da umanitanova.org
Parte la guerra d’Africa: truppe in Libia, Niger e Tunisia
Il 17 gennaio la Camera ha approvato il rinnovo delle missioni militari all’estero. Oltre al rinnovo di quelle già in atto, è stato deciso un nuovo impegno strategico in Africa, per la difesa della sicurezza degli interessi nazionali. Libia, Niger (con intervento anche in Mauritania e Benin), Tunisia, Sahara Occidentale, Repubblica Centrafricana. Questi i paesi dove saranno inviate le truppe.
Gli interessi economici sono enormi. Il più noto è certo l’uranio in Nigeria, ma anche il mercato ampio e appetibile delle ex-colonie francesi (e non solo), un mercato che ha pure una moneta unica, il franco CFA, erede e continuatore della politica coloniale francese. Dalla Tunisia inoltre passa il gasdotto che porta in Italia il gas algerino.
Gli interessi politici sono altrettanto forti. Basti pensare al ruolo politico della presenza di un numero consistente di militari italiani in Tunisia finalizzato alla costruzione di un Quartier generale NATO. In un paese come la Tunisia, dove è ancora vivo l’insegnamento dell’insurrezione vittoriosa contro Ben Ali, dove le generazioni che hanno animato la “rivoluzione interrotta” non sono state schiacciate dalla repressione come in Egitto, dove ancora esistono le organizzazioni di base di donne e giovani disoccupati, dove attualmente sono in corso grandi proteste contro il carovita, represse nel sangue, dove ancora c’è la possibilità di un rovesciamento del governo sotto la pressione delle proteste popolari, inviare delle truppe costituisce un atto politico. Il Governo Italiano con le sue truppe fa da garante al Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità politica interna della Tunisia, la quale dovrebbe varare nuove riforme strutturali su richiesta del FMI.
Sia chiaro, mire neocoloniali e interessi italiani in Africa non sono mai finiti. L’invio delle truppe e l’avvio di una strategia militare sono però una nuova pericolosa e criminale impresa, un punto di non ritorno per una politica militare aggressiva. Anche questa volta, come nel passato monarchico e fascista, non ci sarà nessun “posto al sole”. La “salvaguardia degli interessi nazionali” non può far sperare in alcun effetto positivo diretto o indiretto per la grande maggioranza della popolazione, non ci saranno aumenti di salari, riduzioni dei canoni d’affitto o delle bollette, non ci sarà un aumento dei posti di lavoro, o dei servizi sociali e si continuerà ad andare in pensione sempre più tardi e si continuerà ad emigrare o a morire prima per colpa dei tagli alla sanità. Chi ci guadagnerà veramente, se ha fatto bene i propri calcoli, è la classe dirigente, gli industriali, i finanzieri, i generali. Se i calcoli sono sbagliati saremo comunque noi a dover pagare, con ulteriori sacrifici. Intanto le prime stime di spesa, solo per le nuove missioni africane, parlano di 118.798.581 euro. Che vanno ad aggiungersi al resto della spesa militare, per il 2017 64 milioni al giorno, per un totale di oltre 23 miliardi. A noi dunque resteranno solo tasche vuote, peggiori condizioni di vita e di lavoro e un aumento dei rischi e delle restrizioni connesse alla guerra: maggiore controllo sociale, restrizione delle libertà, militarizzazione del territorio, gerarchizzazione della società, repressione del dissenso, aumento della propaganda paranoide sul rischio terrorismo, coinvolgimento più o meno diretto nella guerra e nei suoi più tragici effetti.
Chi oggi alla Camera ha votato a favore dell’avvio delle nuove missioni, è responsabile dell’avvio ufficiale della nuova fase di ingerenza militare italiana in Africa. Ma questa decisione non è un’improvvisata, è stata preparata negli ultimi anni, quantomeno dalla partecipazione dell’Italia alla guerra d’aggressione alla Libia nel 2011, quando il governo tenne segreto il ruolo italiano nei bombardamenti aerei sul territorio libico. Quindi non è responsabilità del solo governo Gentiloni, ma di quel blocco PD-Forza Italia che con fasi alterne ha governato il paese negli ultimi 25 anni. Le politiche di guerra che hanno dato un nuovo “protagonismo internazionale” all’Italia tra anni ‘90 e 2000, hanno avuto come fautori e sostenitori personaggi che ora si presentano alle prossime elezioni arruolati in liste “alternative”, anche se fino a ieri erano arruolati nelle file del governo. Tra questi D’Alema, oggi esponente del Movimento Democratico Progressista, è il più noto, ma vi sono anche alcuni dei relitti di Rifondazione Comunista. Chi prima ha voluto e votato la guerra contro Federazione Jugoslava nel 1999 e chi ha sostenuto poi col voto parlamentare l’occupazione dell’Afghanistan, ha contribuito a preparare la nuova avventura coloniale dell’Italia.
Il fatto che il voto parlamentare su questioni di tale rilevanza sia avvenuto con una convocazione straordinaria della Camera dopo lo scioglimento del Parlamento in vista delle elezioni di marzo, in piena campagna elettorale, mostra quanto siano illusorie le pretese di rappresentanza diretta o di potere popolare, specie all’interno di queste istituzioni. Il Movimento 5 Stelle e Liberi Uguali, che avrebbero avuto per alcuni il “merito” di ottenere che la questione venisse sottoposta al voto parlamentare, hanno utilizzato il Parlamento come semplice tribuna di campagna elettorale.
L’urgenza di oggi, ora più che mai di fronte alle nuove missioni in Africa, è quella di partire dalle situazioni di lotta, dagli organismi di base, dalle realtà autogestite e solidali in cui siamo presenti per rilanciare un intervento antimilitarista nuovo, ancorato alle più calde questioni sociali, in una prospettiva rivoluzionaria di liberazione sociale. L’urgenza è opporsi alla guerra, alle varie forme in cui essa si riproduce a livello interno, specie in termini di militarizzazione e controllo sociale, così come alle missioni di guerra all’estero di cui le nuove missioni colonialiste in Africa sono l’ultimo e più grave sviluppo.
Dario Antonelli
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By collettivo
– Gennaio 17, 2018
da umanitanova.org
La guerra d’Africa al voto in Parlamento
Truppe in Libia, Niger e Tunisia
Da questa mattina (17 gennaio) alla Camera è in discussione per il voto il rinnovo delle missioni militari all’estero. Oltre al rinnovo di quelle già in atto, sarà deciso un nuovo impegno strategico in Africa, per la difesa della sicurezza degli interessi nazionali. Libia, Niger (con intervento anche in Mauritania e Benin), Tunisia, Sahara Occidentale, Repubblica Centrafricana. Questi i paesi dove il governo vuole inviare truppe. La decisione avrebbe già la maggioranza con il voto di PD e Forza Italia.
Gli interessi economici sono enormi. Il più noto è certo l’uranio in Nigeria, ma anche il mercato ampio e appetibile delle ex-colonie francesi (e non solo), un mercato che ha pure una moneta unica, il franco CFA, erede e continuatore della politica coloniale francese. Dalla Tunisia inoltre passa il gasdotto che porta in Italia il gas algerino.
Gli interessi politici sono altrettanto forti. Basti pensare al ruolo politico della presenza di un numero consistente di militari italiani in Tunisia finalizzato alla costruzione di un Quartier generale NATO. In un paese come la Tunisia, dove è ancora vivo l’insegnamento dell’insurrezione vittoriosa contro Ben Ali, dove le generazioni che hanno animato la “rivoluzione interrotta” non sono state schiacciate dalla repressione come in Egitto, dove ancora esistono le organizzazioni di base di donne e giovani disoccupati, dove attualmente sono in corso grandi proteste contro il carovita, represse nel sangue, dove ancora c’è la possibilità di un rovesciamento del governo sotto la pressione delle proteste popolari, inviare delle truppe costituisce un atto politico. Il Governo Italiano con le sue truppe fa da garante al Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità politica interna della Tunisia, la quale dovrebbe varare nuove riforme strutturali su richiesta del FMI.
Sia chiaro, mire neocoloniali e interessi italiani in Africa non sono mai finiti. L’invio delle truppe però, e l’avvio di una strategia militare sono una nuova pericolosa e criminale impresa, un punto di non ritorno per una politica militare aggressiva. Anche questa volta, come nel passato monarchico e fascista, non ci sarà nessun “posto al sole”. La “salvaguardia degli interessi nazionali” non può far sperare in alcun effetto positivo diretto o indiretto per la grande maggioranza della popolazione, non ci saranno aumenti di salari, riduzioni dei canoni d’affitto o delle bollette, non ci sarà un aumento dei posti di lavoro, o dei servizi sociali e si continuerà ad andare in pensione sempre più tardi e si continuerà ad emigrare o a morire prima per colpa dei tagli alla sanità. Chi ci guadagnerà veramente, se ha fatto bene i propri calcoli, è la classe dirigente, gli industriali, i finanzieri, i generali. Se i calcoli sono sbagliati saremo comunque noi a dover pagare, con ulteriori sacrifici. Intanto le prime stime di spesa, solo per le nuove missioni africane, parlano di 118.798.581 euro. Che vanno ad aggiungersi al resto della spesa militare, per il 2017 64 milioni al giorno, per un totale di oltre 23 miliardi. A noi dunque resteranno solo tasche vuote, peggiori condizioni di vita e di lavoro e un aumento dei rischi e delle restrizioni connesse alla guerra: maggiore controllo sociale, restrizione delle libertà, militarizzazione del territorio, gerarchizzazione della società, repressione del dissenso, aumento della propaganda paranoide sul rischio terrorismo, coinvolgimento più o meno diretto nella guerra e nei suoi più tragici effetti.
Chi oggi alla Camera voterà a favore dell’avvio delle nuove missioni, sarà responsabile dell’avvio ufficiale della nuova fase di ingerenza militare italiana in Africa. Ma questa decisione non è un’improvvisata, è stata preparata negli ultimi anni, quantomeno dalla partecipazione dell’Italia alla guerra d’aggressione alla Libia nel 2011, quando il governo tenne segreto il ruolo italiano nei bombardamenti aerei sul territorio libico. Quindi non è responsabilità del solo governo Gentiloni, ma di quel blocco PD-Forza Italia che con fasi alterne ha governato il paese negli ultimi 25 anni. Le politiche di guerra che hanno dato un nuovo “protagonismo internazionale” all’Italia tra anni ‘90 e 2000 hanno avuto come fautori e sostenitori personaggi che ora si presentano alle prossime elezioni arruolati in liste “alternative”, anche se fino a ieri erano arruolati nelle file del governo. Tra questi D’Alema, oggi esponente del Movimento Democratico Progressista, è il più noto, ma vi sono anche i relitti di Rifondazione Comunista. Chi ha voluto e votato la guerra contro Federazione Jugoslava nel 1999 e chi ha sostenuto poi l’occupazione dell’Afghanistan, ha contribuito a preparare la nuova avventura coloniale dell’Italia.
Il fatto che il voto parlamentare su questioni di tale rilevanza avvenga con una convocazione straordinaria della Camera dopo lo scioglimento del Parlamento in vista delle elezioni di marzo, in piena campagna elettorale, mostra quanto siano illusorie le proposte di rappresentanza diretta o di potere popolare, specie all’interno di queste istituzioni. L’urgenza di oggi, che passi o meno il voto delle nuove missioni africane, è quella di partire dalle situazioni di lotta, dagli organismi di base, dalle realtà autogestite e solidali in cui siamo presenti per rilanciare un intervento antimilitarista nuovo, ancorato alle più calde questioni sociali, in una prospettiva rivoluzionaria di liberazione sociale. L’urgenza è opporsi alla guerra, alle varie forme in cui essa si riproduce a livello interno, specie in termini di militarizzazione e controllo sociale, così come alle missioni di guerra all’estero di cui le nuove missioni colonialiste in Africa sono l’ultimo più grave sviluppo.
Dario Antonelli
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By collettivo
– Gennaio 17, 2018
Diserta la guerra
diserta le elezioni
Assemblea-dibattito
per rilanciare la lotta contro la guerra e contro ogni governo
Sabato 20 gennaio
h. 17:30
Presso la sede della FAL
in Via degli Asili 33, Livorno
I giovani sono una fetta di mercato appetibile, ricercati da chi vuole usarli e sfruttarli.
Anche il Presidente della repubblica Sergio Mattarella tiene presente questo businness e nel discorso di fine anno ha fatto appello ai ragazzi del ’99, che sono iscritti per la prima volta nelle liste elettorali, perché partecipino in massa alle elezioni.
Ha paragonato gli attuali ragazzi del ’99 con quelli della prima guerra mondiale, quando i nati nel 1899, non ancora diciottenni, vennero mandati al macello al fronte per fermare l’esercito austro-ungarico dopo la disfatta di Caporetto. Il paragone ci dice molto sulla considerazione che hanno le classi dominanti per le masse oppresse e sfruttate: esse contano solo come carne da cannone, e l’accostamento fra i nuovi elettori e i massacrati nelle trincee della guerra del 1915-1918 per la grandezza di Casa Savoia dovrebbe illuminare i giovani del 1999 sul destino che li attende.
Sulla stessa falsa riga Mattarella ha parlato del “lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa”. Ma ancora oggi in Ucraina è in corso un sanguinoso conflitto. I paesi europei in questi decenni sono comunque stati in guerra, Francia e Regno Unito soprattutto, dalla crisi di Suez alla guerra d’Algeria. Mentre l’Italia, proprio nel 1999, partecipa alla guerra contro la Federazione Jugoslava (Serbia), contro la Libia nel 2011, e oggi invia truppe di occupazione in Niger.
La pace dei padroni e dei governanti consiste solo nella possibilità di sfruttarci sempre di più.
Come le guerre sono immani massacri per la gloria dei generali, per l’arricchimento dei pescecani capitalisti e per il potere degli Stati, così le elezioni servono solo a consolidare il potere della borghesia. I giovani che andranno a votare per la prima volta riceveranno solo l’illusione di poter cambiare le cose.
Ogni volta che la democrazia ha minacciato gli interessi delle classi privilegiate, queste hanno usato tutta la violenza del potere che deriva dal monopolio della ricchezza per rovesciare il sistema democratico e imporre governi succubi del potere economico. Questa è l’origine del fascismo e del nazismo.
La Repubblica è basata sul lavoro, il lavoro è la fonte di ogni ricchezza di cui minoranze privilegiate si appropriano grazie all’ordinamento giuridico e alla proprietà dei mezzi di produzione.
I giovani del 1999, come i loro antenati di cento anni fa, aspirano ad una società più giusta e più libera, ma la partecipazione alle elezioni è uno degli inganni di cui si serve il Governo per mantenere l’attuale organizzazione sociale. L’astensionismo quindi è un primo segnale di insubordinazione, a cui deve seguire un impegno concreto per cambiare le cose.
Le menzogne di Mattarella sono uno strumento di governo. Gli uomini politici con l’inganno cercano di spingere le masse oppresse e sfruttate ad accettare l’oppressione e lo sfruttamento. D’altra parte la menzogna, per essere efficace, deve dare un’immagine distorta della realtà e delle intenzioni delle classi dominanti, degli obiettivi che intendono raggiungere con le loro menzogne.
Noi siamo di parte, dalla parte degli sfruttati e della rivoluzione sociale. La critica della visione offerta dalla comunicazione ufficiale è la premessa indispensabile alla critica dello sfruttamento e dell’oppressione, alla trasformazione sociale. I ragazzi del ’99 hanno già provato sulla propria pelle le contraddizioni dell’attuale formazione sociale; ora è bene che prendano coscienza delle possibilità che hanno di cambiarla, con l’azione diretta e l’autorganizzazione.
Federazione Anarchica Livornese – FAI
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– Gennaio 14, 2018
Roots And Culture, il reggae-benefit per Umanità Nova che si tiene a Pisa periodicamente dal gennaio del 2008 (quando vi fu la prima edizione al csa Rebeldia), per il decimo anniversario torna ai grandi spazi e va al Cantiere Sanbernardo (la chiesa sconsacrata che alcuni intenditori definiscono “il centro sociale più stiloso d’Italia”). Il programma di venerdì 12 gennaio prevede alle 18 un dibattito sull’informazione e la controinformazione ai tempi dei trolls a cui parteciperà un redattore di Umanità Nova e poi apericena vegetariana e musica reggae e dub fino a chiusura con Buska Sound e Roots Militant HiFi. Tutti i proventi della serata verranno versati a sottoscrizione di Umanità Nova
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By collettivo
– Gennaio 10, 2018
Il pifferaio del Quirinale
Il punto centrale del discorso che Sergio Mattarella, attuale presidente della repubblica, ha tenuto il 31 dicembre è l’appello ai ragazzi del ’99, che sono iscritti per la prima volta nelle liste elettorali, perché partecipino in massa alle elezioni.
Ha paragonato gli attuali ragazzi del ’99 con quelli della prima guerra mondiale, quando i nati nel 1899 vennero avviati al fronte per fermare l’esercito austro-ungarico dopo la rotta di Caporetto. Il paragone ci dice molto sulla considerazione che hanno le classi dominanti per le masse oppresse e sfruttate: esse contano solo come carne da cannone, e l’accostamento fra i nuovi elettori e i massacrati nelle trincee della guerra 15-18 per la grandezza di Casa Savoia dovrebbe illuminare i giovani del 1999 sul destino che li attende.
Del resto, anche la considerazione sul “lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa”, visto che ancora oggi in Europa, perché l’Ucraina è in Europa, è in corso un sanguinoso conflitto. Ma i paesi europei sono comunque stati in guerra, Francia e Regno Unito soprattutto, dalla crisi di Suez alla guerra d’Algeria, ma anche l’Italia che fra l’altro, proprio nell’anno in cui nascevano i nuovi elettori, partecipava alla guerra di aggressione contro la Federazione Jugoslava, e poi partecipava all’aggressione nei confronti della Libia.
La pace dei padroni e dei governanti consiste solo nella possibilità di sfruttarci sempre di più.
Come le guerre sono immani massacri per la gloria di assassini gallonati, per l’arricchimento dei pescecani capitalisti e il potere degli Stati, così le elezioni servono solo a consolidare il potere della borghesia. I giovani che andranno a votare per la prima volta riceveranno solo la speranza illusioria di poter cambiare le cose. Ogni volta che la democrazia ha minacciato gli interessi delle classi privilegiate, queste hanno usato tutta la forza e l’influenza che deriva dal monopolio della ricchezza per rovesciare il sistema democratico e imporre governi succubi del potere economico. Questa è l’origine del fascismo e del nazismo.
E’ bene inoltre che i giovani chiamati a sostenere questa infame baracca che chiamano Stato, non si facciano illusioni sui reali poteri dei rappresentanti del popolo. Lo Stato vive solo grazie al debito pubblico, cioè grazie ai finanziamenti che il sistema del credito, cioè l’oligarchia finanziaria, concede al Governo. Le tasse servono solo a pagare gli interessi su un debito pubblico sempre crescente. Ogni provvedimento del Governo ha bisogno di essere finanziato, il denaro viene fornito dal mercato, cioè dall’oligarchia finanziaria, che è la vera arbitra dell’azione del Governo. Qualunque sia la maggioranza che vince le elezioni, l’azione del Governo sarà finanziata nella misura in cui corrisponde agli interessi dei creditori.
Come dice giustamente Mattarella, partecipando alle elezioni si diviene protagonisti della vita democratica, ci si impegna a pagare un debito che altri hanno contratto per noi, che è stato usato a vantaggio di una minoranza privilegiata. La Repubblica è basata sul lavoro, il lavoro è la fonte di ogni ricchezza che minorane privilegiate si appropriano grazie all’ordinamento giuridico e alla proprietà dei mezzi di produzione.
I giovani del 1999, come i loro antenati di cento anni fa, aspirano ad una società più giusta e più libera, ma la partecipazione alle elezioni è uno degli inganni di cui si serve il Governo per mantenere l’attuale organizzazione sociale. L’astensionismo quindi è un primo segnale di ribellione, a cui deve seguire un impegno concreto per cambiare le cose.
Le menzogne di Mattarella sono uno strumento di governo.
Sostiene Francesco Guicciardini che uno Stato, per sopravvivere, ha bisogno di due cose: le armi e la religione. L’affermazione del Guicciardini è stata variamente tradotta: forza e consenso, coercizione e persuasione, Stato e Chiesa, o, nella versione anarchica, violenza e inganno.
Gli interventi degli uomini politici rientrano nella seconda categoria: con l’inganno cercano di spingere le masse oppresse e sfruttate ad accettare l’oppressione e lo sfruttamento. D’altra parte la menzogna, per essere efficace, deve dare un’immagine distorta della realtà e delle intenzioni delle classi dominanti, degli obiettivi che intendono raggiungere con le loro menzogne.
La critica di queste menzogne non è quindi solo un esercizio moralistico, il nostro scopo non è ristabilire la verità perché anche noi siamo uomini di parte, siamo dalla parte degli sfruttati e della rivoluzione sociale. La critica della visione offerta dalla comunicazione ufficiale è quindi la premessa indispensabile della critica dello sfruttamento e dell’oppressione, della trasformazione sociale. I ragazzi del ’99 hanno già provato sulla propria pelle le contraddizioni dell’attuale formazione sociale; ora è bene che prendano coscienza delle possibilità che hanno di cambiarla, con l’azione diretta e l’autorganizzazione.
Tiziano Antonelli
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By collettivo
– Gennaio 2, 2018
La strage è di Stato, la storia è collettiva
In occasione dell’anniversario della strage di Piazza Fontana e dell’assassinio di Giuseppe Pinelli, il Collettivo Anarchico Libertario e la Federazione Anarchica Livornese organizzano un dibattito presso la propria sede, in Via degli Asili 33, sabato 16 dicembre alle ore 17,30.
Il 12 dicembre 1969 scoppiano alcune bombe; quella posta nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, a Milano, fa 16 vittime. Le indagini si indirizzano subito verso il movimento anarchico e l’estrema sinistra. Migliaia di fermi e perquisizioni si svolgono in tutta Italia, alcuni giovani anarchici vengono arrestati.
La notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, dopo giorni di interrogatorio ininterotto, muore Giuseppe Pinelli. Verrà gettato dal quarto piano della Questura di Milano per simulare un suicidio.
Con l’assassinio del compagno Pinelli le istituzioni statali, mandanti della strage, intendevano mettere a tacere il movimento anarchico e attribuirgli la responsabilità della strage. Per anni gli anarchici, gli antifascisti, militanti di partiti e sindacati saranno impegnati nella controinformazione, nelle mobilitazioni di massa, nelle manifestazioni antifasciste represse inutilmente con violenza, che portarono alla morte del compagno Franco Serantini. Subissato dalla protesta sociale e dal crollo della montatura poliziesca, il Governo fu costretto a rilasciare i compagni ingiustamente carcerati e a riconoscere la loro innocenza, avviando processi inconcludenti contro i servi fascisti.
Oggi come ieri i fascisti sono sempre quelli delle bombe e delle violenze, contro le donne, i lavoratori, i disoccupati; sono quelli della disoccupazione, della miseria e della guerra, risultati della dittatura di Mussolini.
Oggi come ieri sono al servizio del governo che li protegge. Non si può battere il fascismo se non si batte il governo e la sua politica antiproletaria.
Oggi come ieri è possibile battere governo e fascisti con la controinformazione, la mobilitazione di massa, l’antifascismo militante.
Discutiamo insieme sabato 16 alle 17, 30 – in Via degli Asili 33
Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese
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– Dicembre 15, 2017
volantino che sarà distribuito al corteo organizzato dai comitati autorganizzati e dalle BSA
corteo sabato 18/11
ore 17 p. municipio
SOLIDARIETÀ E LOTTA
La notte tra il 9 e il 10 settembre ha segnato questo territorio e chi lo abita. Ha segnato coloro che nell’alluvione hanno perso qualcosa, in alcuni casi tutto. Ha segnato l’intera città, sia per lo sforzo di solidarietà concreta e spontanea che subito si è sviluppata, sia perché si è reso a tutti evidente la responsabilità e l’indifferenza dei padroni, delle istituzioni e delle autorità locali. Il vergognoso rimpallo di responsabilità tra Comune di Livorno e Regione Toscana non è stato che il primo atto del teatrino elettorale tra i partiti che si contendono il potere a livello locale e nazionale (PD, M5S, MDP), messo in scena mentre ancora alcune zone erano isolate e ancora si cercavano i dispersi.
L’alluvione ha mostrato quale sia la gestione del territorio che porta avanti chi ci governa: la mancanza di informazione ed interventi, sia in termini di prevenzione e manutenzione sia di interventi di messa in sicurezza idraulica, la cementificazione, la mancanza di previsione del rischio di incidenti industriali, gli effetti dell’inquinamento. Questo rende evidente a tutti come né le autorità e gli enti pubblici, né le compagnie private possano garantire la sicurezza idrogeologica del territorio, perché seguono il profitto e gli interessi delle classi privilegiate, che si scontrano sia con l’ecologia sia con la salute e la sicurezza delle persone.
E’ uno spettacolo già visto: in Liguria e a Carrara con l’alluvione, in Valsusa con la Tav, in Sicilia con il Muos, a Venezia con il Mose, nelle tante zone terremotate d’Italia, ma anche a Camp Darby, che con l’ampliamento programmato renderà ancora più pesante e pervasiva la propria presenza. Ovunque in nome dell’interesse, delle speculazioni e delle logiche di dominio il territorio subisce devastazione e saccheggio ai danni dell’ambiente e delle popolazioni.
Ma abbiamo anche visto l’opposizione costante, tenace e decisa di tanta parte della popolazione, che si organizza collettivamente per reagire a questa vergogna.
Anche Livorno ha reagito. Sosteniamo i comitati nati nelle zone alluvionate e tutte le iniziative di autorganizzazione e mutuo appoggio che possono, oltre a far fronte alle necessità contingenti, rappresentare un’alternativa. L’attività delle Brigate di Solidarietà Attiva in questo senso è molto significativa, perché è riuscita anche a far emergere attraverso indagini indipendenti il legame tra speculazione edilizia e riduzione delle aree per le casse d’espansione, nonché l’enorme rischio sanitario e ambientale costituito dalla contaminazione da idrocarburi nelle aree abitate di Stagno in seguito all’alluvione.
Partecipiamo alla manifestazione di sabato
Facciamo sentire la nostra rabbia contro le istituzioni responsabili della tragedia
Sosteniamo e partecipiamo alle iniziative autorganizzate di solidarietà
e per la messa in sicurezza del territorio.
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– Novembre 18, 2017
Sciopero Generale a Livorno
Oggi a Livorno circa 500 in piazza per il corteo organizzato da Unicobas e USB. Hanno preso parte alla manifestazione studenti e operai, lavoratori della scuola e portuali, disoccupati, precari e sfrattati che vivono nelle occupazioni. Da molti anni non si vedeva in città un corteo come questo, tanto partecipato e rappresentativo dell’opposizione al governo presente in città, sui posti di lavoro, nelle scuole. Da segnalare che alla MAGNA di Guasticce la direzione della fabbrica ha chiamato a lavorare gli interinali per sostituire i numerosi scioperanti e continuare la produzione.
Questa è una parte del comunicato a sostegno dello sciopero diffuso nei giorni scorsi dalla Federazione Anarchica Livornese e dal Collettivo Anarchico Libertario:
“Lo scorso 27 ottobre in molte città vi sono state manifestazioni di lavoratrici e lavoratori per lo sciopero generale convocato da USI-AIT, CUB e altre sigle sindacali […] Governo e sindacati servi tentano di illudere chi è sceso in piazza il 27, di calmare il malcontento sociale con misure temporanee, che permettano loro di superare lo scoglio delle elezioni politiche. Lo sciopero del 10 è un’occasione per dire ancora una volta a questi signori e ai padroni che vogliamo l’abbassamento dell’età della pensione, che sappiamo che è l’unica strada per risolvere il problema della disoccupazione giovanile, che i soldi promessi ai padroni siano usati per le pensioni e gli ammortizzatori sociali.
Questi scioperi possono costituire la base per costruire e rafforzare le lotte, per unire non solo e non tanto le sigle sindacali e politiche, ma soprattutto i diretti interessati, cementando legami di solidarietà tra gli sfruttati, contro le divisioni che il governo e molti partiti cercano di imporre. Contro le divisioni di categoria e di settore tra i lavoratori, contro la falsa contrapposizione tra giovani precari e anziani garantiti, contro il razzismo e la xenofobia che mirano a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. Uniti siamo tutto!”
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By collettivo
– Novembre 10, 2017
10 NOVEMBRE SCIOPERO GENERALE E MANIFESTAZIONE
Concentramento ore 9 Piazza Garibaldi
I sindacati Unicobas, USB e Cobas hanno proclamato lo sciopero generale nazionale contro le politiche economiche e sociali del governo Gentiloni, che peggiorano le condizioni di vita e di lavoro di tutte e tutti noi.
Agli studenti nelle scuole superiori viene imposta l’alternanza scuola-lavoro, centinaia di ore di lavoro non pagato, senza tutele, e spesso senza sicurezza, tanto che vi sono stati casi di incidenti, con studenti gravemente infortunati, durante l’alternanza. Il Governo vuole una scuola che insegni ad essere servi obbedienti. Il Governo promette lavoro e propone di ridurre a quattro anni il ciclo delle superiori, un bel risparmio!
Al contempo, paradossalmente, per i giovani l’accesso al lavoro non c’è, oppure è sottopagato, supersfruttato, saltuario e senza contratto. Per chi conclude o abbandona percorsi di istruzione le possibilità spesso sono: la disoccupazione, l’emigrazione, oppure condizioni di lavoro pessime, dopotutto “… di che ti lamenti, è già tanto che lavori!”
Intanto si allontana sempre di più il pensionamento per milioni di lavoratrici e lavoratori, con il pretesto dell’aumento dell’aspettativa di vita stanno portando a 67 anni e 7 mesi l’età in cui sarà possibile andare in pensione. In questo modo il Governo e Confindustria non solo risparmiano sulle pensioni, ma possono anche mantenere elevato il livello di disoccupazione, specie tra i giovani, in modo che siano più ricattabili e disposti ad accettare peggiori condizioni di lavoro.
La solidarietà e l’unione delle forze per migliorare le condizioni di vita, di studio e di lavoro di tutti e di tutte, per liberare le nostre vite, questa è la risposta che dobbiamo dare.
A Livorno Unicobas e USB hanno convocato alle ore 9 in Piazza Garibaldi un appuntamento per le lavoratrici e i lavoratori in sciopero, per i disoccupati, per gli studenti, per i pensionati, per tutti coloro che vogliono opporsi alle politiche autoritarie e di sfruttamento condotte da questo governo. Il 10 novembre saremo al fianco dei lavoratori della scuola, del porto, delle cooperative sociali, del trasporto pubblico, assieme ai disoccupati, per sostenere questa giornata di lotta, come Federazione Anarchica Livornese e Collettivo Anarchico Libertario.
Lo scorso 27 ottobre in molte città vi sono state manifestazioni di lavoratrici e lavoratori per lo sciopero generale convocato da USI-AIT, CUB e altre sigle sindacali, a Firenze oltre 200 lavoratori hanno partecipato ad un corteo in cui la presenza anarchica è stata forte e visibile.
Governo e sindacati servi tentano di illudere chi è sceso in piazza il 27, di calmare il malcontento sociale con misure temporanee, che permettano loro di superare lo scoglio delle elezioni politiche. Lo sciopero del 10 è un’occasione per dire ancora una volta a questi signori e ai padroni che vogliamo l’abbassamento dell’età della pensione, che sappiamo che è l’unica strada per risolvere il problema della disoccupazione giovanile, che i soldi promessi ai padroni siano usati per le pensioni e gli ammortizzatori sociali.
Questi scioperi possono costituire la base per costruire e rafforzare le lotte, per unire non solo e non tanto le sigle sindacali e politiche, ma soprattutto i diretti interessati, cementando legami di solidarietà tra gli sfruttati, contro le divisioni che il governo e molti partiti cercano di imporre. Contro le divisioni di categoria e di settore tra i lavoratori, contro la falsa contrapposizione tra giovani precari e anziani garantiti, contro il razzismo e la xenofobia che mirano a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. Uniti siamo tutto!
Federazione Anarchica Livornese
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Collettivo Anarchico Libertario
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By collettivo
– Novembre 9, 2017
Sciopero Generale!
Venerdì 10/11 ore 9 – Piazza Garibaldi Livorno
Agli studenti nelle scuole superiori viene imposta l’alternanza scuola-lavoro: centinaia di ore di lavoro non pagato, senza tutele, e spesso senza sicurezza, tanto che vi sono stati casi di incidenti, con studenti gravemente infortunati durante l’alternanza. Il Governo vuole una scuola che insegni ad essere servi obbedienti. Il Governo promette lavoro e propone di ridurre a quattro anni il ciclo delle superiori, un bel risparmio!
Al contempo, paradossalmente, per i giovani l’accesso al lavoro non c’è, oppure è sottopagato, supersfruttato, saltuario e senza contratto. Per chi conclude o abbandona percorsi di istruzione le possibilità spesso sono: la disoccupazione, l’emigrazione, oppure condizioni di lavoro pessime, dopotutto “… di che ti lamenti, è già tanto che lavori!”
Intanto si allontana sempre di più il pensionamento per milioni di lavoratrici e lavoratori, con il pretesto dell’aumento dell’aspettativa di vita stanno portando a 67 anni e 7 mesi l’età in cui sarà possibile andare in pensione. In questo modo il Governo e Confindustria non solo risparmiano sulle pensioni, ma possono anche mantenere elevato il livello di disoccupazione, specie tra i giovani, in modo che siano più ricattabili e disposti ad accettare peggiori condizioni di lavoro.
La solidarietà e l’unione delle forze per migliorare le condizioni di vita, di studio e di lavoro di tutti e di tutte, per liberare le nostre vite, questa è la risposta che dobbiamo dare.
Venerdì 10 novembre è sciopero generale, i sindacati Unicobas, USB e Cobas, hanno proclamato uno sciopero contro le politiche economiche e sociali del governo Gentiloni. A Livorno l’appuntamento è alle ore 9 in Piazza Garibaldi. Saremo in piazza per rafforzare legami di solidarietà tra gli sfruttati, contro le divisioni che il governo e molti partiti cercano di imporre. Contro le divisioni di categoria e di settore tra i lavoratori, contro la falsa contrapposizione tra giovani precari e anziani garantiti, contro il razzismo e la xenofobia che mirano a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. Uniti siamo tutto!
Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario
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– Novembre 9, 2017