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“Solo una voce da sponda a sponda” Incontro con Giacomo Sini

GIOVEDÌ 4 APRILE ORE 18
presso la FAL in Via degli Asili 33, Livorno
incontro con Giacomo Sini, compagno fotogiornalista
appena rientrato da una missione di salvataggio nel Mediterraneo Centrale a bordo della Life Support di Emergency

“Solo una voce da sponda a sponda”

È una chiamata d’aiuto, una chiamata di solidarietà, oltre ogni frontiera, per fermare le stragi nel mare. Una chiamata di lotta, contro i governi che chiudono nei nuovi lager migliaia di persone lungo le sponde del Mediterraneo e fanno del mare un grande cimitero. Addirittura le navi che svolgono attività di soccorso dei
naufraghi sono soggette a sempre più gravi restrizioni, mentre la politica dei porti lontani ha portato anche a Livorno le navi delle ONG ormai da quasi un anno e mezzo. Nonostante tutto questo c’è chi continua a spezzare le maglie delle frontiere, le persone in movimento non si fermano, la solidarietà continua.

Ore 18 incontro con Giacomo Sini e proiezione foto
Ore 20 aperitivo

Federazione Anarchica Livornese
cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it//apertura LUN GIOV dalle 16 alle 20

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29 marzo in Piazza Grande: FERMIAMO LA CORSA VERSO LA GUERRA NO MISSIONI ASPIDES E LEVANTE

VENERDÌ 29 MARZO ORE 17
SAREMO IN PIAZZA GRANDE
FERMIAMO LA CORSA VERSO LA GUERRA
NO MISSIONI ASPIDES E LEVANTE
Appena un mese fa, con tempi rapidissimi, il Governo ha fatto approvare dal Parlamento due nuove missioni, “Aspides” nel Mar Rosso e “Levante” nel Mediterraneo Orientale.
Aspides è una missione dell’Unione Europea il cui comando è affidato alla Grecia; l’Italia ha il comando tattico delle forze operative ed ha il proprio centro a bordo del cacciatorpediniere Caio Duilio. L’operazione riunisce ben quattro distinte missioni: oltre ad “Aspides”, la missione Atalanta targata UE a largo della Somalia, la multinazionale EMASOH nello stretto di Hormuz e le CMF (Combined Maritime Forces) a guida USA.
Gli organi di informazione ufficiali e la propaganda governativa si sono soffermati sugli aiuti “sanitari” alla popolazione civile per mascherare col pretesto umanitario quella che in realtà è un’operazione di rafforzamento della presenza militare italiana nel Mediterraneo orientale, in un contesto di guerra.
La rapidità con cui sono state autorizzate le nuove missioni e confermate quelle già attive, unita alla disinformazione e alle falsificazioni strumentali della propaganda, fa capire chiaramente che il governo punta ad avere mani libera nella gestione delle missioni militari. E’ stato infatti predisposto un disegno di legge per modificare le procedure di autorizzazione delle missioni militari. Secondo la nuova norma ci sarebbe una maggior flessibilità nell’impiego di uomini e mezzi , con autorizzazioni che potrebbero arrivare dal Parlamento anche dopo mesi dall’effettivo inizio delle missioni. L’autorizzazione inoltre verrebbe data non più a specifiche missioni da approvare singolarmente, ma ad operazioni su larga scala, secondo il criterio non del singolo intervento, ma di una campagna strategica complessiva ed articolata, come l’operazione di cui fa parte Aspides, definita “dispositivo multidominio”dal delirio bellico governativo.
Un passo dopo l’altro, con governi di diverso colore, l’impegno militare all’estero cresce: anziché occuparsi dei problemi del paese, il governo scodinzola dietro le avventure belliche delle potenze egemoni per soddisfare gli appetiti dei gruppi monopolistici e dell’industria bellica, per portare guerra e morte alle popolazioni. E mentre i tagli alle spese sociali sono sempre più disastrosi, le spese militari aumentano e le missioni assorbono oltre 1 miliardo e mezzo e di euro
FERMIAMO LA CORSA VERSO LA GUERRA
SMASCHERIAMO LA PROPAGANDA GOVERNATIVA
NO ALLE NUOVE MISSIONI ASPIDES E LEVANTE
BASTA MISSIONI MILITARI OVUNQUE
Il Coordinamento Antimilitarista Livornese invita ogni persona amante della pace all’impegno per fermare la marcia verso la guerra. Visto che in Parlamento maggioranza e opposizione approvano senza battere ciglio nuove spese e nuove avventure, spetta alle antimilitariste e agli antimilitaristi gettare sabbia negli ingranaggi delle politiche di guerra

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Un drone puntuale, Approvate le nuove missioni militari dell’Italia

articolo pubblicato su Umanità Nova del 17/’3/24

Un drone puntuale

Approvate le nuove missioni militari dell’Italia

Lo scorso 26 febbraio il Consiglio dei Ministri ha deliberato in merito alle missioni militari all’estero. In tempi record, neanche 10 giorni, il Parlamento ha discusso e approvato la delibera.

12000 militari saranno impegnati all’estero tra nuove missioni e missioni prorogate, per 1,5 miliardi di spesa. Negli anni scorsi tra la delibera del governo e l’approvazione parlamentare trascorrevano diverse settimane, anche mesi. Tempi che il governo ha cercato ulteriormente di accelerare, provando – senza riuscirci – a far passare l’approvazione in procedura di urgenza, per evitare la discussione nelle commissioni competenti. Certo a fare pressione sul parlamento c’è stata anche la raffica di sei colpi sparati dal cannone 72/67 Oto Melara del Cacciatorpediniere Caio Duilio che ha abbattuto un drone yemenita a 6 km di distanza. A ridosso della discussione parlamentare, il rischio di un’escalation militare e la martellante campagna sulla minaccia degli Huti per le navi italiane presenti nel Mar Rosso, ha reso necessario un inquadramento autorizzativo per la missione navale che l’Italia di fatto stava conducendo già da dicembre. Tutto ciò ha certo dato la possibilità di forzare con una approvazione in tempi record.

Le tre missioni approvate sono appunto la missione Aspides, missione navale nel Mar Rosso, la missione Levante, che si inserisce nel quadro della guerra a Gaza in Palestina, e la missione EUAM Ukraine. Considerato che questa ultima missione è in realtà attiva dal dicembre 2014 e l’attuale approvazione riguarda solo l’invio di un magistrato nel quadro di una missione europea di supporto al sistema di sicurezza, ci concentreremo soprattutto sulle prime due.

La missione Aspides, è una missione dell’Unione Europea, avviata nel mese di febbraio, il cui comando è affidato alla Grecia ed ha sede a Larissa, l’Italia è riuscita ad aggiudicarsi solo il comando tattico delle forze operative, di cui è stato incaricato il contrammiraglio Stefano Costantino e che ha il proprio centro proprio a bordo del Caio Duilio.

La nuova missione viene fatta passare come un nuovo impegno operativo all’interno di una più generale proroga di un “dispositivo multidominio”. La scheda sull’operazione riunisce infatti ben quattro distinte missioni, la già citata Aspides, la missione Atalanta targata UE a largo della Somalia, la multinazionale EMASOH nello stretto di Hormuz e la CMF a guida USA. Non è quindi specificato nella delibera governativa la precisa autorizzazione di uomini e mezzi per la missione Aspides, viene indicato l’impegno complessivo per le quattro missioni: 3 mezzi navali, 5 mezzi aerei, 642 unità di personale. Certo vedendo 3 navi impegnate su 4 diverse missioni viene da pensare ai famosi carri armati di Mussolini, ma ricondurre tutto a cialtroneria e propaganda – che certo non mancano – sarebbe fuorviante. In questo gioco delle tre carte c’è il chiaro tentativo di rendere più opaco il processo decisionale e meno definita la responsabilità per ogni singola missione. Una autorizzazione come questa lascia mano libera al governo per articolare le missioni in interventi diversi a seconda delle esigenze. Basti pensare all’area di intervento autorizzata per queste missioni, che è incredibilmente vasta: “Mar Mediterraneo, Mar Rosso e Paesi rivieraschi, Golfo di Aden, Mar Arabico, bacino somalo, Canale del Mozambico, Oceano Indiano, Stretto di Hormuz, Golfo Persico, Golfo di Oman, Bahrain, Gibuti, Emirati Arabi Uniti e altri Paesi rivieraschi”. Si tratta di quattro missioni navali di natura diversa e con regole diverse, che andrebbero inoltre ad interagire con missioni a terra.

In modo simile con la missione Levante è stato autorizzato un impegno militare molto generale, che ancora bisogna capire come si articolerà. La stampa ufficiale si è soffermata sui primi due punti degli obiettivi della missione, gli aiuti alla popolazione civile e la disposizione di un “ospedale da campo e una unità navale con capacità sanitaria”. Ma i secondi due non sono di solito menzionati: “misure precauzionali per l’eventuale evacuazione di connazionali o l’estrazione delle forze italiane dalla regione; rafforzare la presenza nel Mediterraneo Orientale”. Più che una missione di aiuto umanitario sembra una missione con lo scopo di consolidare la presenza militare nell’area e coordinare eventuali situazioni di emergenza collegate alla consistente presenza di contingenti italiani, che in misura diversa sono impegnati in Libano, Cisgiordania e Egitto. Per questa missione è autorizzato lo schieramento di un mezzo navale, un mezzo aereo, 10 mezzi di terra e 192 militari.

L’area di intervento è molto vasta anche in questo caso, e comprende “Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza, Libano, Egitto, Giordania, Cipro, EAU, Qatar e regione del Mediterraneo Orientale”.

Non credo si possa pensare che questi termini generici siano imposti dai tempi rapidi di approvazione, che al contrario necessiterebbero l’autorizzazione di un impegno più preciso e definito. Il modo in cui sono state predisposte le schede per queste due missioni sembrano anzi essere state in realtà ben preparate per anticipare le nuove procedure autorizzative per le missioni militari che il governo vorrebbe introdurre. La modifica alla legge 145 del 2016 che regola la materia è stata proposta dal governo con il DDL S. 1020, disegno di legge di riforma approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 25 gennaio. Tra i principali punti di questa proposta, ora all’esame delle Camere, segnaliamo innanzitutto quanto scritto nella relazione tecnica alla presentazione della proposta al Senato. La riforma introdurrebbe “Una maggior flessibilità nell’utilizzo degli assetti e delle unità di personale all’interno di missioni appartenenti alla medesima area geografica. Prevedendo in anticipo le possibili «interoperabilità » tra missioni nella stessa area e sottoponendole al vaglio preventivo delle Camere, la modifica consente di rispondere con maggior prontezza nell’eventualità di situazioni di crisi o emergenza, sempre più frequenti nell’attuale scenario internazionale”. Inoltre consentirebbe di “pre-individuare, attraverso le deliberazioni del Governo […] forze ad alta ed altissima prontezza operativa, da impiegare all’estero al verificarsi di crisi o situazioni di emergenza […] nell’ipotesi in cui si renda necessario l’impiego in via di urgenza delle forze ad alta ed altissima prontezza operativa, la deliberazione del Governo venga comunque trasmessa alle Camere, le quali, entro cinque giorni, con appositi atti di indirizzo, secondo i rispettivi regolamenti, ne autorizzano l’impiego o ne negano l’autorizzazione”.

Il primo punto, prevedendo una maggiore flessibilità renderebbe senza dubbio più opaca la politica delle missioni militari all’estero, rendendo più difficile comprendere la portata, le responsabilità e i limiti effettivi delle autorizzazioni. In questo modo si rende più facile al governo mescolare le carte, articolare in modo diverso le operazioni militari sfruttando la copertura di missioni già autorizzate con scopi vaghi e per aree molto vaste. Il secondo punto darebbe mano libera al governo di prendere l’iniziativa per una spedizione militare. Già questo avviene da anni, con missioni autorizzate dal Parlamento a mesi dall’effettivo avvio. Questo provvedimento con la scusa di riportare le procedure entro la norma, conferisce al governo maggiore potere.

Che il governo voglia estendere i poteri del governo, portando gli attuali eccessi nella legalità, e che presenti come effettivamente interoperative missioni che finora erano presentate come puntuali interventi condotti in modo autonomo, rappresenta in modo chiaro dove porti la politica di guerra che il governo sta portando avanti con l’appoggio trasversale delle principali opposizioni. Se le missioni non sono più singoli interventi ma una campagna strategica, se il governo non agisce in deroga, ma assume maggiori poteri, si fanno ulteriori passi verso la guerra aperta. A fermare questa spirale di guerra non saranno leggi e elezioni, ma le lotte sociali e l’antimilitarismo.

Dario Antonelli

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Inaugurazione Biblioteca – Presentazione “Il rovescio della guerra” e mostra antimilitarista

 

Riapre la Biblioteca del Circolo culturale “Errico Malatesta”
Inaugurazione Venerdì 15 marzo

Presso la sede della Federazione Anarchica Livornese
in Via degli Asili 33

Alle 17.30

Presentazione del libro
Il rovescio della guerra,
Psichiatria militare e “terapia elettrica” durante il Primo conflitto mondiale
Con l’autore Marco Rossi e con il Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud

MOSTRA ANTIMILITARISTA
con Vignette, illustrazioni, fumetti, collage, parole
Realizzata dalla Casa editrice LIBERA e SENZA IMPEGNI, Centro Studi CANAJA e Le LAB des CASTANEUX

La mostra sarà visibile negli orari di apertura della biblioteca fino a giovedì 4 aprile

Alle 20.30 aperitivo

Orario di apertura della biblioteca
Lunedì e giovedì dalle 16 alle 20
Giovedì mattina su appuntamento
biblioteca.circoloemalatesta@gmail.com

Circolo Culturale “Errico Malatesta”

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A processo per lo striscione “Verità e giustizia per Fares” – Solidarietà agli imputati

A processo per lo striscione
“Verità e giustizia per Fares”
Solidarietà agli imputati

A quasi tre anni dalla morte di Fares Shgater durante un controllo di polizia a Livorno, l’unico processo – ormai quasi concluso – è quello a carico di chi ha manifestato per la verità e la giustizia.
La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario reclamano l’assoluzione degli imputati e tornano a rivendicare verità e giustizia per Fares Shgater.

Martedì 5 marzo si terrà presso il Tribunale di Livorno l’ultima udienza del processo seguito alla manifestazione del 26 aprile 2021 che chiedeva verità e giustizia per Fares Sghater, morto a Livorno a 25 anni durante un controllo di polizia, annegato nella notte tra il 24 e 25 aprile 2021 nel Fosso Reale di fronte alla Fortezza Nuova. Il processo vede imputati due partecipanti alla manifestazione, tra cui un nostro compagno.

Non si può morire durante un controllo di polizia. In questi tre anni le istituzioni e i media ufficiali non hanno più dato alcuna risposta alla richiesta di verità e giustizia avanzata con forza dalle manifestazioni che si tennero in città subito dopo della morte di questo giovane. Al di là di come siano andati nello specifico i fatti, è chiaro che le politiche razziste instaurate in Italia dai governi che si sono succeduti negli ultimi trenta anni hanno creato una situazione tale per cui un cittadino straniero rischia durante un controllo di polizia che la sua vita precipiti improvvisamente per effetto di un provvedimento di rimpatrio, di un arresto, di una detenzione in un CPR, ma anche di ricatti, vessazioni e violenze da parte degli agenti.

La storia della morte di Fares è stata presto dimenticata e rimossa. L’unica cosa che sembra essere andata avanti in questi anni è il processo nei confronti di chi manifestava per far luce su una morte che aveva scosso la città. Una manifestazione che riuscì a esprimere a livello politico la rabbia che familiari, amici e connazionali di Fares provavano. La destra cittadina, confermando il proprio carattere provocatorio, il proprio razzismo e disprezzo di classe, organizzò, con il solo scopo di alimentare le tensioni, una contromanifestazione a pochi metri da dove si teneva la manifestazione per Fares. Quest’ultima si tenne poi senza particolari incidenti, tanto che una delegazione di manifestanti fu pure ricevuta dal questore.

La risposta delle istituzioni è stata però un processo ai manifestanti. Dopo pochi giorni dalla manifestazione un giovane connazionale di Fares è stato fermato, chiuso in un CPR e rimpatriato nel suo paese natale, la Tunisia. Per quello che sappiamo potrebbe non essere neanche a conoscenza di essere imputato in un processo a Livorno. L’altro imputato è un nostro compagno, accusato di aver collaborato a scrivere uno striscione che riportava “Verità e giustizia per Fares, No razzismo, No violenza della polizia” e, in un angolo, “acab”.

Un processo per oltraggio a pubblico ufficiale con l’accusa di aver collaborato a scrivere uno striscione sembrerebbe quasi una cosa ridicola, se questo processo non mettesse in discussione la libertà di espressione. Una censura inaccettabile che in caso condanna diventerebbe un vero e proprio caso repressivo.

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

03/03/24

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Pisa 2 marzo: in piazza con l* student*

Pisa 2 marzo: in piazza con l* student*

Martedì 27 febbraio, in un’assemblea cittadina molto partecipata sulle violenze della polizia del venerdì precedente, il Coordinamento studenti medi ha lanciato una manifestazione per sabato 2 marzo: “Pisa in piazza contro bombe e manganelli”.
Le manifestazioni contro il genocidio a Gaza sono state oggetto di divieti, calunnie ed aggressioni, culminate nelle manganellate di Pisa e Firenze del 23 febbraio. Il governo italiano sostiene apertamente Israele, a cui fornisce armi usate nel massacro degli abitanti di Gaza, e coglie ogni occasione per mettere a tacere le proteste.
Ma il malcontento cresce, sia per la politica di guerra all’estero, sia per quella di miseria e disoccupazione all’interno.
Non sarà la repressione poliziesca a fermare la voglia di scendere in piazza!
La Federazione Anarchica Livornese aderisce alla manifestazione e invita compagni e simpatizzanti, organismi di lotta ad essere presenti
– per denunciare la violenza poliziesca e le montature mediatiche e giudiziarie;
– per sostenere il movimento dell* student*;
– per fermare la politica di guerra del governo italiano, a partire dalle forniture di armi ad Israele e dalla missione militare nel Mar Rosso;
– per costruire un movimento di di lotta unitario e di massa, basato sul federalismo e l’azione diretta, che cominci a cambiare lo stato presente delle cose.

Ci troviamo sabato 2, alle 14.00, a Pisa in piazza Vittorio Emanuele

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In piazza contro tutte le guerre a Livorno – foto e resoconto del corteo

Oltre 200 persone hanno partecipato ieri sabato 24 febbraio alla manifestazione IN PIAZZA CONTRO TUTTE LE GUERRE organizzata dal Coordinamento Antimilitarista Livornese nell’anniversario dell’inizio della guerra su larga scala in Ucraina. Una piazza antimilitarista, contro l’imperialismo della NATO e della Russia, una piazza che ha ribadito lo stop all’invio di armi in Ucraina, il ritiro delle missioni militari italiane all’estero, la solidarietà internazionalista tra le classi oppresse e sfruttate contro i governi che vorrebbero mandarci al macello.
Eravamo in piazza anche il giorno prima a Livorno al corteo in solidarietà al popolo palestinese rispondendo ad un appello nazionale di solidarietà.
Due manifestazioni partecipate che hanno sollevato con determinazione una voce contro la guerra, anche in solidarietà con lx studentx manganellatx dalla polizia a Pisa e a Firenze venerdì 23. Le tante manifestazioni di venerdì e sabato in molte città sono una risposta chiara per respingere i manganelli del governo, affermare la libertà di manifestare e rilanciare la lotta contro la guerra.

 

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24 Febbraio a Livorno: IN PIAZZA CONTRO TUTTE LE GUERRE

CONTRO TUTTE LE GUERRE
Sabato 24 febbraio
PIAZZA GRANDE
ore 17

Scendiamo in piazza contro tutte le guerre anche a Livorno il 24 febbraio anniversario dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina.

In questi due anni sono cresciute le tensioni militari tra gli stati mentre si aprono nuovi sanguinosi scenari di guerra e si fa sempre più drammatica la situazione di Gaza in Palestina. In questo contesto cosa fa il governo italiano?

– Lancia nuove missioni di guerra spedendo due fregate nel Mar Rosso e assumendo la guida dell’operazione Aspides targata UE.
– Alimenta i sanguinosi conflitti in corso, con un nuovo invio di armi all’Ucraina, con la vendita di armi in tutto il mondo e con l’addestramento delle forze speciali delle dittature militari del Sahel.
– Stanzia altri miliardi per il settore militare. Aumenta gli effettivi delle forze armate di 10000 soldati e propone la costituzione di una riserva militare per prepararsi alla guerra in casa.
– Taglia i fondi all’UNRWA, affamando insieme agli Stati Uniti i profughi palestinesi il cui sostentamento dipende esclusivamente dagli aiuti internazionali

Il Coordinamento saluta tutte le iniziative che si muovono nell’ottica di fermare le guerre e di tutelare i popoli vittime di violenze. Invita a una presenza in piazza a Livorno il 24 febbraio e raccoglie l’invito a partecipare alle iniziative del 23 febbraio sulle questioni legate alla drammatica situazione della Palestina e alla crescita dei conflitti.

Crediamo che il nostro compito sia quello di agire concretamente per impedire al governo italiano di alimentare le guerre. Secondo i dati dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, aggiornati al 31 ottobre, i governi italiani avrebbero versato 11 miliardi di euro all’Ucraina. L’Italia inoltre ha dispiegato 3.500 militari in Europa Orientale, a sostegno dei governi autoritari che controllano l’area.

Scendiamo in piazza sabato 24 per:

– La cessazione dei finanziamenti e delle forniture di armi alle parti in conflitto
– Ritirare tutte le missioni militari all’estero, in particolare in Europa Orientale e nel Mar Rosso,
– Sostenere concretamente gli obiettori e i disertori di tutte le guerre

Coordinamento Antimilitarista Livornese

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ASSEMBLEA APERTA CONTRO TUTTE LE GUERRE VERSO IL 23 E IL 24 FEBBRAIO

ASSEMBLEA APERTA
VERSO IL 23 E IL 24 FEBBRAIO

martedì 13 febbraio, alle ore 21, in Via Modigliani 29/a, presso la Federazione di Livorno del PRC (g.c.)

Da tempo il Coordinamento Antimilitarista Livornese ha programmato per il 24 febbraio, anniversario dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina, una manifestazione contro tutte le guerre.

Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un intensificarsi delle guerre in molte parti del globo. Questo non può non preoccuparci e spingerci ulteriormente all’azione.

Il Coordinamento saluta tutte le iniziative che si muovono nell’ottica di fermare le guerre ad ogni costo e di tutelare i popoli vittime di violenze. Invita a una presenza in piazza a Livorno il 24 febbraio e raccoglie l’invito a caratterizzare anche la giornata del 23 sulle questioni legate alla drammatica situazione della Palestina e alla crescita dei conflitti.

Crediamo che il nostro compito sia quello di agire concretamente per impedire al governo italiano di alimentare le guerre.
Secondo i dati dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, aggiornati al 31 ottobre, i governi italiani avrebbero versato 11 miliardi di euro all’Ucraina. L’Italia inoltre ha dispiegato 3.500 militari in Europa Orientale, a sostegno dei governi autoritari che controllano l’area.

Seguendo le accuse del governo israeliano e accodandosi a quello di Washington, il governo italiano ha bloccato i sussidi all’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), mentre mantiene le missioni militari in Medio Oriente e nel Corno d’Africa. A questo si aggiunge la partecipazione, con un ruolo di primo piano, alla missione UE del Mar Rosso, infine l’Italia continua a vendere armi ad Israele.

Il Coordinamento Antimilitarista Livornese propone quindi di manifestare per l’immediata cessazione dei finanziamenti e delle forniture di armi alle parti in conflitto, riprendere i finanziamenti all’UNRWA, ritirare tutte le missioni militari all’estero, in particolare in Europa Orientale e nel Mar Rosso, sostenere concretamente gli obiettori e i disertori di tutte le guerre.

Per questo invitiamo a partecipare all’assemblea che si terrà martedì 13 febbraio, alle ore 21, in Via Modigliani 29/a, presso la Federazione di Livorno del PRC (g.c.)

Coordinamento Antimilitarista Livornese

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Libertà per tuttx lx antifascistx

da Umanità Nova n.4 del 4 febbraio 2024

Libertà per tuttx lx antifascistx

Tra poco sarà un anno che Ilaria Salis è incarcerata in Ungheria. Come lei sono agli arresti anche Tobias, Gabriele e Maja. Il primo, come Ilaria è detenuto in Ungheria, mentre le ultime due si trovano agli arresti da novembre in seguito addirittura ad un mandato europeo, rispettivamente in Italia e Germania. Private della libertà perché si sono opposte ad una marcia neonazista a Budapest. Negli scorsi mesi le notizie sulle terribili condizioni di detenzione a cui è costretta Ilaria – incatenata, privata pure di generi di necessità come di carta igienica e assorbenti – sono state riportate anche dai media ufficiali, sollevando finalmente una certa attenzione sul caso. Ma la cappa di silenzio su questa vicenda repressiva deve ancora essere rovesciata. Per questo è importante parlare della vicenda di Ilaria, Tobias, Gabriele e Maja e del contesto politico in cui si colloca di repressione internazionale dei movimenti antifascisti.

“Ilaria è detenuta da febbraio 2023 in un carcere di massima sicurezza a Budapest, in Ungheria, in condizione disumane. In occasione delle udienze viene tenuta al guinzaglio da un poliziotto e spostata con mani e piedi legati da una catena.” Così riporta il Comitato Ilaria Salis, nato nel dicembre scorso, con il primario obiettivo di ottenere il rientro Italia di Ilaria, che “rischia sedici anni di carcere – riporta sempre il Comitato – poiché accusata, durante una manifestazione neonazista, di aver fatto parte di un gruppo di persone che hanno effettuato un’aggressione in cui due uomini hanno subito lesioni, guarite in cinque-otto giorni. Una sproporzione inaccettabile”.

In effetti il messaggio del governo di Budapest è chiaro, le marce naziste non si toccano, mentre i militanti antifascisti devono essere perseguitati. Gli sgherri dei governi reazionari europei non devono essere disturbati nelle loro parate nostalgiche e cerimonie identitarie, la rete neonazista europea deve poter crescere in questi momenti aggregativi che consolidano i legami organizzativi. Questo non avviene solo nell’Ungheria di Orban – che solo ora viene definita regime dai media nostrani – succede anche in Italia, basti pensare alle commemorazioni ad Acca Larentia, addirittura mito fondativo della stessa classe di governo, o alle altre simili iniziative fasciste. Per questo Ilaria e altrx tre compagnx sono agli arresti, perché hanno osato dire no alla marcia annuale con cui a Budapest i nazisti di mezza Europa commemorano il “giorno dell’onore” una delle ultime battaglie combattute – e perse – dalle truppe naziste contro l’Armata Rossa l’11 febbraio del 1945. Nello stesso periodo di febbraio si tiene a Sofia in Bulgaria un altro raduno neonazista internazionale, la “Lukov marsh” marcia che celebra il generale Hristo Lukov, leader delle Legioni Nazionali Bulgare, formazioni naziste, ucciso dai partigiani bulgari il 17 febbraio 1943.

Sia in Ungheria sia in Bulgaria hanno una forte presenza le organizzazioni squadristiche o paramilitari neonaziste, che hanno in queste marce un importante momento di legittimazione.

Lo scorso 13 gennaio a Milano oltre un migliaio di persone hanno attraversato in corteo la città dietro lo striscione “Free all antifas” per chiedere la liberazione di Ilaria, Tobias, Gabriele e Maja. Il testo di convocazione. Una manifestazione importante, tanto più perché il 16 gennaio era fissata l’udienza della corte d’appello di Milano che doveva decidere in merito all’estradizione in Ungheria per Gabriele, udienza poi rinviata al 13 febbraio.

Il testo di convocazione della manifestazione parla chiaro: “In questo quadro generale, mentre l’Unione Europea sta valutando la possibilità di inserire i gruppi antifascisti nell’elenco di quelli indicati come terroristi, due compagni si trovano da febbraio 2023 in carcere in Ungheria. Entrambi sono coinvolti in un’inchiesta della polizia ungherese per degli attacchi subiti da alcuni neonazisti giunti a Budapest da tutta Europa durante il weekend del ‘giorno dell’onore’ […] Il castello accusatorio dei procuratori magiari non si limita però ai fatti accaduti a Budapest né ai giorni della commemorazione: nell’ambito di una sempre più fitta collaborazione tra Stati e polizie Europee, il tentativo degli inquirenti è quello di collegare le azioni avvenute in Ungheria ad un ben più ampio procedimento aperto in Germania a partire dal 2018: la cosiddetta inchiesta “AntifaOst” che vede imputati numerosi compagni e compagne tedesche accusate di aggressioni ai danni di esponenti di spicco del mondo neonazista tedesco. Il tentativo è quello di affermare l’esistenza di una fantomatica associazione criminale che avrebbe organizzato gli attacchi avvenuti in Ungheria.
Per questo motivo oltre a Ilaria e Tobias, detenuti a Budapest, la procura ungherese ha chiesto di spiccare 14 Mandati di Arresto Europei (MAE) nei confronti di altrettanti compagni tedeschi, italiani, albanesi e siriani. Molti di loro ad oggi non sono stati trovati. Gabriele, un compagno di Milano, si trova, invece, agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni dal 22 novembre, a seguito dell’esecuzione di uno di questi MAE. […] Abbiamo scelto di non delegare la lotta contro fascisti e nazisti a quegli apparati istituzionali democratici che non fanno altro che difenderli e legittimarli in nome di una millantata “libertà d’espressione”. Siamo convinti che i fascisti vadano combattuti in maniera diretta, in questo momento storico più che mai. Rivendichiamo le pratiche militanti e crediamo necessario attuarle ad ogni latitudine per fermare i gruppi nazisti. Anche nelle città italiane, se pur in maniera meno violenta che in altri contesti europei, i fascisti sono presenti e provano ad alzare la testa. Questi servi del capitale, finti ribelli utili solo a mantenere l’attuale ordine sociale, vanno fermati sul nascere! Ogni giorno nelle nostre lotte, nei nostri percorsi, scegliamo di stare con chi si oppone ai padroni, chi è sfruttato, chi subisce la repressione, chi resiste alle guerre imperialiste e decide di rispondere, con chi non delega la propria libertà.”

Eravamo in piazza il 13 a Milano partecipando al corteo ed è importante rilanciare iniziative per la liberazione dex compagnx agli arresti, e rilanciare la solidarietà internazionalista nella lotta contro il fascismo. È fondamentale in questo momento intensificare l’informazione e l’iniziativa per la liberazione di Ilaria, Tobias, Gabriele e Maja, un impegno da portare avanti per le settimane che verranno, dal momento che il 13 febbraio ci sarà l’udienza a Milano per l’estradizione di Gabriele e dal 29 gennaio è iniziato il processo ad Ilaria. Sono stati lanciati proprio in questi giorni gli appelli per le manifestazioni antifasciste che si terranno anche quest’anno in Ungheria e Bulgaria. A Budapest l’appuntamento è per il 10 febbraio alle 14:30 in Széll Kálmán Square con lo slogan “Stop glorifying the nazis!”. A Sofia lx antifascistx scenderanno in piazza invece il 17 febbraio al grido di “No nazis in our streets!”. Sostenere queste manifestazioni, anche da dove si vive, è il primo importante gesto di solidarietà.

Dario Antonelli

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