Skip to content


TERRORISTA È CHI DEVASTA E MILITARIZZA I TERRITORI APPELLO PER UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE

riceviamo e pubblichiamo

TERRORISTA È CHI DEVASTA E MILITARIZZA I TERRITORI
APPELLO PER UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE

no-tav

Circa 600 imputati, più di un migliaio di indagati, decine di persone sottoposte a varie restrizioni (obbligo o divieto di dimora, foglio di via), multe da centinaia di migliaia di euro, un processo contro 53 no tav condotto in un’aula bunker, diversi compagni da mesi agli arresti domiciliari. In questi numeri si può leggere l’accanimento repressivo contro il movimento no tav. Nella crociata condotta dalla Procura di Torino si è aggiunto ad agosto un nuovo capitolo: no tav indagati per “attentato con finalità di terrorismo” – e sottoposti per questo a misure restrittive – per una delle tante passeggiate di lotta contro il cantiere di Chiomonte.

Dopo mesi di criminalizzazione mediatica, arriviamo al 9 dicembre, quando quattro notav (Chiara, Mattia, Claudio e Niccolò) vengono arrestati su mandato della Procura di Torino perché accusati di aver partecipato ad un’azione contro il cantiere avvenuta nella notte fra il 13 e il 14 maggio.

Un’azione che, come già accaduto nelle pratiche del nostro movimento, aveva danneggiato alcune attrezzature del cantiere.
Per la Procura di Torino si tratta di “attentato con finalità di terrorismo”. Per noi si tratta di una giusta resistenza.

L’accusa di “terrorismo” comporta delle pene molto pesanti. Ma nell’inchiesta della Procura torinese si va ben oltre: vengono utilizzati per la prima volta in Italia articoli che definiscono “terrorista” qualsiasi forma di resistenza a quanto deciso dai poteri economici e politici. Ogni imposizione dello Stato, secondo i Pm Rinaudo e Padalino, ammette tutt’al più la lamentela, ma non l’opposizione attiva.
Insomma, in questo tentativo di attaccare frontalmente il movimento no tav si sperimentano dei modelli che potranno essere applicati in futuro ad ogni forma di dissenso reale.

Ne va della libertà di tutti.

Per questo lanciamo un appello per una mobilitazione nazionale sui vari territori per il 22 febbraio:

– Contro l’accusa di terrorismo e la criminalizzazione di chi lotta
– In solidarietà con tutti i no tav imputati e indagati
– per la liberazione di Chiara, Claudio, Mattia, Niccolò e degli altri no tav ancora ai domiciliari
– Per rilanciare le lotte
– Perché chi attacca alcuni/e di noi, attacca tutte e tutti
– Per ribadire con forza che fermarci è impossibile

Per questi motivi il Movimento NO TAV
INDICE E PROPONE PER IL 22 FEBBRAIO
UNA GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE E DI LOTTA
OGNUNO NEL PROPRIO TERRITORIO

a tutte quelle realtà che resistono e si battono contro lo spreco delle risorse pubbliche, contro la devastazione del territorio, per il diritto alla casa, per un lavoro dignitoso, sicuro e adeguatamente retribuito.
Una mobilitazione comune in solidarietà ai compagni di lotta incarcerati, ai compagni di lotta già condannati, a quella innumerevole schiera di resistenti che ancora deve affrontare il giudizio per aver difeso i beni comuni, una giornata di lotta alla quale seguirà nella metà di marzo un appuntamento a Roma per la difesa e la legittimità delle lotte sociali.
In preparazione della giornata di lotta si invita ad effettuare assemblee sui territori per sensibilizzare la popolazione sia su questi temi sia sui progetti che si contrastano.

Appello del Coordinamento dei comitati del Movimento NO TAV.

Villar Focchiardo 29 gennaio 2014

Posted in Antimilitarismo, Carcere, Generale, Iniziative, Nocività-Salute, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , .


Dibattito lavoro – Editoriale

Il seguente articolo, pubblicato sull’ultimo numero di “Umanità Nova” è un editoriale firmato dalla Commissione Mondo del Lavoro della FAI che ha lo scopo di stimolare il dibattito sull’intervento degli anarchici sul lavoro.

op

Editoriale

Il compito che si propone oggi la Commissione Mondo del Lavoro della F.A.I. si inserisce in un contesto e un momento storico in cui il lavoro è sottoposto ad un attacco concentrico pesantissimo.
Venti anni sono ormai trascorsi da quando l’Accordo sul costo del lavoro del luglio 1993 “Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo” che conteneva – tra l’altro – il definitivo blocco della dinamica salariale e il via libera al lavoro in affitto, costituì un vero e proprio giro di boa dopo l’ondata di rivendicazioni operaie degli anni ’70.
Da allora, venti anni di politiche economiche aggressive e l’emanazione di norme in materia contrattuale sempre più opprimenti hanno colpito duramente i lavoratori sia per quanto riguarda il reddito che per quanto attiene i diritti e le tutele, tanto che con la cosiddetta Riforma Fornero anche l’art. 18 è stato totalmente depotenziato.
Nel frattempo, il cosiddetto “lavoro flessibile” ha negli anni creato una intera generazione di precari privi di qualsiasi tutela cui si aggiungono oggi quanti, meno giovani o addirittura anziani, dopo essere stati espulsi dal lavoro devono piegarsi ad accettare impieghi a tempo determinato o saltuario che in qualche modo garantiscano loro un minimo di reddito.
Sono stati sufficienti due decenni per spazzare via un sistema di tutele conquistato a prezzi di lotte e sacrifici e per dare mano libera a quella “lotta di classe al contrario” che oggi domina incontrastata.
E per “spazzare via” intendiamo non solo la materiale eliminazione di migliaia di posti di lavoro e di interi settori produttivi, resi obsoleti dalle dinamiche della ristrutturazione capitalistica nazionale degli anni ’80 e ’90 e, successivamente, dalla globalizzazione dell’economia, ma – soprattutto – la cancellazione di una intera memoria collettiva che concepiva il rapporto tra lavoro e capitale come conflitto sociale e che faceva dei legami di solidarietà e fratellanza tra i lavoratori la forza necessaria a respingere gli attacchi del padronato.
Oggi possiamo verificare come questo fine sia stato pienamente raggiunto:
– da un lato tramite il ferreo controllo da parte sindacale (e chiaramente del Governo pro tempore in carica) di ogni minimo accenno a sfuggire ai meccanismi della contrattazione già predeterminata e calata dall’alto,
– dall’altro tramite la crescita abnorme di una moltitudine di giovani lavoratori che, alle prese con una variegata miriade di contratti flessibili, cui si aggiungono le partite Iva e il lavoro in nero, sono stati volutamente lasciati in balia di se stessi perché maturassero nel tempo una concezione del rapporto di lavoro del tutto “atomizzata” e individualista, all’interno della quale qualsiasi consapevolezza di una comune condizione di sfruttamento condivisa da migliaia di altri giovani, così come qualsiasi genere di risposta collettiva, sono non solo nei fatti precluse ma addirittura appaiono qualcosa di inconcepibile e fuori dalla realtà.
Per tutti questi motivi, quello che un tempo si chiamava Movimento Operaio sembra assistere impotente a questo attacco. La burocrazia della Cgil si preoccupa di salvaguardare il proprio patto con Confindustria e persino nelle sue frange cosiddette “estreme”, come la Fiom, apre addirittura ad un personaggio organicamente di destra come Renzi. I rimasugli della cosiddetta sinistra, praticamente scomparsi nei luoghi di lavoro, non hanno nessuna credibilità e purtroppo neppure i sindacati di base, pur con qualche lodevole eccezione, tra difficoltà oggettive e limiti e difetti soggettivi (non ultimo un certo settarismo e la tendenza in molti casi a ricalcare in piccolo i modelli confederali) non sono riusciti a porsi come alternativa credibile.
Il risultato d’insieme è l’assenza totale dallo scenario italiano di una sera e concreta iniziativa di opposizione sociale e di massa ai padroni e al governo: nessuna mobilitazione, nessuna piattaforma rivendicativa e alternativa, nessuna strategia di lotta contro la crisi. Si resiste e quando va bene si difende, ancora per qualche tempo, le briciole di diritti che prima o poi torneranno ad attaccare.
E’ da questo quadro d’insieme che può e deve iniziare il lavoro della Commissione, che vuole prima di tutto stimolare il dibattito e la riflessione collettiva all’interno del mondo libertario. Un confronto capace di sviluppare analisi che rendano più agevole la comprensione di quanto accade ma anche in grado di sviluppare e costruire verso l’esterno un percorso di lotta e mobilitazione che attraverso una prospettiva anticapitalista e di classe, e un metodo assembleare e di decisionalità diffusa, rilanci l’idea di società altra e diversa.
Ci muoviamo in un contesto che a noi anarchici appare sin troppo semplice nella sua lettura schematica ma che è tremendamente difficile spiegare nei luoghi in cui operiamo tutti i giorni, tra i colleghi e tra i giovani precari.
Bisognerà ragionare sul linguaggio da usare, per riuscire a parlare di solidarietà e lotta di classe, mutuo appoggio e auto-organizzazione a chi queste parole non le conosce o non le capisce, ma bisognerà anche porsi il tema della necessità di compattare, intorno a forme di lotte concrete e attuabili, tutti quei giovani che si sono affacciati nel mondo del lavoro negli ultimi decenni e che hanno conosciuto solo la precarietà, la flessibilità, il contratto a termine, uno sfruttamento molto diverso dall’alienazione della catena di montaggio ma persino più spietato.
Qualche idea di come partire l’abbiamo già in cantiere ma il dibattito, grazie allo spazio che la Redazione di Umanità Nova ci concede e ad altri mezzi informatici quali un Blog di cui intendiamo dotarci a breve, è aperto.
L’idea è quella di cominciare a ragionare per trovarci prossimamente ad un primo momento collettivo di riflessione e rilancio della nostra battaglia nel mondo del lavoro.

La Commissione Mondo del Lavoro-FAI

 

Articolo tratto da Umanità Nova, n.2 del 26 gennaio 2014,

Puoi acquistare il nuovo numero del settimanale anarchico presso le edicole di Piazza Garibaldi, Piazza Damiano Chiesa e di Piazza Grande (angolo Bar Sole), presso l’edicola Dharma Viale di Antignano 110, la Libreria Belforte in Via della Madonna e presso la sede della Federazione Anarchica Livornese in Via degli Asili 33 (apertura ogni giovedì dalle 18 alle 20).

Posted in Anarchismo, Generale, Lavoro.

Tagged with , , , , , .


Sabato 22 febbraio 2014- Giornata Nazionale di Lotta

riceviamo e pubblichiamo:

opfreedom2

 

Sabato 22 febbraio 2014- Giornata Nazionale di Lotta

IL COORDINAMENTO DEI COMITATI NO TAV

riunito a Villar Focchiardo mercoledì 8 gennaio 2014

ha valutato attentamente

la gravissima situazione giuridica venutasi a creare con gli ultimi arresti di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, per i quali è stato costruito un castello accusatorio studiato apposta per intimorire  tutte le sacrosante lotte che anche grazie al Movimento NO TAV stanno crescendo in tutto il Paese.

Ha infatti  rilevato

che nelle carte dell’inchiesta gli inquirenti, forzando il piano strettamente giuridico, hanno sostenuto una tesi squisitamente politica. Infatti, dopo aver fatto una breve storia degli atti legislativi e dei vertici internazionali che hanno portato all’installazione del cantiere di Chiomonte, i magistrati sostengono che si tratta di procedure democratiche.
Quindi l’azione contro il cantiere – assieme allo stillicidio di pratiche di contrasto di cui il faldone giudiziario fornisce un ampio elenco – viene definita “terroristica” non tanto per le sue caratteristiche specifiche, ma in quanto si oppone alla democraticità di una decisione intergovernativa.
Se tutte le imposizioni dello Stato hanno un involucro legale, cioè sono formalmente basate sul Diritto, tutto ciò che mette realmente in discussione un progetto statale è dunque passibile di “terrorismo”. Con questa impostazione rimane solo   la possibilità di  dissentire in modo platonico, di diventare un movimento di opinione.
Dare invece concretezza al proprio NO, che in fondo è la caratteristica essenziale del movimento no tav, risulta quindi antidemocratico : il totalitarismo parla oggi un linguaggio diverso. “Non ti stanno bene le nostre imposizioni democratiche? Dunque sei un terrorista, ti sbatto in galera e butto via la chiave”.
Ricordando
che nei momenti epocali,  lo Stato ed i “poteri forti” attaccano frontalmente il nemico nei suoi punti di forza e non in quelli più deboli, diventa evidente che l’impiego della categoria di terrorismo contro il movimento no tav – per ciò che questo esprime e che simboleggia – è un avviso per tutti, per qualsiasi movimento di lotta.
Diventa  terrorista dunque  chiunque contesti le decisioni dello stato e viene smantellato il patto sociale pensato dalla costituente.
A seguire fino in fondo la logica della procura torinese, la natura “terroristica” della lotta contro il TAV non sta in un suo preteso “salto di qualità”, bensì nelle sue stesse premesse: in quel NO di cui vent’anni di esperienze, saperi, confronti, azioni non sono che il coerente sviluppo.
Non essersi rassegnati nemmeno di fronte ai manganelli, ai gas, alle ruspe, ai Lince, agli arresti, al terrorismo mediatico: questo è il crimine che contiene tutti gli altri.
Per questi motivi il Movimento NO TAV
INDICE E PROPONE PER IL 22 FEBBRAIO
UNA GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE E DI LOTTA
OGNUNO NEL PROPRIO TERRITORIO
a tutte quelle realtà che resistono e si battono contro lo spreco delle risorse pubbliche, contro la devastazione del territorio, per il diritto alla casa, per un lavoro dignitoso, sicuro e adeguatamente remunerato. Una giornata nazionale di lotta, territorio per territorio in difesa del diritto naturale e costituzionale di opporsi alle scelte governative che tengono solo conto degli interessi dei potentati, delle lobby, delle banche e delle mafie a danno della popolazione.
Una mobilitazione comune contro il delirante utilizzo delle leggi da parte della procura e della magistratura torinese e in solidarietà ai compagni di lotta incarcerati, ai compagni di lotta già condannati, a quella innumerevole schiera di resistenti che ancora deve affrontare il giudizio per aver difeso i beni comuni, una giornata di lotta alla quale seguirà nella metà di marzo un appuntamento a Roma per la difesa e la legittimità delle lotte sociali.
In preparazione della giornata di lotta si invita ad effettuare assemblee sui territori per sensibilizzare la popolazione sia su questi temi sia sui progetti che si contrastano.
In Valsusa sui progetti di spostamento dell’autoporto di Susa a San Didero, di spostamento della pista di Guida Sicura da Susa ad Avigliana e della ferrovia nel territorio di Borgone.

Proposta approvata dal coordinamento dei comitati del Movimento NO TAV.

Posted in Antimilitarismo, Carcere, Generale, Iniziative, Nocività-Salute, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , .


Libertà di manifestare! Solidarietà agli imputati!

Libertà di manifestare!

Solidarietà agli imputati!

Giovedì 9 gennaio è iniziato il processo per i fatti svoltisi a Livorno fra il 30 novembre e il 2 dicembre 2012. In quei giorni, in occasione di manifestazioni convocate dalla Ex Caserma Occupata, la Questura, caricando dei semplici presidi, mise di fatto in discussione la libertà di manifestazione. Il tentativo di esporre uno striscione in occasione del comizio di Bersani alla stazione marittima fu duramente represso dalle forze ed il presidio di protesta del giorno successivo fu brutalmente caricato in Piazza Cavour. L’ingente manifestazione che ne seguì, con la partecipazione di oltre un migliaio di persone, riaffermò la libertà di espressione e manifestazione.

Secondo un copione già visto, chi si è opposto alla brutalità della polizia, chi ha difeso il diritto a manifestare il dissenso è accusato di essere “violento”.

Sono 22 le persone sotto processo, di cui tre – erano sei fino a pochi giorni fa – ancora sottoposte all’obbligo di firma, subiscono da quasi un anno limitazioni della libertà personale.

La ricostruzione dell’accusa ipotizza l’esistenza di un unico piano criminale che si è sviluppato nei tre giorni, ma si tratta di una vera e propria montatura: lo ha dimostrato abbondantemente la prima udienza del processo, in cui i testimoni dell’accusa, esponenti delle forze dell’ordine, si sono diffusamente soffermati su pittoresche valutazioni e apprezzamenti allo scopo di mostrare i muscoli. Non sono mancate neppure le provocazioni verso il pubblico con la speranza di suscitarne la reazione, e dare al presidente l’occasione di far sgombrare l’aula; da segnalare, tra le altre, la provocazione lanciata alla Federazione Anarchica Italiana.

Le testimonianze hanno tentato di nascondere le responsabilità di polizia e carabinieri nelle violenze verificatesi a Livorno in quei giorni, ma non sono riusciti a nascondere le “inesattezze” e le contraddizioni, che hanno mostrato una gestione dell’ordine pubblico pesantemente indirizzata in senso repressivo.

Gli anarchici livornesi ribadiscono la loro completa solidarietà alle vittime della rappresaglia dello Stato, confermano il loro impegno nel ristabilimento della verità su quanto è accaduto a Livorno, ribadiscono che difenderanno con ogni mezzo il diritto a manifestare e a protestare.

Federazione Anarchica Livornese – F.A.I.

cdcfedanarchicalivornese@virgilio.it

 

Collettivo Anarchico Libertario

collettivoanarchico@hotmail.it

http://collettivoanarchico.noblogs.org

Posted in Anarchismo, Generale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , .


8 gennaio: presidio di solidarietà con le compagne e i compagni sotto processo

8 gennaio: presidio di solidarietà con le compagne e i compagni sotto processo

 

In vista dell’udienza processuale del prossimo 9 gennaio, Il Comitato “Livorno non si piega” ha convocato un presidio che si terrà il giorno 8 gennaio in Piazza Cavour. L’iniziativa, preceduta dalla assemblea pubblica svoltasi domenica 5 presso la ex Caserma occupata e dalla conferenza stampa del 7 gennaio, intende esprimere concreta solidarietà alle 22 persone che sono sotto processo e riportare attenzione sulla manovra repressiva che ha avuto origine dalle manifestazioni del 30 novembre,1 e 2 dicembre 2012.

In quell’occasione l’espressione del dissenso e la libertà di manifestazione furono duramente contrastate, con forme di repressione fisica inaccettabili ben evidenti nelle aggressioni e nelle cariche poliziesche effettuate il 30 novembre alla Stazione marittima e il 1 dicembre in Piazza Cavour. La risposta cittadina a queste violenze portò il 2 dicembre la protesta sotto la Prefettura con una manifestazione partecipatissima. La volontà di affermare la libertà di espressione e manifestazione è stata duramente colpita dalla magistratura con una serie di denunce e provvedimenti restrittivi della libertà personale. Anche gli organi di informazione , che pure in un primo tempo denunciarono le violente cariche poliziesche, non avevano poi esitato ad avviare una campagna denigratoria contro i manifestanti.

Il Comitato “Livorno non si piega”, costituitosi all’inizio del 2013, ha visto l’adesione di numerosi cittadini, organizzazioni e strutture politiche, sindacati, realtà sociali e culturali esercitando una presenza costante in città per sostenere con attiva solidarietà quanti sono stati colpiti dalla repressione e per esercitare azione di controinformazione sulle manifestazioni svoltesi in quelle giornate.

In questo senso è da intendere anche il presidio convocato per il giorno 8 gennaio.

Il Comitato “Livorno non si piega” invita ad un’ampia partecipazione all’iniziativa e rinnova l’invito a sottoscrivere l’appello di solidarietà, che ha già raccolto moltissime firme, e a contribuire alle iniziative di sostegno economico.

 

Mercoledì 8 gennaio ore 16.30

tutti in piazza Cavour

 

“LIVORNO NON SI PIEGA!”

Comitato di Solidarietà

Posted in Generale, Iniziative, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , , , .


Tra scandali e rivolta: cosa succede in Turchia?

Tra scandali e rivolta: cosa succede in Turchia?

Nelle ultime settimane il governo Erdoğan è messo a dura prova dagli scandali e dalle lotte per il potere interne all’AKP, il partito che governa da dieci anni la Turchia. Il caso di corruzione che inizialmente vedeva al centro i figli del Ministro degli Interni Muammer Güler e del Ministro dell’Economia Zafer Çağlayan, si è esteso coinvolgendo uomini d’affari di spicco, altri membri del governo ed esponenti politici del partito al potere. Sono 24 gli arrestati e decine gli indagati, lo scandalo ha spaccato l’AKP e sta travolgendo il governo. Alcuni deputati della maggioranza hanno infatti dato le dimissioni dal partito di Erdoğan, i ministri toccati dagli scandali sono stati costretti ad abbandonare i propri incarichi, ma tra chi si è dimesso dall’AKP perché critico nei confronti dei casi di corruzione c’è anche l’ex Ministro della Cultura Ertuğrul Günay che ha abbandonato negli ultimi giorni gli incarichi di governo ed il partito.

È evidente che si tratta di una lotta interna al blocco conservatore-religioso che guida il paese, diviso nelle sue componenti principali in due grandi gruppi di potere che fanno riferimento rispettivamente da una parte ad Erdoğan, capo del Governo, e dall’altra a Fethullah Gülen, capo di un movimento religioso estremamente influente in Turchia, che rappresenta una componente importante dell’AKP e che di fatto controlla la polizia turca, potendo contare su numerosi membri in questo apparato. Già in passato si erano avuti momenti di tensione tra questi gruppi, ma stavolta assistiamo ad una vera e propria guerra che, a pochi mesi dalle elezioni regionali, mette a rischio lo stesso Governo. Fethullah Gülen dal suo esilio volontario negli Stati Uniti, dove scrive libri e studia l’islam, ha condannato i casi di corruzione scagliando un vero e proprio anatema contro i propri avversari politici. Intanto Erdoğan è tornato a parlare di complotti stranieri per destabilizzare la Turchia, ha tuonato contro la polizia e la magistratura, mentre i membri “critici” dell’AKP venivano convocati dagli organi disciplinari del partito. Ha epurato la polizia di circa 500 funzionari a vari livelli della linea di comando, ha poi organizzato un’adunata di fedelissimi all’aeroporto di Istanbul, per mostrare il sostegno di cui ancora gode. In questa storia si intrecciano traffici di lingotti d’oro, di valuta, tangenti e corruzione, speculazioni e progetti faraonici come quello del terzo aeroporto di Istanbul. È una lotta per il potere, è una lotta tra ladri e corrotti che si contendono il controllo di interessi miliardari e di una regione strategica. Ma in Turchia non ci sono solo le trame di palazzo. Ad Istanbul le piazze sono tornate a riempirsi, il 22 dicembre centinaia di persone sono scese in piazza nel quartiere di Kadıköy, ad Istanbul, sulla sponda asiatica del Bosforo, scontrandosi con la polizia che ha attaccato i manifestanti con lacrimogenoi ed idranti. Ieri, 27 dicembre, una nuova manifestazione ha riportato nel centro della città lungo İstiklal Caddesi, gli slogan di libertà che quest’estate avevano accompagnato la rivolta contro il governo.

Gli anarchici in queste occasioni sono scesi in piazza per denunciare la natura oppressiva e corrotta di ogni governo, per rilanciare la lotta contro il potere e riaccendere la rivolta.

Di seguito il comunicato del gruppo Azione Anarchica Rivoluzionaria di Istanbul che abbiamo ricevuto ieri 27/12/13 con il quale i compagni hanno fatto appello a partecipare alla manifestazione che ha visto la partecipazione di migliaia di persone nella giornata di ieri. Il titolo “Stiamo vincendo – 2” è un richiamo al comunicato “Stiamo vincendo” redatto all’apice della rivolta antigovernativa della scorsa estate.

STIAMO VINCENDO – 2

Noi, gli oppressi, viviamo tempi in cui gli Stati rendono sempre più povere le nostre vite con la loro ingiustizia, in cui i poteri rubano le nostre vite con la corruzione. Oggi, che assistiamo ad una guerra aperta tra i componenti dell’AKP, è chiaro a tutti non solo il furto messo in atto da questo governo, ma anche che in realtà tutti i governi sono ladri. Perché dietro i governi, gli Stati rubano le nostre vite.

Mentre la legge protegge la rapina attuata dai figli dei ministri nei confronti della gente, mentre lo Stato serve gli interessi dei padroni, mentre i progetti di gentrificazione urbana lasciano gli oppressi senza casa e “qualcuno” ci guadagna, mentre la gente che paga a malapena l’affitto si impoverisce sempre di più, mentre il significato di lavoro si sta sempre più sovrapponendo a quello di schiavitù, mentre sta diventando normale morire lavorando, mentre è illegale ribellarsi a questo stato di cose, mentre si cerca di mettere sotto silenzio il popolo con repressione e condanne, mentre Berkin Elvan e Elif Çermik stanno lottando per le proprie vite in ospedale perché colpiti dai candelotti lacrimogeni; Allora la rivolta è inevitabile.

Come ieri avevamo vinto, oggi stiamo per vincere ancora. Ci batteremo ogni volta che scenderemo nelle strade, fino a quando gli Stati e i poteri non saranno distrutti. Come facemmo il 31 maggio, quando facendo crescere la rivolta abbiamo conquistato ogni strada ed ogni piazza della terra sulla quale viviamo, oggi chiamiamo tutti a lottare nelle strade, fianco a fianco, spalla a spalla, contro la corruzione e la rapina.

Lunga vita alla rivolta degli oppressi!

Lunga vita all’Anarchismo!

Verso la Rivoluzione Anarchica con l’Azione!

Azione Anarchica Rivoluzionaria

(Devrimci Anarşist Faaliyet)

 

Posted in Anarchismo, Generale, Internazionale.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , .


Refugees Welcome: storie di migrazione tra italia e germania

Riceviamo e pubblichiamo un contributo del gruppo “Refugees Welcome” di Bonn, Germania.

refugees

Con questo testo vogliamo informarvi a proposito della condizione effettiva di tre persone, un caso che è un esempio di una situazione più diffusa. In aprile tre rifugiati originari della Nigeria sono arrivati a Bonn. Con il nostro gruppo “Refugees Welcome” (Bonn) e con l’aiuto di singoli impegnati abbiamo potuto e possiamo ancora sostenerli. Ma la situazione di Mohammed, Sabi e Obinna è ancora incerta e molto difficile. Anche se abbiamo trovato loro una stanza per un periodo limitato, loro non hanno ancora ottenuto alcun sostegno dallo stato. Riescono a vivere grazie a quello che raccolgono volontari e donatori privati.

 Questo è molto importante per stimolare la pressione dell’opinione pubblica e per denunciare questo caso come esempio della politica di asilo dell’Unione Europea e spingere verso un cambiamento. Queste tre persone non sono in alcun modo un caso isolato. Essi fanno parte delle centinaia di rifugiati senza casa presenti in Germania.

 In Nigeria dal 2007 la guerra in corso tra la milizia islamica radicale di Boko Haram e l’esercito nigeriano ha provocato numerose vittime civili. Questo è il caso di Mohammed, Sabi e Obinna: sono dovuti fuggire perché non volevano unirsi a Boko Haram e lo stato nigeriano non garantiva loro alcuna protezione. Come in quasi ogni triste storia di rifugiati essi non hanno solo perso beni e averi, ma anche parenti.

 Sono volati in Libia dove hanno trovato lavoro e hanno potuto sostenere le proprie famiglie inviando loro denaro. Ma quando nel 2011 anche in Libia è scoppiata la guerra civile e la NATO ha bombardato il paese, sono stati catturati insieme con migliaia di altri migranti. Sono stati derubati, picchiati, infilati in piccole barche e mandati in mare. Quelli che sono sopravvissuti al viaggio sono stati detenuti sull’isola italiana di Lampedusa.

 Un vero e proprio stato di asilo è stato loro rifiutato, hanno solo ottenuto un “permesso di soggiorno per motivi umanitari” e sono stati spediti sul continente. Questo status è temporaneo e le deportazioni sono in corso. Non c’è chiarezza sui termini e le ragioni di un rifiuto dell’asilo. C’è scarsa informazione sui diritti e pochi sanno che si può ricorrere in giudizio contro le deportazioni. Il lavoro offerto ai rifugiati è paragonabile allo schiavismo ed ospitarli è vietato. In Italia le condizioni sono orribili, apertamente razziste e degradanti, comunque questo non significa che i rifugiati in Germania siano trattati generosamente.

Fino all’aprile del 2013 sono vissuti i italia in centri collettivi, che garantivano appena cibo e cure mediche. Infine questi spazi sono stati chiusi. Hanno avuto 500 euro in contanti e come a circa 25000 altri rifugiati che si trovavano alla deriva, è stato detto di lasciare l’Italia e trovare un posto migliore al nord, utilizzando i 500 euro come un capitale di base per persone senza fissa dimora e senza possibilità. Con il titolo di soggiorno e un visto per turismo per tre mesi è legale muoversi in tutta Europa. Ma questo significa davvero solo “movimento”. Infatti non vi è ancora alcun sostegno pubblico, non c’è permesso di lavoro e asilo in qualsiasi paese europeo.

 Ovviamente è una tattica dello stato italiano quella di far muovere verso altri paesi europei i rifugiati che presto o tardi sarebbero diventati illegali. L’Italia semplicemente non vuole occuparsene. Ma non è solo colpa dell’Italia: gli stati europei hanno volontariamente preparato questa situazione, prima fra tutti la Germania, ed ora nessuno si sente responsabile o anche solo pensa ad intervenire in qualche modo. Per il governo tedesco è chiaro che l’Italia è responsabile e vorrebbe che tutti i rifugiati fossero deportati nuovamente in Italia. Là tutto ricomincerebbe da capo: situazione di abbandono, povertà, sempre minacciati dal razzismo e da una ulteriore deportazione verso paesi dove le loro vite sono sotto diretta minaccia.

 Noi chiediamo adeguate soluzioni abitative e sicuri titoli di soggiorno per i nostri tre amici, per creare un precedente e poter aiutare persone in situazioni simili. In questo momento stiamo raccogliendo denaro e siamo già andati in giudizio diverse volte.

Ma come gruppo organizzato in una rete locale di antiautoritari non vogliamo parlare a nome di altri o dire cosa fare. Raccontando le loro storie ed aiutandoli in questo modo speriamo di sostenere lo sviluppo dell’autorganizzazione degli sfruttati.

Posted in Anarchismo, Antirazzismo, Carcere, Generale, Internazionale.

Tagged with , , , , , , , , , , , , .


La polizia reprime l’azione degli anarchici cubani

da: http://federazioneanarchica.org/archivio/20131203cri.html

Comunicato diffuso dalla Commissione di Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

La polizia reprime l’azione degli anarchici cubani
A Cuba, la repressione di stato contro gli oppositori sta aumentando. A Cuba gli anarchici stanno lottando per disvelare la funzione della nuova riforma del mondo del lavoro imposta dal governo, progettata per spianare la strada ad un nuovo modello statale, da stato comunista-capitalista a stato capitalista-liberale.

I nostri compagni anarchici sono stati arrestati, detenuti e licenziati a causa delle loro prese di posizione. Nel l’ultimo periodo, i membri anarchici di Observatorio Critico sono stati minacciati perché continuano a discutere pubblicamente e a denunciare le conseguenze di queste riforme.

Domenica 29 settembre 2013 per esempio, 13 compagni hanno lottato per esprimere queste posizioni nel parco di El Curita. La polizia è intervenuta impedendo la discussione. Il Partito Comunista e l’Unione dei Lavoratori di Cuba hanno sollecitato pubblici dibattiti, ma solo nei luoghi di lavoro controllati delle istituzioni statali e delle sezioni sindacali.

Un compagno, Isbel Díaz Torres, è stato arrestato. I poliziotti gli hanno riferito che non permetteranno alcuna attività controrivoluzionaria. E’ chiaro quanto siano differenti i due concetti di rivoluzione : quella della polizia e dello stato che mira a dare continuità all’esercizio del potere, e quella dei compagni che cerca di liberare e socializzare la capacità di autogestione popolare. Un altro compagno, Jimmy Roque, è stato recentemente licenziato.

Queste intimidazioni e l’uso di metodi repressivi devono essere denunciati. Faremo del nostro meglio per aiutare i nostri compagni cubani che stanno affrontando la lotta, sostenendo la loro ricerca della “rivoluzione nella rivoluzione”.

INTERNAZIONALE DELLE FEDERAZIONE ANARCHICHE (IFA)
2 dicembre 2013

Versione in francese ed in portoghese su: http://i-f-a.org/index.php/it/istruzione/416-la-policia-entraba-la-accion-y-reflexion-de-los-anarquistas-en-cuba

Posted in Anarchismo, Generale, Internazionale, Repressione.

Tagged with , , , , , , , , .


CORTEO ANTIFASCISTA A CARRARA

CARRARA – 14 DICEMBRE 2013 – PIAZZA DELLE ERBE – ORE 14.30
E’ SEMPRE L’ORA DI RESISTERE!È sempre l’ora di resistere, perché il fascismo non è scomparso all’indomani del 25 aprile 1945. Anzi, proprio a partire da quella data ha preso l’avvio una costante strategia d’infiltrazione, evidentemente favorita dalle stesse strutture di potere, che ha fatto sì che l’ideologia fascista potesse radicarsi nuovamente all’interno della società civile italiana. Se, come asseriva qualcuno, non esistono poteri buoni, non bisogna quindi meravigliarsi se la cosiddetta Repubblica Democratica italiana sorta dalla Resistenza abbia in realtà ben presto fatto proprie le principali idee e metodologie di coloro che asseriva e vantava di aver combattuto e vinto. E se è vero che la logica fascista di controllo, autoritarismo e persecuzione del dissenso si può ritrovare in svariati aspetti di ogni tipo di Stato e delle sue emanazioni (dalla militarizzazione dei territori, all’emarginazione del dissenso politico; dal capillare controllo poliziesco, alla creazione del consenso), c’è da dire che in Italia, favorita anche dalla idea guida della cosiddetta “pacificazione”, si è avuto addirittura un vero e proprio travaso di elementi fascisti all’interno dei “nuovi” apparati istituzionali democratici. Dalla riaffermazione dei prefetti del passato regime (dei 109 prefetti fascisti in carica prima dell’8 settembre 1943, ben 105 furono reintegrati allo scadere del 1945), alla amnistia Togliatti del ’46 (salutata nelle aule di tribunale da trionfali saluti romani da parte dei gerarchi e camerati amnistiati), fino al pieno reintegro nei ruoli di polizia e nei comandi dell’esercito dei precedenti funzionari fascisti, si può ben dire che in Italia il fascismo ha potuto largamente e tranquillamente proseguire il suo cammino sotto spoglie più subdole e meschine. E non bisogna certo dimenticarsi del famigerato Codice Rocco del 1933, che ha introdotto nel codice penale, tra gli altri, strumenti di repressione come i “fogli di via” (oggi tornati drasticamente in voga), o il reato di “devastazione e saccheggio” (anch’esso ampliamente utilizzato dalla magistratura ai giorni nostri), codice mai abolito ma anzi gelosamente conservato tra le pagine dei codici legali democratici ad argine dei conflitti sociali. D’altronde, ciò che importa maggiormente sia all’ideologia fascista sia a quella statale (e quindi per estensione ad ogni forma di potere politico), è quello di veicolare tra le masse il messaggio dell’obbedienza all’autorità costituita, vera e propria chiave di volta di ogni pensiero totalitario. E per fare ciò, cosa c’è di meglio dell’infiltrazione e del mimetismo come vera e propria strategia politica? Sin dalle origini il fascismo ha sfruttato e utilizzato la confusione, il populismo, il mimetismo e l’entrismo in ambiti politici ideologicamente opposti. Se con una mano si atteggiava a strenuo difensore degli umili, con l’altra brandiva il bastone proprio contro questi ultimi, foraggiato ed armato da coloro che, a parole, diceva di voler combattere, la grande borghesia agraria ed industriale. Ed anche oggi, da parte del cosiddetto neofascismo, la strategia è sempre la stessa: da una parte si distribuisce pane nei quartieri popolari, si occupano case a favore dei senzatetto o si promuovono concerti punk-rock; dall’altra si auspicano lager e deportazioni, e si spranga e si accoltella, con la silente complicità delle forze di polizia, chi non la pensa allo stesso modo. Forme di mimetismo e populismo a cui non sono estranei altri movimenti il cui fine ultimo, alla fine della fiera, non è altro che la gestione e il controllo del potere politico in funzione antipopolare. Ed in effetti, per esempio, il tanto sbandierato valore della legalità, così apprezzato e propagandato anche da tanta parte della sinistra istituzionale, cos’altro non è se non una forma edulcorata e mimetica per veicolare tra i cittadini l’idea dell’obbedienza all’autorità costituita? Perché, in fin dei conti, ciò che importa è che nel mondo ci sia sempre qualcuno che comandi e qualcuno che ubbidisca, o, come si diceva una volta, chi sfrutta e chi è sfruttato.

Gruppo Anarchico
“Sesto Braccio”

Posted in Anarchismo, Antifascismo, Generale, Iniziative.

Tagged with , , , , , , .


Augusto Consani, un sindacalista ricercato

da “Lotta di Classe”, n. 128

AUGUSTO CONSANI, IL SINDACALISTA RICERCATO

consani3

Nel redigere la sua scheda segnaletica, il poliziotto incaricato annotò: «veste da operaio con ricercatezza» e questa eleganza di stile emerge anche dalla foto di gruppo che lo ritrae in occasione del congresso della Camera del Lavoro sindacale di Livorno, nel luglio 1921, dove indossa camicia bianca, una sottile cravatta e la paglietta “sulle ventitre”.

Un’apparenza scanzonata dietro cui vi era un’aspra realtà di lotta quotidiana: basti dire che in quel momento Augusto Consani era esponente di primo piano dell’USI, dell’anarchismo e degli arditi del popolo. Conoscere la sua vita, intensa e agra, e ricostruirne l’attività rivoluzionaria significa perciò entrare nella storia del conflitto di classe, non soltanto livornese, di cui fu protagonista per oltre mezzo secolo, pagando di persona le sue irriducibili scelte “di parte”.

Nato a Livorno nel 1883, figlio di Primo e Gemma Poggianti, a vent’anni era già schedato dalla polizia come anarchico pericoloso. Avendo iniziato presto a lavorare presso il pastificio del padre, aveva frequentato la scuola solo fino alla 3ª classe elementare, ma grazie all’impegno di autodidatta e alla passione per la lettura, gli stessi questurini annotarono che seppure «di scarsa cultura […] vi supplisce con una intelligenza abbastanza svegliata, con la facilità di parola e con un fine intuito superiore alla sua età».

Le prime “attenzioni” della locale questura risalgono all’ottobre 1903 con l’apertura presso il Casellario politico centrale del fascicolo a lui intestato, e nei primi mesi del 1904 viene incriminato per il suo impegno come fondatore e redattore del foglio anarchico «Il Seme» (nelle diverse varianti del titolo, per eludere gli obblighi di legge apparendo come “numeri unici”) di cui fu, assieme ad Amedeo Boschi e a Natale Moretti, appassionato animatore.

Esemplare il suo articolo Sull’anarchia («Il Progandista», 15 marzo 1908) in cui, con argomentazioni profonde sul delitto e la legge che riflettono il pensiero di Pietro Gori, sostiene l’idea della società anarchica come unica alternativa al crimine.

La sua prima condanna, a seguito della propaganda scritta da lui svolta, è di quattro mesi e undici mesi di reclusione, oltre ad un’ammenda di lire 72, per «apologia di reato ed eccitamento all’odio fra le classi sociali» a mezzo stampa.

Inoltre, viene arrestato e denunciato per oltraggio e minacce agli agenti della forza pubblica, in occasione del Primo Maggio del 1904, subendo un’immediata condanna a 41 giorni di reclusione e lire 100 di multa. Appena poche settimane prima, aveva “guadagnato” dalla giustizia militare pure un’imputazione per «ricettazione d’oggetti di vestiario militare e favoreggiamento nella diserzione di tre militari del 10° fanteria».

Questi provvedimenti repressivi saranno soltanto i primi di una lunga di serie di misure poliziesche e sentenze penali che segnarono la sua incessante attività politica e sindacale, ma anche una condanna per un grave fatto di sangue in cui si trovò disgraziatamente coinvolto: nel 1908 venne condannato a 9 anni di detenzione per ferimento, seguito da decesso, di tale Gallinari Corrado. Il fatto avvenne il 7 ottobre e, come ebbe a spiegare – dalla latitanza – lo stesso Consani in una lettera aperta pubblicata sulla «Gazzetta Livornese» dell’11/12 ottobre 1908, fu l’epilogo tragico di una discussione scoppiata in una fiaschetteria e degenerata in una colluttazione tra lui e la vittima, entrambi armati di coltello.

Aderente al gruppo anarchico “Né dio né padrone”, assieme a Francesco Di Cocco, Pio Coli, Anselmo Casarosa, Augusto Spagnoli e Ottorino Magnocci; nel 1907 risulta tra i fondatori dell’associazione anticlericale Giordano Bruno.

Nel marzo 1908, già sottoposto ad ammonizione, viene arrestato per resistenza e lesioni qualificate a pubblico ufficiale, contravvenzione al monito e uso di materie esplodenti nell’abitato. Tale vicenda apparve un’evidente montatura a suo danno. Sospettato infatti per una strana esplosione avvenuta nelle vicinanze della questura con sede in piazza Vittorio Emanuele, la polizia fece irruzione nella sua abitazione che si trovava a breve distanza. Nel corso della perquisizione, senza mandato, alla quale Consani oppose resistenza, gli agenti di questura, dopo aver percosso anche sua madre ammalata, sequestrarono opuscoli di propaganda, corrispondenze e materiali redazionali del periodico settimanale anarchico «Il Propagandista» di imminente pubblicazione (poi ugualmente uscito con la data 12 marzo 1908).

Inoltre, venne rinvenuta una modesta quantità di salnitro e polvere di carbone, componenti utili – assieme al potassio – per la fabbricazione della polvere nera.

Assai fondatamente, sul giornale del 5 aprile, veniva quindi osservato: «quale interesse aveva il Consani a esplodere una bomba in prossimità della questura e precisamente in via del Traforo, nel più povero quartiere di Livorno, abitato da gente tutta diseredata?».

Di fronte all’inconsistenza delle accuse, lo stesso tribunale assolse Consani per l’attentato, condannandolo a 2 mesi e 21 giorni di reclusione esclusivamente per resistenza e lesioni.

A fine novembre del 1913, dopo l’ennesimo periodo di detenzione, scontato presso il carcere di Pesaro, Consani decide di espatriare regolarmente in Francia, stabilendosi a Marsiglia sino al luglio 1916 quando ritorna in Italia.

Richiamato alle armi, invece di essere inviato al fronte – probabilmente per le convinzioni sovversive – viene assegnato ad un reggimento di fanteria di presidio a Genova.

Congedato nell’aprile 1919 e rientrato a Livorno, Consani riprende la militanza e assieme a Virgilio Caparrini, Alfredo Gherarducci e Gino Del Soldato, in rappresentanza della componente anarchica in seno alla Lega Proletaria degli ex-combattenti, firma una dichiarazione politica contraria al prevalere nell’organizzazione dell’orientamento elettoralistico, a sostegno del voto per il Partito socialista, rivendicando l’autonomia dell’organizzazione.

Nel periodo del Biennio Rosso, l’attività di Consani risulta quasi spasmodica: è segretario della Camera del lavoro sindacalista, aderente all’USI, con sede nel quartiere proletario della “Venezia” che giunge a contare un migliaio di lavoratrici e lavoratori iscritti di diversa tendenza politica (socialista, repubblicana, anarchica e comunista). Sul piano politico, aderisce all’Unione Anarchica livornese e, oltre ad essere uno dei principali redattori della nuova edizione del settimanale «Il Seme», è corrispondente del quotidiano «Umanità Nova».

vialecaprera

Per «Il Seme» Consani, oltre a svolgere opera di diffusione e raccolta fondi, scrive numerosi articoli, firmandosi talvolta con trasparenti pseudonimi, quali Giusto Anusanco o Sannico (ossia gli anagrammi del suo nome e cognome).

Nel febbraio 1920 è quindi tra gli organizzatori dello sciopero generale proclamato a Livorno per reclamare la liberazione di Errico Malatesta, al quale rimase poi legato da amicizia autentica.

In occasione delle elezioni, nel novembre 1920 è autore di un vivace articolo antielettorale e antiparlamentare dall’emblematico titolo Baraonda («Il Seminatore» del 6 novembre).

Nel luglio del 1921 è uno dei principali organizzatori delle sezione di Livorno degli Arditi del popolo e un rapporto di polizia lo ritiene a capo di una “squadra” ardito-popolare composta da novanta anarchici; per la sua lotta antifascista, Consani è più volte oggetto di aggressioni da parte di squadristi e forze dell’ordine.

Il 18 luglio 1921, alle due di notte, alla vigilia di uno sciopero generale, con la probabile connivenza delle guardie regie una squadra fascista fa irruzione nel Circolo libertario di Studi Sociali in via del Tempio, sede anche della redazione de «Il Seme», devastandolo. Nei locali del circolo era temporaneamente alloggiato Consani, ma gli squadristi non essendo riusciti a sorprenderlo, sfogarono la loro rabbia ferendo la sua compagna.

Il 25 marzo 1922, venne provocatoriamente fermato da quattro carabinieri in borghese che, non avendogli trovato addosso armi né la tessera degli arditi del popolo, lo denunciarono per oltraggio, facendolo condannare a 80 giorni di reclusione e lire 200 di multa.

Dopo tali aggressioni, Consani si trasferisce per motivi di sicurezza in un locale in via delle Lance, adiacente alla Camera sindacale del lavoro, e presso il suo domicilio verrà pure indicato il recapito della Commissione di corrispondenza della UAI.

Nel marzo 1925 viene arrestato (e detenuto a Pisa sino a giugno, dopo essere stato prosciolto) per favoreggiamento nell’evasione dal carcere di Volterra, avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1924, dei sovversivi Oscar Scarselli, Giuseppe Parenti e Giovanni Urbani.

Nel giugno 1926 risulta essere in contatto con un gruppo di Milano – recapiti presso Giuseppe Conti e Cesare Bagni – e viene intercettata una sua lettera in cui è espressa contrarietà all’invio di delegati anarchici in Russia ove la società «è incardinata su codici i quali per essere rispettati necessitano di baionette e di galere». Infatti, dopo la costituzione di un Comitato giovanile per l’unità proletaria a cui partecipavano comunisti, anarchici e repubblicani, era stato deciso l’invio di una delegazione di giovani operai in Russia.

Come rivelano alcune lettere intercettate dalla polizia, in questo periodo Consani mantiene collegamenti anche con l’anarchismo romano e, in particolare, con Ettore Sottovia, Luigi Damiani e Malatesta. Dalla periodica relazione prefettizia, si ha conferma che «Augusto Consani ha ripreso l’attività di propaganda» ed è impegnato nella diffusione e la raccolta di sottoscrizioni a favore dei giornali anarchici «Il Conferenziere Libertario», «Fede!», «Vita» e «Parole nostre».

Nello stesso anno, secondo alcune fonti, avrebbe incontrato a Livorno l’anarchico Gino Lucetti prima che questi giungesse a Roma per attentare alla vita Mussolini l’11 settembre 1926, con la complicità di altri anarchici e di Vincenzo Baldazzi, ex-dirigente degli arditi del popolo.

Nel novembre seguente è tra i primi livornesi, assieme all’anarchico Virgilio Antonelli, ad essere condannato al confino; giunto a Lipari il 18 dicembre 1926, nel marzo 1927 viene liberato condizionalmente, in quanto ammalato gravemente di tubercolosi, contratta durante il servizio militare, e torna a Livorno.

Nel 1931, secondo le autorità di polizia Consani, nonostante le «condizioni di salute molto precarie» organizza e coordina assieme a Ugo Cagliata l’attività clandestina di tre gruppi anarchici rionali a Barriera Garibaldi, San Marco e Venezia.

Nel marzo 1933, è tra gli antifascisti, anarchici e comunisti, indagati per gli attentati esplosivi contro la caserma della Milizia e il Dopolavoro fascista del quartiere S. Marco, attuati per vendicare la morte del comunista Mario Camici in conseguenza della sua detenzione nelle malsane galere fasciste.

Nel 1934, su delazione dell’informatore Giuseppe Guelfi, la polizia ritiene che a Livorno si sia costituito un Comitato nazionale di agitazione anarchica facente capo a Consani ed esegue, vanamente, 23 perquisizioni presso le abitazioni di altrettanti sovversivi.

Nel 1938, l’anarchico livornese è oggetto di una grave diffamazione da parte del Pci che, nel n. 2 de «l’Unità», lo accusa infondatamente di essere una spia (forse confondendolo con tale Augusto Consani, infiltrato tra i socialisti), parimenti all’anarchico Ezio Taddei e a certo Petrini di Ancona effettivamente informatore dell’OVRA, presumibilmente con l’intenzione di mettere fuori gioco un militante anarchico che non accettava alcuna subalternità politica nei confronti dell’organizzazione comunista.

Nel 1939, un “fiduciario” segnala riunioni tra anarchici e comunisti che confermano le divergenze esistenti fra i due raggruppamenti a seguito della guerra di Spagna e che «gli anarchici di Livorno fanno pietà», in quanto quasi tutti i “vecchi” militanti sono confinati o sottoposti a rigida sorveglianza e, soprattutto, perché Consani risulta gravemente ammalato.

cittadinidelmondo

In realtà la rete clandestina anarchica, con epicentro ad Ardenza, non è debellata e, nonostante lo stato di salute sempre più compromesso, Consani è strettamente vigilato sino al 1942, tra un ricovero in sanatorio e l’altro. Dopo la liberazione, partecipa al congresso fondativo della FAI a Carrara, come portavoce assieme a Amedeo Boschi del gruppo “Cittadini del Mondo” di Ardenza, frazione dove si era trasferito dal 1937, in via Oreste Franchini. Muore a Livorno, roso dal male, nel dicembre 1953 (sessant’anni fa) e «Umanità Nova» gli dedicherà due sentiti necrologi, uno dei quali firmato proprio dai compagni del gruppo ardenzino che vollero ricordarne «la coerenza, la costanza e la dedizione», quando «la prigione era l’unico onore che percepiva per il suo intervento nei conflitti tra capitale lavoro».

 

(a cura di marco rossi)

Posted in Anarchismo, Antifascismo, Generale.

Tagged with , , , , , , , , , , , , , , , , , .