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4 novembre: Basta militarismo, sessismo, violenza!

Basta militarismo, sessismo, violenza!
A Livorno decine di persone al presidio antimilitarista organizzato da Non Una Di Meno in occasione del 4 novembre, giorno in cui lo stato celebra la guerra e l’esercito. Anche le anarchiche e gli anarchici in piazza, contro tutte le guerre contro tutti gli eserciti.

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4 novembre: Contro ogni guerra, contro ogni esercito

4 novembre: Contro ogni guerra, contro ogni esercito

Lo stato italiano è in guerra, a circa 14000 unità ammonta il personale impiegato in missioni militari. Se metà sono impegnati all’estero, come truppe di aggressione e occupazione in molti paesi tra cui Libia, Iraq, Libano, Afghanistan, un’altra metà sono impegnati nell’operazione “Strade Sicure” e pattugliano in assetto da guerra le strade, le piazze e le stazioni delle nostre città.

64 milioni di euro il giorno. Ecco quanto costa mantenere in piedi il baraccone militarista, dalle missioni al sostegno alla produzione bellica, dai privilegi per gli ufficiali alle spese per gli armamenti. Miliardi e miliardi che vengono sottratti a sanità, pensioni, istruzione, reddito. Un saccheggio delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione, una vera e propria guerra contro gli sfruttati, per la quale sono schierati anche i militari nelle strade. Questa guerra colpisce innanzitutto le donne, che sono il soggetto che più viene colpito dagli effetti dei tagli ai servizi, alla sanità e all’istruzione.

Il militarismo, sia come ideologia, sia come concreto disciplinamento economico e politico della società, ha sempre accompagnato la difesa della Famiglia alla difesa della Patria, perpetuando e consolidando i ruoli subordinati imposti alla donna dal patriarcato, escludendo e criminalizzando ogni soggetto che si sottraesse al rigido schema patriarcale. Anche oggi l’Esercito è, assieme alla Chiesa Cattolica, una delle organizzazioni più reazionarie attive in questo paese, non solo perché si fonda su un modello machista e violento, ma sopratutto perché la sua funzione è difendere e diffondere con le armi l’attuale ordinamento sociale e politico. Nessuna quota rosa nelle truppe e nessuna apertura a “gay e lesbiche in divisa” può cancellare la natura violenta e machista dell’Esercito. Infatti per quanto le politiche di uno Stato possano orientarsi verso la tutela dei diritti civili, la funzione del suo apparato militare sarà sempre orientata alla repressione e al controllo dei soggetti oppressi.

Per questo vogliamo costruire una liberazione sociale che rovesci l’organizzazione statale e gerarchica della società, l’oppressione di genere, la divisione in classi sociali, la proprietà privata e gli apparati coercitivi come l’esercito e la polizia. Vogliamo costruire un mondo di liberi e di eguali.

Siamo convinti che sia necessaria, specie quest’anno in cui la Festa delle Forze Armate del 4 novembre si caratterizza ancor più del solito in senso nostalgico e guerrafondaio, una presa di posizione contro la violenza sessista e di genere attraverso una riaffermazione delle pratica dell’antifascismo, dell’antimilitarismo, dell’antirazzismo. Per questo aderiamo all’appello lanciato da Non Una Di Meno Livorno e invitiamo a partecipare al presidio di sabato 4 novembre.

Sabato 4 novembre

Piazza Cavour ore 17

Presidio antimilitarista

Federazione Anarchica Livornese

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

collettivoanarchico.noblogs.org

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4 novembre: Donne contro il militarismo

Il 4 Novembre a Livorno Non Una di Meno organizza un presidio antimilitarista a cui aderiamo, pubblichiamo di seguito il volantino unitario che sarà diffuso domani.

Il 4 novembre, festa delle Forze Armate, la rete femminista NON UNA DI MENO è presente in molte piazze italiane per esprimere il rifiuto della violenza sessista che si manifesta in molti modi, oltre che con la violenza diretta e soggettiva.

Militarismo, fascismo, razzismo hanno una matrice di violenza e di sessismo evidentissima.

DONNE CONTRO IL MILITARISMO PERCHÈ:

– Il militarismo è espressione di maschilismo e di sessismo. Esalta il culto della forza, l’aggressività, l’esercizio della violenza, la gerarchia, i ruoli e la subordinazione. Esalta il culto del maschio vincitore, l’idea di virilità espressa attraverso il suprematismo maschile.

Le donne in divisa rappresentano solo l’estensione di un modello violento e maschilista. E’ una “parità” che non ci interessa.

– Il militarismo e le guerre usano spesso lo stupro e la violenza sessuale come arma di guerra. La guerra in Bosnia è stata portata avanti con l’utilizzo sistematico dello stupro per imporre la supremazia etnica di un gruppo. Ma stupri di guerra sono stati sistematicamente compiuti in Somalia, in Afghanistan, in Siria e in molte altre zone di conflitto.

– Il militarismo invade le nostre strade imponendo la violenza di presenze armate. Con la scusa della sicurezza la nostra libertà è di fatto limitata da presenze inquietanti e pericolose, che danno un’immagine violenta alle nostre città. L’operazione “Strade sicure” non serve alla donne. Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano. In libertà e senza scorte.

-Il militarismo fa nascere una delle industrie più fiorenti del pianeta, l’industria bellica. Il mantenimento dell’apparato militare sottrae risorse alla salute, all’istruzione, alle spese sociali, settori che potrebbero consentire una maggiore autonomia delle donne.

Le spese militari danneggiano la società nel suo insieme, vanificando il diritto di tutte e tutti ad una vita migliore.

BASTA VIOLENZA – BASTA GUERRA

BASTA MILITARISMO

Antisessismo-Antimilitarismo- Antifascismo- Antirazzismo:

questa la nostra risposta alla violenza

questa la nostra affermazione di libertà

4 NOVEMBRE ORE 17 PIAZZA CAVOUR

PRESIDIO organizzato da NonUnadiMeno – Livorno

Le iniziative antimilitariste del 4 novembre promosse in varie città dalla rete NonUnadiMeno fanno parte della campagna nazionale in vista del prossimo 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

NonUnadiMeno-Livorno

aderiscono: Collettivo Anarchico Libertario, Communia, Federazione Anarchica Livornese, Unione Sindacale di Base Livorno, Unicobas Livorno

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Assemblea/dibattito – Alluvione a Livorno: i disastri non piovono mai dal cielo

Alluvione a Livorno: i disastri non piovono mai dal cielo
Le autorità cittadine e i padroni della terra e del cemento hanno chiare responsabilità. Organizziamoci contro la devastazione del territorio e delle nostre vite.

Venerdì 27 ottobre

dalle ore 21:30
assemblea-dibattito
con presentazione del documento preparato dagli organizzatori (https://collettivoanarchico.noblogs.org/post/2017/10/15/alluvione-i-disastri-non-piovono-mai-dal-cielo/)

presso la sede della FAL
in Via degli Asili 33, Livorno

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Alluvione: i disastri non piovono mai dal cielo

Alluvione: i disastri non piovono mai dal cielo
Le autorità cittadine e i padroni della terra e del cemento hanno chiare responsabilità. Organizziamoci contro la devastazione del territorio e delle nostre vite.

Ad un mese dall’alluvione che ha colpito numerose zone della città di Livorno e alcune località vicine, provocando nove morti e ingenti danni, è possibile fare alcune valutazioni su questi tragici avvenimenti.

Riteniamo che sia indispensabile avviare un dibattito aperto e serio sulle cause, gli effetti e le responsabilità di quanto è avvenuto, che consideri anche il modo in cui viene gestito il territorio. Un confronto che possa dare spazio all’inchiesta, alla denuncia e alla mobilitazione, in cui devono aver voce innanzitutto coloro che hanno subito gli effetti dell’alluvione, e non i soggetti pubblici o privati che hanno interesse a non fare emergere le responsabilità, a minimizzare i risarcimenti, a strumentalizzare la situazione per fini elettorali, a non mettere in discussione le strutture di governo del territorio.

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario ritengono che le amministrazioni locali, gli enti incaricati della salvaguardia del territorio, le autorità cittadine e alcune società private abbiano concrete responsabilità in quanto è avvenuto. Infatti, anche senza mettere in dubbio l’eccezionalità della tempesta che avrebbe causato l’ingrossamento dei corsi d’acqua della zona, è possibile affermare che le esondazioni e le terribili conseguenze da esse provocate potessero essere previste ed evitate.

Il vergognoso rimpallo di responsabilità tra Regione e Comune sull’inadeguatezza dell’allerta nella notte tra il 9 e il 10 settembre che ha riempito le pagine dei giornali e le trasmissioni televisive immediatamente dopo l’alluvione, ha mostrato a tutti come i partiti (PD, M5S, MDP in primo luogo) che si contendono il governo a livello nazionale, regionale e locale fossero concentrati solo a sfruttare il disastro per le proprie lotte di potere mentre ancora si cercavano dei dispersi e molte zone non erano neanche state raggiunte dai soccorsi ufficiali coordinati dalla Protezione Civile, invece di impegnarsi negli aiuti.

Per questo è importante che si rafforzino le forme di organizzazione che la popolazione si sta dando, che si sviluppino i comitati autorganizzati nelle aree colpite dall’alluvione, fondamentali per affrontare uniti le vertenze legate ai risarcimenti, alle ricostruzioni e alla sicurezza idrogeologica. Ma organismi come questi sono importanti anche perché possono costituire uno spazio di confronto, di vigilanza e di intervento diretto sulla gestione del territorio a livello più generale.

In questo momento dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola del conflitto tra i partiti che si contendono il governo della città. Per poter raggiungere risultati concreti è fondamentale sviluppare i percorsi di organizzazione, rivendicazione e di lotta in autonomia rispetto agli orientamenti del conflitto presente nelle istituzioni, prestando attenzione a non divenire sponda del PD contro il M5S ma neanche stampella del M5S di fronte agli attacchi del PD. Per questo è necessario continuare a denunciare le grandi operazioni speculative condotte negli scorsi anni dalle precedenti amministrazioni, e devono essere al contempo denunciate le responsabilità della presente amministrazione nella perpetuazione di certe politiche. L’attuale giunta infatti ha fatto passare in consiglio comunale, all’inizio dello scorso agosto, con i soli voti della maggioranza, il progetto per la cementificazione dell’area degli orti urbani di Via Goito, a poche decine di metri da Via Rodocanacchi, dove la piena del Rio Maggiore ha causato gli effetti più tragici, provocando la morte di quattro persone.

La forza dell’autogestione si è dimostrata dopotutto già dai primi giorni. Fin dalla mattina di domenica 10 settembre a compiere il più grande sforzo nei soccorsi sono state donne e uomini, giovani e meno giovani, di tutte le origini, che in modo spontaneo sono accorsi nelle zone colpite dall’alluvione per offrire il proprio aiuto. Sul piano concreto il contributo spontaneo delle persone, così come quello dei gruppi autorganizzati di volontari, è stato fondamentale per aiutare le persone che vivono nelle aree alluvionate a liberare le case dall’acqua e dal fango, a pulire strade, argini e corsi d’acqua da detriti di ogni tipo.
Le Brigate di Solidarietà Attiva hanno svolto e continuano a svolgere un importante ruolo di coordinamento tra le volontarie e i volontari che intendono tessere una rete di solidarietà che, al di fuori dei partiti, possa stimolare coloro che vivono nelle aree colpite ad organizzarsi. Importante è anche il lavoro di indagine che le BSA hanno avviato nei giorni immediatamente successivi all’alluvione. Un lavoro di inchiesta i cui primi risultati sono già stati pubblicati e che mettono in luce come le politiche di speculazione e cementificazione negli anni recenti abbiano mutato l’area del Rio Maggiore, dimostrando di fatto la subordinazione della sicurezza idrogeologica agli interessi della rendita.

Questo rende evidente a tutti come né le autorità e gli enti pubblici, né le compagnie private possano garantire la sicurezza idrogeologica del territorio, perché seguono degli interessi di classe che non coincidono né con l’ecologia né con la salute e la sicurezza delle persone. Solo attraverso l’azione diretta, la popolazione, sviluppando la conoscenza del territorio e la vigilanza su di esso, può imporre alle istituzioni adeguati interventi di messa in sicurezza e di manutenzione. Solo con una rivoluzione sociale che possa scardinare l’attuale ordine politico ed economico, ponendo fine al potere della rendita, sarà possibile creare, attraverso forme di autogoverno e autogestione, un nuovo equilibrio idrogeologico e più in generale ecologico dei territori.

Ovviamente oltre alla speculazione e la cementificazione vi sono altre questioni che non possono restare nell’ombra.

Innanzitutto va ricordato che la Provincia di Livorno è la seconda più inquinata d’Italia, e che nelle aree colpite dall’alluvione sono presenti attività industriali nocive, impianti di smaltimento rifiuti, discariche ufficiali e non. Emblematica in questo senso è la situazione di Stagno dove è presente la raffineria ENI. Molti hanno parlato del gravissimo sversamento di idrocarburi nel fosso Botticina, che ha raggiunto il mare all’interno del porto di Livorno, secondo l’ENI a causa dell’allagamento dell’impianto. Pochi invece hanno cercato di far luce sull’impatto degli inquinanti all’interno delle abitazioni e nelle aree abitate alluvionate nella zona tra Stagno e Guasticce, dove l’allagamento della raffineria, l’inquinamento già presente nel terreno, la presenza di siti fortemente inquinanti lungo i corsi d’acqua della zona, ha sicuramente compromesso ulteriormente il territorio. È necessario far luce su questi fattori, a Stagno come in tutte le altre zone colpite, innanzitutto per informare gli abitanti sugli effettivi rischi per la salute e per effettuare eventuali bonifiche, ma anche per mettere in discussione l’attuale gestione del territorio.

Un altro fattore importante è la questione delle aree militari o soggette a speciali norme di sicurezza. La città di Livorno e l’area circostante registrano una forte presenza di installazioni militari di vario tipo, queste hanno in alcuni casi un impatto sul territorio e la sua idrografia, come nel caso dell’Accademia Navale e Camp Darby. Spesso l’impatto che queste strutture hanno resta segreto per motivi di sicurezza e difesa, i rischi connessi a queste installazioni sono quindi in molti casi nascosti alla popolazione. Lo stesso vale per aree di interesse strategico come siti di produzione militare e di armamenti, o come la raffineria ENI, che hanno speciali norme di sicurezza che rendono più difficile il lavoro di inchiesta e informazione.

Infine deve essere considerato il rilevante ruolo della Chiesa nell’economia della città, anche sul lato speculativo. Il vescovo architetto nei giorni immediatamente successivi all’alluvione ha attaccato l’amministrazione comunale, ma nei grandi affari legati alla cementificazione degli ultimi venti anni la Chiesa non si è certo tirata indietro. Tutti ci ricordiamo bene i miracoli del Giubileo del 2000. In quella occasione anche a Livorno arrivarono dal governo milioni e milioni di euro per le opere di costruzione da effettuare in vista dell’anno santo, a questi si aggiunsero ingenti finanziamenti del Comune. La potente iniezione di soldi e cemento data dagli affari miliardari legati al Giubileo portò, tra le altre cose, alla costruzione nei pressi del Santuario di Montenero, sia della famigerata Aula Mariana, che ha dimostrato gravi problemi strutturali sin dall’inaugurazione, sia dell’imponente terminal per i pellegrini, di cui oggi rimane soltanto una enorme colata di cemento deserta e abbandonata. Montenero è stata una delle zone colpite più gravemente dall’alluvione, e certo il forte intervento di costruzione degli ultimi decenni, di cui parte importante sono le strutture legate al Santuario, ha creato le condizioni per il verificarsi di disastri come quello del 10 settembre scorso.

Le questioni qui sollevate sono solo alcune tra le più significative, sono infatti elementi che si inseriscono in un contesto più ampio. L’alluvione ha posto tragicamente di fronte agli occhi di tutti la devastazione portata nelle nostre vite e nei nostri territori dai padroni e dai governanti. Per decenni, prima della deindustrializzazione, hanno spremuto le lavoratrici e i lavoratori livornesi, che in cambio del salario, oltre alla propria opera, hanno spesso dovuto dare la vita e la salute. Veleni e colate di cemento sono ciò che resta oggi, assieme ad una legislazione che ha portato le condizioni di lavoro indietro di mezzo secolo, all’aumento dell’età pensionabile e allo smantellamento della sanità. Questo vale dappertutto, ma il disastro portato dall’alluvione ha reso ancora più difficile la condizione di molti disoccupati e di molte persone sotto sfratto. Gli avvenimenti delle scorse settimane non possono essere considerati in modo indipendente dalla generale situazione sociale ed economica, si rende anzi necessaria una maggiore forza nel reclamare maggiori spazi di libertà, migliori condizioni di vita e di lavoro.

Quanto è emerso finora ci permette di fare alcune considerazioni finali.

L’idea che le situazioni di emergenza impongano una gestione centralizzata e gerarchica è stata smentita ancora una volta: le istituzioni di governo del territorio (Prefettura, Comune, Regione) sono mancate completamente al compito di mettere in allerta le popolazioni, del resto, anche se l’allerta fosse stata data, non si capisce che cosa avrebbero potuto fare i cittadini, visto che mancano piani di evacuazione condivisi e portati a conoscenza della cittadinanza.
Le istituzioni di governo sono altresì mancate nell’opera di prevenzione minima: solo dopo venti giorni dall’alluvione è cominciata un’opera di pulizia della rete fognaria cittadina; lo stesso discorso vale per la pulizia delle strade e delle aree urbane pubbliche da foglie e detriti, come delle colline e degli alvei dei rii, delle quali sono responsabili Comune e Consorzio di Bonifica: la mancata pulizia è una delle principali cause dell’alluvione e dei danni e delle morti che ne sono conseguite. I morti di Livorno gravano sulla coscienza delle autorità.

L’inchiesta portata avanti dalle Brigate di Solidarietà Attiva, con mezzi limitati e tempi ristretti, ha permesso di arrivare ad alcune conclusioni sulla costruzione delle casse di espansione e sulla gestione del territorio: la passata amministrazione ha barattato sicurezza e vita dei cittadini con gli interessi della rendita fondiaria e della speculazione edilizia. Ma chi li ha sostituiti in tre anni non ha saputo né voluto fare quello che le BSA hanno fatto in pochi giorni, segno che il partito della terra e del cemento continua a dominare l’amministrazione comunale, al di là delle sigle elettorali che la compongono.

Il Comune non è più la casa comune dei livornesi. Questa non è l’affermazione polemica degli anarchici, ma una sensazione che si va sempre più diffondendo fra gli abitanti di Livorno, e a cui l’alluvione ha dato una tragica conferma.

Sostituiamo al Comune burocratico e statale la libera Comune delle sfruttate e degli sfruttati!

 

Federazione Anarchica Livornese – FAI
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

Collettivo Anarchico Libertario
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Che cosa succede in Catalogna?

Che cosa succede in Catalogna?

Una discussione aperta sugli avvenimenti delle ultime settimane


Lunedì 9 ottobre alle ore 21:30

presso la sede della FAL in Via degli Asili 33, Livorno 


Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

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Per un mondo senza padroni! in vista del G7 del lavoro a Torino

CONTRO I PADRONI DEL MONDO
PER UN MONDO SENZA PADRONI!

in vista del prossimo G7 del lavoro di Torino

venerdì 15 settembre
presso la sede della FAL – via degli Asili 33

ore 19:30 aperitivo

ore 21assemblea dibattito con Maria Matteo, della Federazione Anarchica Torinese

Dal 26 settembre al 1 ottobre a Torino si incontreranno i ministri del lavoro, dell’industria e della ricerca di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Francia, Giappone, Germania e Canada. La riunione dei “grandi” di fine settembre servirà per concordare le politiche di sfruttamento di sempre, quelle che lasciano il segno nelle nostre vite e i cui effetti sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti: ricerca del profitto, speculazioni, politiche di dissesto ambientale e di sfruttamento selvaggio dei territori, inquinamento, ricatto occupazionale e imposizione di nocività.

Contro i responsabili della miseria e dell’oppressione c’è l’azione costante di chi lotta per un mondo senza servi né padroni.

Opponiamoci agli sfruttatori!

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Comunicato: Alluvione a Livorno

Alluvione a Livorno

comunicato del 10/09/17

In queste ore non si può che esprimere massima vicinanza a tutte quelle persone che hanno perso molto, in alcuni casi tutto, anche la vita, la scorsa notte a Livorno. In questo momento c’è spazio solo per l’iniziativa di solidarietà concreta nelle zone della città più colpite dall’alluvione.

Una volta passata la fase più tragica sarà certo necessaria una riflessione, perché non si può pensare che si tratti solo di una calamità naturale. Per quanto possa essere stata forte la tempesta della notte tra il 9 e il 10 settembre, per quanto il clima secco possa aver contribuito a creare le condizioni per quanto è avvenuto, non possono essere trascurate altre questioni, innanzitutto i tagli ai servizi di manutenzione dei fossi nelle aree intorno alla città e lo stato dei corsi d’acqua che attraversano la zona, in particolare del Rio Ardenza e del Rio Maggiore.

Unico aspetto positivo si è avuto nella solidarietà spontanea, decisiva in alcune zone per iniziare a liberare le case e le cantine da fango e detriti, cominciare ad aprire le strade e pulire gli argini, per spostare le auto trascinate nel corso dell’alluvione che impedivano il transito dei mezzi di soccorso. Senza l’intervento diretto dei volontari, che hanno agito come potevano, senza una coordinazione con le autorità, le quali si sono dimostrate assenti, la situazione sarebbe certo peggiore.
Per questo sosteniamo le iniziative di solidarietà concreta organizzata dal basso che dopo gli importanti interventi spontanei di oggi si sta strutturando meglio per l’attività dei prossimi giorni.

A breve sarà più chiaro cosa servirà sul medio-lungo periodo. Per quanto riguarda la situazione immediata si può fare riferimento al centro di raccolta delle Brigate di Solidarietà Attiva presso la Ex Caserma Occupata in Via Adriana 19. Si suggerisce di non recarsi direttamente nelle zone colpite se non si sa di cosa c’è bisogno.

Federazione Anarchica Livornese – cdcfedanarchicalivornese.org
Collettivo Anarchico Libertario – collettivoanarchico@hotmail.it

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Per Marcella

Per Marcella

La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario si stringono attorno alle compagne e ai compagni di ASIA-USB, del ristoro autogestito di via dei Mulini, della Assemblea Autonoma Livornese e di tutte le realtà a cui Marcella dedicava il suo tempo, la sua intelligenza, la sua sensibilità e le sue energie di attivista politica e sindacale. Con lei salutiamo una donna e una compagna generosa che ha saputo rispondere con la lotta e l’impegno collettivo alle difficoltà della vita e alle ingiustizie sociali.

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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La lezione di Roma sulla polizia democratica

La lezione di Roma sulla polizia democratica

Quanto è avvenuto a Roma a partire dal 19 agosto scorso, quando è iniziato lo sgombero di uno stabile di proprietà di un fondo di investimento occupato da dei rifugiati etiopi ed eritrei, ha reso evidente quanto accade quotidianamente in tutto il paese. La violenza esercitata per mettere in atto lo sgombero dei rifugiati in Via Curtatone, l’accanimento contro coloro che dopo lo sgombero erano rimasti in Piazza Indipendenza, il barbaro inseguimento a Termini di persone a cui ufficialmente lo Stato italiano sta garantendo la tutela dell’asilo per le persecuzioni che subiscono nei propri paesi d’origine, ma che vengono anche qui braccate, ferite e offese proprio dagli apparati statali. Questo è ciò che accade tutti i giorni, non solo ai rifugiati ma a tutti noi, su scala diversa magari, durante le retate contro gli ambulanti sulle spiagge e nei mercati, durante i controlli d’identità sulle strade e nelle stazioni, durante le manifestazioni nelle città, durante i picchetti sui posti di lavoro, durante gli sfratti e gli sgomberi, nelle piazze che si animano la sera, come a Torino, nella quotidianità delle operazioni di un commissariato di polizia o di una stazione di carabinieri, come ad Aulla. Negli ultimi anni, per governare la crisi, si è registrato un inasprimento del controllo sociale, un tangibile rafforzamento dei poteri delle forze incaricate della sicurezza interna e dell’ordine pubblico. L’attuale ministro degli interni Minniti, che si appresta ad emanare nuove direttive per lo sgombero degli edifici occupati, si è distinto per i suoi recenti provvedimenti, che si realizzano nell’irrigidimento della repressione e del controllo di migranti e rifugiati e negli interventi per il decoro e la sicurezza urbana, nella caccia a chi vive in strada e nel il “daspo urbano” a chi fa il giocoliere in strada o a chi protesta a voce un po’ più alta del solito. Ma i gravi fatti di Roma non sono rappresentativi solo per l’arroganza del potere e la violenza esercitata in piazza dalle forze dell’ordine, essi mostrano infatti ancora una volta come funzioni la polizia.

Durante l’inseguimento dei rifugiati verso la Stazione Termini il 24 agosto scorso un funzionario ha ordinato ai suoi sottoposti la condotta da tenere con coloro che avessero opposto resistenza: “Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio”. Perché quando durante un inseguimento un funzionario grida delle indicazioni ai suoi sottoposti sta dando degli ordini. Questa scena, ripresa in un video, è stata resa nota dalle principali testate giornalistiche ed ha suscitato ampia indignazione. La Repubblica e il Fatto Quotidiano hanno segnalato che non si tratterebbe della prima occasione in cui il funzionario in questione si sarebbe distinto sul campo per il suo zelo. In particolare il Fatto Quotidiano segnala che si tratterebbe dello stesso funzionario che ha ordinato il 21 febbraio scorso le cariche sui tassisti che protestavano davanti alla sede nazionale del PD; lo stesso che gestiva l’ordine pubblico il 12 maggio del 2016 al Campidoglio, quando la piazza in cui manifestavano i movimenti di lotta per la casa venne spazzata da manganellate e idranti, con cariche anche lungo la scalinata; lo stesso che il 29 ottobre 2014 ordinò sempre in Piazza Indipendenza a Roma la carica a freddo contro il corteo degli operai della AST di Terni assieme ai segretari nazionali della FIOM e della FIM che intendevano raggiungere la sede del Ministero dello Sviluppo Economico imboccando Via Solferino; lo stesso funzionario che a Livorno ordinò il 1 dicembre 2012 la carica di polizia e carabinieri contro un presidio di poche decine di persone in zona pedonale, operazione che provocò diversi contusi e feriti.

Già nel 2016 il Comitato “Livorno non si piega” aveva sostenuto che il funzionario responsabile dell’ordine pubblico in Piazza Cavour il 1 dicembre 2012 a Livorno, il Dott. Zerilli, era lo stesso funzionario di polizia che aveva ordinato le cariche a Roma nell’ottobre del 2014 contro gli operai delle acciaierie di Terni. A Livorno era giunto nel febbraio 2011 come Capo dell’Anticrimine, dopo esser stato nel Reparto mobile di Genova, nei Nocs, nella direzione centrale Antidroga, nella squadra mobile di Roma e nel gabinetto regionale di polizia scientifica, come segnala il Tirreno, che lo definisce un “vero operativo”. Fu lui quindi il primo dicembre del 2012 ad ordinare la carica contro un presidio in zona pedonale che stava di fatto per concludersi. Si trattava infatti dell’ultima tappa di un presidio itinerante con interventi al megafono nelle varie piazze del centro, per protestare contro contro le cariche avvenute il giorno prima, 30 novembre 2012, alla Stazione Marittima di Livorno durante una contestazione a Bersani che, allora segretario del PD, stava concludendo la campagna per le primarie nelle quali disputava con Renzi. Il primo dicembre in piazza Cavour le cariche immotivate e senza preavviso ordinate dal dirigente dell’anticrimine alle squadre di polizia e carabinieri provocarono contusi e feriti tra le poche decine di manifestanti e tra i passanti, numerosi in una piazza del centro cittadino piena per il sabato pomeriggio. La violenza delle cariche suscitò una forte indignazione in città, tanto che il giorno successivo almeno mille persone scesero in piazza contro la violenza della polizia e per affermare la libertà di manifestazione. Neanche due mesi dopo i fatti del dicembre 2012 il funzionario venne trasferito a Roma all’ispettorato del Viminale. Da allora ha continuato a far carriera come dirigente, guidando alcuni dei più importanti commissariati della capitale, fino ad essere incaricato quest’anno della dirigenza del centralissimo Commissariato Trevi Campo-Marzio di Roma.

Questo conferma, a chi ancora avesse dubbi, come lo zelo repressivo venga non solo coperto, ma premiato e promosso nella Polizia. Se il funzionario non avesse detto davanti alle telecamere quelle “frasi improvvide” come le definisce il Capo della Polizia di Stato Gabrielli, probabilmente non avrebbe avuto difficoltà a diventare Questore, e non è detto che non vi riesca comunque. Dopotutto chi era Questore a Livorno durante i fatti del dicembre 2012 e rivendicò “la linea dura”, l’ex arbitro Cardona, è ora Questore di Milano nonostante una condanna penale.

A Livorno un Ispettore di Polizia, Basilio Curasì, è stato condannato nel 2016 per le lesioni provocate ad una passante durante le cariche di Piazza Cavour del primo dicembre 2012. La donna, madre di un giovane manifestante che passava per caso, era stata colpita alla testa con una pesante ricetrasmittente dall’ispettore che era incaricato di fare da autista al Dott. Zerilli che quel giorno era appunto responsabile della piazza. Una sentenza significativa. Probabilmente necessaria una città di provincia dove la gravità degli avvenimenti e la controinformazione messa in atto dalle realtà di movimento aveva creato una certa pressione sulle istituzioni. Allo stesso modo oggi per i fatti di Roma è il dirigente che ordina di spaccare le braccia ad essere messo sotto accusa dalla stampa ufficiale e stigmatizzato dallo stesso Capo della Polizia.

È così che funziona nella polizia come in tutti i corpi gerarchici. Le colpe ricadono sempre sui sottoposti, specie su coloro che non si possono o non si vogliono coprire, magari sacrificabili per scambi o conflitti tra gruppi di potere interni all’apparato, e anche se la garanzia d’impunità resta uno dei migliori incentivi per avere una truppa fedele, se c’è bisogno un colpevole di comodo lo si trova sempre. Ma colpevoli di cosa? Chi manganella per ordine di un superiore impugnando correttamente il manganello svolge il suo dovere ovviamente, chi ordina in modo professionale agli agenti di una squadra antisommossa di caricare dei manifestanti che oppongono resistenza, sta svolgendo il proprio incarico. Alcuni “democratici” potrebbero affermare che lo Stato detiene il monopolio della forza e che se questa è esercitata, anche attraverso la polizia, nel rispetto della legge che tutela i diritti dei cittadini, non vi è niente di male. In effetti questo sarebbe già un traguardo se si considera che spesso è proprio la forza pubblica ad intervenire in modo improprio ed illegale. Ma è possibile che un corpo chiuso e gerarchico possa accettare di perdere privilegi, impunità e potere? E soprattutto chi e cosa tutela la legge? La libertà oppure la proprietà? L’uguaglianza oppure l’autorità?

I fatti di Roma e quello che rappresentano, specie in un contesto di involuzione autoritaria come quello attuale, devono far riflettere. Dove può condurre la “democraticità” dello Stato e dei suoi apparati? Da quasi dieci anni nelle nostre città l’esercito, spesso con armi da guerra, pattuglia le strade. Cosa vogliamo vedere ancora prima di capire che non solo possiamo, ma dobbiamo, abolire la polizia, l’esercito, lo Stato?

DA

 

da umanità nova

http://www.umanitanova.org/2017/08/27/la-lezione-di-roma-sulla-polizia-democratica/

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