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Elezioni locali: nessuna delega

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Elezioni locali: nessuna delega

La tesi che accompagna la sinistra alla prossima tornata elettorale amministrativa è che gli enti locali si trovino di fronte ad un attacco sistemico, che abbia come ultimo obiettivo la scomparsa della funzione pubblica e sociale dell’ente locale, come sin qui lo abbiamo conosciuto, trasformandone il ruolo da erogatore di servizi per la collettività a facilitatore dell’espansione della sfera di influenza dei capitali finanziari e da garante dell’interesse collettivo a sentinella del controllo sociale delle comunità.

Viene da domandarsi quando mai gli enti locali, i comuni, le province, le regioni, hanno svolto questa funzione a vantaggio della collettività, ma lasciamo perdere. La questione, naturalmente, è nel ruolo degli eletti, i sindaci, gli amministratori, che dovrebbero opporsi ad un processo deciso dal governo centrale e dall’Unione Europea e trasformarsi in rappresentanti degli abitanti del territorio. Si tratta a questo punto di scegliere i migliori, i più capaci, i più onesti, senza interrogarsi sui profondi movimenti sociali che hanno provocato questo processo, e su cui la volontà dei singoli sindaci ha poco effetto.

Ad essa si accompagna la battaglia contro la speculazione finanziaria, per una finanza pubblica e sociale: distinguere la finanza buona da quella cattiva è molto difficile, solo chi ha ancora fiducia nelle virtù taumaturgiche dello Stato può riuscirvi. In realtà anche “i sinistri” sanno benissimo che non possono fare a meno della finanza, anche loro parlano di investimenti, sia pure destinati al soddisfacimento dei bisogni sociali e ambientali delle comunità locali, ma sempre di investimenti si tratta, e quindi chi amministra, al di là delle dichiarazioni demagogiche, deve trovare i soldi e farli arrivare rapidamente dove ce n’è bisogno. Solo chi non si intende di finanza pubblica può credere che questi soldi possano arrivare dalle tasse: i soldi arrivano dal sistema finanziario, che è garantito dalle tasse future, dalle proprietà pubbliche, ecc., ma che per questo servizio di anticipare i soldi chiede lauti compensi; qualsiasi politica di rilancio dell’economia stringe ancora di più il laccio dello strozzino al collo dei contribuenti.

La vicenda dei derivati sottoscritti da numerosi enti locali aiuta a gettare luce su questo rapporto. Il Comune di Milano ha fatto causa a quattro banche con le quali aveva stipulato contratti in derivati per proteggersi dal rischio interessi, appellandosi al fatto che queste banche non lo avrebbero informato dei rischi dell’operazione. In altre parole, amministratori, dirigenti, consulenti pagati profumatamente dal denaro pubblico non sono stati capaci di proteggere questo stesso pubblico, la cittadinanza, i contribuenti dalla truffa promossa dalle banche, e qui non si tratta di un piccolo comune isolato, ma di una metropoli dove è possibile trovare quelle risorse professionali che potrebbero non essere alle dipendenze dell’ente locale. E’ credibile tutto ciò, è credibile che basti un cambio di amministrazione perché queste cose non si verifichino più?

Del resto è tutta la macchina degli enti locali che è orientata nel senso del risultato economico. Una parte consistente della retribuzione dei dirigenti degli enti locali, cioè dei vertici della macchina burocratica dei comuni, delle province, delle regioni, è legata non all’efficienza dei servizi resi, ma al risultato economico, cioè al risparmio sugli stanziamenti ricevuti, al peggioramento della qualità dei servizi, alla valorizzazione (cioè alla messa sul mercato) del patrimonio pubblico.

In realtà è il Comune istituzione dello Stato che non può svolgere altro che una funzione di classe, è il mito della crescita economica che sprofonda nella miseria la massa della popolazione.

Al Comune statalista gli anarchici contrappongono la Comune libera, sull’esempio della Comune di Parigi, con delegati eletti con mandato imperativo e revocabili in qualsiasi momento, come tutti gli altri funzionari pubblici eletti, responsabili e revocabili in qualsiasi momento, e compensati per le loro prestazioni, con il salario medio di un operaio; al centralismo gli anarchici contrappongono la libera federazione. Ma a questa riorganizzazione sociale non si arriva per la strada delle elezioni, del parlamentarismo, del governo, locale o nazionale che sia.

Gli anarchici sono convinti che il governo, sia esso locale, nazionale o sovranazionale “si piglia la briga di proteggere, più o meno, la vita dei cittadini contro gli attacchi diretti e brutali; riconosce e legalizza un certo numero di diritti e doveri primordiali e di usi e costumi senza di cui è impossibile vivere in società; organizza e dirige certi esercizii pubblici, come posta, strade, igiene pubblica, regime delle acque, bonifiche, protezioni delle foreste, ecc., apre orfanotrofi ed ospedali, e si compiace spesso di atteggiarsi, solo in apparenza s’intende, a protettore e benefattore dei poveri e dei deboli. Ma basta osservare come e perché esso compie queste funzioni, per riscontrarvi la prova sperimentale, pratica, che tutto quello che il governo fa è sempre ispirato dallo spirito di dominazione, ed ordinato a difendere, allargare e perpetuare i privilegi propri, e quelli della classe di cui egli è il rappresentante ed il difensore” (Errico Malatesta L’Anarchia).

La libera Comune, la libera associazione delle esperienze di solidarietà e di autogestione, può nascere solo sulle rovine fumanti del Governo e della proprietà privata! E’ questo il nostro programma, il nostro ideale, troppo vasto per trovare posto in un’urna elettorale.

 

Tiziano Antonelli

Da “Umanità Nova” n. 12 del 13 aprile 2014.

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Moby Prince. Mai più!

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Moby Prince. Mai più!

Un giovedì pomeriggio di sole a Livorno. È il 10 aprile, anniversario della strage del Moby Prince.

Ventitre anni fa, la sera del 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince entrava in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, carica di greggio. L’incendio che si scatenò in seguito allo scontro fece strage di passeggeri ed equipaggio, lasciando un solo superstite. La non gestione dei soccorsi da parte della Capitaneria di Porto di Livorno e le disastrose condizioni di sicurezza della nave traghetto, di proprietà della Nav.Ar.Ma dell’armatore Onorato, ebbero certo un ruolo determinante in quella che resta una delle più grandi tragedie del mare, una delle più gravi stragi sul lavoro.

In questi anni i familiari delle vittime hanno dovuto combattere contro insabbiamenti, manomissioni del relitto, minacce, depistaggi. In questi anni la giustizia dello Stato non solo non ha individuato alcun colpevole per la strage, ma ha palesemente coperto le responsabilità dell’armatore e quelle delle autorità che avrebbero dovuto gestire i soccorsi.

 

Moby Prince: 140 morti, nessun colpevole!” questo lo striscione che ha aperto il corteo che ha attraversato il centro cittadino; oltre alla presenza ogni anno sempre più ridotta delle delegazioni delle amministrazioni locali con i gonfaloni, la commemorazione ha visto purtroppo anche l’assenza di una parte delle realtà di movimento livornesi. Presenti anche quest’anno invece le delegazioni da Viareggio dell’Associazione il mondo che vorrei e dell’Assemblea 29 giugno, e l’Associazione Voci della memoria di Casale Monferrato. Queste presenze sono importati perché segnano la forza dei legami di solidarietà creati negli ultimi anni, da quando numerose associazioni che in tutta Italia lottano per la verità e la giustizia sulle stragi hanno iniziato ad incontrarsi ed a sostenersi nelle proprie battaglie.

 

Segno distintivo di questo 10 aprile 2014 è stato il visibile riavvicinamento delle due diverse associazioni che riuniscono i familiari delle vittime del Moby Prince: l’Associazione 140 e l’Associazione 10 Aprile, che da sempre seguono percorsi distinti. Lo scorso anno, nel giorno del ventiduesimo anniversario i presidenti delle due associazioni avevano firmato un appello congiunto per ottenere una Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Moby Prince.

Proprio nelle ultime settimane pare che qualcosa abbia iniziato a muoversi in tale senso, con il deposito alla Camera come al Senato di un disegno di legge per l’istituzione di tale Commissione.

 

Ogni risultato raggiunto sarà sempre esclusivo risultato della tenace lotta dei familiari delle vittime e di chi li sostiene.

La verità, terribile, è da sempre evidente, sotto gli occhi di tutti. Daniela Rombi, che ha perso la figlia nella strage di Viareggio del 29 giugno 2009, era a Livorno anche quest’anno per l’anniversario del Moby Prince. Nel suo forte intervento nella Sala consiliare del Comune di Livorno ha giustamente affermato che queste stragi “sono tutte uguali”. Persone ignare ed innocenti uccise in nome del profitto. Mentre lo Stato e la sua giustizia coprono le responsabilità degli apparati statali e dei padroni.

La giustizia, semplice e concreta, non è una parola vuota. Se da una parte ci sono gli importanti risultati processuali, dall’altra ottenere giustizia significa lottare affinché non succeda mai più. Lottare quindi per migliori condizioni di vita e di lavoro, per liberarci dalla sopraffazione dell’uomo sull’uomo, dallo sfruttamento e dall’oppressione.

 

Riportiamo di seguito l’intervento pronunciato durante la commemorazione del 10 aprile 2014 nella Sala consiliare del Comune di Livorno da Giacomo Sini, compagno del Collettivo Anarchico Libertario, e figlio di una delle vittime della strage del Moby Prince.

 

Sono passati venti tre anni dall’immane tragedia della Moby Prince che vide l’assassinio di 140 persone davanti alle coste della città di Livorno.
Anni nei quali le uniche verità trapelate ufficialmente dalla vicenda sono da riscontrarsi nei processi farsa, nelle manomissioni impunite del relitto del traghetto (ordinate chiaramente dallo stesso armatore della compagnia),omissioni, depistaggi ed un progressivo insabbiamento della tragedia. Anni nei quali abbiamo dovuto subire continui schiaffi ed offese da chi ha permesso che tale vicenda finisse nel dimenticatoio delle ufficialità, relegata in un angolo buio dei “non misteri italiani” lasciando che le parole “il fatto non sussiste” ed il “destino cinico e baro” mettessero un lucchetto definitivo alla vicenda.
Anni nei quali lo stato italiano, attraverso i suoi organi giudiziari ed in particolare nel processo in primo grado, ha voluto difendere a spada tratta gli interessi imprenditoriali di un armatore, senza inserire la sua persona e le sue responsabilità tra i soggetti colpevoli diretti della vicenda. Anni nei quali lo stato non ha mai voluto permettersi il lusso di puntare il dito contro una propria istituzione di prim’ordine come la capitaneria di porto ed il proprio apparato istituzionale, difendendone anzi l’operato e lasciando che questa potesse aprire, mediante plausibili responsabili del disastro, una commissione d’inchiesta sommaria che avrebbe influito su successivi accertamenti.
Anni nei quali si è costantemente parlato di una salvaguardia degli interessi dell’imprenditoria italiana e nella fattispecie dei grandi padroni d’azienda, erogando incentivi e finanziamenti agevolati ad imprese produttive, nei quali difficilmente si fa riferimento alla parola sicurezza; parallelamente, mediante una sentenza vergognosa, si sono ridotte le condanne ai responsabili della vicenda della Thyssen krupp, colpevoli dell’assassinio di otto operai.
Anni nei quali la parola giustizia è stata affiancata troppo spesso a chi difende la violenza e la prepotenza nei confronti di comunità che si battono per la difesa della salute e di vari territori, attivandosi per una giustizia reale, nella quale mi riconosco a pieno.
Anni nei quali non si è mai smesso di morire tra i mari, sia lontani dalle coste italiane ed europee, sia davanti ai nostri occhi, a poche miglia dai nostri porti a causa di politiche d’ingresso nel paese difficili e discriminatorie e di scellerati giochi politici tra istituzioni locali e grandi compagnie croceristiche (mi riferisco alla tragedia al Giglio).
Anni nei quali non è mai stata data una risposta concreta alle esigenze di verità arrivate con forza prorompente dalle nostre istanze e da chi con il passare degli anni si è avvicinato con solidarietà al nostro dolore, unendosi in una battaglia comune a difesa di chi in quella tragica notte del dieci Aprile venne ucciso dalla negligenza di vari apparati che trovarono successivamente rifugio in quel malato concetto di giustizia nel quale certamente non mi riconosco e non mi riconoscerò mai.
Una risposta è arrivata lo scorso anno, quel 10 Aprile 2013, nel quale il Presidente del Senato Grasso, sollecitava la costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta e ci ricordava la sua vicinanza e quella delle istituzioni. Tali parole sono rimaste per svariati mesi solo fumo nell’aria, senza una possibilità di manifestazione concreta e reale d’interesse da parte del parlamento, nonostante lo stesso giorno Loris ed Angelo avessero firmato anch’essi una dichiarazione comune d’intenti per l’apertura d’una commissione d’inchiesta. Ecco che dopo le note vicende delle vergognose, quanto prevedibili risposte dell’ex ministro Cancellieri ad un’ulteriore richiesta di apertura di una commissione d’inchiesta presentata da alcuni familiari e dal deputato Piras (personalmente poco condivisibile per i contenuti), è cominciata un’azione di pressione potente e conflittuale verso gli organi statali da parte di familiari e solidali, accompagnata dalla redazione di un report dettagliato che delinea le motivazioni concrete e non sensazionalistiche sulle quali poter aprire un’altra commissione d’inchiesta. L’atteggiamento dello stato è, guarda caso, improvvisamente cambiato, accogliendo con parole distensive tale report nell’incontro a Sassari del 31 Gennaio, proponendosi disponibile e solidale con le famiglie delle vittime. Oggi quel report si è trasformato in due proposte di legge per l’apertura di un’inchiesta bicamerale, depositate alla camera ed al senato da Sel e cinque stelle. A mio avviso credo sia quindi importante sottolineare un fattore. Dopo anni d’indifferenza da parte del governo centrale e dei suoi organi parlamentari silenti e dopo continue dichiarazioni ufficiali di rammarico per la vicenda lanciate nel vuoto, qualcosa negli ambienti istituzionali si è dovuto muovere. E’ stata abbassata la testa, sentendo una continua stretta e gli “occhi puntati addosso”. Come ogni battaglia storica per la conquista di determinati diritti sociali, è proprio grazie a quella costante pressione e quella determinazione nel portare avanti determinate battaglie, accompagnate sempre dalla solidarietà fornitaci da tutti quei movimenti cittadini e non che possiamo dire d’essere arrivati a compiere un passo avanti rispetto alle vicende degli ultimi venti tre anni.
Ecco perché mi sento in dovere di dire che il merito di questa probabile svolta va principalmente a chi in anni d’ orrenda situazione di sopraffazione, non ha mai dato spazio alla rassegnazione; a chi senza dimenticarsi il nostro dolore, lo ha tramutato in lotta e solidarietà attiva, mobilitandosi ed unendosi a battaglie comuni a difesa di una differente idea di verità. Idea che non deve riconoscersi solamente nelle ragioni peculiari del raggiungimento di una giustizia legale, ma che deve scardinare ogni dinamica e logica di sopruso. Idea che giunge dal basso e non piega mai la testa di fronte ad ogni tipo di attacco, affinchè, come dissi in un intervento di qualche anno fa, le parole BASTA , GIUSTIZIA, MAI PIU’ non rimangano sempre e solo slogan isolati, ma diventino finalmente la battuta d’arresto per chi non ci ha mai permesso di arrivare alla verità.”

Dario Antonelli

 

Articolo tratto da Umanità Nova, del 20 aprile 2014,

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“Processo Prefettura” – Resoconto udienza del 3 aprile

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riceviamo e pubblichiamo

Un primo passo indietro del PM Masini

Resoconto udienza del 3 aprile

 

Nel pomeriggio di giovedì 3 aprile si è tenuta la terza udienza del processo che vede imputate 21 compagne e compagni per i fatti del 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012 a Livorno. In quei giorni la Questura livornese volle impiegare la violenza per impedire la libertà di manifestare, come mai negli ultimi decenni era successo in città. Di quelle giornate ricordiamo i pugni e le manganellate di carabinieri e polizia per reprimere una contestazione davanti alla stazione marittima in occasione del comizio di Bersani il 30 novembre. Ricordiamo le cariche di polizia a freddo, ordinate non si sa ancora da chi, sabato primo dicembre in Piazza Cavour, contro un presidio pacifico in zona pedonale formato da poche decine di persone, convocato per protestare contro le manganellate del giorno precedente. Questa azione violenta della polizia coinvolse anche numerosi passanti e suscitò in città una grande indignazione, tanto che il giorno seguente, domenica 2 dicembre, un migliaio di persone scesero in piazza per riaffermare la libertà di manifestare, dietro lo striscione “Livorno non si piega!”.

Agli imputati viene contestato, tra l’altro, manifestazione non autorizzata, oltraggio e minacce a pubblico ufficiale, lesioni, danneggiamento, adunata sediziosa, tutti reati relativi alle manifestazioni di quei giorni organizzate dalla Ex-Casema Occupata. La pubblica accusa ha costruito un teorema accusatorio molto preciso, volto ad oscurare le gravi responsabilità della Questura e dei funzionari di polizia, e secondo il quale ci sarebbe un gruppo criminale dedito alla violenza che avrebbe organizzato in maniera premeditata il cosiddetto “assalto alla Prefettura” e gli incidenti dei giorni precedenti.

 

L’udienza del 3 aprile avrebbe dovuto essere dedicata, come la precedente, ad ascoltare i testimoni convocati dall’accusa. Tuttavia, il trasferimento del giudice Dal Forno, ha reso necessaria la nomina di un nuovo Collegio Giudicante e di un nuovo Presidente. Per questo motivo il 3 aprile non si è proseguito con le audizioni dei testimoni, e questa udienza è fondamentalmente servita a preparare la prossima del 24 aprile, che si terrà alla presenza del nuovo Collegio.

Tuttavia quella che avrebbe potuto essere un’udienza rapida e di carattere meramente tecnico, è stata invece molto importante date le istanze presentate dal Pubblico Ministero Masini; si rende quindi necessario spendere alcune parole di resoconto e commento.

 

La pubblica accusa infatti ha presentato un numero ingente di nuovi documenti come prove. È stata prodotta una nuova informativa della DIGOS e sono stati sostituiti oltre 350 documenti tra le prove agli atti. I nuovi documenti vanno in gran parte a sostituire quelle immagini tratte dai video agli atti, marcate dall’accusa in modo che risultassero evidenziate le presunte figure degli imputati, il cui nome veniva riportato da una didascalia. Tali immagini modificate erano state impiegate, nell’udienza di gennaio, per effettuare i “riconoscimenti” durante l’audizione di uno degli agenti di polizia convocati come testi dall’accusa, ed aiutarono non poco la memoria del teste. L’utilizzo di queste immagini durante il processo era stato contestato con forza dai difensori degli imputati nella precedente udienza, perché erano delle immagini manipolate, non delle prove oggettive, modificate per suggestionare il giudizio del collegio.

Gli avvocati della difesa hanno quindi chiesto tempo per consultare e valutare i nuovi documenti, il tribunale ha accettato la richiesta disponendo per il 18 aprile i termini per la presentazione di note in merito al nuovo materiale agli atti da parte dei difensori.

 

Inoltre è stata fatta istanza dal PM Masini per allestire un impianto per la registrazione audiovisiva delle prossime udienze di questo processo, facendo riferimento all’articolo 134, comma 4, del Codice di Procedura Penale. La difesa, dopo aver segnalato che quello stesso articolo prevede che “può essere aggiunta la riproduzione audiovisiva se assolutamente indispensabile” e quando le altre modalità di documentazione “sono ritenute insufficienti”, ha replicato chiedendo che venga respinta la proposta della pubblica accusa. I difensori ritengono infatti che non vi sia alcun motivo per ritenere “assolutamente indispensabile” la registrazione video, aggiungendo che in processi di simile rilevanza sono più che sufficienti le modalità di documentazione già previste dal Codice di Procedura Penale.

Alla replica della difesa, il PM Masini ha risposto affermando che vi sono fulgidi esempi di come la registrazione adiovisiva dei processi sia in realtà diffusa, citando la fortunata trasmissione televisiva “Un giorno in Pretura”. Il tribunale si è quindi riservato di decidere in merito a questa istanza del Pubblico Ministero.

 

Infine è stato posta la questione dei testi che sono stati sentiti nella precedente udienza di gennaio. Infatti la nomina del nuovo collegio dà possibilità di convocare di nuovo i testimoni. A questo proposito il PM Masini, azzerando di fatto il processo, ha ritenuto necessario convocare di nuovo i tre testimoni già ascoltati: Ridente, Trocar e Dotto.

L’udienza si è conclusa con la richiesta, da parte del Pubblico Ministero, di provvedere ad una calendarizzazione del processo che andasse al di là delle udienze già previste.

 

In questa udienza è emerso chiaramente che il PM Masini ha fatto un primo passo indietro. Da una parte questo dimostra che le contestazioni allora mosse dalla difesa riguardo alle prove impiegate nel corso dell’udienza di gennaio, così come le critiche sollevate in comunicati ed articoli nei giorni successivi, erano fondate. Dall’altra va considerato che se il PM si è mosso in questo modo è solo per tentare di rendere meno contraddittorio il teorema accusatorio. La richiesta, fatta dal PM Masini, di sentire nuovamente i testimoni dell’accusa, va infatti in questo senso.

 

Per fare altre considerazioni è ancora presto dato che gli avvocati della difesa non hanno ancora visionato i nuovi documenti agli atti. La prossima udienza, che dovrebbe vedere la ripresa del processo vero e proprio, è fissata per giovedì 24 aprile alle ore 15.

 

Comitato di solidarietà “Livorno non si piega!”

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Stato Brado in concerto – serata benefit contro la repressione

STATO BRADO IN CONCERTO

La solidarietà è un’arma

serata benefit contro la repressione

 

Sabato 12 aprile

presso la Federazione Anarchica Livornese, Via degli Asili 33

 

ore 20

aperitivo

ore 22

Stato Brado in concerto

 

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Contro la repressione

CONTRO LA REPRESSIONE
Come Collettivo Anarchico Libertario esprimiamo solidarietà alla Ex Caserma Occupata e sosteniamo la manifestazione di sabato 29 marzo.
Le lotte sociali condotte da lavoratori, disoccupati, senza casa e l’azione di chi vuole un radicale cambiamento sociale sono, sempre più negli ultimi anni, sotto l’attacco della repressione dello Stato.
Anche a Livorno questo si traduce nelle innumerevoli denunce per manifestazioni ed occupazioni, nei processi ai danni di numerosi compagni, nelle perquisizioni e nella restrizione della libertà personale. Un esempio tra tutti è il “processone” in cui sono imputati 21 compagni di varie realtà cittadine per i fatti del 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012. In questo caso le due giornate di violenza poliziesca in piazza ed il grande corteo che riaffermò la libertà di manifestazione in città, sono presentate come una pianificata azione eversiva, in un processo che di fatto è un processo politico al movimento in città.
A Livorno tutte le realtà di movimento sono colpite più o meno direttamente dalla repressione, compreso il nostro Collettivo, e siamo solidali con tutti coloro che subiscono questo attacco. Per questo rispondiamo all’appello della Ex Caserma Occupata, tra le realtà più colpite in città a causa della propria attività quotidiana.
Livorno non è certo un caso isolato. In tutta Italia infatti assistiamo ad un inasprimento della repressione politica e sociale.
L’esempio più evidente è quello del movimento NO TAV. Sono circa 600 gli imputati in processi legati alle iniziative di lotta del movimento, circa un migliaio gli indagati e decine sono le persone sottoposte a forme di restrizione della libertà. A questa durissima repressione si è aggiunto un nuovo capitolo: lo scorso 9 dicembre tre compagni ed una compagna ritenuti responsabili del danneggiamento ad alcune attrezzature del cantiere vengono arrestati con l’accusa di terrorismo.
Il teorema accusatorio della Procura di Torino è basato sull’articolo 270 sexies del codice penale, che prevede l’accusa di terrorismo per chiunque rechi “grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale” o tenti di “costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto”. Il 14 maggio a Torino si terrà la prima udienza del processo a carico di questi compagni. Per questo,  sabato 10 maggio a Torino ci sarà una grande manifestazione popolare di solidarietà organizzata dal movimento NO TAV. Se passasse questo teorema accusatorio, qualsiasi azione di lotta in opposizione alle decisioni del governo (per esempio anche un blocco stradale dei lavoratori o un’occupazione di una scuola da parte degli studenti) potrebbe essere perseguita come atto terroristico.
In ragione di questo contesto nazionale è a nostro avviso ancora più importante scendere in piazza sabato 29 a Livorno. Di fronte alla repressione è infatti fondamentale rilanciare le lotte sociali e dare una risposta unitaria, estendendo la solidarietà.
ESTENDERE LA SOLIDARIETA’
RILANCIARE LA LOTTA
Collettivo Anarchico Libertario

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Serata Solidale – Marco del Giudice in concerto

Sabato 5 aprile

presso la Federazione Anarchica Livornese, v.degli Asili 33

SERATA SOLIDALE

Marco Del Giudice

in concerto

CI PIACE RIFARLE COSI’

Canzoni d’autore riviste e scorrette: un piccolo itinerario nelle canzoni d’autore – originale e non

Brani di Marco del Giudice, Fabrizio De Andrè, Enzo Jannacci, Ivano Fossati, Vinicio Capossela, Chico Barque de Hollanda, Trilussa, Boris Vian, Piazzolla, Paolo Conte, Edoardo Bennato…

ore 20: cena sociale (prenotazioni 3339861219 – 3331091165)

ore 22: serata musicale con il gruppo “Las Barricadas” – Marco Del Giudice chitarra e voce,

Davide Loi chitarra e voce, Simone Loi basso, Dario Del Giudice batteria.

Federazione Anarchica Livornese

Collettivo Anarchico Libertario

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Colpevoli di resistere – Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò liberi!

 

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Colpevoli di resistere
Il 14 maggio a Torino si aprirà il processo a carico di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò accusati di terrorismo per il sabotaggio di un compressore.
Attraverso l’accusa di terrorismo contro alcuni NO TAV si vogliono colpire tutte le lotte.
Sabato 10 maggio ore 14 (ritrovo in Piazza Adriano)
Manifestazione popolare a Torino
perché Chi attacca alcuni di noi, attacca tutte e tutti
perché Le loro bugie, i loro manganelli, le loro inchieste non ci fermano
Resistiamo allo spreco delle risorse, alla  devastazione del territorio, alla rapina su i  salari, le  pensioni e la sanità.
Chiara, Claudio, Niccolò, Mattia liberi subito.
Movimento No Tav

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“Livorno non si piega!” Firma l’appello del comitato

Firma l’appello del Comitato di Solidarietà “Livorno non si piega!” in solidarietà con gli imputati per i fatti del dicembre 2012 a Livorno.
http://firmiamo.it/appello-livorno-non-si-piega#signatures

Per firmare è sufficiente riempire gli spazi nella colonna a destra sotto a “Firma compilando il modulo” e poi cliccare su “Firma la petizione”.

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L’APPELLO DEL COMITATO:

Il Comitato “LIVORNO NON SI PIEGA!” sostiene gli indagati per i presidi e le manifestazioni convocati dalla Ex-Caserma Occupata nei giorni del 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012 a Livorno.
Nella serata di venerdì 30 novembre 2012, alcuni manifestanti che volevano contestare Bersani, come qualche settimana prima era avvenuto senza problemi per Renzi, sono stati repressi duramente, con pugni e manganellate.

Il giorno successivo il presidio di protesta è stato caricato da uno spropositato dispiegamento delle forze dell’ordine con violenza inaudita, cosa da molti criticata. Proprio questa violenza gratuita determinò la legittima risposta della città: un migliaio di livornesi scesero in piazza domenica 2, decisi a non rimanere in silenzio di fronte all’ennesimo attentato alla libertà di espressione e manifestazione e a sostenere, insieme all’agibilità politica di tutti, le legittime istanze di cambiamento radicale di cui i movimenti sociali sono portatori e protagonisti.

Sono 34 gli indagati, di cui 22 rinviati a giudizio, tre di loro ancora oggi sottoposti alla misura cautelare dell’obbligo di firma tre volte a settimana.

La pubblica accusa ha costruito un teorema accusatorio molto preciso, secondo cui ci sarebbe un gruppo criminale dedito alla violenza che avrebbe organizzato in maniera premeditata il cosiddetto “assalto alla Prefettura” e gli incidenti dei giorni precedenti.

Il Comitato fa appello a tutti i cittadini, alle organizzazioni e le strutture politiche, sindacali, culturali, sociali, a chi ha a cuore la libertà e la tutela dei diritti di espressione delle idee e manifestazione e l’agibilità politica, ad esprimere la propria solidarietà agli indagati FIRMANDO QUESTO APPELLO.

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Assemblea-dibattito: Anarchismo e lotte sociali in Grecia

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Anarchismo e lotte sociali in Grecia
Resistenza e autogestione nella crisi greca, il ruolo del movimento anarchico tra lotta e organizzazione
Venerdì 21 marzo
presso la sede della Federazione Anarchica Livornese
Via degli Asili 33, Livorno
ore 20
aperitivo e buffet
ore 21
Assemblea – dibattito
con video, foto e materiale vario
ne parleremo con Dario Antonelli della Commissione di relazioni internazionali della F.A.I.
Collettivo Anarchico Libertario
Federazione Anarchica Livornese

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Mio il corpo, mia la scelta – tre giorni di iniziative

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