanti rispetto alle vicende degli ultimi 28 anni. Ed oggi non ci fermiamo solamente alla commissione d’inchiesta. Come Loris Rispoli ricordava agli amici e parenti delle vittime di vigilare sui “resti” del treno per evitare manomissioni, oggi dobbiamo vigilare per non permettere a coloro che della sicurezza ne fanno un termine strumentale per promuovere politiche assassine che lasciano morire esseri umani davanti ai nostri occhi o non li permettono un attracco sicuro, di mettere i bastoni tra le ruote a chi del raggiungimento di una verità importante, della giustizia e della sicurezza di tutti ne fa un principio basilare per le lotte quotidiane.”

 

Umanità nova si può trovare a Livorno:

Edicola P.zza Grande (angolo via Pieroni)
Edicola Via Garibaldi 7
Edicola P.zza Damiano Chiesa
Edicola Porto (Piazza Micheli lato Quattro Mori)
Edicola viale Carducci angolo Viale del Risorgimento
Edicola Dharma – viale di Antignano
Bar Dolcenera via della Madonna 38
Pub “Birra Amiata House” – via della Madonna, 51
Federazione Anarchica Livornese – via degli Asili 33

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