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SOLIDARIETÀ A KOBANÊ, IL RUOLO DEGLI ANARCHICI

DAF in Kobane

SOLIDARIETÀ A KOBANÊ

IL RUOLO DEGLI ANARCHICI

Nelle ultime settimane si sono moltiplicate in Italia, come in molti altri paesi europei, le iniziative di solidarietà con la resistenza di Kobanê. Gli anarchici stanno svolgendo un ruolo importante, non solo partecipando a manifestazioni di solidarietà e organizzando proprie iniziative di piazza, ma anche diffondendo notizie, creando momenti di dibattito e discussione, apportando al movimento di solidarietà il proprio specifico contributo. La Fedrazione Anarchica Italiana, con la mozione uscita dal convegno di Roma del 12 ottobre scorso, ha definito il proprio impegno a sostenere la lotta delle popolazioni della Rojava e le componenti libertarie che agiscono in quel contesto. Gli anarchici saranno in piazza sabato 1 novembre per partecipare alla giornata di mobilitazione globale in solidarietà a Kobanê che vedrà manifestazioni a Roma, Firenze, Torino, Milano e probabilmente anche in altre città. Gli anarchici saranno in piazza per sostenere le popolazioni della Rojava, contro ogni intervento imperialista, per una prospettiva rivoluzionaria e libertaria.

È ormai più di un mese che la città di Kobanê è assediata dalle truppe dello Stato Islamico (ISIS), una forza reazionaria che mira ad instaurare un regime autoritario e oscurantista, appoggiata e protetta dal governo turco, finanziata da Qatar e Arabia Saudita, che grazie agli USA negli ultimi anni di guerra in Siria ha assunto un ruolo sempre più importante nello scenario mediorientale. La resistenza di Kobanê è stata condotta principalmente dalle milizie del PYD (Partito di Unità Democratica, curdo, vicino al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) dotate quasi esclusivamente di armi leggere. Dal 2012 nella Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, è in atto la sperimentazione di forme di autogoverno ispirate al cosiddetto “confederalismo democratico”, che costituisce da quasi 10 anni la nuova base ideologica dei partiti curdi che fanno riferimento ad Abdullah Ocalan, il leader incarcerato del PKK. È per distruggere questo esperimento di democrazia radicale e per eliminare ogni possibilità di autonomia politica per le popolazioni curde che il governo turco sostiene lo Stato Islamico e durante l’assedio di Kobanê ha completamente isolato la città della Rojava, posta a ridosso del confine con la Turchia, schierando un ingente numero di uomini e mezzi dell’esercito lungo la linea di confine. In questo modo non solo il governo turco ha impedito il passaggio delle persone in fuga verso la Turchia dalla città assediata, non solo ha impedito che potessero giungere aiuti di qualsiasi tipo alla città di Kobanê, alla sua popolazione e ai combattenti, ma ha anche favorito il passaggio di aiuti e rinforzi per le truppe dello Stato Islamico. La strategia del governo turco faceva conto su una rapida vittoria dello Stato Islamico, quindi su una disfatta curda che avrebbe dato modo al Presidente turco Erdoğan di giocare la parte del liberatore con un intervento militare a Kobanê. Confidando nella caduta della città, il governo turco non ha mantenuto la promessa di aprire un corridoio di aiuti per Kobanê fatta al leader del PYD Salih Muslim in un incontro riservato. La determinata resistenza incontrata dallo Stato Islamico ha fatto saltare i piani di Erdoğan: la strategia fallimentare adottata per Kobanê ha condotto il governo turco in un vicolo cieco, portandolo di fatto a rompere le trattative per il processo di pace con il PKK. Per questo dal carcere Ocalan aveva lanciato il 5 ottobre al governo turco una sorta di ultimatum, annunciando che se non ci fossero stati passi avanti nelle trattative il processo di pace era da considerarsi interrotto.

Se da una parte la resistenza di Kobanê ha fatto naufragare la strategia del governo turco, dall’altra l’insurrezione che è scoppiata in Turchia tra il 6 ed il 9 ottobre, poi placata per l’intervento degli stessi partiti curdi, ha messo in evidenza le responsabilità del governo turco nel sostenere lo Stato Islamico.

Quella rivolta che è costata 46 morti e oltre 600 feriti tra i dimostranti e che ha posto sotto scacco il governo per quattro giorni, non ha avuto lo sbocco rivoluzionario che alcuni si aspettavano. In ogni caso ha dimostrato come la mobilitazione di massa possa avere la forza di ostacolare le strategie imperialiste. Se la rivolta fosse andata avanti la situazione in Turchia sarebbe sicuramente precipitata, anche per questo probabilmente gli USA hanno deciso l’8 ottobre di iniziare a fare effettivi bombardamenti contro le forze dello Stato Islamico e ad inviare modesti aiuti alle milizie che difendono Kobanê. Questo ha dato modo alla resistenza di contrattaccare e di riprendere possesso di alcune zone di Kobanê, allentando la pressione sul governo turco e permettendo che non si interrompesse definitivamente il processo di pace con il PKK.

Ma qual’è il nostro ruolo come anarchici in questo contesto?

Sappiamo che molti movimenti curdi affermano di aver adottato, con l’evoluzione del pensiero di Ocalan, nuove linee ideologiche basate sull’ecologismo, il femminismo, la democrazia radicale, ispirate anche ad alcuni pensatori libertari come Murray Bookchin. Questo rinnovamento ideologico assieme al superamento del marxismo leninismo, all’abbandono della prospettiva di indipendenza attraverso la creazione di uno stato-nazione, e all’approdo ad una forma di municipalismo, ha suscitato negli ultimi anni grande interesse tra intellettuali e attivisti libertari. Molti a ragione si interrogano sull’autenticità di questo rinnovamento politico, sul ruolo della figura di Ocalan, sull’organizzazione gerarchica che permane nei partiti curdi e su come tali partiti traspongano nei programmi e nell’effettiva azione politica queste nuove linee ideologiche. Queste domande non possono certo essere liquidate. Andiamo però adesso a concentrarci su un altro aspetto.

Sappiamo che nella Rojava sono effettivamente realizzate delle sperimentazioni di autogoverno, di autogestione e di autorganizzazione, e questo avviene non tanto e non solo per i pur positivi concetti libertari adottati dal PYD, ma per l’azione della popolazione stessa. Il nostro riferimento è l’azione collettiva degli sfruttati e degli oppressi nei processi rivoluzionari e l’intervento degli anarchici in questi contesti. Gli anarchici e i rivoluzionari non possono aspettarsi niente dal rinnovamento delle linee ideologiche di qualsivoglia partito. Per questo è importante rivolgere la nostra attenzione verso la componente anarchica di questa lotta. In questi anni in ambito curdo sono nati gruppi e giornali anarchici, come Qıjıka Reş, o forum di discussione come il Kurdistan Anarchist Forum, che cercano di portare un contributo anarchico nei movimenti curdi e tra la popolazione. Negli ultimi anni inoltre l’anarchismo in Turchia ha conosciuto un grande sviluppo, grazie anche all’irrompere sulla scena politica di tematiche come il femminismo e l’ecologismo, che il giovane movimento anarchico turco ha contribuito a sviluppare. Tra i gruppi anarchici in Turchia, il gruppo DAF (Devrimci Anarşist Faaliyet – Azione Anarchica Rivoluzionaria) di Istanbul è probabilmente il più influente. Il gruppo DAF è impegnato in questi mesi vicino a Kobanê, a Suruç e negli altri villaggi di confine in Turchia, partecipando alle assemblee nei villaggi, praticando l’azione diretta aprendo varchi nelle recinzioni poste sul confine per far passare i profughi verso la Turchia e gli aiuti verso Kobanê. Sono migliaia le persone che in queste settimane sono accorse lungo il confine per praticare la solidarietà e sostenere Kobanê scontrandosi con la polizia e la Gendarmeria. In questo contesto, oltre ai partiti curdi, svolgono un ruolo importante i gruppi della sinistra rivoluzionaria turca e gli anarchici. Senza questo intervento la città di Kobanê sarebbe rimasta davvero isolata e difficilmente avrebbe potuto resistere tanto a lungo.

Oltre a svolgere un importante ruolo negli aiuti, nella solidarietà e nella partecipazione alle catene umane di solidali che permettono la creazione di corridoi temporanei illegali per far passare i profughi e gli aiuti, gli anarchici del gruppo DAF diffondono le idee e le pratiche anarchiche tra la popolazione, e partecipano attivamente all’autogestione dei villaggi. L’intervento degli anarchici in quelle zone è orientato verso una prospettiva rivoluzionaria e si oppone ad ogni soluzione di tipo statale, consapevoli che la ricostituzione di un governo bloccherebbe ogni processo rivoluzionario.

Come anarchici possiamo dunque svolgere un ruolo significativo in questo contesto, praticando la solidarietà in senso internazionalista, sostenendo la prospettiva rivoluzionaria che come ancora una volta si presenta come unica alternativa alla guerra, alla reazione, alla devastazione portata dal capitale e dallo stato.

Dario Antonelli

Per supportare la popolazione in Kurdistan ed i profughi, l’Internazionale delle Federazioni Anarchiche si unisce all’iniziativa della DAF, gruppo anarchico in Turchia, e sta lanciando una nuova sottoscrizione. Invia le tue donazioni a Société d’Entraide libertaire (SEL) IBAN : FR76 1027 8085 9000 0205 7210 175 (indicando “DAF” nella causale).

 

Questo articolo è stato pubblicato sull’ultimo numero di Umanità Nova.

A Livorno puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna, il bar Dolcenera all’angolo tra Via della Madonna e Viale degli Avvalorati e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

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31/10 PRESIDIO: Sosteniamo le lotte dei lavoratori, contro le spese militari e la guerra

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SOSTENIAMO LE LOTTE DEI LAVORATORI

CONTRO LE SPESE MILITARI CONTRO LA GUERRA

 

PRESIDIO

Venerdì 31 ottobre

ore 17:30

Piazza Cavour

Anche quest’anno la Brigata Paracadutisti Folgore, nell’ambito della Festa della Specialità dei paracadutisti, commemora a Livorno, venerdì 31 ottobre, l’anniversario della battaglia fascista di El Alamein. Una parata nostalgica, con l’esposizione di armi e strumenti di morte. Una celebrazione della guerra passata e presente. Una celebrazione della rapina ai danni dei lavoratori e dei disoccupati, per finanziare le spese militari e l’impiego dei soldati in Italia nella militarizzazione delle città e contro le proteste come in Val di Susa, per sostenere il costo dei caccia F35 ed Eurofighter, per finanziare gli interventi militari all’estero, primi fra tutti quelli in medio oriente al fianco degli USA e dello stato d’Israele.

Quest’anno sono stati spesi dal governo italiano 5 miliardi di euro solo per l’acquisto di armamenti, di cui oltre un miliardo per gli Eurofighter e oltre 500 milioni per gli F35. Questi soldi sono solo una parte della ben più alta spesa complessiva per il settore militare, che nel 2012 ha toccato i 26 miliardi di euro.

In una città in cui aumenta il numero dei disoccupati e degli emigrati, in una città che proprio in questi mesi vede a rischio oltre 2000 lavoratori solo tra ENI e TRW, e molti altri impiegati in aziende che i padroni vogliono chiudere, questa “festa” non è altro che la celebrazione dell’attacco alle condizioni di vita e di lavoro di gran parte della popolazione, della negazione di libertà e diritti conquistati, imposta con la politica dei “sacrifici” dai governi degli ultimi anni, di cui il “Jobs-Act” di Renzi rappresenta solo l’ultimo esempio.

Dall’assemblea permanente dei lavoratori TRW contro la chiusura dello stabilimento decisa dalla direzione aziendale, allo sciopero in porto all’ALP per la salvaguardia dei posti di lavoro e il contratto, in queste settimane molte lavoratrici e lavoratori sono sono scesi in piazza o sono entrati in agitazione a Livorno, pur con modalità differenti ed in tempi diversi.

La lotta sui posti di lavoro e il sostegno ai lavoratori passa anche dall’opposizione alla celebrazione delle spese militari e della guerra fatta grazie ai “sacrifici” imposti ai lavoratori.

Per questo invitiamo tutte e tutti a partecipare ad un presidio contro le spese militari, contro la guerra, a sostegno delle lotte dei lavoratori.

Collettivo Anarchico Libertario

Federazione Anarchica Livornese

Rivolta il Debito – Livorno

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Foto del presidio in solidarietà con la resistenza di Kobane

OVUNQUE KOBANÊ, OVUNQUE RESISTENZA!

Alcune foto dal presidio di oggi in piazza grande a Livorno

 

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OVUNQUE KOBANÊ, OVUNQUE RESISTENZA! PRESIDIO MERCOLEDI 22

MERCOLEDÌ 22 OTTOBRE ORE 17:30

PRESIDIO IN PIAZZA GRANDE

 

OVUNQUE KOBANÊ, OVUNQUE RESISTENZA!

La lotta delle popolazioni della Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, ha dato vita a forme di sperimentazione più o meno ampie di autogoverno territoriale e di superamento dell’oppressione della donna che possono preludere ad un più vasto cambiamento sociale.

Per questo la città di Kobanê, nella Rojava, è sotto assedio ormai da un mese. Da una parte è assediata dalle milizie dello Stato Islamico (ISIS), forza reazionaria che mira ad instaurare un regime autoritario e oscurantista, dall’altra il governo turco ha schierato l’esercito al confine con la Rojava, impedendo il passaggio dei profughi e degli aiuti, lasciando però passare i combattenti dello Stato Islamico.

Esprimiamo sostegno e solidarietà alle popolazioni della Rojava e alla loro lotta.

Una solidarietà ed un sostegno che va innanzitutto alle componenti libertarie di questa lotta e che non può passare per un intervento militare delle potenze mondiali e regionali. Tali potenze hanno infatti mostrato di essere ostili alle popolazioni della regione ed alle loro istanze di emancipazione e libertà, per questo ci opponiamo a qualunque intervento militare da parte delle potenze che hanno mire imperialiste ed espansioniste nella regione.

In Turchia un’ampia mobilitazione in solidarietà alla resistenza di Kobanê ha assunto per alcuni giorni, tra il 6 ed il 9 ottobre, carattere insurrezionale. Questo ha mostrato come la forza della mobilitazione di massa possa interferire contro le strategie imperialiste. Le manifestazioni infatti hanno preso di mira in molte città i municipi, i palazzi governativi, ed in generale gli edifici pubblici e tutto ciò che rappresenta in Turchia il potere statale. Una vera e propria rivolta che non solo ha smascherato il ruolo del governo turco nel sostenere lo Stato Islamico, ma che ha fatto emergere il carattere politico dello scontro in atto a Kobanê.

Sono migliaia le persone che da settimane sono accorse al confine tra la Turchia e la Rojava per sostenere la popolazione di Kobanê, tra questi anche numerosi gruppi della sinistra rivoluzionaria ed anarchici. Appoggiamo gli anarchici che, come il gruppo DAF, stanno praticando la solidarietà attraverso l’azione diretta e stanno diffondendo in quelle regioni le idee e le pratiche anarchiche. Affinché prosegua l’esperimento di autogoverno nella Rojava e, con l’abolizione della proprietà privata e dello Stato, si apra la strada alla Rivoluzione Sociale.

È fondamentale sviluppare una campagna di informazione sulle dinamiche in corso, che spesso vengono del tutto nascoste e distorte dai media mainstream. Facciamo appello a tutte le compagne ed i compagni, a mobilitarsi in solidarietà all’esperienza delle popolazioni dei cantoni della Rojava. Un obiettivo di questa mobilitazione deve essere l’apertura delle frontiere intorno alla Rojava.

MERCOLEDÌ 22 OTTOBRE ORE 17:30

PRESIDIO IN PIAZZA GRANDE

Biji Berxwedana Kobanê!

Collettivo Anarchico Libertario – collettivoanarchico.noblogs.org – collettivoanarchico@hotmail.it

Federazione Anarchica Livornese – cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

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FAI: Solidarietà alle popolazioni della Rojava

Pubblichiamo la mozione sul Kurdistan uscita dal convegno della Federazione Anarchica Italiana che si è tenuto a Roma l’11 e il 12 ottobre.

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Il convegno, di fronte alla lotta delle popolazioni del Rojava che hanno dato vita – e per questo si trovano sotto attacco sia dell’ISIS sia dell’esercito turco – a forme di sperimentazione più o meno ampie di autogoverno territoriale e di superamento delle discriminazioni di genere che possono preludere ad una rivoluzione sociale, afferma la sua solidarietà ed il suo sostegno nei loro confronti. Una solidarietà ed un sostegno che va innanzitutto alle componenti libertarie di questa lotta e che non passa certo per un intervento militare delle potenze mondiali e regionali, che hanno mostrato di essere ostili alle popolazioni della regione ed alle loro istanze di emancipazione e libertà. Ritiene fondamentale in questa fase sviluppare una campagna di informazione sulle dinamiche in corso, che spesso vengono del tutto nascoste e distorte dai media mainstream. Invita individualità e gruppi della Federazione e di tutto il movimento di opposizione sociale a mobilitarsi in solidarietà all’esperienza delle popolazioni dei cantoni del Rojava. Un obiettivo di questa mobilitazione deve essere l’apertura delle frontiere intorno al Rojava.

Convegno nazionale della FAI

Roma, 11 e 12 ottobre 2014

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Sulle Sentinelle in Piedi: “Senti Nella in Piedi” comunicato e video

da senzasoste.it

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Pubblichiamo il seguente comunicato e il link al video prodotti dal collettivo “Mio il corpo Mia la scelta” e dall’Associazione Friend-LI

Lo scorso 5 ottobre in molte piazze d’Italia si sono tenute manifestazioni di protesta contro le iniziative promosse dalle “Sentinelle in piedi”, rete militante attiva nelle violente campagne omofobe e di difesa della famiglia tradizionale recentemente scatenate anche in Italia da settori clericali e fascisti.

In molte città come Torino, Bologna, Napoli, Pisa ed altre, comitati, associazioni, organizzazioni politiche, collettivi, centri sociali e singoli cittadini hanno contestato questa presenza, reagendo con fermezza, vivacità e decisione ad una iniziativa omofoba e fascista. La presenza a Bologna, tra le Sentinelle, di militanti di Forza Nuova che hanno esibito i loro simboli, mostra senza ombra di dubbio la matrice di questa campagna e quali sono le forze che la sostengono.

A Pisa, una manifestazione spontanea ha dato vita ad una vivacissima contestazione; la triste presenza delle Sentinelle è stata annullata dalla marea di cartelli, striscioni, slogan inneggianti alla libertà e alla autodeterminazione che hanno invaso l’intera piazza dei Cavalieri e la scalinata della Scuola Normale, tanto che gli omofobi hanno dovuto alla fine abbandonare la piazza.

Le Sentinelle in piedi, gruppo che si proclama “apartitico e aconfessionale” hanno in realtà collegamenti inequivocabili. Strettissimo e pressoché identitario il legame con Alleanza cattolica, che delle Sentinelle ha addirittura redatto il manifesto. Alleanza Cattolica è una formazione religiosa tradizionalista politicamente collocata nell’estrema destra, consorella e per certi versi omologa della setta brasiliana “Tradizione, famiglia Proprietà”. Nel suo programma di “resistenza alla scristianizzazione della società” operata da fronti “socialcomunisti e progressisti” spiccano perle quali la promozione di una campagna culturale per la creazione di un mito storico alternativo al Risorgimento laico e alla Resistenza comunista, l’esaltazione delle vittorie militari riportate dagli eserciti della cristianità sui musulmani, il giudizio positivo sulla dittatura di Pinochet, meritevole di avere ostacolato con il ricorso alla forza l’affermazione del comunismo in Cile.

Ma c’è, all’interno di questo tetro zoo, chi addirittura li considera troppo moderati, accusando elementi di Alleanza Cattolica di avere progressivamente abbandonato le posizioni lefebvriane per avvicinarsi sempre più alla politica vaticana. La critica viene da Forza Nuova, che presenzia spesso alle veglie delle Sentinelle per forzare in senso ancora più radicalmente omofobo e fascista, fornendo un “soccorso nero” che comunque , come Bologna ha dimostrato, è assai gradito alle Sentinelle.

Critici con Alleanza Cattolica anche i membri di Riscossa Cristiana, formazione ancora più integralista ed omofoba che si esprime contro le richieste di diritti da parte dei “lesbosodomiti” e contro la “dittatura omocomunista assistita oggi dalla benevolenza vaticana” . Insomma un mondo dell’orrore nutrito di fascismo e delirio tradizionalista che si contende l’egemonia dell’oscurantismo anche utilizzando la presenza di piazza delle Sentinelle. Sentinelle che, da parte loro, si propongono in modo solo apparentemente minimalista e innocuo; infatti manifestano inquadrate in assetto paramilitare, tengono un contegno d’ispirazione militaresca, uniformando la postura e la comunicazione, ridotta al minimo per osservare la consegna del silenzio, rispondendo con una formula standard alle interviste. Insomma, sono l’espressione nemmeno tanto dissimulata dei loro padroni.

L’azione dei cattolici ultratradizionalisti e reazionari si è intensificata in questo periodo in occasione dell’apertura dei lavori del sinodo dei vescovi sulla famiglia, a cui ha fatto pronto riscontro la direttiva di Alfano sul divieto della trascrizione dei matrimoni gay. La campagna omofoba ha comunque un ambito più esteso e un carattere estremamente pervasivo. Ne è un esempio l’enorme attenzione rivolta al settore della scuola e la scandalosa vicenda dei progetti educativi attivati dalla Regione Toscana lo scorso anno.

Dando seguito alle reiterate sollecitazioni dell’Unione Europea e alle conseguenti linee guida emanate dal governo italiano sulla “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”, la Regione Toscana aveva finanziato, nello scorso anno scolastico, il progetto “Omofobia, transfobia e bullismo” da realizzare all’interno delle attività di educazione alla salute, affidandone il coordinamento all’Associazione Avvocatura per i Diritti LGBT – Rete Lenford. L’iniziativa è stata duramente contestata dai circoli toscani de La Manif pour tous (associazione ultratradizionalista e omofoba sorta come filiazione della omonima francese collegata alla destra di Marine Le Pen) che hanno accusato il progetto di introdurre nella scuola l’ideologia del gender, ovvero la legittimità della soggettiva percezione della propria identità sessuale svincolata dalla realtà corporea sessuata della persona. Si è unita alla protesta contro il progetto regionale anche l’AGE, Associazione Italiana Genitori, a nome di un forum delle associazioni delle famiglie prevalentemente cattoliche (FONAGS), che hanno lamentato di non essere state consultate per la definizione del progetto. Il Ministro Giannini, nella scorsa primavera, in seguito alle pressanti sollecitazioni di questi settori, ha disposto la sospensione del progetto e il ritiro del materiale informativo destinato agli insegnanti. Manif pour tous e l’AGE hanno utilizzato la posizione di forza assunta in questa campagna per rivendicare il monopolio esclusivo della famiglia sull’educazione dei figli, soprattutto su temi eticamente rilevanti. La rivendicazione, sostenuta anche da una proposta di legge della senatrice PDL Roccella, mira pericolosamente a bloccare nelle scuole progetti di educazione alla salute, di educazione sessuale, di prevenzione di dipendenze etc. riducendo l’autonomia dello spazio educativo e imponendo una visione rigidamente familistica e un controllo confessionale sulla scuola pubblica.

La situazione è chiara. L’attacco all’autodeterminazione delle persone e dei loro corpi non accenna quindi a diminuire: sentenze choc riguardanti stupri e violenze di genere, trend dei femminicidi in aumento, pillole del giorno dopo negate da “scrupolose” e ignoranti obiettrici di “coscienza”, progetti di educazione alla salute e alla sessualità bloccati , libertà di espressione invocata a caso, il ministro dell’interno che si arroga il diritto di mettere bocca sui registri civili e molto altro….

Contestare questi gruppi (Sentinelle in piedi, Manif pour Tous, etc.) non è un dovere soltanto per i gruppi LGBT e femministi ma anche per tutt* coloro che si dichiarano antifascist* e che combattono contro discriminazioni e ingerenze nella vita delle persone.

Noi non ci fermeremo…

Collettivo Mio il corpo mia la scelta

Associazione Friend-LI

Di seguito l’appassionante, quanto esilarante, intervista rilasciata a Pisa il 5 ottobre dalla sentinella

Nella Senti all’Associazione Friend-LI e al collettivo livornese Mio il corpo Mia la scelta.

Guarda il video

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Ovunque Kobanê, ovunque resistenza!

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Ovunque Kobanê, ovunque resistenza!

Nelle scorse settimane si sono intensificate in Turchia le manifestazioni in solidarietà con la popolazione di Kobanê città della Rojava, il Kurdistan occidentale in territorio siriano, assediata da circa un mese dalle milizie dello Stato Islamico. Da lunedì 6 ottobre, mentre le forze dello Stato Islamico (ex ISIS) iniziavano a penetrare nella città assediata, le proteste si sono diffuse in molte città turche con l’obiettivo di estendere la resistenza di Kobanê. Questo ha significato innanzitutto colpire chi in Turchia sostiene e protegge lo Stato Islamico. Le manifestazioni hanno dunque assunto un vero e proprio carattere antigovernativo, contro il governo turco che continua a foraggiare lo Stato Islamico, bloccando allo stesso tempo al confine il passaggio di profughi verso la Turchia e il passaggio di aiuti verso Kobanê. Chi parla di proteste per sollecitare l’intervento turco a Kobanê distorce la realtà dei fatti. Infatti con lo slogan “Kobanê è ovunque, ovunque è resistenza!” è iniziata invece una vera e propria rivolta.

I media italiani non hanno dato quasi nessuna copertura a queste proteste, limitandosi a fornire il tragico conto dei morti, oltre 30 in una settimana.

Molti di questi sono stati usccisi dalla polizia, colpiti da candelotti lacrimogeni o dai proiettili mortali sparati sulla folla dalle forze di sicurezza in alcune città. Infatti la polizia che già nei giorni precedenti aveva impiegato contro i manifestanti la violenza più brutale, cercando di sciogliere ogni genere di manifestazione, con l’intensificarsi delle proteste ha iniziato ad intervenire con ancora più violenza contro i dimostranti, con l’uso di lacrimogeni, idranti, proiettili sia di gomma che mortali.

Tuttavia gran parte dei morti è rimasta uccisa in seguito ad attacchi di “civili armati” contro i dimostranti e negli scontri che sono spesso seguiti a queste aggressioni. Tra i responsabili di alcuni di questi attacchi armati contro i manifestanti, in particolare a Diyarbakır, ci sarebbero militanti dell’Hüda-Par, partito islamico legato all’organizzazione sunnita radicale Hizbullah (da non confondersi con il partito sciita libanese Hezbollah) presente nel Kurdistan turco. In effetti anche in molte altre città della Turchia e pure ad Istanbul islamisti armati hanno provocato o direttamente attaccato le manifestazioni in sostegno a Kobanê, affiancando spesso la polizia. In piazza è scesa anche la destra ultranazionalista assaltando, ad Istanbul ed in altre città, le sedi del partito curdo BDP.

La partecipazione alle proteste, nonostante la dura repressione, è stata ampia e numerosa, riuscendo a riunire forze molto diverse. Erano presenti in piazza partiti e movimenti curdi, gruppi che supportano i profughi e organizzano la solidarietà con la popolazione di Kobanê, gruppi e partiti della sinistra rivoluzionaria turca che da anni sostiene le lotte del popolo curdo, gruppi anarchici, organizzazioni di donne e anche alcune organizzazioni della sinistra repubblicana. Ma soprattutto nelle piazze si sono viste tante persone che senza appartenere a nessun gruppo o partito si univano alle proteste, soprattutto molti curdi. Mentre le proteste si sono estese in decine di città turche migliaia di persone si sono dirette da tutta la Turchia verso il confine, in particolare nei pressi della cittadina turca Suruç a poco più di dieci kilometri da Kobanê. Sul confine infatti, dalle scorse settimane, sono presenti molti solidali che, praticando l’azione diretta, si frappongono tra le forze di sicurezza turche ed i profughi, aprono varchi nelle recinzioni sul confine per far passare i profughi e gli aiuti, organizzano sia sul confine che nel territorio del Rojava, veri e propri gruppi di “scudo umano” per difendere le popolazioni di Kobanê in fuga. Centinaia di persone sono impegnate in queste azioni, e tra loro, assieme ad altri gruppi della sinistra rivoluzionaria turca, ci sono anche molti anarchici, tra cui il gruppo DAF (Devrimci Anarşist Faaliyet).

In questa situazione il primo ministro turco Davutoğlu ed il Presidente della Repubblica Erdoğan potrebbero trovarsi in grande difficoltà. Le proteste nelle città curde della Turchia hanno infatti raggiunto tra il 6 ed il 9 ottobre un livello di scontro molto elevato, di carattere di fatto insurrezionale, dimostrando la forza della mobilitazione di massa. Sono state assaltate banche, supermercati, sedi del partito di governo AKP, abitazioni di governatori e sindaci, palazzi istituzionali, scuole. Sono oltre cento i palazzi pubblici dati alle fiamme. Inoltre sono state bruciate bandiere turche ed in alcune città sono state danneggiate o distrutte statue di Atatürk. La risposta dello Stato turco è andata ben oltre la semplice repressione poliziesca. Infatti in ben 6 province orientali tra cui Diyarbakır, la principale città del Kurdistan turco, era stato stato imposto per alcuni giorni il coprifuoco e l’esercito è stato schierato nelle strade delle città con mezzi blindati, carri armati e truppe. Provvedimenti d’emergenza di così ampia portata non si vedevano dall’inizio degli anni ’90. In tale contesto Kılıçdaroğlu, leader del CHP, il principale partito dell’opposizione nazionalista laica “kemalista”, aveva duramente attaccato la linea politica di Erdoğan e dell governo AKP arrivando a dire “credo che l’esercito non voglia intervenire in Siria”. Un’affermazione da leggere come un ammonimento al governo, che secondo Kılıçdaroğlu potrebbe non essere in grado di controllare l’esercito. Il coprifuoco in questo momento è cessato da qualche giorno, ma per le forze militari che si trovano nelle regioni sud orientli della Turchia sono arrivati rinforzi significativi, tra cui almeno una dozzina di carri armati.

Dai fatti delle ultime settimane emerge il carattere politico della battaglia in atto a Kobanê. Il presidente turco Erdoğan sperava in una rapida disfatta dei curdi a Kobanê per entrare in Siria da “liberatore” e stabilire lungo il confine una fascia militarizzata di 25 km in territorio siriano. Questo non solo avrebbe cancellato per i curdi ogni possibilità di autonomia nell’organizzazione sociale e nella difesa, ma avrebbe aperto una nuova fase di oppressione e dipendenza. Ma la resistenza di Kobanê non si è arresa, anzi si è estesa a tutta la Turchia, un’estensione insurrezionale del conflitto che ha assunto un chiaro carattere politico e che fa pensare che con un’eventuale caduta di Kobanê nelle mani dello Stato Islamico la situazione in Turchia potrebbe davvero precipitare. Probabilmente è anche questo possibile scenario che aveva spinto gli USA a intervenire nella giornata di mercoledì 8 ottobre con alcuni bombardamenti contro l’ISIS nella zona di Kobanê. Dal 10 ottobre la rivolta è almeno in parte rientrata, sia per la durissima repressione militare dello Stato sia per i richiami alla calma dei partiti curdi BDP e HDP e dei principali partiti di sinistra. Tuttavia per ora le proteste in Turchia continuano, confrontandosi ancora con una durissima repressione, sabato 11 ottobre i manifestanti ad Istanbul hanno marciato verso Piazza Taksim, affrontando la polizia ed inneggiando alla resistenza di Kobanê e della Rojava. La situazione è in continua evoluzione ed è difficile capire quali saranno gli sviluppi, certo è che la resistenza continua, a Kobanê ed ovunque.

Dario Antonelli

 

Questo articolo uscirà sul prossimo numero del setimanale anarchico Umanità Nova

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Comunicato DAF: La rivoluzione vincerà a Kobane!

riceviamo e pubblichiamo

 

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Comunicato del gruppo DAF

08/10/2014

 

La Rivoluzione vincerà a Kobanê!

I nostri Compagni nel villaggio di Boydê riportano:

È il ventiquattresimo giorno di attacchi dell’ISIS contro Kobanê. Mentre le forze che difendono la popolazione in ogni villaggio di confine sono gli “scudi umani” che fanno da sentinelle conro gli attacchi dell’ISIS, tutti, ovunque nella regione in cui viviamo, si sono sollevati per non lasciar cadere Kobanê.

Abbiamo partecipato allo scudo umano/sentinella per circa tre settimane nel villaggio di Boydê a ovest di Kobanê. Negli ultimi due giorni, le esplosioni ed i rumori degli scontri si sono intensificati nei distretti periferici e nel centro cittadino. In questo periodo di intensi scontri, le forze militari hanno aumentato i propri attacchi contro gli scudi umani/sentinelle presso i villaggi di confine. I soldati dello Stato turco hanno attaccato con bombe lacrimogene coloro che si avvicinavano al confine da entrambe le parti, incluso il villaggio in cui ci trovavamo, che è stato attaccato martedì.

I soldati hanno anche usato qualche volta proiettili mortali nei loro attacchi, ed hanno ferito alcune persone.

Questi attacchi contro i villaggi di confine ci mostrano in modo specifico come alle forze dell’ISIS sia permesso passare attraverso il confine. Il supporto della Repubblica di Turchia all’ISIS è chiaramente visibile qua come là. Ovviamente non è l’unica cosa ad essere chiara. Abbiamo saputo che uno dei leader dell’ISIS che comanda l’attacco su Kobanê è stato ucciso dalle forze YPJ/YPG. Intanto oggi gli scontri sono stati più intensi che negli scorsi giorni e sono continuati per tutta la giornata. I rumori degli scontri non si sono in gran parte mai fermati oggi. Comunque ora sappiamo che le esplosioni sono fatte dalle forze YPJ/YPG. È stato riportato che le forze YPJ/YPG hanno tatticamente svuotato le strade del centro di Kobanê, tendendo una trappola all’ISIS, neutralizzandoli con tattiche che hanno avuto successo.

Tutti sono eccitati dalle cose che vengono dette alle assemblee del villaggio; una di queste è la paura dell’ISIS per le donne guerrigliere. L’ISIS rappresenta lo stato, il terrore, il massacro e anche il patriarcato ovviamente. Poiché a causa del proprio credo non possono diventare i cosiddetti “martiri” quando sono uccisi dalla donne guerrigliere, le combattenti delle YPJ, hanno paura di incontrare le forze delle YPJ. Perché quando incontrano loro, le donne che combattono contro di loro non mostrano pietà per la sorte dell’ISIS. Questa è libertà contro il patriarcato creata dalle combattenti YPJ.

La ribellione che sorge in tutto il Kurdistan e in tutte le città dell’Anatolia negli ultimi due giorni, ci fa sentire l’invincibilità del popolo organizzato. Queste ribellioni aumentano la fiducia nella rivoluzione per tutti a Kobanê, nei villaggi al confine di Kobanê, e din tutta Rojava. Ogni volta che cade una sorella o un fratello, tuttavia noi sentiamo un dolore che intensifica la rabbia e la forza di ciascuno. Funerali che iniziano colpendo le ginocchia, gettandosi nella danza halay, colpendo con i piedi il terreno velocemente e con tanta forza da rompere la terra. Quindi il nostro dolore scoppia in rabbia, in modo veloce e forte.

Questo proprio quello di cui tutti hanno bisogno qui. Per la libertà e la rivoluzione

che è ardentemente desiderata, nonostante tutto.

Lunga vita alla Resistenza Popolare di Kobanê!

Lunga vita alla Rivoluzione Popolare di Rojava!

Lunga vita alla nostra Azione Anarchica Rivoluzionaria!

Azione Anarchica Rivoluzionaria – DAF ( Devrimci Anarşist Faaliyet)

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La resistenza si estende, rivolta in Turchia

ovunque kobane

Nel fine settimana si erano già intensificate in Turchia le manifestazioni in solidarietà con la popolazione di Kobanê; ma da lunedì scorso, mentre le forze dello Stato Islamico iniziavano a penetrare nella città assediata, le proteste si sono diffuse in molte città turche con l’obiettivo di estendere la resistenza di Kobanê. Le manifestazioni hanno quindi assunto un carattere antigovernativo, contro il governo AKP che continua a sostenere e proteggere l’ISIS, bloccando al confine il passaggio di profughi verso la Turchia e il passaggio di aiuti verso Kobanê. Chi parla di proteste per sollecitare l’intervento turco a Kobanê distorce la realtà dei fatti. Infatti con lo slogan “Kobanê è ovunque, ovunque è resistenza!” è iniziata una vera e propria rivolta con lo scopo di estendere la resistenza anche in Turchia, innanzitutto contro il governo di Erdoğan che protegge lo Stato Islamico.

I media italiani non hanno dato quasi nessuna copertura a queste proteste, limitandosi a fornire il tragico conto dei morti, che solo nelle giornate di martedì e mercoledì sembrano essere più di venti.

Molti di questi sono stati usccisi dalla polizia, colpiti da candelotti lacrimogeni o dai proiettili mortali sparati sulla folla dalle forze di sicurezza in alcune città. Infatti la polizia che già nei giorni precedenti aveva impiegato contro i manifestanti la violenza più brutale, cercando di sciogliere ogni genere di manifestazione, da lunedì sta attaccando con ancora più violenza i dimostranti, con l’uso di lacrimogeni, idranti, proiettili sia di gomma che mortali.

Una parte dei morti è rimasta uccisa in seguito ad attacchi di “civili armati” contro i dimostranti e negli scontri che sono spesso seguiti a queste aggressioni. Tra i responsabili di alcuni di questi attacchi armati contro i manifestanti, in particolare a Diyarbakır, ci sarebbero militanti dell’Hüda-Par, partito islamico legato all’organizzazione sunnita radicale Hizbullah (da non confondersi con il partito sciita libanese Hezbollah) presente nel Kurdistan turco. In effetti anche in molte altre città della Turchia e pure ad Istanbul islamisti armati hanno attaccato o provocato le manifestazioni in sostegno a Kobanê, affiancando talvolta la polizia. In piazza è scesa anche la destra ultranazionalista attaccando, ad Istanbul ed in altre città, le sedi del partito curdo BDP.

La partecipazione alle proteste di questi giorni, nonostante la dura repressione, è stata ampia e numerosa, riuscendo a riunire forze molto diverse. Erano presenti in piazza partiti e movimenti curdi, gruppi che supportano i profughi e organizzano la solidarietà con la popolazione di Kobanê, gruppi e partiti della sinistra rivoluzionaria turca che da anni sostiene le lotte del popolo curdo, gruppi anarchici, organizzazioni di donne e anche alcune organizzazioni della sinistra repubblicana. Ma soprattutto nelle piazze si sono visti tante persone che senza appartenere a nessun gruppo o partito si univano alle proteste, soprattutto molti curdi. Mentre le proteste si sono estese in decine di città turche migliaia di persone si sono dirette da tutta la Turchia verso il confine, in particolare nei pressi della cittadina turca Suruç a poco più di dieci kilometri da Kobanê. Sul confine infatti dalle scorse settimane sono presenti molti solidali praticando l’azione diretta che si frappongono tra le forze di sicurezza turche ed i profughi, che aprono varchi nelle recinzioni sul confine per far passare i profughi e gli aiuti, che organizzano sia sul confine che nel territorio del Rojava, veri e propri gruppi di “scudo umano” per difendere le popolazioni di Kobanê in fuga. Centinaia di persone sono impegnate in queste azioni, e tra loro, assieme ad altri gruppi della sinistra rivoluzionaria turca, ci sono anche molti anarchici, tra cui il gruppo DAF (Devrimci Anarşist Faaliyet).

In questa situazione il governo di Erdoğan potrebbe trovarsi in difficoltà. Le proteste nelle città curde della Turchia sono arrivate ad un livello di scontro molto elevato. Sono state assaltate sedi dell’AKP, abitazioni di governatori e sindaci, palazzi istituzionali, scuole, inoltre sono state bruciate bandiere turche ed in alcune città sono state danneggiate o distrutte statue di Atatürk. In ben 6 province orientali tra cui Diyarbakır, la principale città del Kurdistan turco, è stato imposto il coprifuoco e l’esercito è schierato nelle strade delle città con mezzi blindati, carri armati e truppe. Provvedimenti d’emergenza di così ampia portata non si vedevano dall’inizio degli anni ’90. Oggi ci sono anche state le dure dichiarazioni di Kemal Kılıçdaroğlu, leader del CHP, il principale partito di opposizione, nazionalista e repubblicano “kemalista”, autoritario e laico. Il leader del CHP ha infatti ammonito Erdoğan, invitandolo a cambiare la linea del governo in politica estera, affermando che “crede che l’esercito non voglia intervenire in Siria”. Kılıçdaroğlu ha affermato che la Turchia non dovrebbe intervenire militarmente ma fornire alla popolazione di Kobanê assistenza umanitaria. Inoltre ha chiesto a chi sta protestando in questi giorni di rispettare i simboli nazionali della Turchia.

Dai fatti di questi giorni emerge il carattere politico della battaglia in atto a Kobanê. Erdoğan sperava in una rapida disfatta dei curdi a Kobanê per entrare in Siria da “liberatore” e stabilire lungo il confine una fascia militarizzata di 25 km in territorio siriano. Questo non solo avrebbe cancellato per i curdi ogni possibilità di autonomia nell’organizzazione sociale e nella difesa, ma avrebbe aperto una nuova fase di oppressione e dipendenza. Ma la resistenza di Kobanê non si è arresa, anzi si è estesa a tutta la Turchia, un’estensione del conflitto che ha assunto un chiaro carattere politico e che fa pensare che con un’eventuale caduta di Kobanê nelle mani dello Stato Islamico la situazione in Turchia potrebbe davvero precipitare. Probabilmente è anche questo possibile scenario che ha spinto gli USA a intervenire nella giornata di mercoledì con alcuni bombardamenti contro l’ISIS nella zona di Kobanê. La situazione è in continua evoluzione ed è difficile capire quali saranno gli sviluppi. Certo è che la resistenza continua, a Kobanê ed ovunque.

D.A.

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Aggiornamento dalla Turchia: Corrispondenza da Istanbul

Continua la rivolta in Turchia in solidarietà con la resistenza di 
Kobane. Da ieri sono circa 14 finora i morti registrati nelle piazze. 
Gli scontri sono proseguiti nella notte in molte città. In 6 distretti
è stato imposto il coprifuoco e l'esercito è nelle strade a supporto 
della polizia. Anche stamani manifestazioni in diverse città, ancora 
scontri a Istanbul dove la polizia continua ad intervenire con violenza 
inaudita nella zona di Istiklal. 
Her yer Kobane, her yer direniş!

Pubblichiamo la seguente corrispondenza da Istanbul ricevuta stanotte

Da Istanbul
07/10/14


I movimenti che sostengono la resistenza curda e la rivolta sociale in
tutta la Turchia, si sono dati appuntamento al liceo Galatasaray 
alle 20.00.
La polizia in assetto antisommossa con la presenza di tre toma si è 
schierata sin da subito di fronte ai manifestanti impedendo il 
passaggio. Dall'altra parte gruppi di persone che erano di passaggio 
da Istiklal hanno formato una sorta di cordone in segno di solidarietà
agli altri manifestanti, scandendo slogan contro l'AKP e per la
Resistenza a Rojava. Sono state molte le persone che si sono fermate,
formando un altro piccolo presidio che ha circondato la polizia. 
Dopo tale atto, gli agenti, si sono presentati davanti ai manifestanti
allontanandoli in mal modo. Alcuni poliziotti hanno cominciato a 
battere i manganelli sulle serrande dei negozi, avanzando lentamente 
e con fare minaccioso verso i solidali. A quel punto il gruppo di 
manifestanti dei movimenti curdi e non ha tentato l'accesso verso la 
seconda parte di Istiklal e la polizia ha subito attaccato 
pesantemente i presenti sparando più di dieci lacrimogeni ed 
utillizzando i Toma. Da qua sono cominciati gli scontri. 
La polizia ha rincorso i solidali ed i manifestanti su ambo i lati, 
circondando le vie laterali per non fare scappare i presenti. 
Dal Liceo di Galatasaray sino a Tunel (la fine di Istiklal) hanno fatto
ricorso a lacrimogeni e sparato con gli idranti. 
A metà strada tra Istiklal e Tunel, un gruppo di manifestanti ha 
risposto al fuoco lasciando indietreggiare la polizia di qualche metro,
sino a che, grazie ad ingenti rinforzi giunti da Taksim, c'è stata una 
delle cariche più pesanti, che non ha dato scampo a molti presenti. 
Dalle finestre delle case su Istiklal, molte persone hanno scandito 
slogan per la resistenza in Rojava. Attualmente gli scontri a Istiklal 
sono conclusi, ma nella parte asiatica di Istanbul (Kadikoy) giungono 
voci di continui ed interrotti scontri. Intanto a Mardin il PKK ha 
dato fuoco ad una postazione scolastica del governo, avvertendo che 
questa non sarà la prima azione ed ultima azione. 
In tutto il Kurdistan si svolgono enormi manifestazioni con scontri 
pesantissimi che hanno lasciato sul terreno, sino ad adesso, sette 
morti. Sono molte le persone ed i compagni che mi hanno dichiarato 
che attualmente si tratta di guerra.
Domani ritorno a Kadikoy per osservare la situazione per poi 
ristabilirmi in zona Istilkal dove è previsto un nuovo presidio 
per tutta la notte.

BIJI ROJAVA!
DAYANISMA KOBANI!

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